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Autore: HitomiKisugi    15/06/2014    2 recensioni
Jo dubitava che Brick venisse a prenderla, quella sera, per uscire. Perché per farlo avrebbe dovuto far i conti con la sua paura più grande: il buio.
Se si fosse trattato tutto di una favola, esso sarebbe stato il classico nemico da sconfiggere.
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Jock, un’altra lunga One Shot per il mio secondo anniversario su EFP.
Attenzione! Possibilità di OOC!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brick, Jo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: A tutto reality - La vendetta dell'isola
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Toronto, Canada.

Fin dai tempi immemori della storia dell’umanità l’uomo soleva mettere in gioco se stesso per conquistare l’interesse della donna desiderata.
Che fossero brevi o lunghe, semplici o ardue, le strade per raggiungere il suo cuore erano davvero molteplici se non infinite. Ma certamente quella che prometteva di avere maggior successo era quando la circostanza chiedeva un’ammirevole azione coraggiosa. Se si fosse trattata di una cosa eroica, magari anche con il classico nemico da affrontare, sarebbe stata ancora meglio.
Forti sostenitrici di questo concetto erano le favole, tant’era evidente quanto alcune di loro amassero seguire la solita ben nota traccia comune della fanciulla in difficoltà e di colui che la salva. Il resto avveniva puntualmente come da copione, pressoché banale, scontato: lei, ammaliata e lusingata da tanto coraggio dimostrato, s’innamorava definitivamente del suo salvatore, lo sposava ed entrambi vissero felici e contenti.
In pratica, secondo la logica di quei racconti di fantasia degni del perfetto manuale di corteggiamento, bastava cogliere l’occasione giusta, seguire certi passi e l’oggetto dei tuoi desideri cadeva puntualmente ai tuoi piedi. Effetto testato e garantito.

Crescendo, Jo si era resa conto di quanto fosse ridicolo e umiliante il fatto che nelle storie le ragazze venivano dipinte come romantiche ma deboli e indifese, bisognose costantemente di una figura maschile che le aiutassero quando ce n’era bisogno perché incapaci di autogestirsi. Perché era sempre compito dei principi o dei cavalieri essere messi in luce, esaltati per le loro prodezze, degni di rappresentare il cosiddetto “sesso forte”. Ma quante idiozie!
Se lei fosse stata al posto della principessa Aurora, per citarne una, la musica sarebbe cambiata, parecchio anche, e di certo non si sarebbe lasciata abbindolare così facilmente dalla perfida strega. Con il conseguente fatto che non sarebbe rimasta distesa sul letto a dormire o magari seduta su una comoda poltrona a lavorare con l’uncinetto, guardando ansiosa e speranzosa fuori dalla finestra in attesa che il valoroso eroe la salvasse. No, decisamente avrebbe provveduto da sé a fuggire e ancora prima a dare una lezione al suo nemico che difficilmente avrebbe dimenticato nei suoi giorni a venire; nelle favole lei di certo sarebbe stata una guerriera invincibile e carismatica, mentre quell’Aurora, invece, era solo una Bella Addormentata, in tutti i sensi.
Non era un caso che Jo si fosse messa a pensare proprio a quelle cose. Seppur il contesto attuale fosse completamente diverso, aveva trovato delle sottilissime analogie con ciò che ritraevano nelle storie di fantasia.
Il suo sguardo, da una mezz’ora quella parte, saettava sugli oggetti importanti della cucina e degni della sua attenzione: l’orologio da parete vicino alla mensola, il televisore posizionato nella parte opposta e ora sintonizzato sul notiziario e infine la finestra che si affacciava sulle abitazioni vicine, su quei tratti di spazi verdi e sulle strade dotate di scarsi impianti d’illuminazione. In quell’istante lei se ne stava in piedi a braccia incrociate davanti alla vetrata, tenendo particolarmente d’occhio eventuali nuovi movimenti.
“Verrà veramente?” era la domanda di rito che si poneva, ogni volta che guardava l’avanzare della lancetta dei minuti sul quadrante. Ma su quello aveva dei seri dubbi, anzi, era sempre più convinta che la risposta sarebbe stata negativa.
Sì, anche lei stava aspettando qualcuno, un certo Brick che teoricamente sarebbe dovuto venire a prenderla tra cinque minuti. Appunto, in teoria. Perché per vederla avrebbe dovuto prima affrontare e sconfiggere il suo nemico di sempre: il buio.
Se alla fine il cadetto non si fosse presentato, la ragazza non ne avrebbe fatto una tragedia. Lui poteva tranquillamente risparmiarsi un viaggio, accamparsi delle scuse e salvarsi la faccia invece di voler fare il cocciuto a tutti i costi. Sul serio non se la sarebbe presa, anzi, le avrebbe fatto pure un favore. Questo perché passare la serata a casa a guardare un incontro di wrestling e poi uno di pugilato sul canale sportivo era molto meglio di partecipare alla grande rimpatriata nella lussuosa villa di Dakota Milton.

A quel pensiero, una marcata smorfia di disappunto si disegnò sulle sue labbra. Di nuovo.
Proprio non voleva andarci, già sapeva come si sarebbero svolti i fatti in quelle ore, ovvero tutto un susseguirsi di sorrisi, saluti, le classiche chiacchiere sugli aneddoti di ognuno. E altrettanto prevedibili sarebbero stati i comportamenti dei suoi vecchi compagni di sventura. Già poteva vederseli davanti: la padrona di casa che faceva di tutto per attirare gli sguardi su di lei, una coppietta intenta a flirtare, una ragazza che sciorinava le incredibili invenzioni dei suoi immaginari antenati, uno sciocco palestrato che dava sfoggio al suo quoziente intellettivo pari a quello di una sogliola... e fermiamoci qui.
Oh, che serata grandiosa che si sarebbe prospettata!

Ma non c’era stato alcun verso di far capire al cadetto, qualche ora prima, che non era per niente interessata a quel raduno. Eppure alla fine, in qualche modo, era riuscito a convincerla a dare una possibilità a entrambi.


“-Allora non c’è problema, passerò a prenderti io! Così non avrai più motivi per dire di no!-“
Jo aveva ancora in mano la tazzina del caffè vuota e in quel momento aveva provato la voglia irrefrenabile di sbatterla con forza nel piattino, di sentire il suono che provocavano due oggetti scagliati uno contro l’altro. Sarebbe stato facile spiegare in questo modo che rumore potevano fare i suoi nervi quando la sua pazienza oltrepassava il limite. Ma erano seduti al tavolino in un bar del centro città, con quel po’ di gente che in un attimo sarebbe potuta diventare fedele spettatrice della sua stizza e buona fonte di pettegolezzi magari conditi di falsi particolari. Lei era un tipo che amava far parlare di sé e farsi notare per le sue prestazioni atletiche e non certamente poteva usare quel sistema per attirare l’attenzione! Fu così che, in nome della sua reputazione, tazzina e piattino furono graziati, fatti rincontrare con tutta la concentrazione e delicatezza possibile al suo stato d’animo. Alla fine, per esprimersi meglio, si era limitata a posare gli occhi dritti su di lui, corrugando la fronte e piegando le labbra in segno di fastidio.
Ormai quel dibattito andava avanti da una ventina di minuti e a quel punto la ragazza non sapeva più in quale modo, in quale lingua fargli capire che a quella maledetta rimpatriata non ci voleva andare. Si era perfino inventata la storia che non aveva l’auto per recarsi sul posto, una bugia forse ridicola, ma l’importante era il cadetto avesse almeno colto l’antifona del messaggio. Che avesse fatto finta o no di non aver capito, di una cosa era più che certa: se fossero andati avanti, uno a far avvalere la sua causa e l’altra a opporsi, qualsiasi fosse l’esito non sarebbe cambiato nulla, lo avrebbe avuto comunque alle costole quella sera pur di convincerla a farsi accompagnare da lui. Quando voleva Brick sapeva essere così tremendamente cocciuto! Se lui ci voleva andare erano affari suoi, non doveva sentirsi in dovere di coinvolgere anche lei se non ne aveva voglia.
“-Quante volte devo ripetertelo affinché tu capisca?! Io non ci voglio andare!-“ aveva ripetuto per l’ennesima volta a denti stretti. L’invito era stato recapitato ai presenti un paio di mesi prima e fin dall’inizio lei aveva deciso in seduta stante di rifiutare senza prendere in considerazione che avrebbe potuto rivalutare le sue idee e pensarci bene nei giorni successivi. Tanto non avrebbe avuto niente da perdere e ne era ostinatamente convinta; nel complesso si trattava solo rivedere un branco di pazzi e di svitati e non voleva mischiarsi a loro, visto che si autodefiniva l’unica normale!
“-Sono sicuro che ci saranno tutti i nostri vecchi amici e compagni di avventura! Non potrai certo mancare all’appello! A Dakota farebbe piacere rivederti, visto che tra l’altro ha fatto recapitare anche a te quell’invito!-“ aveva continuato a insistere la Recluta con una vena ottimistica.
Davanti alle parole “nostri” e “amici” la bionda, scrutandolo ancora più a fondo ora attonita e incredula, si era chiesta se magari lui avesse solamente scherzato. Sarebbe stata la spiegazione più plausibile, avrebbe potuto riderci sopra, tuttavia non lo era. Lo conosceva bene e il tono che aveva usato rispecchiava fedelmente la sua personalità: era stato genuino, sincero, caloroso.
Nostri amici… Erano due termini che insieme stonavano su di lei, peraltro visto e dimostrato che non aveva fatto nulla di buono e utile per conquistarsi le simpatie di quella gente, anzi, tutto il contrario. Lei al massimo li poteva definire “quelli con cui aveva partecipato insieme al reality” se non conoscenti e basta. Quell’”amici” stava meglio addosso a Brick, doveva imparare a parlare per sé.
“-Sì, immagino quanto saranno contenti di vedermi gli altri! Magari piangeranno dalla gioia! Mi raccomando, eh! Sii più convincente la prossima volta!-“ aveva ribattuto sarcastica.
“-Vedi il lato positivo della faccenda! Alla fine potrebbe essere una serata davvero divertente! Pensaci bene!-“
A quel punto la ragazza aveva abbandonato le braccia lungo i fianchi sospirando scoraggiata. Come poteva uscirne fuori adesso?
In cerca di una soluzione si era messa a frugare nella sua mente alla ricerca di un qualcosa, di dettaglio che magari aveva involontariamente trascurato e che poteva esserle utile.
Poi un flash, lo aveva trovato. “Potrebbe essere divertente” era circa la frase che aveva utilizzato Brick poco fa; Jo, per qualche secondo, era rimasta ad assaporarla con calma e meticolosità come farebbe un sommelier col vino. Infine si era messa comoda sulla sua sedia, aveva appoggiato il mento sulla mano sinistra, permettendo al gomito di fare da sostegno, e poi si era messa a guardare il paesaggio al di là della vetrata. Faceva proprio al caso suo, era un’ottima ispirazione a quel che stava per dirgli.
“-Certo che oggi il tempo è a dir poco pessimo! È nuvoloso ma, anche se non dovesse piovere, il vento smetterà di rompere come ora, anzi, potrebbe anche aumentare d’intensità. Immagino come potrebbe essere stasera alle otto, lì fuori: buio, sinistro, misterioso, tetro, pauroso… un’atmosfera quasi spettrale oserei dire! E sono più che certa che la situazione non sarà certo migliore fino a domani!-“ la voce le era uscita bassa, scandita da alcune pause essenziali, rendendo il suo monologo con un certo effetto. “-Direi che non invoglia esattamente a uscire come nelle serate tranquille e stellate, ma questa è in fondo una mia opinione personale. Dico bene?-“ aveva terminato. Poi colta dalla curiosità si era messa a fissare maliziosa il moro per vedere la sua reazione. Era una tattica infallibile usare il punto debole degli altri per sfruttarlo a suo piacimento e la bionda non aveva potuto evitare di provare una sadica e pungente soddisfazione nell’esserci nuovamente riuscita. Pur vero che per l’ennesima volta si era comportata come l’arpia che tutti avevano avuto modo di conoscere e tenendo anche conto che quello che aveva stuzzicato era il suo ragazzo, le sue intenzioni, viste in un'altra prospettiva, erano tutto sommato nobili. Il messaggio di fondo era eloquente: “Non fare l’eroe quando non ne saresti capace”.
Era ancora intenzionato a voler uscire quella sera, a dispetto di tutte quelle non rassicuranti previsioni? In quello stesso momento se lo era chiesto seriamente anche Brick, che d’improvviso si era ritrovato a fare i conti con un particolare di vitale importanza cui aveva erroneamente ignorato.
Era stato inevitabile staccare gli occhi da Jo per soffermarsi a guardare il paesaggio lì fuori, mentre aveva ascoltato rapito ciò che sembrava a tutti gli effetti un racconto dell’orrore. E altrettanto inevitabile immaginarsi lo scenario nelle ore più buie di quello stesso giorno. Aveva sentito lo stomaco attorcigliarsi e un nodo salire in gola fino a limitargli il respiro. Aveva serrato le mani a pugno, nel tentativo di impedire alle dita di manifestare apertamente il tremolio che sentiva dentro di sé. L’entusiasmo che lo aveva contraddistinto fin dall’inizio si stava via via dissolvendosi lasciando spazio all’amara consapevolezza di chi si trovava al limite delle sue possibilità. Ma prima che lo sconforto prendesse forma da indurlo a lasciar perdere tutto, aveva trovato quel po’ di coraggio per ribellarsi. Perché doveva per forza arrendersi senza aver nemmeno preso in considerazione l’idea di provarci? Dai, soldato! Devi reagire!
Dopo un bel respiro profondo, aveva fatto in modo che i suoi occhi incontrassero quelli di Jo, in attesa di una qualche risposta.
“-Verrò alle sette e mezza. Sarò di parola.-“ aveva dichiarato tutto a un fiato, con uno sguardo che si ostinava a voler essere risoluto. Peccato che il tono con cui aveva impregnato quelle parole non fosse risuonato altrettanto convincente da nascondere una certa incertezza.
“-D’accordo. Vorrà dire che ti aspetterò.-“ aveva concesso la ragazza alla fine, inviandogli un sorriso dal sapore ironico.
Automaticamente si era lasciata convincere e aveva accettato di uscire insieme a lui, questo sì. Ma non c’era una certezza matematica che poteva affermare che l’avrebbe fatto davvero e su questo ne erano sicuri entrambi.


Il tempo era trascorso velocemente e sebbene lei avesse lasciato apposta acceso il cellulare, aspettandosi chissà quale messaggio che contenesse qualche scusa per disdire l’appuntamento, esso non si decideva a dare nessun segno di vita.
Jo guardò di nuovo l’orologio. Facendo velocemente i conti, entro trentadue secondi Brick, l’aspirante cavaliere, sarebbe dovuto presentarsi se fosse stato puntuale.
La ragazza agitò una mano in aria: sciocchezze, era sicura che non l’avrebbe visto nemmeno se avesse ritardato di due minuti, poteva anche scommetterci sopra. Pur convinta dei suoi pensieri, tornò a concentrarsi sul televisore senza però smettere di lanciare un’occhiata fuori dalla finestra; non poteva farci nulla, la curiosità la solleticava, era davvero troppa per essere ignorata. E fu proprio in quel momento che intravide una persona avvolta nell’oscurità correre velocemente nel marciapiede in direzione di casa sua. Colta di sorpresa, per un attimo provò a convincersi che non poteva trattarsi proprio di Brick, sarebbe stata una cosa troppo illogica, incredibile. Magari invece poteva essere un altro tipo che per coincidenza passava di lì alla stessa ora. Ma non si poteva ancora parlare di casualità quando, subito dopo, sentì il campanello di casa sua suonare, facendo al contempo fugare ogni suo dubbio su chi potesse essere.

Afferrò il telecomando sopra tavolo per spegnere il televisore, prese al volo la giacca appoggiata sullo schienale di una sedia e lasciò la stanza.
Raggiunse velocemente la porta d’ingresso per aprirla, ma di colpo fermò la mano che automaticamente stava per appoggiarsi alla maniglia. Perché così tanta fretta di uscire? Era diventata matta? Piuttosto avrebbe aspettato un po’. Non voleva sembrare come Cenerentola quando era ansiosa e felice di vedere il principe. Immediatamente Jo s’impose un po’ di contegno: basta con questi paragoni con le favole, era ora di finirla!
Incurante di dover lasciare il malcapitato solo e in balia di quel tempaccio ad attenderla, la bionda aprì con estrema naturalezza la porta una ventina di secondi dopo. Gettando lo sguardo in avanti a qualche metro di distanza vide che quello che la stava aspettando al di là del cancelletto era proprio il cadetto, in carne e ossa. E puntuale come aveva promesso. Faceva ancora fatica a crederci. L’unica cosa che riusciva a consolarla era di non aver fatto veramente alcuna scommessa con nessuno, sarebbe stato cocente ammettere faccia a faccia di avere perso.
-Jo, sei pronta?- chiese Brick da laggiù, alzando la voce.
Appena mise piede fuori dalla soglia, una folata di vento prepotente la investì, facendole scompigliare i capelli. Prese la ciocca che le infastidiva gli occhi per riavviarsela dietro l’orecchio, pur sapendo che si trattava di una mossa inutile. All’esterno era esattamente come aveva pronosticato ore fa: il vento faceva scuotere insistentemente le cime degli alberi e stormiva le fronde, in una specie di danza continua dai suoni striduli per niente confortanti. E il cielo, uno schermo di due toni di blu scuro senza luna e senza stelle, contribuiva creare un ambiente dall’aspetto inospitale per uno con la fobia del buio e dei rumori che provengono da esso.

La bionda si girò un attimo per chiudere la porta, fece scattare la serratura e si apprestò a scendere i tre scalini d’ingresso di quel breve tratto di pietra che la conduceva al cancelletto. Una volta piazzata davanti al cadetto, attraverso la poca luce del lampione del giardino di casa sua, ne scrutò con espressione critica il volto e ciò che poteva dire il linguaggio del corpo. Non si stupì di ciò che vide: il soggetto in questione aveva l’aria di chi era appena fuggito dall’inferno per puro miracolo, ma che sentiva ancora la presenza del Diavolo alle calcagna. Il tutto mascherato come meglio poteva in una postura rigida e inflessibile, nella speranza di essere convincente. Naturalmente non riuscì a incantare la ragazza, la quale meditava di smontargli quella parvenza di sicurezza che dimostrava, magari piantandolo in asso lì fuori. Ma se lui pensava di sentirle dire frasi come “Non pensavo che venissi davvero” o fargli qualche complimento dimostrando di averla impressionata nel senso buono del termine, si sbagliava di grosso.
-Ho lasciato la mia auto nel parcheggio di là!- continuò Brick con un sorriso forzato e con un lieve tremolio traditore nella voce, allungando il braccio verso la sua destra a indicare la zona riservata alle macchine. –Possiamo andare!-
Jo, cominciando ad avvertire una punta di fastidio farsi più crescente, mise le mani sui fianchi. Quella farsa era inutile, improduttiva, e di conseguenza doveva porre fine.
-Brick, è inutile che ti ostini in quel modo. Si vede anche lontano un miglio che tremi. Avresti dovuto lasciar perdere se non te la sentivi di venire. Non dovevi per forza fare l’eroe se il buio ti fa ancora paura!- lo rimproverò a livelli tollerabili, accigliata.
Davanti alle sue parole e al suo sguardo di disapprovazione peraltro meritevole, il cadetto si liberò lentamente di quella specie di corazza che gli stava stretta e che non gli apparteneva. Non poteva più fingere, ormai.
-È vero! Il buio mi fa ancora paura!- ammise con un pizzico di vergogna mentre cercava di reprimere ogni pensiero negativo. –E poi anche adesso, con questo vento che fa scuotere gli alberi in un modo così… inquietante!- I suoi occhi saettarono da una direzione all’altra. –Però…-
La bionda attese il seguito della frase che sembrava non arrivare.
-Però cosa?- lo incalzò.
Brick puntò lo sguardo su di lei e ci si soffermò. Quel contatto visivo cominciava a farlo sentire meglio, lo rassicurava, tanto da far affiorare sul suo volto un timido sorriso. Altro beneficio che ne trasse, anche per solo un breve atto di tempo, fu fargli accantonare le sue paure.
-Però… vorrei poter prendermi cura delle persone meglio che posso. Non solo perché fa parte del mio codice.-

Jo si era imposta di smettere di fare paragoni con le favole e le sue protagoniste, eppure in quel momento le fu inevitabile ritornare sul quel pensiero. Per scoprire che lei aveva effettivamente qualcosa in comune con quel mondo che le sembrava tanto distante e discordante per i suoi gusti.
Restò a fissare ammutolita il cadetto: quel “qualcosa” ce lo aveva proprio davanti. Era proprio così. Non importava se si parlava di finzione o realtà né tanto meno se si trattava di una questione di carattere e autonomia. Fatto sta che anche lei come quelle fanciulle dei libri aveva il suo, per così dire, cavaliere su cui contare sempre e comunque. Le aveva sempre criticate e disprezzate perché incapaci di badare a loro stesse, ciononostante riusciva finalmente a capire cosa dovevano aver provato quando, nei momenti di maggior difficoltà, vedevano arrivare il loro amato. E cosa lo stesso eroe aveva dovuto affrontare per raggiungere la persona desiderata, le paure da sconfiggere, il nemico da battere. Poteva presentarsi a lei malconcio, ancora scosso, ferito, esausto… e nonostante tutto poteva guardarle dritto negli occhi, sorriderle con ardore, pensando che tutti gli sforzi fatti erano valsi la pena perché si erano ricongiunti. Questo e altro si era disposti a sopportare e affrontare nuovamente per rendere felici chi si aveva vicino. Esattamente come ora stava facendo Brick.

E così poco alla volta tutto si fece più chiaro.
La bionda continuava a osservarlo attentamente, accorgendosi che ora lo sguardo del suo ragazzo si era fatto un po’ più calmo, più rilassato grazie alla sua presenza. Sicuramente non aveva dimenticato dove si trovava, del buio e del vento che portava strani mormorii con sé a ogni folata che gli facevano desiderare ardentemente di correre al sicuro all’interno della sua vettura. Doveva essere difficile per lui stare lì ogni secondo che passava, ma era un rischio calcolato fin dall’inizio perché lo aveva fatto per entrambi, per libera scelta. Se si fosse trattata di una serata tranquilla e stellata, Jo questo non sarebbe mai riuscita a capire. Davanti a quel cavaliere singolare di cui non si poteva certo definire il tanto acclamato “senza macchia e senza paura”, non poté far a meno di provare un moto di tenerezza, unito a un pizzico di gioia per essersi sentita importante, ma come al solito si vide bene dall’esternarlo.
La strada era ancora lunga, Brick aveva provato a fare il primo passo e ne era uscito vincitore, ma per scacciare definitivamente la paura che aveva fin da bambino di tempo ce ne voleva tantissimo, tanta buona volontà e soprattutto un valido motivo.
E a proposito di motivazioni: chi poteva dire che ciò che avrebbe spinto il cadetto a uscire e affrontare la sua fobia non potesse poi diventare la miglior cura per sconfiggerla?

Calamity si avvicinò ulteriormente a lui fino a posare piano le mani sul suo petto. Il ragazzo pensò, o meglio dire sperò, che lei volesse protendersi per baciarlo. Quale gesto più bello e più dolce per esprimere ringraziamento e riconoscenza tutto in una volta sola?
Non aveva torto a formulare quell’ipotesi, c’erano indizi che lasciavano supporre potesse proprio accadere: i lineamenti distesi del volto della ragazza, il vento che muoveva i loro vestiti e scompigliava i loro capelli stavolta creando un’immagine di sé emozionante e toccante come nei grandi film. E, dettaglio non indifferente, erano soli, con tutta la privacy di cui avevano bisogno.
Le mani di Jo fecero pressione per spingere il cadetto un po’ più in là, creando uno spazio maggiore tra loro due. Era chiaro che non era intenzionata a dare il suo contributo, a rendere quel momento dalle pennellate di rosa ancora più romantico. Negando a se stessa e a entrambi la conclusione che tanto ricamavano le favole. Ah, sarebbe stato tutto troppo scontato! Aveva accettato di uscire con lui se fosse riuscito a venire: non era già abbastanza come ricompensa?
-Ho capito, ho capito!- gli disse con una certa fretta, aprendo il cancelletto con l’intenzione di avviarsi verso il parcheggio. Non degnò di uno sguardo il ragazzo, il suo pensiero principale era proprio di voltargli le spalle per il tempo che le consentiva il tragitto.

Il buio aveva i suoi lati positivi e negativi, poteva tanto piacere quanto essere sgradito. Era una questione di ottica, ognuno aveva il suo parere.
Brick poteva trovare anche cento motivi per odiarlo, ma almeno uno per affrontarlo.
Jo invece scoprì improvvisamente di amare il buio, quella volta lo ringraziò e lo benedisse pure. Solo perché la luce del giorno non poteva certo aiutarla a nascondere quel lieve rossore sul suo volto.

Su certe cose le favole avevano proprio ragione.


FINE.

 

   
 
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