​ Le sue labbra rimanevano serrate, mai una parola, un gemito, un sussurro. Era muta dalla nascita, ma tutti avevano sperato che forse un giorno, quando la sua vita sarebbe diventata stabile, lei avrebbe parlato. Era una ragazza solare ed anche molto bella, ma il suo silenzio l’aveva condannata a rimanere sola. Pian piano era andata spegnendosi, fino a temere di uscire di casa, temere di vivere. 
 I suoi occhi erano spenti, velati e privi di vita. Giorno e notte immobile, su un letto. L’unico suo segno di vita erano le mani che si muovevano a fatica su quel suo strumento, producendo note spente e malinconiche.  
 Era come se fosse in coma ormai, un coma che lei stessa si era imposta. Se la vita era quella, lei aveva deciso di non continuare. Che senso aveva rimanere soli? Che senso aveva temere di guardarsi attorno, temere di vivere? 
 Poca era la gente che ancora sperava in una sua miracolosa ripresa. I medici ormai l’avevano data per spacciata, proponendo all’unico “parente” che lei aveva di interrompere la sua vita, cosa che aveva rifiutato. “E’ per il suo bene so che si riprenderà, è una situazione temporanea, tornerà a sorridere” diceva a se stessa, guardandola però spegnersi ogni giorno di più. Parlarle sembrava non servire, era come se lei nemmeno fosse li. Lo sguardo era perso nel vuoto, la sua espressione spenta, le note prodotte dal suo lento suonare malinconiche e strazianti.
 Aveva perso la sua volontà di combattere.