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Autore: Clizia_    13/06/2014    0 recensioni
Shall I compare thee to a summer's day?
Alice è molto di più. Alice è un'estate senza fine, una costellazione di efelidi, la classica brezza inglese.
So long as men can breathe or eyes can see,
So long lives this and this gives life to thee.
“Te lo dico cos'è. E’ che…quando non ti vedevo, ti pensavo ogni giorno, voglio dire ogni santo giorno in un modo o nell'altro.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Love is not love

Which alters when it alteration finds,

Or bends with the remover to remove:

O no! it is an ever-fixed mark

That looks on tempests and is never shaken;

It is the star to every wandering bark,

Whose worth’s unknown, although his height be taken.

Love’s not Time’s fool, though rosy lips and cheeks

Within his bending sickle’s compass come:

Love alters not with his brief hours and weeks,

But bears it out even to the edge of doom.

If this be error and upon me proved,

I never writ, nor no man ever loved.

 

William Shakespeare (1564 – 1616)

 


1.



Mi ero talmente concentrato sul ritmo dei miei piedi per terra che quasi non riuscivo più a percepire il rumore dei suoni intorno a me. Passi, pioggia, ombrelli che si aprono per spiccare il volo, parole. Solo ora riuscivo a percepirli, solo ora erano riusciti ad infrangere quella nuvola di pensieri in cui ero affondato tanto facilmente. Oramai i miei giorni erano diventati scarni, quasi non riuscivo a stabilire una vera connessione con i giorni che erano passati e quelli che stavo vivendo.
‘E se stessi sbagliando tutto?’, queste erano le parole che continuavano a rimbombarmi in testa da mesi, probabilmente avevano preso persino il sopravvento sul mio giudizio delle cose. Non ero più me stesso, o almeno, ero la stessa persona un po’ più vuota, con la barba un po’ più incolta e qualche sigaretta in più. Ma che importa ormai, più o meno, non fa più differenza. La vita ormai per me era una continua sottrazione a quel tutto che ormai si era dissolto. E andava continuando con il tempo imperterrito, forse perché probabilmente quel Qualcuno si aspettava che improvvisamente mi sarei girato di scatto dicendo ‘perché?’. Il problema è questo: non mi interessa. Da quel giorno tutto aveva perso senso per me, aveva perso quel sapore che… Non so nemmeno più trovare le parole adatte per descrivere questo groviglio dentro me.


«Dovresti vederla quando parla di te. Ha un sorriso che fa paura. Ha il sorriso di chi sarebbe disposto a morire felice, pur di abbracciarti anche solo una volta.», mi disse qualcuno al mio fianco. Ecco, l’avevo fatto di nuovo. Mi ero talmente eclissato dal mondo che mi ero dimenticato di avere affianco Julian, l’unico amico che era riuscito a rimanermi accanto in tutto questo tempo, dopo il mio cambiamento ed i miei inspiegabili atteggiamenti. Lui però, lo so, aveva capito tutto senza bisogno che io dicessi una parola. E me lo dimostrava così, ogni tanto dicendo qualche frase in più mentre mi perdevo tra quei pensieri, quelli che mi risucchiavano nel baratro. A Julian non interessava avere una risposta, sapeva che da parte mia non l’avrebbe ottenuta. A lui bastava camminare al mio fianco per farmi sentire che nonostante tutto lui era lì, che non era come tutti gli altri e che riusciva a percepire il mio universo solo dai miei silenzi. Forse Julian era l’unica incognita costante della mia vita, l’unico elemento persistente che anziché sottrarsi rimaneva, neutro, come uno zero. Molto spesso mi trovo a pensare ad un futuro giorno in cui non mi rimarrà nulla, ma in tutto questo riesco a percepire nitidamente la sua presenza al mio fianco.

La luce di una sigaretta illuminò i miei pensieri e riuscii solo a mugugnare un ‘mmmh’ confuso in risposta alla sua frase. Julian mi sorrise e mi tirò una pacca sulla spalla.
«Io sono arrivato, allora ci vediamo domani come sempre alla stessa ora?», mi disse dopo. Cercai di sorridere annuendo con il capo, aspirai avido la mia sigaretta e girai i tacchi. Camminai per un arco di tempo indeterminato e dopo mi ritrovai davanti ad un portone conosciuto, quello di casa. I miei piedi mi avevano guidato senza che io decidessi alcuna direzione. Solo quando mi chiusi la porta alle spalle mi accorsi di essere completamente fradicio. Quando accesi la televisione ascoltai distrattamente la notizia al telegiornale locale di un’ondata di mal tempo che si scagliava contro l’Inghilterra. Stava per arrivare la tempesta più violenta degli ultimi anni; St Jude, la chiamavano. Proprio in quel momento spense la televisione e la luce.
Si sedette sul divano: ormai neppure quel buio gli faceva più paura.


****

Note d'autore.

Ed eccoci qua, alla fine dell'introduzione. Non so bene come mi sia nata l'idea di questa storia, semplicemente un giorno mi sono trovata a scriverla di getto e questo è ciò che ne è uscito. 
Questo capitolo è un po' incentrato sulla parte introspettiva del personaggio, ma gli altri prenderanno sicuramente una piega totalmente diversa. Giuro, non saranno così noiosi! :)
Trovarmi su EFP come autrice per me è quasi una sfida: la mia pigrizia mi porta a portare raramente a termine le cose in generale (come d'altronde la precedente storia che ho provato a scrivere), ma questa volta ho deciso di impegnarmi veramente per qualcosa che sento in un certo senso un po' più "mio". La storia sarà ambientata principalmente in UK e... Il resto lo scoprirete voi capitolo dopo capitolo. :)
Come ultima cosa, il titolo della storia (Shall I compare thee to a summer's day? in italiano: Posso paragonarti ad un giorno d'Estate?) è il famoso sonetto 18 di Shakespeare. La scelta ovviamente non è casuale. 

Concludo con il ringraziare tutti coloro che hanno letto questo primo capitolo sperando che abbia in qualche modo un po' attirato la vostra attenzione! 
Per qualsiasi chiarimento, contattatemi pure o lasciate una recensione.

Al prossimo capitolo!

A. 

 
  
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