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Autore: _eco    13/06/2014    4 recensioni
[Rumbelle]
E pensò, Belle, che in un modo o in un altro avrebbe trovato anche una pagina che parlasse di loro, di lei e Rumpel, della tazzina sbeccata che lui avrebbe conservato per sempre, della luce che Belle aveva fatto entrare nel suo palazzo, dell’impercettibile barlume di bontà che aveva scorto nel suo cuore d’inchiostro. L’avrebbe trovata. O forse l’avrebbe scritta.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The best teacup is chipped'
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Se ti venisse voglia di scappare
 
C’era ancora una cosa che Rumpelstiltskin riusciva a fare senza la magia. C’era ancora una cosa che voleva fare senza l’aiuto della magia. Era una strana, pungente, piacevole sensazione, quella dell’attesa.
Ed era sempre una piccola conquista, per Rumpel, trovare Belle all’interno di quel labirintico castello. Con il tempo, comprese che non avrebbe fallito mai, nemmeno per sbaglio, nella sua ricerca.
Belle non era proprio quella che si dice una creatura silenziosa. C’era sempre un rumore, un profumo, un oggetto rotto – che Rumpelstiltskin raccoglieva e aggiungeva alla sua preziosa collezione –  o in disordine che avvisava la sua presenza.
A Rumpel bastava seguire le sue tracce e assicurarsi, ancora una volta, che non fosse scappata. Di tanto in tanto, la trovava nella stanza da pranzo, intenta a lucidare i pavimenti e ad aprire le tende, delle altre nell’ampia cucina, concentrata nella creazione di un gustoso piatto, altre ancora nelle infinite camere da letto, a spolverare e rassettare, intonando una soave nenia.
C’era solo uno periodo di mezz’ora al massimo, poco prima del tramonto, in cui Rumpel perdeva completamente le tracce di Belle. C’era silenzio, in casa. Nessun rumore di passi affrettati, nessuna risata di cristallo limpido, nessun oggetto in disordine.
Rumpelstiltskin continuava a filare la sua paglia nel silenzio di quel castello che mai avrebbe esplorato per intero. E aspettava. Altre volte, più raramente, si metteva a cercare Belle, senza mai trovarla. Con il susseguirsi di quelle mezz’ore di vuoto e quiete, giorno dopo giorno, Rumpel si convinse che, qualsiasi cosa Belle stesse facendo, non aveva niente a che fare con un piano di fuga.
Dunque si tranquillizzava e aspettava sempre che lei tornasse appena un attimo prima che il sole svanisse dietro le montagne. Rumpelstiltskin si lasciava sfuggire sempre un sospiro di sincero sollievo: nemmeno quella volta era andata via.
 
Un pomeriggio di inizio estate, poco prima che il sole tramontasse, Rumpel trovò qualcosa.
Un nastro turchese, di quelli che Belle usava per appuntarsi i capelli ramati. Stava lì, abbandonato sul pavimento lucido, davanti a una porticina così piccola e anonima da essere passata del tutto inosservata a uno come lui.
Rumpel sfiorò il legno della porta e si sorprese nel vederla aprirsi con una lieve spinta. Era socchiusa.
Belle, dall’altro lato, sussultò e chiuse con un solo colpo il pesante volume che teneva poggiato sulle gambe, incrociate per terra. Una nuvola di polvere la fece starnutire.
Rumpelstiltskin avanzò verso di lei, con il suo solito passo lento e cadenzato, mentre, da dietro il tavolo di mogano, Belle balzò in piedi.
- Mi spiace. – si affrettò a dire la ragazza, battendo i palmi contro la gonna azzurra del suo abito, per scrollarsi di dosso la polvere. – Forse non sarei dovuta venire qui. –
Rumpelstiltskin si guardò attorno. Mensole e mensole ricolme di libri di ogni misura, spessore e genere. Copertine più o meno nuove e colorate. Alcuni di questi avevano ancora il titolo ben inciso in lettere dorate sul dorso, altri erano anonimi o fin troppo trascurati – e proprio quelli Belle era solita sfiorare con un’espressione di affetto e tenerezza, come fossero figli di nessuno, abbandonati, forse mal giudicati in base alla loro copertina più o meno attraente.
Con il tempo, Rumpel avrebbe capito che Belle aveva il dono di vedere il bene in ogni cosa – alcune volte, persino di crearlo.
Belle prese a tamburellare sul pavimento con la punta della scarpa e Rumpelstiltskin si accorse di non averle ancora risposto.
- Non importa. – disse.
Non era mai entrato in quella stanza, e di certo non si aspettava che dietro una porticina tanto modesta si nascondesse una biblioteca di quelle dimensioni; ma ancor di più non si aspettava di trovare lì Belle.
Libri. Che se ne faceva dei libri, Belle? A che le serviva rinchiudersi in mura di carta, se era già prigioniera nel suo enorme castello?
Prigioniera, già.
- Che fai qui dentro, Belle? – le domandò.
- Leggo? – rispose lei, ironica, sollevando uno dei tanti libri che aveva poggiato sul tavolo di mogano, tra quelli che più la incuriosivano.
Rumpel si lasciò sfuggire un sorriso. Qualsiasi essere umano dotato di un minimo di senno avrebbe trovato quel sorriso macabro e raccapricciante, ma Belle non si limitò a osservare come le rughe attorno alle sue labbra sembrassero solchi nella pelle di un rettile né come quella strana smorfia accentuasse le occhiaie di Rumpel.
Belle aveva imparato a guardarlo dritto negli occhi, quando sorrideva. Erano scuri come la pece, monocromi, completamente neri. Eppure luminosi, a modo loro.
La ragazza volse lo sguardo al soffitto, che culminava in una sorta di strana cupola, l’unica parte scoperta di quella stanza, dalla quale, grazie a una vetrata trasparente, filtravano gli ultimi, timidi raggi di sole. Belle era salita più di una volta sin lassù usando la scala a chiocciola di legno, le cui pareti ospitavano altre mensole e altri volumi.
- Sapete, - mormorò Belle, accarezzando con lo sguardo le file di libri che tappezzavano la parete – a volte un libro è tutto ciò che ti resta per andare via. -
Rumpelstiltskin sussultò. Pensò a quell’aggettivo tagliente, così scordante se accostato al nome di Belle. Prigioniera.
Belle voleva andare via.
- Vuoi fuggire. – soffiò tra le labbra.
- No. – rispose lei, con un filo di voce. – Lo facevo anche da bambina. – aggiunse.
Tralasciò il fatto che amasse leggere in mezzo al prato, con i fili d’erba che le solleticavano le gambe e l’acqua gelida del ruscello vicino che le lambiva i piedi. Tralasciò il fatto che, un tempo, amava che suo padre leggesse ad alta voce mentre lei, stesa nel bel mezzo del verde, a occhi chiusi, immaginava i personaggi, i luoghi, i profumi, i suoni.
- Un libro può portarti ovunque tu voglia. – disse, più a se stessa che a Rumpel, tracciando dei disegni immaginari sulla copertina di un vecchio tomo.
Era quasi un modo per ricordare a se stessa che, in un modo o in un altro, avrebbe trovato una pagina che parlasse anche di loro, di lei e suo padre, dei loro pomeriggi trascorsi all’aria aperta con il suono dell’acqua che solleticava i ciottoli e rinfrescava l’erbetta.
Rumpelstiltskin avrebbe ribattuto, ma non ebbe il coraggio di distruggere con tanta facilità il meraviglioso castello di carta e inchiostro dentro cui Belle si era rintanata per tanto tempo, nella sua mente.
Pensò, con amarezza, che nemmeno il più potente libro del mondo lo avrebbe condotto dal suo Bealfire.
- Per adesso – si limitò a dire – voglio solo sperare che qui sia abbastanza, dearie
Belle annuì e gli sfiorò una spalla con le dita sottili.
- Qui è più che abbastanza. – gli assicurò.
E pensò, Belle, che in un modo o in un altro avrebbe trovato anche una pagina che parlasse di loro, di lei e Rumpel, della tazzina sbeccata che lui avrebbe conservato per sempre, della luce che Belle aveva fatto entrare nel suo palazzo, dell’impercettibile barlume di bontà che aveva scorto nel suo cuore d’inchiostro. L’avrebbe trovata. O forse l’avrebbe scritta.
 
- Tornerò, davvero. – ripeté Belle, forse per la terza volta, prima di oltrepassare il maestoso portone d’ingresso.
Belle non gli aveva mai mentito, sino ad ora, ma stavolta Rumpel non eracerto che avrebbe mantenuto la promessa. Non era certo che l’avrebbe vista tornare.
Tuttavia, aveva visto come Belle spiava il mondo oltre le ampie finestre del castello, come sfiorava con lo sguardo la distesa di verde che si stagliava oltre il vetro, come si crogiolasse nel poggiare le braccia sul davanzale e farle lambire dai caldi raggi del sole, come fosse curiosa e avida di sapere, di scoprire.
Aveva deciso di lasciarla andare. Aveva deciso di accettare il fatto che, nonostante tutto, Belle avesse ancora qualcosa a cui ritornare. Una casa, una famiglia.
E a lui, a Rumpelstiltskin, al codardo del villaggio, cosa rimaneva? Dov’era la sua casa? A cosa era realmente legato?
A un arcolaio? A una tazzina sbeccata? A una mantella appartenuta al suo bambino? Era un po’ poco, pensò, per costruirsi una casa.
- Ne sono certo. –
Belle annuì e sorrise come suo solito, dando vita alle fossette agli angoli della bocca che Rumpelstiltskin si era spesso soffermato a osservare e aveva tante volte desiderato accarezzare.
Chinò il capo sul cestino di paglia che Belle teneva sotto braccio e, con un leggero tocco della mano, lasciò scivolare un po’ la stoffa rossa che lo copriva. Ne emerse il bordo di un oggetto rettangolare che Belle riconobbe all’istante.
Un libro.
- Nel caso in cui ti venisse voglia di andare via. – le spiegò.
Belle gli gettò le braccia al collo e soffiò nel suo orecchio una parola che Rumpelstiltskin non udiva da fin troppo tempo. Una parola sincera e colma di riconoscenza, non lo scialbo ringraziamento dell’ennesimo acquirente di un qualche accordo.
- Grazie. –
Per un libro?, pensò Rumpelstiltskin. O per l’occasione di scappare?
- Tornerò. – fu l’ultima cosa che Belle disse, prima di chiudersi la porta alle spalle.
E, con grande sorpresa di Rumpelstiltskin, mantenne la promessa.
 
La porta d’ingresso del negozio si apre con un lento cigolio. Il Signor Gold solleva lo sguardo dalla lampada che sta lucidando con cura.
- Hai visto Belle? –  
Rumpelstiltskin solleva un angolo della bocca in un sorrisetto sinistro e misterioso, mentre poggia con lentezza teatrale la lampada sul bancone. Si sporge in avanti, così da poter fissare dritto negli occhi Ruby.
- Credo che abbia deciso di andare via per un po’. – risponde, evasivo.
- Tu e i tuoi giochi di parole! – sbotta la ragazza, riducendo gli occhi grigi a due fessure.
Non attende risposta e copre con ampie falcate la distanza fra il bancone e la porta.
- Ruby? –
- Che c’è? – 
Ruby si volta con fare scocciato, masticando annoiata una chewing-gum, come per accentuare il suo evidente nervosismo.
- Prova in biblioteca. – suggerisce Rumpel, lasciandosi sfuggire quel sorriso di cui Belle si è innamorata.

Okay, okay, okay, frenate i pomodori marci!
È la prima Rumbelle che scrivo. Dovevo farlo, perché sono ancora alla seconda stagione e mi sono bloccata male quando Hook ha sparato a Belle e le ha fatto attraversare il confine.
Questi due sono angst puro, Dio mio. Ma li amo.
So che forse Rumpel non è proprio ICissimo, ma tant'è. È il meglio che abbia potuto fare.
Mi auguro che non sia tanto male. 
Vi abbraccio e spargo caramelle gommose per chiunque volesse recensire. ♥ ♥
S.
P.S.: Ho visto ora la 2x19 e non avevo idea che Rumpel avesse mostrato una biblioteca a Belle ahahahah a quanto pare prevedo il futuro lol
  
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