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Autore: ToKiO hOtEl    12/08/2008    1 recensioni
Ero vittima del mio stesso carattere.
La mia indole ribelle mi aveva portato solo dolore.
Eppure erano state tutte decisioni mie.
Perché mai ero così capace di farmi del male da sola?
Una storia d'amore tanto forte quanto impossibile.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Black Wings

Black Wings

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Prologo

Trasferimento


Guardai sconcertata il volto di mia madre. Per poco non mi andò di traverso il latte.

Che cosa?!”.

Hai capito benissimo Vega, ci trasferiamo a New York”.

Posso almeno sapere il perché?”:

Non c'è bisogno che te lo spieghi. Basta guardarsi intorno per capire”.

Io ho sempre vissuto bene qui.” mi giustificai. “Dopotutto tu hai un buon lavoro e la scuola che frequento è una delle migliori della zona.” dissi sorseggiando un po' di latte.

Non penso ci sia qualcosa che non va” conclusi facendo spallucce.

Mia madre sgranò gli occhi.

Viviamo bene e al sicuro, secondo te?” sbottò all'improvviso alzando la voce.

In mezzo alle campagne del Sud Carolina, in mezzo alla radioattività? Sai bene cosa significa...”

Cosa vuoi che ci succeda??” iniziai ad alzare anch'io la voce. “Voglio dire, nessuno è mai..” ma mi interruppi consapevole di quello che avevo appena detto.

Mi coprii la bocca con la mano e abbassai la testa, mortificata. La mia maledetta lingua. “Mi dispiace” sussurrai.

Mia madre dapprima mi guardò arrabbiata, poi i suoi occhi grigi di sciolsero. Si passò una mano tra i capelli, poi con l'altra mi accarezzò lentamente la guancia.

Non è colpa tua” mormorò sospirando. “Non ho neanche pensato di chiedere la tua opinione al riguardo nonostante tu non sia più una bambina. So che sarà difficile lasciare all'improvviso i tuoi amici ma devi capire che ormai è giunta l'ora di partire.

Questa casa contiene troppi ricordi dolorosi per noi..” disse guardandosi attorno “..e non so se ce la farei a vivere normalmente per un altro paio d'anni”. Sospirò.

Inoltre le grandi città sono le più protette dalla radioattività e la vita è meno complicata. Non ci sarà più bisogno dei cappotti contro le radiazioni, né di distillare l'acqua. Il cibo sarà già pronto, senza dover coltivare le verdure“. Rimase in silenzio per un attimo.

Ma soprattutto i campi non saranno pieni di mine anti-uomo.” parlò scandendo l'ultima parola. “Devi capire che lo faccio anche per te. Non voglio che tu cresca in un posto come questo.” concluse. Alzai lo sguardo trattenendo la rabbia che mi attanagliava dentro.

Mamma..tu vuoi soltanto dimenticare..” dissi a bassa voce mentre qualcosa mi pizzicava gli occhi. Cacciai indietro le lacrime.

Non è vero, piccola. Quello che è successo non potrà mai essere dimenticato. Neanche se lo volessi”. La osservai un attimo e capii che dietro l'apparenza anche lei soffriva. Ma allora perché si ostinava a lasciare quel posto? Voleva tagliare tutti i legami con il passato? Ritornai con gli occhi ormai lucidi sulla tazza di latte, mentre osservavo le palline di cereali riemergere dal fondo.

Presi fiato. Non poteva finire in quel modo. Assolutamente.

Perché proprio New York? Non possiamo andare a Savannah, Charleston: in qualsiasi città che sia più vicina di New York?” domandai ansiosa. Scosse la testa.

Mi hanno offerto un lavoro a New York. Guadagnerò più di qui quindi non potevo rifiutare. Comunque sia è una delle città più protette.” rispose.

Strinsi i denti per la rabbia. Impulsiva com'ero, era difficile controllarsi.

Mantenendo la voce piatta chiesi:

Si vedrà bene il cielo in una città grande come New York? Con tutte quelle luci penso che sia impossibile...”

Sapevo che l'ultima cosa che avrebbe fatto al mondo era privarmi della mia passione per l'astronomia.

Non ti devi preoccupare.” rispose subito, come se avesse già previsto la mia domanda “Abiteremo in periferia, e la nuova casa ha una soffitta con una grande finestra rivolta a sud. È spaziosa quindi credo che potrai osservare il cielo nel migliore dei modi. Potresti considerarla come una seconda camera”.

Per un attimo i miei occhi si illuminarono all'idea, ma non dovevo mollare. Stavo per aprire bocca quando mia madre si alzò dal tavolo.

Ormai è deciso. Sabato partiamo” tagliò corto.

E con questo sapevo che l'argomento era chiuso.

Sbuffai. Sentivo la rabbia ribollirmi dentro e avevo voglia di farla scoppiare.

Il suo comportamento era ingiusto nei miei confronti. Troppo per essere sopportato. Fin da piccola mi ero fatta un'idea su ciò che consideravo giusto o ingiusto.

In fondo, mia madre non si era neanche presa la briga di chiedermi se ero d'accordo o no. La osservai per un attimo. Finii per mordermi la lingua quando capii che il motivo della partenza era più profondo e personale. Dopotutto anche lei, come me era affezionata a quel posto, alle colline, ai prati. Meglio non litigare, pensai tra me e me. Deglutii, nella speranza che mi sciogliesse quel groppo in gola.

Avevamo ancora qualche giorno per riprendere la conversazione, che lo desiderasse o no, mi dissi. Finii di bere il latte in fretta e mi diressi verso il bagno. Mi spazzolai bene i denti e con lo zaino in spalla mi affacciai sulla porta della camera di mia madre.

Io vado..Ciao” la salutai poco entusiasta.

Non ti sembra un po' presto per andare a scuola?” mi chiese. In effetti mancava ancora una mezz'ora buona prima che passasse l'autobus.

Lo so, ma ormai sono pronta. Credo che andrò a farmi una passeggiata.” risposi sorridendole fiduciosa. Nel suo sguardo passò un lampo di disapprovazione. Mi stavo ricaricando di rabbia quando l'espressione cambiò in un'instante e annuì.

Vai pure tesoro. Attenta però”. Le sorrisi di nuovo, poi filai dritta verso la porta.

Avevo bisogno di respirare dopo la discussione di quella mattina e l'aria fresca faceva al mio caso. Ritornai con il pensiero al trasferimento. Come l'avrebbe presa Ellison, la mia migliore amica? Mi veniva da piangere solo pensandoci.

Ancora non riuscivo a credere che mia madre avesse preso questa decisione senza chiedermi nulla. Forse l'aveva fatto perché ero troppo prevedibile. Aveva intuito molto prima la mia reazione, il mio totale rifiuto.

Sbuffai di nuovo. E' imperdonabile, pensai.

Una voce maliziosa si insinuò tra i miei pensieri.

Certo, lei voleva soltanto dimenticare ciò che era successo tre anni prima. Non potevo biasimarla. Era ancora giovane, e magari aveva deciso di rifarsi una vita. Con un altro uomo forse.

Scossi la testa per scacciare quel pensiero. No, non poteva essere vero. Mia madre me l'avrebbe detto prima. E io avrei capito.

Che stupida menzogna, pensai. Anche qui, nel peggiore dei casi, aveva già intuito la mia reazione.

Nonostante ciò il mio cervello non voleva pensarci. Faceva troppo male. Apriva una vecchia ferita sul mio cuore che con molta difficoltà avevo chiuso. E non del tutto.

Era fragile, come una foglia d'autunno sul ramo di un albero.

Chiusi gli occhi, inspirando lentamente. L'aria sapeva di fiori, viole forse. E quando aprii gli occhi mi accorsi che mi ero allontanata tantissimo senza neanche accorgermene. Mi trovavo su un enorme prato che si estendeva davanti a me con i suoi sgargianti colori, nonostante fosse ormai autunno inoltrato. L'effetto deriva dalle piccole gocce di pioggia che brillavano come minuscoli cristalli. Guardai l'orologio sul polso. Imprecai.

L'autobus passava da un momento all'altro. C'era una sola possibilità: correre.

Non ci pensai due volte e girai sui tacchi. Almeno sapevo qual era la strada più corta da prendere. Conoscevo quel territorio meglio delle mie tasche.

Per fortuna feci in tempo a prendere l'autobus al volo. In fondo trovai il mio solito posto che teneva occupato Ellison.

Buongiorno” mi salutò come ogni mattina, sorridendomi.

Buongiorno”ricambiai anche se il mio sorriso era più forzato.

Come mai così di corsa?” mi chiese.

Ho fatto una passeggiata nei dintorni e non mi sono accorta che ero in ritardo”.

Sempre con la testa su un altro pianeta, eh?”.

Purtroppo. Ogni tanto mi viene nostalgia” dissi sarcastica. Mi rannicchiai bene contro lo schienale del sedile. Pensavo a ciò che le avrei detto. Della mia partenza.

Sospirai così forte che lei se ne accorse. Mi guardò con i suoi occhioni azzurri che esprimevano preoccupazione.

C'è qualcosa che non va?” chiese scrutando il mio volto per cogliere qualcosa.

Potevo dirglielo subito togliendomi quel fardello di dosso, sapere cosa ne pensava e parlarne come facevamo ormai da tre anni; mi avrebbe consolata e magari suggerito qualcosa per mantenerci in contatto.

Ma ero così capace di scegliere la strada più difficile e dolorosa per me, che mi si poteva facilmente definire masochista. Ed ero sempre perfettamente coscienziosa del fatto che poi avrei sofferto. Ecco perché decisi di rimandare, pronta a subire tutta l'ansia e la tensione dell'attesa, convinta che non era il momento giusto e non avevo il coraggio per parlarne. Soffocai una risata pensando a quanto ero brava a mentirmi.

Ellison mi guardò aggrottando le sopracciglia sottili. Forse credeva che fossi diventata matta.

Niente” risposi infine “Non ti preoccupare”.

Lo spero per te. Sai, oggi non riesci proprio a convincermi”.

Tu vedi troppe cose” la presi in giro. Peccato che non sapessi mentire così bene anche agli altri, perché in risposta a ciò che dissi lei mi guardò ancora più perplessa.

Feci un sorrisino innocente, sperando che mettesse a tacere tutti i suoi dubbi.

Funzionò meglio di quanto mi immaginassi: Ellison tornò, con le braccia conserte, a guardare fuori dal finestrino.

Il tragitto era lungo; la scuola distava parecchi chilometri da casa e gli studenti erano per lo più sparpagliati nella zona che comprendeva. O almeno lo erano quelli che come me ed Ellison non avevano ancora preso la patente. Mi mancava solo qualche lezione.

Ah!” esclamò Ellison tutto a un tratto dandosi una pacca sulla fronte.

Che c'è?” chiesi intimorita da quella improvvisa esclamazione.

Mi stavo quasi dimenticando” cominciò, poi fece un grande sorriso a trentadue denti.

Mia madre mi ha dato il permesso di organizzare un pigiama party la sera che lei e papà vanno a cena fuori con alcuni colleghi di lavoro. Sei libera per domani, vero?”.

Certo! Ci verrò di sicuro! Chi altro inviti?”risposi d'un tratto entusiasta.

Allora, pensavo sicuramente a Lucy, Barbara e Liz, poi credo che inviterò anche Laura.

Siamo abbastanza, no?”.

Sì, anche se l'idea di dormire con Barbara mi fa venire la pelle d'oca.” dissi facendo finta di rabbrividire. Tra noi due non scorreva buon sangue.

Su, non fare così!”.

La fai facile tu. Non ce l'ha mica a morte con te!”.

Mi lanciò un'occhiataccia e con un ghigno replicò: “Non le ho certo rubato io il fidanzato”.

Aveva colpito in pieno.

Ormai è passato quasi un anno” cercai di giustificarmi “Comunque non ci potevo far nulla se lui preferiva me, ed io ne ero completamente innamorata” bofonchiai.

Sono solo scuse”.

Ehi..ma da che parte stai?”domandai.

Dalla parte di quel povero ragazzo” rispose facendomi imbestialire. Certe volte era insopportabile. Con uno sbuffò chiusi la conversazione.

Poi ripensai che tra meno di due giorni sarei partita per una città lontanissima e non era proprio il caso di litigare con Ellison.

Circondai le ginocchia con le braccia, mi strinsi lì dentro e nascosi il viso per i miei veri sentimenti. Era facile capire quando ero triste.

Riapparve l'incubo lacrime e feci di tutto per non piangere così all'improvviso .Come l'avrebbe presa Ellison? Sicuramente sarei stata costretta a vuotare il sacco.

Così sovrappensiero non mi accorsi che eravamo arrivati.

Ripescai lo zaino e mi intrufolai tra la fila tenendo il posto a Ellison con un sorriso forzato.

Non ero affatto goffa, ma capitava che inciampassi, proprio come accadde quando scesi dall'autobus. Per mia fortuna c'era sempre qualcuno nei paraggi che mi ripescava.

Il fatto che diventassi così improvvisamente imbranata era dovuto alle distrazioni. Quando ero sovrappensiero, quando ero intenta ad ascoltare qualcuno mentre maneggiavo qualcosa, mi imbrogliavo con i miei stessi piedi. Non ero capace di fare due cose diverse contemporaneamente senza farmi male.

Questa volta Dreive, che ci aspettava fuori, fu in grado di anticipare la mia rovinosa caduta e mi prese al volo.

Attenta” disse soffocando una risata.

Grazie” risposi timida. Le figuracce in pubblico capitavano sempre ed esclusivamente a me. Dreive poi, era un ragazzo carino. E ciò mi metteva ancora più in imbarazzo.

Capelli color biondo chiaro, occhi verdi, un fisico slanciato e asciutto. Mi domandavo perché se la prendesse con una come me, quando aveva una schiera di ragazze che gli ronzavano attorno.

Credo che dovresti pagarlo, Vega” propose Ellison.

In effetti mi meriterei qualcosa per tutte le volte che ti ho salvata” concordò Dreive.

Lo guardai alzando un sopracciglio. Sapevo cosa intendeva.

Non ci contare” risposi secca.

Cos'è questa storia?” domandò Ellison. Mi sentii avvampare.

Le ho chiesto di accompagnarmi al ballo di fine anno”.

Ma mancano sei mesi!”.

Appunto. So che lei rifiuterà fino all'ultimo quindi devo esasperarla per farla cedere” rispose Dreive come se fosse la cosa più naturale al mondo. In fondo aveva ragione.

Al ballo non ci sarei andata mai. Neanche con una pistola puntata alla tempia. Chissà che figuracce avrei fatto.

E dai, Vega, perché non accetti?” chiese Ellison che a mio parere se la stava spassando a torturarmi.

Arrossii di nuovo.

Okay, va bene lo ammetto. Non so ballare!”. Mi voltai un attimo per non vedere le loro facce. Poi sentii una risata. Sbirciai con la coda dell'occhio.

Che c'è da ridere??” sbottai. Dreive mi guardò dolcemente.

Non ti devi preoccupare. Sarò io a guidarti, se vuoi” disse avvicinandosi e prendendomi per mano. Quell'improvvisa dolcezza mi fece diventare ancora più rossa in faccia.

Da quando in qua sai ballare?”.

Da sempre” rispose con voce suadente. Lanciai uno sguardo a Ellison che, per fortuna si era allontanata verso Lucy e Barbara. Mi ero risparmiata un intero interrogatorio durante la lezione di algebra.

Ora che ero più sollevata potevo trattare Dreive come volevo.

E non ti preoccupa il fatto che potresti romperti una gamba con una ballerina maldestra come me?” domandai con uno sguardo languido. Si avvicinò ancora di più, diminuendo notevolmente la distanza tra le nostre labbra. Intrecciò le sue dita con le mie.

Rischierò”.

Fece un sorriso mostrando i denti bianchi e perfetti. Aspettava una risposta. Lo feci attendere ancora un po', guardandolo di sottecchi.

Quindi?” mi chiese accorciando i tempi. Sorrisi spavalda.

No” scandii. Rimase in silenzio per qualche secondo.

Non finisce qui, mia cara.” rispose nascondendo la delusione, dato che aveva fallito di nuovo. Andava avanti così da ottobre.

Al ballo ci verrai con me, che lo voglia o no!” mi disse a mo' di minaccia.

Dapprima mi venne da ridere, ma il sorriso scivolò dal mio volto. Ci sarei andata, se avessi potuto. Distolsi lo sguardo e lasciai la sua mano.

Ehi, ti sei per caso arrabbiata?” mi domandò seriamente preoccupato.

Non era certo colpa sua se mia madre aveva deciso di trasferirsi. Scossi la testa.

No. Certo che no” risposi dandogli un buffetto sulla guancia.

Poi mi allontanai verso la scuola a passo sicuro. Tra qualche minuto sarebbero cominciate le lezioni e se arrivavo di nuovo in ritardo mi sarei beccata una punizione-

Aspettami” disse Dreive mentre mi raggiungeva. Come un cagnolino fedele.

Sospirai all'idea di dover fare a meno di tante attenzioni.

*


La mattinata passò più in fretta di quanto mi aspettassi.

Nelle prime due ore condividevo la classe con Ellison, quindi passammo il tempo a parlare del pigiama party: cosa portare, cosa mangiare, bere, e che film guardare.

La prof di algebra, come al solito, non si accorse della nostra disattenzione, mentre quella di biologia ci richiamò un paio di volte.

L'ultima ora, invece, seduto vicino a me c'era Dreive, come sempre ormai. Era una postazione fissa dall'inizio dell'anno. Mi guardava, rivolgendomi ogni tanto un sorriso, poi ritornava per i fatti suoi. Qualche volta cominciava a parlare a raffica del tutto e del più, fregandosene se avevo voglia di seguire la lezione di letteratura antica. In fondo non mi dava affatto fastidio, anzi mi faceva piacere sentire le sue chiacchiere, quando mi raccontava delle partite di calcio internazionali, di quel grande attaccante europeo che segnava sempre dei goal fantastici oppure di quanto avrebbe voluto viaggiare per vedere il mondo. Ogni tanto mi lanciava qualche sguardo malizioso che cercavo di evitare accuratamente.

La mensa era una parte del grande edificio della scuola, un salone ampio e luminoso.

La parte a sud vetrata d'inverno diventava una bella forma di riscaldamento.

Perché torturi quella povera minestra se non ne hai voglia?” mi chiese Ellison, mentre mangiucchiava la sua carota. Impiegai qualche secondo a ritornare nel mondo reale e osservai il mio piatto. Giravo e rigiravo il cucchiaio in mezzo alle verdure, ne afferravo qualcuna, poi la ributtavo giù. Doveva essere ormai fredda.

Non ho detto che non ne ho voglia” risposi pacata.

Si vede che non la mangerai” disse Lucy, indicando il piatto. Non mi ero neanche accorta che stava seduta accanto a me.

Ok, va bene. Vado a prendere un po' d'acqua..qualcun altro ne vuole?”.

Nessuno alzò il suo bicchiere. Erano certi che non sarebbe ritornato come prima o almeno senza un graffio.

Ero come un libro aperto, pensai irritata, non riuscivo mai a nascondere il mio stato d'umore, soprattuto quando non scodinzolavo qua e là, ridendo e strillando come di solito.

Di natura ero un tipo molto vivace e socievole, che amava la compagnia. Si percepiva la mia presenza; anche se stavo in silenzio attiravo facilmente l'attenzione. Ero una delle poche persone capace di mantenere il buonumore anche nei momenti più difficili.

Negli ultimi tre anni però, era divenuta una sorta di copertura dei miei veri sentimenti.

Ecco perché qualcuno mi aveva definita persino coraggiosa. Nonostante avessi perso un genitore. Ma dentro di me non era così. Affatto.

Il tempo cura solo le ferite del corpo, non dell'animo. Ero come divisa in due: da una parte la ragazza di un tempo, dall'altra quella martoriata dalle ferite del cuore. Se ne stava rannicchiata in un angolo del mio cervello. Ma non era un angolo buio. Era sempre illuminato dalla luce costante delle stelle.

Come volete” risposi rassegnata.

Aspetta, vengo con te”. Senza dover accertare, sapevo già chi era.

Non vorrei che scivolassi nel acqua e che ti facessi male con le schegge di vetro” continuò Dreive. Mi voltai, facendogli la linguaccia.

Non sono poi così maldestra”.

Sghignazzò e afferrò il mio bicchiere. Lo lasciai fare. Era più sicuro così.

Sai, volevo chiederti..” iniziò a dire.

Che cosa?”. Rimasi in attesa.

Nah, niente niente. Lascia perdere!”.

E no! Ora mi dici tutto!” risposi sbattendo il piede per terra.

Riempì il bicchiere con lentezza calcolata.

Dai, non fare così. Te lo dirò in un'occasione più adatta”.

E' così importante da richiedere un certo momento”. Fissai il suo volto scocciata.

Niente mi irritava di più al mondo quanto le cose dette a metà.

Di solito non davanti a tutti” replicò mantenendosi indifferente.

Quella frase mi colpì appieno. Che ingenua, pensai. Voleva per caso dirmi che...Scossi la testa. Non era possibile, no. Non potevo essere così vanitosa per pensare una cosa del genere. Eppure gli si leggeva in faccia che per lui era importante. Sentii un tuffo al cuore. Non sapevo descrivere quella strana sensazione che mi percorreva la pelle.

Forse ero solo lusingata. Sciocca, mi rimproverai mentalmente.

Se avessi potuto, mi sarei data uno schiaffo da sola per levarmi quei pensieri.

Va bene” dissi, più per paura d ciò che avrei sentito dire che per gentilezza.

Mi fissò come se fossi matta.

Che c'è?” domandai perplessa.

Niente.” fece un gran sorriso “Di solito non molli così in fretta”.

Non abbassare la cresta. E' soltanto perché oggi voglio essere buona e caritatevole”. Ridacchiai. “Ti torturerò un'altra volta” continuai disinvolta.

Dreive esplose in una risata sincera.

Adesso ti riconosco. Per favore, non farmi troppo male!”.

Se mi sarà rimasta un po' della gentilezza di oggi, forse”.

O povero me!” esclamò, facendo finta di svenire. Lo spinsi per la spalla perché si muovesse. Ritornati al tavolo -io e il bicchiere sani- mi intrufolai nella conversazione di Lucy ed Ellison.

Che ne dici?”.

Certo, per me va bene. Vengo di sicuro”.

Dove?”.

Al pigiama party. Vega, per favore, non dirmi che te ne eri già dimenticata” mi chiese Ellison. “Certo che no!” mentii. Senza farmi notare, mi diedi una pacca sulla fronte.

Cosa c'era che non funzionava dentro quella testa? Ti stai comportando da stupida, Vega. Sei proprio infantile.

Non riuscivo più a concentrarmi su nulla; ero troppo occupata a rimproverarmi per il mio strano comportamento, perciò la lezione di francese feci semplicemente finta di ascoltare.

Mademoiselle Willer, que est-ce tu es en train de penser?”.

Che?? Fissai la prof con occhi persi. Cosa caspita aveva detto?

Rien” mi sussurrò accanto Laura.

Rien, Madame” feci eco. Continuò a guardarmi come se avesse intuito qualcosa, con occhi indagatrici, poi si rivolse a un altro alunno. Tirai un sospiro di sollievo.

Grazie mille, Laura. Sei un tesoro; non ce l'avrei fatta senza di te!”.

Ho solo agito d'istinto.” rispose facendomi l'occhiolino. “Avevo notato che eri molto pensierosa oggi. C'è qualcosa che non va?”.

Tratteni a malapena uno sbuffo. Anzi, mi venne quasi da ridere, prendere in giro me stessa. Era così evidente? Si notava così tanto che ero di cattivo umore? Sembrava impossibile, ma a quanto pareva, proprio quel giorno, tutti si erano decisi a far più caso a me.

Macché! Direi che sono un po' stanca.” risposi concentrando un po' entusiasmo nella mia voce, sperando che ciò deviasse la conversazione. “Non ho dormito bene, ecco tutto.” aggiunsi facendo spallucce.

Sorrise comprensiva.

In effetti, neanch'io sono riuscita a prendere sonno velocemente con il temporale che impazzava fuori”. Sorrisi anch'io, non per ricambiare ma perché ero felice di aver spostato l'argomento da un'altra parte. Continuai a parlare con Laura disinvolta, come non mi succedeva da quella mattina. Mi sentii meglio dopo che fu suonata la campana, più sollevata dopo essermi accorta di essere ancora capace di interagire normalmente con un essere umano. Non aveva torto Ellison quando, delle volte, mi diceva scherzando che forse provenivo da un altro pianeta. Aveva un che di vero, nonostante fosse assurdo.

Capitava di essere così pensierosa da chiudermi completamente in me stessa, come chiusa in una bolla, lontana dai suoni esterni, da ciò che mi circondava, ignoravo persino le domande che qualcuno mi poneva. Mia madre, in particolare odiava certi momenti, essendo un tipo loquace. Mi ripeteva sempre che le sembrava di rivolgersi a un muro.

Automaticamente avevo raggiunto la palestra. Mi sentii più leggera quando mi venne in mente che in quell'ora c'era solo Barbara con me, quindi nessuno mi avrebbe interrogato o chiesto qualcosa. Non che noi fossimo nemiche acerrime, ma evitavamo con cura di parlarci. Eravamo educate, ci salutavamo, ma niente più.

Neanche prima avevamo avuto un rapporto di vera amicizia, e la cosa è peggiorata notevolmente dopo aver scoperto che il suo ragazzo sbavava per me.

Ciò l'aveva ferita nel suo orgoglio di donna, aveva passato un brutto momento, tuttavia non mi aveva mai accusata di niente. La colpa era stata del suo ragazzo.

Misi a tacere quei pensieri e mi concentrai sulla palla che stavo per schiacciare.

Nello sport ero agile e veloce, ma quel giorno mi serviva più attenzione del solito.

Finalmente suonò l'ultima campana e filai veloce dentro l'autobus.

Qualcosa mi strinse improvvisamente la mano mentre cercavo di salire le scalette.

Mi voltai di scatto, mentre stranamente mi passò per la testa una mossa di autodifesa.

Era Dreive.

Non si saluta più?” mi chiese. Non sembrava offeso.

Hai visto in giro Ellison?” chiesi invece di rispondere.

E' venuta a prenderla la madre”.

Ah ok. Io dovrei andare”.

Aspetta. Dimmi una cosa”. Lo scrutai bene mentre attendevo.

Sì?”.

Cosa nascondi?”. Rimasi spiazzata dalla domanda.

Che cosa intendi dire? Non capisco”.

Formulo meglio la domanda: cosa cerchi di nascondere a tutti? Sei silenziosa da stamattina. Hai passato tutto il tempo a pensare; accadde ogni volta che escogiti qualcosa”. Abbozzò un sorriso.

Guarda che non sto immaginando tutti i modi per torturarti!” risposi.

Ma non ero affatto sicura che quella fosse la risposta che attendeva.

Il suo sorriso si allargò.

Non intendevo quello. Sono sicuro che darai il tuo meglio nelle torture”. Rimase un attimo in silenzio mentre osservava da qualche parte oltre le mie spalle. Nel frattempo il panico cominciò ad affiorare. Sospettava forse qualcosa? Era così bravo a capirmi?

Volevo soltanto sapere cosa ti preoccupa” continuò. “..e se avevi bisogno di sfogarti”.

Il suo sguardo era davvero sincero, soprattuto esprimeva fiducia. Tanta fiducia.

Mi daresti un passaggio a casa?” chiesi d'un tratto, con sicurezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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