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Autore: Sara Scrive    16/06/2014    3 recensioni
Si può dire che è iniziato tutto quando quel bigliettino è finito sul mio quaderno di matematica durante la quarta ora:
‘Saraaa!! Jai ha tweettato che sono qui a Roma’.
Mi era bastato uno sguardo complice verso Camilla, compagna di scuola e di avventure, per capire che avrei dovuto preparare un ritratto a tempo record e avrei dovuto iniziare a scrivere la solita lista da psicopatica con tutte le cose da fare per prepararmi decentemente.
One Shot basata su fatti realmente accaduti
Ecco come ho vissuto la giornata del 21/05/2014
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: 
Quello che state per leggere è una specie di riassunto di fatti realmente accaduti (Se non ci credete cliccate qui).
Nella narrazione non sono entrata nei dettagli, anche per rispetto delle persone menzionate nella storia oltre che per non annoiare con informazioni inutili. 

 
Dedico questa storia a Giovanni,
perchè è una delle persone che mi sostiene sempre.
Ringrazio Martina,Claudia e Chiara per il loro aiuto <3


 
Si può dire che è iniziato tutto quando quel bigliettino è finito sul mio quaderno di matematica durante la quarta ora:
‘Saraaa!! Jai ha tweettato che sono qui a Roma’.
Mi era bastato uno sguardo complice verso Camilla, compagna di scuola e di avventure, per capire che avrei dovuto preparare un ritratto a tempo record e avrei dovuto iniziare a scrivere la solita lista da psicopatica con tutte le cose da fare per prepararmi decentemente.
Quando mi comporto così sembro mia madre alle prese con le feste di famiglia, diventiamo entrambe due matte, cerchiamo di controllare ogni dettaglio e speriamo che vada tutto a meraviglia anche se sappiamo che il futuro è imprevedibile e potrebbe accadere sempre qualcosa che ci scombina i piani.
 
Zaino. Preso
Disegno su Beau appena finito. Presente.
Pennarello indelebile. C’è.
Fogli protocollo. Ci sono.
Telecamera. In carica.
Bigliettino per nonna con scritto il cibo che deve preparare. Scritto.
Soldi. 20 euro…possono bastare.
Cellulare in carica. Messo.
Vestiti scelti con cura. Sono sulla sedia.
E’ Mercoledì, sono le due di notte, ho impiegato una giornata per prepararmi, i Janoskians rimangono a Roma fino a Giovedì ed è tutto sistemato. Devo solo andare a dormire e pregare che qualcuno mi assista.
 
La sensazione di ansia allo stomaco non vuole proprio lasciarmi andare, sono sempre così in momenti del genere, prima o poi dovrei farci l’abitudine.
Mi avvicino alla porta di casa di mia nonna, in questo periodo sto spesso da lei e mio nonno si offre di accompagnarmi a scuola, quindi oltre a non sentire il chiasso delle mie sei sorelle, ho anche l’autista che mi accompagna in Mercedes davanti a tutti. Due piccioni con una fava.
Do a nonna le ultime raccomandazioni: «Nonna, allora ricordati che mi servono due panini al salame e la bottiglietta dell’acqua. – scuoto la testa – No, non mangio qui, te l’ho detto che devo subito scappare con Camilla a cercare questi ragazzi. Mi raccomando, tutto pronto per l’una. Durante la ricreazione ti chiamo per sapere come vanno le cose».
Sento il clacson della macchina che suona fuori dalla finestra. Nonno mi sta aspettando.
Faccio un cenno di saluto e corro con lo zaino sulle spalle fuori in  giardino.
Forse nonno non ha ancora capito che mi deve accompagnare a Piazza Venezia dopo scuola, perciò, prima di scendere ed augurargli buona giornata gli ripeto: «Ehi, io e Camilla dopo scuola dobbiamo arrivare in tempo al Vittoriano. Te lo ricordi?».
Annuisce e si risistema gli occhiali da vista sul naso.
«Devo fare il corriere espresso. Lo so»
‘Bravo nonno. E anche tu, sei sistemato’.
Chiudo la portiera e mi preparo ad affrontare quelle cinque lunghissime ore di scuola, che passano fra lezioni noiosissime e i vari commenti dei miei compagni di classe: ’Sara, stai molto meglio vestita e truccata così lo sai?’ e il  ‘Miss Greffi, non l’avevo mai vista con questo abbigliamento’ del mio professore di inglese.
Pantacollant neri,  scarpette bianche e un’elegante maglietta lunga che terminava con una piccola gonna con tanto di fiocchetto grigia. Messo a confronto con le tute e i Jeans con cui di solito giro per i corridoi… beh, non potevo biasimare la gente che mi squadrava leggermente come se fossi un’altra persona.
«Prof, oggi è un giorno speciale» dico con un mezzo sorriso: il mio professore alla mia età era un fan scatenato di Madonna ed è a conoscenza di questa mia tendenza a seguire cantanti, attori e altri artisti.
«E’ il suo compleanno per caso?»
«No, è che vengono degli youtubers australiani famosi qui a Roma. Io e Camilla andiamo a vederli»
Sorride ed inarca il sopracciglio. «Davvero? Non l’avrei mai detto».
So benissimo che la sua è una battuta e che sta continuano a sorridere sotto i baffi mentre corro per i corridoi a cercare Camilla.
Devo assolutamente ricevere aggiornamenti: Camilla ha un’amica toscana che viene a Roma appositamente per vedere i Janoskians, è arrivata da qualche ora e sicuramente è già sulle loro tracce.
Dopo pochi secondi, riesco a fare il punto della situazione: accendo il cellulare e apro twitter… oh, a volte vorrei tirare per terra quell’aggeggio lento ed inutile per quanto impiega a caricare una semplice scheda.
I Janoskians sono usciti dal loro hotel: il Plaza e Margherita, l’amica di Camilla, e un gruppo di ragazzi che ha conosciuto lì sono già riusciti a fare delle foto e parlare con loro.
‘Ma li mortacci mia- penso arrabbiata- se avessi chiesto a mamma di saltare scuola… a quest’ora anche io avrei le foto e Beau mi avrebbe già autografato il disegno!’
Non devo scaldarmi troppo, ogni cosa ha il suo tempo. ‘Ce la farai, ce la farai’.
Camilla intanto mi guarda come se fossi uscita di senno, mi chiedo come faccia ad essere così tranquilla…Io a differenza sua, mi sono fatta un sacco di paturnie, mi sono vestita per bene, mi sono fatta un leggero boccolo sulla lunga frangia di capelli castani, mi sono truccata seguendo i consigli on line per un  make up sobrio e duraturo… mentre lei è normale, come tutti i giorni, capelli biondi e lisci, scarpe da ginnastica, T-shirt carina e pantaloni.
‘Come farò ad affrontare tutta questa giornata?’
 
Suona la campanella, sembra quasi che mi abbiano dato uno schiaffo per come inizio a muovermi velocemente verso l’uscita.
Non controllo neanche che Camilla mi stia seguendo, le scale non le scendo, le salto direttamente tenendomi al corrimano, ma nonostante la mia fretta riesco a salutare Patrizia e Franco, i due bidelli.
Prendo il telefono e comincio a chiamare persone a raffica, da mia madre a mia sorella, è un po’ come la formula uno, quando il pilota sta per tornare al box e i tecnici devono essere pronti e scattanti per farlo ripartire.
La mia scuola è esattamente a due minuti a piedi da casa di mia nonna, ma la mattina mi faccio accompagnare lo stesso in macchina perché sua maestà me stessa, è ancora rincoglionita dal sonno per affrontare quei trecento metri.
Mentre cammino spedita e rischio di essere investita attraversando la strada, Camilla spunta al mio fianco col suo fedele Iphone.
«Margherita ha detto di incontrarci al Colosseo, lei e quei ragazzi stanno facendo dei tentativi, visto che sono usciti dall’hotel»
Se qualcuno ci sentisse parlare, penserebbe che siamo reduci da una sbornia e parliamo a vanvera quando in realtà queste sono informazioni importantissime sulle direttive da prendere su come procedere.
‘Per fortuna è una bella giornata-  penso guardando il cielo blu e senza nuvole- Non posso biasimare i Janoskians, hanno scelto proprio una delle migliori città italiane da visitare’
Vado molto orgogliosa del luogo in cui vivo, mi sento molto importante quando affermo di essere romana anche se da qualche anno non abito più al centro di Roma.
Arriviamo davanti all’entrata della via privata in cui abita mia nonna, inizio a scampanellare come una pazza il citofono dell’enorme cancello di ferro nero.
«Sì?» La voce di mio nonno sembra quella di chi scende dalle nuvole, ma chi pensa che sia? Chi torna all’una da scuola? Chi potrebbe mai essere? Babbo Natale?
Mi trattengo dal fare i miei soliti commenti ironici da acida che mi escono quando sono sotto pressione: «Sono io, Sara»
Sento lo scatto della serratura e peggio di un rugbista mi lancio sul cancello come se volessi sfondarlo e inizio a correre nel vialetto che attraversa il giardino.
Mia nonna ha avuto il buon senso  di aprire la porta di casa e così entro a razzo, corro per le scale per arrivare nella mia cameretta al secondo piano e prendo al volo lo zainetto che ho preparato la sera prima.
Non mi fermo neanche a controllare se la domestica quando è passata durante la mattinata non ha spostato troppe cose, tanto sono presa da ciò che sto facendo.
Torno nel salone. Casa di mia nonna è molto grande: sono tre piani di cui quello sotto terra è utilizzato come cantina, il primo piano è quello dei miei nonni in cui ci sono bagno, cucina e salone e il secondo invece è esclusivamente mio.
Camilla è davanti alla porta e ha poggiato lo zaino sotto l’appendiabiti all’ingresso.
Mi guarda senza tradire emozioni, mentre io sembro appena uscita dal manicomio.
«Nonna dov’è quel che ti ho chiesto?»
«E’ tutto sul tavolo qui in cucina» Sento la sua voce e lo sfrigolio di qualcosa sul fuoco e mi precipito da lei, lasciando la mia amica ancora davanti all’entrata.
«Nonno?» chiedo mentre infilo alla bell’è meglio i panini e la bottiglietta nello zaino.
«E’ andato a tirar fuori la macchina»
«Grazie nonna».
Mi dispiace comportarmi in quel modo, come se fossero tutti dei miei dipendenti e dare ordini a destra e manca, ma è importante che tutti seguano le mie regole se voglio riuscire ad ottenere ciò che voglio e non ammetto che mi si dica no o che qualcuno provi a mettermi i piedi in testa.
Faccio un piccolo cenno, e torno da Camilla. Le dico di uscire in giardino davanti al garage dove dopo poco spunta la macchina nera e lucida.
«Sara, dove vi devo accompagnare? Al Vittoriano?- chiede nonno – sai che in certe zone del centro non posso passare con la macchina vero?»
Mi prende il panico, già è tanto se so qual è la strada casa-scuola e che abito a Roma sud, figuriamoci se so quale zona vicino al Vittoriano è trafficabile per le auto.
«Signore – esordisce Camilla – ho appena impostato sul mio cellulare la strada da fare, ci deve lasciare davanti al Colosseo e ho controllato: è consentito il transito alle macchine».
Tiro un sospiro di sollievo. E anche questa è fatta.
Nonno ingrana la marcia. Ringraziando il cielo, anche se ha ottanta anni suonati, guida come un pazzo ed in questo momento a me serve un pazzo che guidi a tutta velocità.
In situazioni del genere, prima arrivi, prima affitti.
Durante il tragitto mi tengo salda al sedile del passeggero e di tanto in tanto sbircio con lo sguardo verso Camilla, che come al solito controlla Twitter  e whatsapp, in cerca di notizie.
Nonostante sia la persona più stressata di questo mondo, sono queste le esperienze che mi rendono viva e mi divertono. Preparare tutto a tempo record, rendermi abbastanza carina, incontrare nuove persone, farmi conoscere, sbandierare a tutti i miei disegni, improvvisare…
Mi piace stare al centro dell’attenzione, farmi notare e cose del genere, perciò se sto facendo una cosa che rientra in queste categorie, sono capace di ribaltare la città pur di riuscirci.
«Eccoci, siamo arrivati. Vi lascio qui» Sono le parole di mio nonno a riportarmi alla realtà, dato che ogni volta che sto in macchina inizio a fantasticare e da una riflessione seria sono passata a pensare a quanto sarebbe bello se li incontrassi per davvero e iniziassi a parlare con loro, in particolare con Beau.
Scendiamo dalla macchina e Camilla propone di chiamare Margherita.
Mentre attraversiamo la strada compongo il numero sul telefono e glielo passo.
«Pronto, sono Camilla»
‘Quanto è bello il Colosseo’ penso.
E’ una delle cose più belle che abbiamo qui a Roma, il cielo è sempre limpido e questo mi fa sorridere, perché il bel tempo mi mette sempre di buon umore.
Sono come Bella Swan, odio la pioggia e tutto ciò che è freddo e bagnato, anche se non nascondo che diventerei volentieri moglie di Edward Cullen, nonostante la sua temperatura corporea sia come il ghiaccio.
«In che senso siete sotto l’arco? Quale arco?» chiede Camilla ad un tratto.
‘Che cazzo di risposta è?!’ penso mentre arriviamo davanti all’entrata del Colosseo. ‘questa fottuta costruzione romana è composta da archi’. E in quel momento la lezione del professore d’arte mi torna in mente.
‘I romani avevano l’abitudine di mescolare varie tecniche edili, il Colosseo è un esempio della fusione fra triliti greci e archi a volte etruschi’.
Ma… non ci sono solo gli archi del Colosseo. Ci sono anche gli archi di trionfo.
«Sono sotto l’arco di Costantino, Cami» esclamo convinta.
Intanto la conversazione con Margherita è finita, forse è caduta la linea, ma la mia amica mi guarda con una faccia dubbiosa mentre mi porge il cellulare.
Iniziamo a camminare a caso verso l’arco di Costantino, Camilla si lascia scappare un commento su quanto vaga è stata la risposta su dove si trova il gruppo di ragazzi con cui ci dobbiamo incontrare.
‘Guarda dove metti i piedi – mi dico- se non sto attenta rischio di inciampare su sti sampietrini demmerda’.
«Sara. Sara. Sara» Camilla inizia a toccarmi il braccio come se fosse un’epilettica.
«Che cazzo c’è?» sono diventata acida di colpo.
«Oddio»
La guardo incazzata, odio essere toccata. Anzi, in certe situazioni non mi dà troppo fastidio, ma il mio livello di stress è cresciuto così tanto che ucciderei il primo che mi passa davanti.
Lei sembra che abbia appena visto la nostra temibile professoressa di latino in mutande e così mi giro per vedere cosa la sta paralizzando in questo modo.
«Porca puttana»
Davanti a noi ci sono Luke, Beau e James che camminano indisturbati in mezzo a tutti quei giapponesi che scattano foto a cazzo a qualsiasi cosa.
Io li guardo inebetita senza ancora aver capito cosa fare, sono diversi ed io sono impreparata.
Non sono gli One Direction circondati da fans, non sono come i The Vamps lì in alto su un palco a qualche metro da me, non sono come Justin, circondato da bodyguard, non sono come le Little Mix che scendono da una limousine, come Josh Hutcherson dietro una transenna o come tutte le altre persone famose che ho visto.
Loro sembrano alti quanto me o leggermente di più, camminano con una bottiglietta d’acqua in mano e l’andamento tranquillo.
Camilla gli si avvicina e balbetta qualcosa tipo ‘Selfie’, come se fosse un vu cumpra che propone la sua merce ai turisti.
Io la seguo ancora non del tutto cosciente .
Si ferma solo Luke, che avvicina la sua testa alla mia e sorride.
Cerco di fare lo stesso e di capire dove minchia devo guardare per non sembrare strabica nella foto. Non sono mai stata brava a sorridere nelle selfie, sembra una cosa troppo falsa e programmata.
«Bye» dice in inglese, lasciando Camilla imbambolata sul posto ancora sognante mentre lo vedo raggiungere Beau e i suoi amici.
‘Bye de sto cazzo – penso – io non ho mica finito con voi’
L’ansia è sparita. Ci sono solo io, loro e il mio cervello che inizia a pensare ‘Ora o mai più.’
‘Ah – dico a me stessa mentre corro verso Beau- adesso mi viene la grinta, non poteva venirmi qualche secondo prima?’
Sono ad un metro da Beau.
‘Ora o mai più’
«Excuse me Beau – quanto amo il mio inglese, ore e ore interviste degli One Direction e ho sviluppato una buona pronuncia e fluidità nel parlato – Can you sign my draw?»
Sfodero la mia arma vincente, prendo l’album da disegno e con un movimento rapido, appena lui si volta gli piazzo davanti il ritratto e il pennarello indelebile.
«Oh my god» dice prendendo in mano il foglio.
‘Oh my god lo dico io, sei un gran figo. E poi si, lo so, i miei disegni fanno quest’effetto. Sono brava eh? E pensare che ho iniziato a disegnarlo alle nove e l’ho finito all’una di notte’ l’adrenalina dentro di me è così tanta che ho tremila pensieri al secondo.
«Did..did you really do that?!» Sembra davvero sorpreso, tanto che un tizio con la telecamera si avvicina ed inizia a filmare Beau che autografa il disegno.
«Yes, do you like it?»
‘Ovvio che gli piace’ penso fra me. Intanto mi accorgo che Camilla ci sta riprendendo e non so quale santo ringraziare per avere il primo ricordo con i Janoskians.
«It’s beautiful, bellissimo»
‘Oh, ha appena parlato in italiano’ mi rendo conto solo adesso di non aver notato come sono vestiti: Beau ha una bandana rossa, una canottiera bianca e dei jeans. Un look casual ma che mette in risalto il suo gran fisico.
Ho occhi solo per lui.
«Thanks, grazie» rispondo contenta.
Sento il telefono che vibra nella mia mano. Meno male che ho il silenzioso e non si sente, ma non ho intenzione di rispondere. Chiunque mi stia chiamando può benissimo andare a cagare, lo sanno tutti che sto con i Janoskians e non ci sono per nessuno.
Per qualche strano miracolo, Beau senza dire niente, mi mette la mano sul fianco e mi avvicina, fa un cenno a Camilla, come per dirle di fare una foto.
‘Ti prego, fa che sono venuta bene’ è tutto ciò che riesco a pensare e sempre senza aspettarmelo, Beau fa un altro gesto improvviso: mi bacia sulla guancia.
Io rimango lì, stordita sul posto, mentre lo ‘smack’ del suo sonoro bacio riecheggia nel mio cervello.
«Grazie» dice ancora in italiano.
Ha un accento fantastico, lo adoro.
Il tizio con la telecamera fa dei gesti ai ragazzi, gli dice di continuare a camminare e in quel momento capisco che potrebbe essere il cameraman che li riprende per il loro prossimo video.
«Please guys, - dice Luke serio – don’t stay too near to us, we have to record some scenes»
Annuisco. ’Ha detto non stare troppo vicini, beh questo non significa che non posso pedinarli. Sono pronta a tutto ’.
«Camilla!» esclama qualcuno, è una voce da ragazza.
Mi giro e vedo una tizia abbracciare la mia amica, seguita da un gruppo di persone mai viste: devono essere i ragazzi con cui ci dovevamo incontrare. Non conosco nessuno.
Prendo la mia telecamera ed inizio a filmare qualsiasi cosa, mentre con lo sguardo tengo d’occhio i Janoskians, inizio a presentarmi.
Nel nostro gruppo ci sono Chiara, Veronica, Gaia, Margherita e Gianmarco, che dopo qualche minuto io e Camilla scopriamo di aver già incontrato al concerto dei The Vamps, o meglio, il tizio che durante il concerto per filmare la band si appoggiava a Camilla è lui.
Con loro c’è un gruppo di ragazze, ma sono poche e non sembrano conoscerli, forse stavano seguendo anche loro i Janoskians e si sono ritrovati tutti lì.
Fra di loro c’è anche una tizia bassina, vestita da troia con i pantaloncini così corti che alla fine viene soprannominata di nascosto dai ragazzi del nostro gruppo ‘Pantaloncini mutanda’.
Ad un tratto passa un furgoncino dei rifiuti e Jai ci sale sopra. Tutti iniziano a ridere o battere leggermente le mani.
Poi lui inizia a muovere il bacino avanti e indietro, come se stesse…insomma, come se stesse facendo sesso e a quel punto noi ragazzi ridiamo, ma intorno a noi i turisti hanno tutti un’espressione contrariata.
Ci teniamo a distanza per non disturbarli, una delle cose importanti da fare infatti, è non sembrare dei fans pazzi schizzati e ossessionati, perciò se vogliamo stare con loro, sappiamo bene che ci dobbiamo comportare in modo impeccabile.
Daniel e James si avvicinano ed iniziano a parlare, fare foto e firmare fogli.  I fratelli Brooks sono davanti al cameraman e sembra stiano facendo un discorso.
Dopo questa breve pausa, iniziano ad allontanarsi verso la strada dei fori imperiali.
«Li seguiamo?» chiede Camilla.
«Ovvio» le rispondo e spengo la telecamera.
Mentre osservo James fermarsi davanti una bancarella e comprarsi qualche gadget-cazzata da gladiatore romano, i soliti venditori ambulanti iniziano ad avvicinarsi al nostro gruppo per proporci i loro prodotti.
«Vedi quei ragazzi?» dice Gaia.
«Loro avere tanti soldi» continua Chiara.
«Vai da loro e vendigli i tuoi pupazzi» aggiunge Veronica mentre Gianmarco ride sotto i baffi.
Il signore davanti a noi non penso abbia capito, perché continua ancora a sventolarci sotto il naso quei maledetti pupazzi fatti di farina e oscurarci la visuale.
«Senti, - gli dico – noi non avere soldi. Quindi adesso vai via»
Vorrei tanto che tutti quei venditori ambulanti che ripetono ininterrottamente ‘un euro, un euro’,  rapissero pantaloncini-mutanda e la portassero sulla tangenziale, vedi quanti ‘un euro’ che guadagnano. Quella sgualdrina rappresenta malissimo il fandom italiano dei Janoskias.
Mi sento una stronza solo per un secondo, poi dico a me stessa di fregarmene e di mostrare a tutti il ritratto di Beau con il suo autografo.
Solo quando apro l’album mi accorgo che ha fatto un cuore accanto alla sua firma.
«Oh mio dio è bellissimo!» Esclama Margherita.
‘Lo so’ penso e contemporaneamente Camilla alza gli occhi al cielo, come se mi avesse letto nel pensiero.
«Ma tu sei quella che fa quei disegni fantastici su Twitter» dice Chiara.
«Sei Sara Scrive, giusto?» chiede Gaia.
Forse è sbagliato incoraggiarmi a darmi delle arie, visto che già di mio non sono modesta, però è piacevole ricevere dei complimenti.
«Sì, sono io.» rispondo orgogliosa.
Non sono il tipo che si fa le amicizie per convenienza, però è sempre meglio iniziare a parlare tanto e farsi amici tutti in situazioni del genere, perché potrebbe sempre tornare utile.
Continuiamo a camminare leggermente e ci fermiamo davanti ad una recinsione in ferro di un’aiuola e ci sediamo per riposare.
Sposto lo guardo e trovo Jai e Beau sporchi di terra, come se si fossero gettati nel fango.
«Che cazzo hanno fatto?» chiede Camilla.
«Non lo so – dice Veronica – magari si sono rotolati per terra»
«Che idioti» dice Gianmarco mentre scatta qualche foto.
«Che ne sai- dico io- magari hanno fatto wrestling e non ce ne siamo accorti»
Beau inizia a camminare davanti a noi, così decido di riprenderlo con la telecamera.
«Secondo voi non gli da fastidio che li filmiamo?» dice Gaia.
«Nah- rispondo, continuando a registrare – se lo facciamo con discrezione non ci dicono nulla»
Poco dopo mi accorgo che Beau è dietro un carabiniere che si sta scaccolando e interrompo il video.
‘Sempre le solite figure di merda devono fare gli italiani’.
Mentre Jai, Luke, Daniel e Beau passeggiano avanti e indietro, il cameraman ci passa davanti e seguendolo con lo sguardo, scopriamo che sta andando da James, che nel frattempo si è travestito da gladiatore alla bell’è meglio e sta importunando i turisti.
L’atmosfera è molto allegra, osserviamo i Janoskians che fanno gli stupidi e ridiamo mentre ci scambiamo qualche battuta.
I ragazzi che ho conosciuto sono davvero simpatici ed inoltre non sembrano i primi fans idioti trovati per caso, ma sembrano dei tipi in gamba, con un cervello e soprattutto quel tipo di ‘fan-stalkers’ che sanno il fatto loro.
Iniziamo  un discorso su Twitter, sul fatto che Gianmarco ha migliaia di account ed è seguito persino da Harry Styles degli One Direction, il mio gruppo favorito per eccellenza.
Ognuno ha un sacco di followers ed è seguito da almeno 10 persone famose, mentre io sono seguita al massimo da Camilla, ma posso comunque dire di aver visto, incontrato e avere gli autografi di un sacco di gente che conta.
Un discorso tira l’altro, quando ad un certo punto Margherita si accorge di aver presto di vista i Janoskians. E non è l’unica purtroppo.
«Tranquilli ragazzi» esordisce Gaia a bassa voce e guardandosi intorno. Non capisco subito perché si atteggia come se conoscesse un segreto di stato.
«Ho mandato mia madre a seguirli, adesso la chiamo e mi faccio dire dove sono» continua.
Menomale. Mi giro: anche le tizie dell’altro gruppo hanno perso di vista i ragazzi, quindi meglio procedere senza farci notare, almeno ce le leviamo dalle scatole.
Appena la mamma di Gaia ci dice dove si trova, ci avviamo senza destare sospetti verso Via dei fori imperiali.
Guardo le statue romane lungo la strada con soggezione e ringrazio il cielo che siamo riparati dall’ombra dei pini.
Non so come descrivere questo primo incontro con i Janoskians, è stato tutto troppo irreale, dalla gente che gli passava davanti, a me che andavo in brodo di giuggiole per Beau.
«Ehi! – esclama Chiara – guardate!»
Ad un tratto, dietro il bancone di un negozio di gelati ambulante, intravediamo una bandana rossa familiare.
Faccio per correre verso di lui a tutta birra, quando Camilla mi si piazza davanti.
«Ma sei pazza?»
«Che c’è?» rispondo stranita.
Gianmarco si schiarisce la voce: «Regà, io penso che non dovremmo stargli troppo appresso, potremmo dargli fastidio»
‘Ah bene, e quindi la politica del cogliere le occasioni al volo è stata mandata a quel paese’.
Faccio una smorfia contrariata, ma sto zitta: non mi sembra il caso di creare tensioni.
Se fosse per me, li raggiungerei subito e ci inizierei a parlare, a differenza dei ragazzi che stanno con me io non ci vedo nulla di male. Insomma, non voglio andare da loro e urlargli addosso, ma un ‘How are you?’, un ‘Nice to meet you’ glielo vorrei tanto dire, giusto per farmeli amici.
Passo dopo passo, arriviamo all’inizio di Piazza Venezia, sempre camminando rasenti al muro del Vittoriano o nascosti dietro i passanti per non farci vedere dai Janoskians.
‘Certo che sembriamo proprio dei cretini’ penso guardando quella coppia di turisti che ci fissa in modo strano.
Ad un certo punto li vediamo salire la scalinata  verso l’Altare della Patria, stavolta neanche io voglio seguirli, più che altro, sento che potrebbe succedere un macello dato che sono improvvisamente spariti dalla nostra visuale.
Un attimo prima li vedevo salire le scale…l’attimo dopo non c’erano più, anzi erano appena stati affiancati da due carabinieri.
«Arrestati» si lasciò scappare una risata Veronica.
I due uomini in divisa li trascinarono verso un furgoncino nero, parcheggiato davanti al Vittoriano.
Intanto noi osservavamo la scena da lontano, sempre stando dietro qualche passante.
Tiro fuori la telecamera. ‘Sai che ricordo questo. Fermati dalla polizia’.
Nessuno mi dice niente, ma dagli sguardi immagino che nessuno veda di buon occhio il mio essere ‘invadente’. A me non interessa, da adesso faccio di testa mia. I Janoskians stanno davanti a me, ho intenzione di seguirli e sono sicura che non me li farò scappare.
Fermo il filmato e rimetto tutto nello zainetto. Con la coda dell’occhio intravedo un carabiniere davanti all’entrata del Vittoriano.  Forse lui ha visto perché sono stati fermati dalla polizia. Voglio andare a parlagli.
Volto poi, la testa in direzione dei Janoskians, sono ancora fermi tutti e cinque insieme al cameraman davanti a quel furgoncino e la loro telecamera è stata confiscata da un poliziotto chino su essa, che molto probabilmente sta guardando i video che hanno fatto.
Muovo un piede.
‘Ora o mai più’.
«Sara dove credi di andare?» chiede Camilla.
«Vado a parlare con i carabinieri» dico. Faccio un altro passo.
«Ma…»
‘Ora o mai più’.
Inizio a camminare in mezzo ad i turisti, non riesco a sentire quello che Camilla mi dice.
Salgo alcuni gradini lisci e bianchi, i primi della lunga e imponente scalinata davanti a me.
«Scusi» picchietto il dito sulla spalla dell’anziano carabiniere. Si gira.
Deglutisco. ‘Ora o mai più’.
«Ha presente quei cinque ragazzi di prima, quelli carini…erano turisti…-faccio una pausa-Cos’hanno fatto?»
Il signore mi guarda come se fosse appena sceso dalle nuvole e si sistema l’uniforme: «Hanno fatto delle cose che non dovevano fare» risponde con un marcato accento romano.
«Tipo?» chiedo subito.
«Ma che stanno co te quei cinque cretini?»
Altro che carabiniere, questo sembra il figlio burino del macellaio. Come si permette sto cafone?
«No»
Sono indecisa.
«Sì»
Continua a guardarmi male. Scuoto la testa.
«Cioè…forse»
E li finisce la conversazione, mi volto verso i Janoskians: adesso che mi sono avvicinata li vedo meglio.
«Allora? – è la voce di Gaia – che ha detto?»
«Hanno fatto cose che non dovevano fare» rispondo prendendo la telecamera e iniziando a riprendere Beau appoggiato sul furgoncino mentre Jai gesticola mentre parla col carabiniere.
«Guarda Luke poverino» esordisce Camilla mentre fa un video col suo cellulare.
«Sembra triste» aggiunge Gianmarco.
Iniziano tutti a blaterare qualcosa sulla situazione in cui si trovano i Janoskians, nessuno pensa che questo è il momento giusto per avvicinarsi definitivamente e farci amicizia.
«Sei bellissimo!» urlo in direzione di Beau, lui alza lo sguardo e sorride.
Nel frattempo Camilla non si è accorta che il diretto interessato ha gradito i miei complimenti e mi fa la ramanzina: «Basta! – allunga le vocali per dare più enfasi alla sua ammonizione – Evita di fare queste cavolate».
Con la coda dell’occhio vedo Chiara ridere leggermente, mentre Margherita e il resto della ciurma continua a fare video e foto a distanza.
Non capisco per quale motivo non sono ancora corsa verso i Janoskians. ‘Che cazzo ci faccio ancora qui a guardare?’ mi chiedo.
Vedo Jai sospirare e fare un gesto rassegnato, per poi allontanarsi dal furgoncino.
Continuo a seguirlo con lo sguardo e lo vedo sedersi proprio sotto una colonna, sui primi gradoni del Vittoriano.
Gli altri ragazzi nemmeno lo guardano, hanno un’aria da chi sa che dovrà aspettare un bel po’ ed io sono stata appena presa da uno dei miei attacchi di adrenalina.
‘Ora o mai più’.
Mi muovo verso Jai.
Ha un paio di Jeans grigi e una maglietta aderente viola con una strana fantasia rossa.
Rido sotto i baffi: si è comprato persino un capello con la bandierina italiana.
Margherita mi mette una mano sulla spalla, come per fermarmi. Sembra quasi che mi abbiano scambiato per una bambina di tre anni che va in giro e potrebbe farsi male.
«Io vado a parlare con Jai. Chi viene con me?» dico il tono di una che non accetta di farsi mettere i piedi in testa da nessuno.
«Regà, magari gli diamo fastidio» dice Veronica.
«Sì, è vero» le  dà ragione Gianmarco.
Camilla, Margherita e Chiara stanno zitte.
«Però…» Gaia si morde il labbro.
«Io. – esordisco in tono solenne – vado a parlare con Jai.»
Girò i tacchi e inizio a camminare verso la mia preda.
Cerco di cambiare il sorrisetto  compiaciuto per la mia fantastica uscita di scena, con qualcosa di più amichevole, devo sembrare una persona normale.
Sono davanti a lui, dovrei dire qualcosa. Respiro.
‘Ora o mai più’.
«Ehi Ciao! How are you?»
Ho fatto il primo passo. Lui alza lo sguardo, ha degli occhiali da sole, ma so che mi sta guardando.
«I’m fine and you?» sorride e questo mi da un po’ di coraggio.
«I’m fine, thanks» mi avvicino ancora di più a lui.
Non posso credere che non sento nessun senso di panico, ansia o cose del genere, anzi sono tranquilla, sembra quasi di parlare con una persona qualsiasi. Neanche parlare in inglese mi sembra strano.
«So, he’s checking your camera…» con un gesto indico il carabiniere che sta ancora controllando i video davanti al furgoncino.
Jai scrolla le spalle e annuisce.
E’ davvero un bel ragazzo.
«If you want I can talk to him and ask him if he can let you go…» sorrido anche io in modo amichevole e mi siedo accanto a lui. Chissà quanto è evidente dal mio accento che sono italiana.
«By the way… - continuo – Nice to meet you, I’m Sara!» gli allungo la mano e lui la stringe con un’espressione cordiale.
«You’re very friendly! Nice to meet you, I’m Jai»
‘Sono una fottutissima grande’ penso orgogliosa, poi guardo Camilla, Gaia,Chiara, Veronica e Gianmarco che mi osservano da lontano con un’espressione mista fra il ‘Come cazzo c’è riuscita’ e il ‘Continua a farci amicizia che poi ce lo presenti’.
«I know – dico – I love your video, ‘cause i’m an italian Janoskianator»
Jai sorride di nuovo e questo mi rende contenta, invece che emozionarmi a tal punto da andare nel panico più totale.
«And they are my friends – faccio un cenno col mento verso il mio gruppo – they love you guys too».
Come se li avessi chiamati, Gaia si avvicina timidamente seguita da Camilla e Margherita, Veronica coglie subito l’occasione e si siede vicino a Jai.
Improvvisamente tutti si spostano verso di noi: il Cameraman si siede affianco a Veronica, Gianmarco si mette vicino a quest’ultimo e Camilla inizia a fare un video dopo essersi sistemata dietro di me.
Dall’altra parte Daniel si mette a giocare col cellulare vicino Margherita, che si è appoggiata alla colonna dietro di me.
James invece, inizia a camminare su e giù per il marciapiede  con l’elmo da legionario romano fra le mani.
E’ davvero una situazione comica, sembriamo un gruppo di amici in visita a Roma che si ferma a fare una pausa, quando la metà di noi sono fans dei Janoskians e non tutti hanno il coraggio di parlare con loro.
Beau e Luke sono gli unici che rimangono davanti al furgoncino dei carabinieri mentre gli stanno continuando  a controllare i video.
Da una parte vorrei urlare a tutti che se sono seduti vicino a Jai è merito mio, ma sto zitta e colgo l’occasione per chiedere a Jai di firmarmi il disegno di Beau.
«Can you sign this?»
«Of course» risponde tranquillo. Non ha ancora visto il ritratto, ma appena apre l’album da disegno sgrana gli occhi.
Io sorrido compiaciuta, con la sua reazione è come se mi stesse facendo un complimento.
Gli passo il pennarello.
«Fa il video» dico a Camilla al mio fianco.
«Lo sto facendo!» risponde puntandomi l’iphone contro.
Nessuno parla con Jai, o meglio, a parte chiedere foto e autografi non mi pare che nessuno abbia iniziato una conversazione con lui.
«Do you enjoy this city?» chiedo.
Se devo essere sincera so bene che il mio inglese non è perfetto, che a volte sbaglio a coniugare I verbi e le preposizioni le mando a farsi fottere, ma a forza di fare esperienza ho capito che l’importante non è essere impeccabili ma è farsi capire.
«Yeah. Yeah – si gira verso di me, mi sorride come se fosse grato che ci sia qualcuno a parlare davvero con lui – it’s my favourite city so far»
«Really?- dico contenta – it’s fantastic, fantastico!»
«Fantastico…» mi fa eco Camilla, come se avessi detto una boiata.
So bene che sono australiani, ma so anche che i fratelli Brooks sono per metà italiani. Certo non pretendo che parlino la mia lingua, però sono convinta che sia un’idea carina insegnargli qualche parolina.
« Yeah – ripete Jai – fantastico»
Inoltre penso che anche lui abbia capito che fantastic si dice fantastico in italiano.
«When are you leaving?» chiede Margherita.
«Tomorrow…» risponde Jai.
Intanto il mio sguardo si posa su James, che ormai si è fermato davanti a noi e sta ascoltando quel che diciamo.
«Ciao! – esclamo – Come stai? How are you?» aspetto con un sorriso che mi risponda e tutti ridono divertiti per la mia idea di salutare James in italiano, ride persino Jai.
«Non te sta ad ascoltà» dice Camilla a bassa voce.
‘Sta zitta’ le vorrei dire, perché proprio in quel momento James schiude le labbra e mi risponde in italiano: «Bene!» esclama con enfasi allungando l’ultima sillaba.
«Bravo!!» esclamo ridendo e batto leggermente le mani.
«Yeah!!» James agita la spada da legionario.
«Bene, grazie» aggiungo anche se non mi ha chiesto nessuno come sto.
«Bravo!!!» esclama di nuovo James.
«Fantastico!» dice Jai ridendo.
A quel punto mi gaso così tanto per aver fatto divertire tutti con quel piccolo teatrino che senza pensare avvicino il disegno e il pennarello a James dicendo: «Ehi, can you autograph this?»
Figura di merda epica.
«Autograph» grida leggermente Camilla, come per evidenziare la cazzata che ho detto.
«Sign» subito interviene Margherita.
Intorno a me ridono tutti, persino Jai che dopo chiede: «What’s autograf?».
Nonostante la mia gaffe non mi vergogno, più che altro mi viene da ridere, perché questa scena mi ricorda molto mio padre quando deve parlare inglese.
«Sorry for my english»
«No, that’s ok» mi dice Jai e mi mette una mano sulla spalla.
‘Che si fottano quelli che ridono di me!’.
So bene che alla fine, se proprio dovessero ricordarsi della loro esperienza italiana, sicuramente io verrò ricordata per essere ‘friendly’ e aver fatto amicizia con loro. Al diavolo le figuracce, almeno io ci provo.
James mi passa il disegno e il pennarello e girandomi di poco mi accorgo che le ragazze dell’altro gruppo sono appena arrivate e si stanno accomodando vicino a noi.
‘Maledizione’penso.
«We were arrested» dice James ridendo.
«No!» esclamano quelle oche giulive mentre tirano fuori le machine fotografiche.
Secondo me non hanno capito una mazza di quello che gli ha detto James, pensano solo a farsi le foto quelle cretine.
Intanto  guardo Jai, lui si gira con un sorriso e senza pensare dico: «Come with me».
Avrei voluto aggiungere qualcosa come ‘Scappiamo insieme, e vieni a vivere in Italia, ma non riesco a trovare le parole inglesi giuste.
Jai inizia a ridere.
Non so cosa gli frulla per la testa, ma penso mi trovi simpatica.
Più che altro perché io sto scherzando e parlando con tutti, e credo di aver assunto il ruolo della tipica ragazza italiana solare, a differenza dell’oca che ha appena urlato ‘JAMES’ per farsi una selfie.
Inizio davvero a sperare che qualcuno rapisca quelle beduine idiote, quando una di loro si avvicina e mi porta via Jai chiedendogli una foto.
‘Maledetta stronza’ penso con rabbia.
Scuoto la testa e in lontananza vedo Beau, appoggiato ancora al furgoncino dei carabinieri.
‘Oh Beau’.
Voglio andare a parlargli.
Non capisco che succede, ma appena mi metto in piedi si alzano tutti.
«Sorry guys – dice Daniel – we have to go»
Oh,  questa non ci voleva.
Corro subito da Beau con il disegno.
«I’m Sara» dico ‘E ricordati di me’.
Beau sorride collegando il ritratto e la mia faccia con lo sguardo, non ha il tempo di replicare, perché Luke gli mette una mano sulla spalla e gli fa cenno di camminare.
Io rimango ferma sul posto mentre metto l’album da disegno nello zainetto.
Daniel, Jai e James ci salutano con la mano avviandosi verso le strisce pedonali.
Vorrei seguirli, ma qualcosa mi dice che non è il caso di fare pazzie.
Subito dopo il cameraman mi passa davanti con ila telecamera.
E’ un uomo bassino, più basso di me, pelato e scuro di pelle. Indossa una canotta nera e dei jeans scuri. In confronto ai Janoskians fa la figura del cesso ambulante.
«Che facciamo?» chiede Camilla.
«Regà» fa Gianmarco come per radunarci tutti.
Ci avviciniamo e formiamo una specie di cerchio.
«Hanno detto che vanno all’hotel» inizia Margherita.
«Andiamo all’hotel» dico, come se fosse una cosa ovvia.
«Dobbiamo precederli» suggerisce Gaia.
Gaia. La prendo un attimo in disparte.
«Gaia non puoi chiedere a tua madre di seguirli?»
«Troppo tardi – risponde – hanno preso un taxi»
«Porca puttana, regà – dice Camilla – dobbiamo muoverci»
«Chissà dov’è il Plaza?»chiedo.
«Io» risponde Chiara.
«Ci siamo già stati prima, più o meno sappiamo la strada» aggiunge Veronica.
«Bene, - conclude Gianmarco – allora muoviamoci».
 
Siamo sotto l’hotel Plaza. Inutile dire che l’entrata e la via sono occupate da decine di celebrolese che urlano e si comportano da bimbominchia.
Quasi quasi vorrei tanto urlargli che sono delle sfigate e far vedere a tutti che a differenza loro, che fanno cartelloni mediocri e sbattono sulle finestre dell’hotel come se potessero ottenere qualcosa, noi siamo stati a parlare con i Janoskians, sì, i Janoskians.
Nonostante questa mia voglia di sbattere in faccia a tutti i presenti il disegno autografato da Jai, Beau e James, dobbiamo mantenere il segreto. Nessuno deve sapere che noi sappiamo.
I ragazzi del gruppo mi mandano in avanscoperta, ormai hanno capito che non mi vergogno ad andare davanti al primo che passa e iniziare a parlare.
«Scusami- dico ad una che si è tatuata in faccia la parola Cake. – sapresti dirmi se i Janoskians sono nell’Hotel?».
«No, non sono ancora rientrati» risponde e prende un pennarello indelebile e si scrive sul braccio ‘Real girls eat cake’.
Mi giro verso Margherita: «I piccioni non sono nell’ovile, ripeto, i piccioni non sono nell’ovile»
Nessuno ride alla mia battuta squallida, in compenso Gianmarco e Veronica propongono di andare all’incrocio che c’è prima di arrivare davanti al Plaza.
«Hanno tweettato No e Yes stamattina perché delle fans stavano cantando sotto l’hotel e volevano farle star zitte»
Mentre camminiamo sento le voci delle varie fans che si muovono in pellegrinaggio sotto il Plaza.
Come dargli torto? Immagino come cantavano bene quelle oche.
‘Ma non capiscono che non ottengono nulla sotto l’hotel? Sono troppe’
Al posto loro io avrei trovato un’entrata secondaria  e appena trovavo l’occasione giusta, avrei trovato un modo per entrare, invece che stare in mezzo ad una massa urlante.
«Hanno tweettato anche che le australiane lo fanno meglio»
Via del corso, la strada che sto percorrendo, mi è sempre piaciuta perché è piena di vita e turisti che amano Roma, ma adesso vorrei tanto che non ci fosse nessuno.
Arriviamo al famoso incrocio di cui parlavano Gianmarco e Veronica e ci mettiamo a chiacchierare sul marciapiede.
«Comunque, questo è un punto strategico, perché i Janoskians devono sicuramente passare per di qua per arrivare all’hotel» dice Gianmarco.
«Inoltre -  mi spiega Margherita – da questo incrocio parte la strada che porta alla seconda entrata del Plaza»
Sono contenta di aver conosciuto questi ragazzi, sono davvero in gamba e sono molto fortunata ad essere nel loro gruppo. E’ vero che anche io ho fatto delle cose degne di nota, tipo andare a parlare con Jai, ma se non ci fossero stati loro…
 
Rimaniamo a parlare per una ventina di minuti e dei Janoskians neanche l’ombra, potrebbero essere caduti in un tombino, conoscendoli.
Sono passata all’azione troppe volte per poter rimanere ancora come uno stoccafisso a perdere tempo, così inizio a proporre a tutti di dare un’occhiata all’entrata secondaria.
Pessima idea. Non abbiamo concluso nulla andando lì, abbiamo trovato solo un gruppetto di ragazzine che si accalcava contro la porta.
Per di più, mentre torniamo all’incrocio sento una specie di urlo apocalittico che proviene da, suppongo con orrore, l’entrata dell’hotel.
‘Questo è uno di quei momenti in cui ringrazio di non avere le tette enormi’ penso correndo a tutta birra verso il centro della strada.
Mi sento un po’ come Clary Fray e Bella Swan, ricordo che entrambe si sono messe a correre come se non ci fosse un domani, incuranti del fatto che le avrebbero potute investire o sarebbero potute inciampare.
Perdo di vista tutti tranne Camilla, sono al centro della strada e tutto quello che vedo è la scena raccapricciante di Daniel che viene circondato da fans affamate che lo strattonano in ogni direzione.  Gli tirano persino la bandana e i capelli.
Mi dispiace davvero tanto per lui, vorrei aiutarlo in qualche modo mentre arranca faticosamente verso l’entrata principale dell’Hotel.
Certo che stupido però, se avesse preso la stradina che portava al retro dell’edificio…
Quindi se Daniel stava tornando al Plaza…
‘Dove sono tutti?’ mi giro a destra e sinistra, vedo solo ragazzine imbecilli che corrono per la via. Ma dico? Si corre per strada?
Panico.
Mi sono persa.
Non vedo Camilla e nessuno che conosco.
Non vedo né Beau né Jai.
Non ci sono neanche Luke e James.
«Stupida» mi dico, come posso pensare ad una cosa del genere.
Prendo il telefono e inizio a chiamare Camilla, non risponde.
Panico.
Guardo il mio telefono.
Colpo di genio. Ho il numero di Margherita.
Digito freneticamente sui tasti.
«Pronto?»
«Pronto?!?» rispondo.
«Sara?»
«Sì, sono io!Dove siete, vi ho perso di vista»
La  conversazione va veloce.
«E’ pieno di gente, non so dove siamo»
«Chiedi a Camilla»
«Siamo davanti al negozio della puma, vai dritta»
«Margherita… dov’è il negozio della puma?»
«Sara…Oddio…James»
La chiamata si interrompe.
Guardo il cellulare.
‘Vai dritta’.
Vai dritta un corno.
Ma perché ho iniziato a correre e non sono rimasta con gli altri? Io a malapena sono capace di andare a scuola,  figuriamoci se trovo il negozio della Puma.
Perchè nessuno mi viene incontro?
Avrò al massimo la foto con Beau che non ho neanche visto perché Camilla dice che me la farà vedere dopo. Prima, mentre chiacchieravamo, ho chiesto se qualcuno poteva farmi delle foto con i Janoskians, niente. Sono tutti egoisti, devo fare ogni cosa da me.
Pensando questo, capisco che se voglio un ricordo concreto non posso starmene con le mani in mano.
I Janoskians sono per strada, ho quattro possibilità su cinque di vederli.
Accendo la telecamera e inizio a fare un video, non so cosa sto filmando, ma  credo che succederà qualcosa: non mi è bastato quello che è successo prima con i Janoskians, io li voglio rivedere…e quando io voglio qualcosa la ottengo.
Io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno.
Io raggiungo i miei obbiettivi.
Io sono Sara Greffi.
Continuo a camminare a passo deciso, sto andando dritta, non so dove  mi sto dirigendo.
Sto passando davanti ad una specie di incrocio, quando vedo un gruppo di oche correre verso qualcuno, un qualcuno che conosco bene.
Povero James, è stato preso anche lui.
Passo davanti alla scena del crimine e lancio uno sguardo d’addio a quel poveretto circondato da ragazzine che lo strattonano.
Mi giro. Per grazia divina trovo Margherita che cammina davanti a me.
«Ehi» inizio a sveltire il passo.
Subito dopo vedo anche Gianmarco.
«Margherita, sono io!» lei si volta, tira un sospiro di sollievo.
Inizia a spiegarmi che durante il putiferio che si era scatenato per strada, tutti tranne me, erano rimasti insieme e avevano trovato James. Gli avevano anche spiegato come raggiungere l’entrata secondaria, ma dato che io l’avevo appena visto sommerso dalle ragazzine, dubito che ce l’abbia fatta.
Senza rendermene conto, siamo davanti ad un negozio della Puma. C’è tanta gente, non capisco perché.
«Jai, Luke e Beau sono qua dentro» sento dire da qualcuno.
‘La trinità del sesso che cammina è là dentro. I fratelli Brooks sono lì’
Mi metto in punta di piedi e supero in altezza tutte le nanette che sbraitano davanti all’entrata.
‘Oh, eccolo. Beau sta proprio dentro questo negozio ’.
Alzo la telecamera, che in tutto quel macello è rimasta accesa e sta ancora filmando.
Spero assolutamente di riuscire a parlare di nuovo con lui, voglio stare con Beau a qualsiasi costo e dato che anche i suoi fratelli sono a piede libero proverò a raggiungere anche loro.
Ad un certo punto, la folla comincia a spostarsi. Io come al solito non seguo la massa e mi metto nel mezzo dello spazio che si era creato.
Vedo Beau.
Lo saluto con la mano, poi con un dito mi indico la guancia.
Lui capisce al volo.
Mi bacia di nuovo.
Potrei iniziare a drogarmi di questi piccoli gesti. E’ così dolce mentre fa sentire il suo smack contro la mia pelle.
Dura tutto pochi secondi, si allontana con un sorriso.
Il prossimo a passare è Luke, anche lui è sveglio quanto il fratello e mi bacia sulla guancia.
Io guardo l’obbiettivo della telecamera e già immagino quante volte rivedrò il video dei baci dei fratelli Brooks. Jai forse mi ha riconosciuto, perché sorride prima di baciarmi.
Posso dire che più passo il tempo con loro, più mi maledico per non aver passato le mie giornate a studiarli e stalkerarli meglio.
Luke, Beau e Jai iniziano a camminare spediti per Via del Corso seguiti dai  fans.
Non ho intenzione di mollare la presa su di loro, anche a costo di riperdermi un’altra volta decido di seguirli e fare di testa mia.
Il primo che raggiungo è Luke, gli chiedo di fare una foto e lui si avvicina sorridendo mentre io riprendo il tutto con la telecamera.
Cerco di raggiungere Jai, ma è inutile: ci sono troppe ragazzine fra i piedi e inoltre è quasi arrivato dentro l’hotel.
Rimane Beau.
‘Ora o mai più’
Inizio a sgomitare in mezzo a quella folla di deficienti che non capisce un’emerita minchia e lo saluto.
Sono così inebetita dalla sua presenza che mi scordo di alzare la cinepresa e riprendere la scena.
«Can we take a photo?» gli chiedo.
Lui annuisce. Che gentile.
Mi avvicino e alzo la telecamera per riprenderci, lui sorride e si mette in posa.
Dura tutto troppo poco per i miei gusti. Se potessi, gli chiederei di fare cinquantamila fotografie.
Sollevo la mano libera per salutarlo.
Lui mi passa davanti per riprendere a camminare, si volta e…
«Ciao Sara!»
«Ciao!» rispondo automaticamente.
Rimango lì. Immobile.
Con la telecamera in mano all’altezza della testa e un fiume di ragazzine che mi passa davanti.
Sembra un film. Ed io sono ferma come uno stoccafisso mentre continuo a pensare a due cose: primo mi ha salutato in italiano e secondo, e più importante, si è ricordato il mio nome.
Mi ci vuole mezzo minuto per capire che non posso non far niente. Devo raggiungerlo di nuovo.
Durante il percorso incontro una mia amica che sta inseguendo Jai. La saluto, ma non perdo troppo tempo, non corro neanche a chiedere a Jai di fare una foto, voglio solo Beau.
Troppo tardi, è arrivato davanti all’entrata del Plaza ed è appena stato risucchiato dalla folla di bimbeminchia urlanti.
Non oso immaginare il trattamento che gli stanno riservando.
Rimango davanti all’hotel, ogni finestra è coperta da una spessa tenda gialla e non riesco a vedere nulla.
Margherita e Gaia mi raggiungono.
Ci mettiamo a fare il punto della situazione, tanto per capire cosa dobbiamo fare.
I Janoskians ormai sono tutti dentro l’edificio, sicuramente ci rimarranno fino all’ora di cena e tutto quello che possiamo fare è aspettare. Ma per quanto?
All’improvviso, anche una signora benvestita si avvicina alla finestra davanti a cui stiamo parlando: inizia a blaterare qualcosa in spagnolo, indica le ragazzine che urlano e si accalcano davanti all’entrata e anche se non parlo la sua lingua capisco cosa mi sta chiedendo.
«There are some famous boys in this hotel» dico in inglese.
«Oh, gracias» fa per andarsene.
«Pregos» rispondo.
Gaia inizia a ridere.
«Pregos» mi fa eco.
Io faccio le spallucce e torno a guardare la finestra.
‘Cosa devo fare?’
Improvvisamente la tenda si muove e sbuca la faccia di Beau.
Io e Margherita iniziamo a salutarlo, agitando le mani come due disperate e lui sorride.
«Shhh» fa segno col dito e poi scompare.
«Regà, che facciamo?» è appena arrivato anche Gianmarco e con lui ci sono Camilla, Chiara e Veronica.
«Io propongo di aspettare» dico.
«Che ore sono?» chiede Margherita.
«Sono le cinque e qualcosa» risponde Chiara.
«Adesso vanno sicuramente a riposare» interviene Veronica.
«A regà, - esclamò, avendo capito che ormai l’attesa si prospetta lunga – andiamo a sederci e aspettiamo».
Indico il grande palazzo di fronte al Plaza, con una scalinata larghissima circondato da un ampio marciapiede.
 
 
 
Restiamo a chiacchierare tutti insieme per un’oretta circa, quando ad un tratto Margherita interrompe un discorso dicendo che deve tornare a casa.
A quanto pare, solo io e Camilla siamo le uniche di Roma, e solo io sono l’unica che ha il permesso di tornare a casa anche alle undici.
Nel frattempo anche un sacco di ragazzine se ne sono andate, però, davanti all’hotel c’è sempre troppa gente per i miei gusti.
Guardo i miei amici-stalkers che si preparano a raggiungere la stazione per prendere il treno con un senso di malinconia. Non possono andarsene, come cavolo farò a trovare un modo per rivedere i Janoskians senza di loro?
Camilla ha già trovato un accordo con i suoi familiari, torna con me e dorme a casa mia, ma mi dispiace tantissimo proseguire l’avventura senza tutto il gruppo.
A malincuore, saluto tutti.
Prometto che riuscirò a rivedere i Janoskians e ho la bella idea di farmi dare da loro i nick di Twitter.
Controllo l’ora. Ho il telefono mezzo morto, nello zainetto ho il caricatore, ma senza una presa non posso fare molto.
«Papà» esclamo.
Camilla si volta verso di me e le spiego il mio piano: mio padre ha uno studio legale a Via Frattina, davanti piazza di Spagna, vicinissimo all’hotel Plaza, anche se lui non è in ufficio le sue segretarie ci apriranno di sicuro la porta e potremmo mettere in carica i cellulari, andare in bagno e riempire la bottiglietta d’acqua.
A passo svelto, iniziamo ad avviarci. Prima finiamo di ‘ricaricaci’ e meglio è.
 
Sono le sette meno un quarto quando, avendo corso come due matte ritorniamo in Via del Corso.
In lontananza cerchiamo di analizzare la situazione, non è cambiato quasi niente, ci sono lo stesso troppe persone davanti all’entrata e capiamo che stavolta, se i Janoskians usciranno per andare a cena, non passeranno da lì.
Dopo aver fatto un’altra corsetta, sempre per non perdere tempo, ci fermiamo davanti alla porta secondaria del palazzo. C’è un gruppetto di dieci persone incollate alle finestre, ma dubito che riescano a vedere qualcosa visto che quelle maledette tende spesse gialle oscurano eccellentemente la visuale.
Che facciamo? Ci tocca aspettare di nuovo.
Camilla si siede per terra, dalla parte opposta della stradina ed inizia a messaggiare, io cerco di fare amicizia con i presenti, per capire cosa sta succedendo.
«Stanno per andare a cena».
«Escono davanti».
«No, escono dietro».
«Oh ma che cazzo, mia madre vuole che torno a casa».
«Io ho saltato scuola, è da stamattina che sto qua non ho visto nulla!»
Sento le varie ragazze lamentarsi o dire ciò che pensano, io non commento niente. Cerco di tenermi sul vago, perché non mi sembrano persone utili, quindi non meritano di sapere cosa so e cos’ho fatto.
Improvvisamente, da una porta sgangherata con scritto qualcosa tipo ‘vietato entrare’ esce un signore vestito di bianco, con un lungo grembiule macchiato e una sigaretta.
Si guarda intorno con un’aria innocente, fa finta di non vederci, ma io ho capito cosa sta succedendo.
Dato che ci sono troppe oche davanti l’entrata principale, hanno mandato un cuoco, presumo, a controllare quante ragazze ci sono davanti la seconda entrata, che alla fine non è altro che una piccola porta a vetri, chiusa naturalmente, che da sul ristorante del Plaza.
Non succede nulla. Solo dopo una decina di minuti sentiamo un urlo e ci precipitiamo a vedere cos’è successo.
Chi l’avrebbe mai detto?
Proprio nella via laterale dell’hotel c’era un’altra uscita, mascherata da una serranda come quella dei negozi che nessuno aveva notato.
Il cuoco di prima, che ovviamente era sgattaiolato subito dentro, sta aiutando James a salire su un taxi, mentre la macchina viene circondata dalle fans.
Rimango ad osservare la scena da lontano, all’inizio della via.
Mi sento sconfitta, come se non fossi stata abbastanza furba da capire che i dipendenti dell’hotel non avessero altre carte da giocare per farli uscire di nascosto.
Voglio vendicarmi.
Questo piccolo episodio fa crescere in me l’adrenalina e si aggiunge alla lista del perché devo trovare un modo per rivedere i Janoskians e stare con loro.
«Noi rimaniamo qui finchè non tornano» dico con un tono che non ammette repliche, appena Camilla mi raggiunge.
Dopo che il taxi è bello che partito, la maggior parte dei fans comincia ad andare a casa.
Sono le sette e mezza, io non mangio dal giorno prima, ma non sento il bisogno di mettere qualcosa nello stomaco.
E’ sempre così, quando sono ad una premiere, ad un red carpet o cose simili, tutte le funzioni  primarie di un essere umano mi si annullano: non ho bisogno di mangiare, non  sento la stanchezza, non devo andare in bagno e bevo solo dopo ore. Respiro e basta. Corro quando devo correre e non mi fermo. Parlo in inglese senza farmi troppe paturnie, faccio amicizia col primo che capita senza provare vergogna ed elaboro strategie.
Anzi, devo dire che miglioro pure in situazioni del genere, perché mi sento come se riuscissi a fare qualsiasi cosa, anche la memoria si affina e ricordo più particolari, ragiono anche più in fretta.
Ad un tratto, il cuoco di prima e un signore vestito di tutto punto con uno smoking nero, escono da quella porticina sgangherata ed iniziano a fumare tranquillamente.
Per strada, davanti all’entrata secondaria ci siamo solo io, Camilla e altre tre ragazze.
Non riesco a smettere di fissare l’uomo in uniforme. Lui è preso dalla sua sigaretta, io penso invece che può tornarmi utile.
Sta tutto nella frase ‘Ora o mai più’. Quando penso quelle quattro parole, è come se mi si attivasse nel cervello una specie di interruttore, che spegne tutte le sensazioni che buttano giù e attiva qualcosa di sconosciuto che mi rende pronta e scattante.
Vado da Camilla, che sta messaggiando di nuovo, seduta per terra.
«Cami, - dico – io voglio fare amicizia con quei tipi»
«Vai allora»
«Tu non vieni?» improvvisamente mi sento smarrita.
«Io mi vergogno»
Non posso perdere una simile chance.
«Beh, io vado a parlargli».
Giuro che se mi fanno entrare, andrò in giro per il mondo a vantarmi di quanto sono stata brava.
Prendo il cellulare e metto uno dei video che ho fatto quando eravamo al  Colosseo.
«Scusi – esclamo avvicinandomi – può guardare un attimo questo video?»
Voglio andare al sodo, gli faccio capire che non sono una delle solite fans e mi fa entrare.
Nella clip che gli mostro, ci sono io che sto davanti a James e Luke, sono calma e non urlo, questo è per far capire che so controllarmi.
L’uomo in divisa mi guarda con un mezzo sorriso mentre ripongo il telefono in tasca.
«Se ne sono andati» dice mettendo in bocca la sigaretta.
«Beh, mio padre lavora qui a Via Frattina, posso rimanere anche ad aspettarli fino a mezza notte» rispondo con un po’ di sfida nello sguardo.
A quanto pare, le tre ragazze che stavano bighellonando in mezzo alla via, si sono interessate alla conversazione.
«Ragazze – dice il cuoco – non è per cattiveria, ma…»
Il signore in divisa allora, inizia un discorso su tutte le celebrità che vanno negli hotel: racconta di quando una tizia è stata licenziata per aver fatto una foto con Mika e averla postata su facebook, di quando Justin Timberlake è venuto a Roma e nessuno si è accorto di lui, perché a differenza dei Janoskians non ha postato foto o commenti su twitter.
Io prendo la palla al balzo, e dato che la conversazione ha iniziato a stabilizzarsi inizio a fare domande e mostrarmi interessata.
«Questi so ragazzini» dice il cuoco mentre fuma.
«Io prima li ho visti – lo interrompe l’altro – e poi, la maggior parte delle ragazzine che gli vanno appresso non sono tanto normali: gli lasciano bigliettini con proposte indecenti e si accalcano davanti l’entrata come delle pazze. Te lo credo che ci hanno chiesto di farli uscire per andare a cena in modo discreto».
«Oh – dico – non posso fare a meno di darle ragione, io ho visto cos’hanno fatto a Daniel. Gli tiravano i capelli, sono proprio fuori di testa»
Parlo solo io, alla conversazione si è aggiunta Camilla, ma nessuno interviene, solo io commento le risposte o faccio domande ai due signori davanti a noi.
«Ma lei che lavoro fa qui? E’ receptionist, portiere…» chiedo all’uomo in divisa.
«Sono il portiere» risponde fiero.
Accanto a noi c’è un vaso grande con una pianta secca, domando se posso sedermi e il cuoco mi fa cenno di sì.
A quel punto, capisco che per far capire ai due dipendenti quanto sono fuori dagli standard di una semplice fan, tiro fuori il disegno e faccio rimanere tutti a bocca aperta.
«E’ bellissimo!» dice il portiere.
«Ti chiami Sara, mi pare di aver capito – dice il cuoco. Annuisco- beh sappi che sei molto brava.»
«Grazie» rispondo.
«Fai l’artistico?» mi chiede una delle ragazze che sta con noi.
«No, lo scientifico, sono in classe con lei» indico Camilla.
Mi alzo leggermente da dove sono seduta: «Comunque io sono Sara, piacere» esclamo allungando la mano.
«Sono Massimiliano» si presenta il portiere sorridendo.
«Io Stefano, piacere» dice il cuoco e mi riconsegna il disegno che stava girando di mano in mano.
Pian piano, l’atmosfera sta diventando sempre più allegra e piacevole, tanto che mi chiedono di iniziare a dare del tu ad entrambi.
Stefano mi propone persino di far caricare il mio telefono nelle cucine dell’hotel dato che è quasi morto.
‘Certo che ho proprio culo- penso – adesso me li faccio amici e posso scommetterci tutti i miei poster degli One Direction che mi fanno entrare’.
Inizio a parlare di me e del recente servizio sulla mia numerosa famiglia che è andato su MTV da qualche giorno.
Massimiliano è davvero impressionato quando gli dico che ho sei sorelle, anche Stefano lo è e con la scusa, comincia a raccontarmi dei suoi figli.
‘Ormai è fatta’ penso quando mi accorgo che adesso sono loro ad essere interessati a conoscermi e praticamente potrei dire che ho fatto amicizia con loro.
Ad un tratto, Stefano si ricorda che deve iniziare a preparare la cena, ci saluta e torna dentro accostando leggermente la porta.
«Sentite – Massimiliano si guarda intorno – se promettete che state zitte vi faccio entrare»
‘Oh bravo Massi, hai detto le paroline magiche’.
«Se vuoi faccio finta di stare in chiesa e mi faccio anche il segno della croce» dico e guardo compiaciuta Camilla.
Quello di cui vado fiera, è che io non sono raccomandata, arrivo sempre sprovveduta senza sapere nulla e alla fine finisco sempre per riuscire a fare quello che voglio.
Mi tocca solo rimanere nell’hotel e aspettare che arrivino, poi è fatta.
«Allora, avvicinatevi all’entrata principale e vi faccio passare» dice Massimiliano prima andarsene e chiudere la porta.
Non ce lo facciamo ripetere due volte, mentre ci sbrighiamo ad andare all’entrata del Plaza mi presento alle altre tre ragazze che sono con noi.
Dimentico il loro nome un secondo dopo averlo sentito, ma non mi interessa, la figura della persona educata che fa amicizia con tutti l’ho fatta.
Davanti alla porta a vetri del Plaza non c’è nessuno, il marciapiede è deserto. Sembra quasi che tutte le ragazzine urlanti siano state risucchiate da un vortice potentissimo.
Spingo la porta. Massimiliano è davanti a me. Cerco di rimanere impassibile.
Nessuno ci dice niente, la hall non è molto grande: c’è un bancone con due segretarie sulla sinistra e a destra ci sono delle sedioline.
Passiamo due colonne di legno e superiamo una piccola scrivania con un computer.
Massimiliano apre la porta a vetri davanti a noi, ed entriamo in un salone mega galattico. Il soffitto sarà alto non so quanti metri, ci sono divani e tavolini ovunque e tutto è ricoperto di tessuto rosso.
Mi sembra di essere in una reggia.
«Quanto… - dico a bassa voce – quanto costa la stanza più scrausa qua dentro?»
«Circa duecentocinquanta euro a notte» risponde Massimiliano impassibile e aggiunge di sederci dove vogliamo e di stare buone, poi se ne va.
‘Minchia – penso quando mi siedo su una comoda poltrona – questi cuscini sono più comodi del letto di casa mia.’
Continuo a guardarmi in giro a bocca aperta per il lusso del luogo in cui mi trovo.
Dopo poco arriva di nuovo Massimiliano e mi riporta il cellulare e il caricatore, mi suggerisce di metterlo a caricare ad una delle prese sul muro davanti a me.
Non so come ringraziarlo. Gli sorrido e penso che il mio sguardo basti a fargli capire che per quanto io possa aver fatto la furba, è stato solo merito della sua bontà se le mie chiappe sono incollate su un divano da mille euro e potrò rivedere i Janoskians.
Mando un messaggio ai miei genitori, gli scrivo: ‘Papà sono Sara, sto bene, ho cibo e acqua, ripeto sto bene, sono nell’hotel dei Janoskians, fra poco li vedo. Tranquillo ’ .
Copio il messaggio e lo mando a mia madre.
Loro rispondono cose tipo ‘sono felice per te. Facci sapere se ti dobbiamo venire a prendere. Non tornare troppo tardi.’
Amo la mia famiglia, amo i miei genitori. Non so davvero come possa avere tutta questa fortuna.
Prendo il cellulare e lo uso come specchietto.
Ho un aspetto terribile, sono bruttissima: ho bisogno di un correttore e di un lucidalabbra, non posso di certo presentarmi dai Janoskians conciata come una barbona.
Mi risistemo i capelli, il colletto della maglietta ed infine chiedo a qualcuna di quelle  tre ragazze se può passarmi qualcosa per sistemarmi il make up.
Sono davvero gentili con me, la ragazza che ho di fronte mi passa subito un lipgloss alla fragola e un piccolo barattolino di correttore in crema.
«Grazie» le dico mentre le riconsegno tutto.
«Figurati» risponde.
Improvvisamente l’amica che stava seduta al suo fianco inizia a guardare freneticamente l’orologio che ha sul polso. Una, due, tre volte…
«Ragazze – dice – dobbiamo andarcene l’ultimo treno per tornare a casa parte alle otto»
Mi dispiace tanto per loro, ma una parte di me invece esulta, perché meno persone ci sono e meglio è.
Le saluto con un cenno. Loro si alzano e silenziosamente si dirigono verso la hall.
Siamo in due. Solo io e Camilla.
Decidiamo di spostarci e ci sediamo su un divanetto proprio davanti alla porta a vetri che da sulla hall, così appena i Janoskians arrivano riusciamo a vederli.
Arriva un messaggio da papà, mi scrive che lui sta tornando a casa, io gli rispondo che rimango ancora in hotel.
Mentre digito sui tasti, sento Camilla muoversi troppo.
«Sara, Sara…. – dice – Jai!!»
Mi alzo di scatto, lascio il telefono e procedo a passo svelto verso la hall.
Appena arriviamo con la coda dell’occhio vedo Jai salire le scale a sinistra, mentre Beau e Daniel sono seduti davanti alla scrivania.
«Jai mi ha salutato, mi ha riconosciuto!» dice Camilla. Sono davvero felice per lei.
«Bene, allora adesso andiamo a parlare con loro»
«Vai tu – mi dice – io mi vergogno».
‘Al solito - penso con un sorriso. – si va in scena’.
Beau sta guardando il cellulare e Daniel invece sta usando il piccolo computer dell’hotel.
«Can we stay here with you?» chiedo a Beau e nel frattempo mi avvicino ad una poltrona appoggiata ad una colonna.
«Yeah – risponde posando lo sguardo su di me – Do what you want, it’s your country»
Sorrido.
«Grazie» gli dico.
Lui capisce e fa un cenno. Come per dire ‘you’re welcome’.
Non posso credere a ciò che mi ha detto. Non voglio rovinare quest'occasione, perciò decido di non disturbarlo subito.
‘Massimiliano ti amo’ penso mentre tiro fuori il cellulare.
Devo fare una foto a Beau.
Senza farmi notare, alzo il cellulare di poco e premo il pulsante ‘scatta’.
‘Perfetto, adesso la posto su facebook’.
E’ il momento di passare all’azione, voglio altri Janosricordi.
Tiro fuori il disegno, lo tengo pronto sulle mie ginocchia.
«How are you?» gli chiedo.
Camilla è vicino a me, mentre io sono seduta davanti a Beau.
«I’m tired, and you?»
«I’m tired too – rispondo – and tomorrow I have to go to school» sospiro pensando all’interrogazione di latino. Sicuramente domani la prof farà un rastrellamento degno di nota a tutta la classe.
‘Chissene frega – penso – io sono con i Janoskians’.
«I’m really sorry for you» mi dice.
Rimette il telefono in tasca e si volta per guardarmi meglio. ‘Ha davvero messo il suo cellulare a posto per ascoltarmi?’.
Gli chiedo come si è trovato a Roma, gli dico che spero davvero di rivederlo, e altre cose scontate.
Beau risponde che gli è piaciuta molto l’Italia e mi informa anche che domani devono partire molto presto e si sveglieranno alle sei, quindi fra poco andrà a dormire.
Apro l’album da disegno.
Lui sgrana di nuovo gli occhi appena rivede il suo ritratto.
«Would you like to take a photo?» indico il foglio.
«Oh yeah!» risponde.
Ci alziamo in piedi e lui riprende il cellulare.
Inizialmente credevo che facesse una foto solo al disegno, ma poi mi fa cenno di sorridere.
‘Oddio, mi sta davvero scattando una foto’.
Camilla si allontana per non disturbare, però io mi giro e le dico: «Vieni anche tu!»
Ci mettiamo in posa.
«Maybe, I can post it on Twitter!» dice Beau sorridendo leggermente.
«That’s great!» esclamo, poi mi ricordo che ho il foglio con i nick di Twitter e glielo do in mano.
«This is for you»
Lui lo prende e lo mette in tasca prima di risedersi e controllare il cellulare.
Decido di andare da Daniel.
Mi avvicino sorridendo, lui si volta un attimo e sorride.
«Ehi Ciao, I’m Sara – mi presento – How are you?»
«I’m fine and you?» chiede.
«I’m fine too»
Vorrei chiedergli un sacco di cose, ma il problema è che il numero di vocaboli inglesi che conosco non basta a formulare frasi complicate, così mi limito a rifargli le stesse domande che ho fatto a Beau.
Mentre parliamo noto che sulla schermata del computer è aperta una pagina di facebook, leggo il nome e link del profilo.
Sicuramente ha l’account protetto.
«So… you have got facebook» chiedo.
Daniel sorride:«Yes, but it’s a secret»
Con questo capisco che non mi accetterà mai la richiesta d’amicizia anche se gliela inviassi e non devo andare in giro a dire come trovare il suo account.
Dopo un po’ gli mostro il disegno e gli chiedo di autografarlo.
Non so come spiegare come riesco a stare calma davanti a loro, non capisco neanche perché mi comporto in modo troppo normale. Decido di lasciarli un attimo in pace e mi risiedo sulla poltrona a farmi i cavoli miei.
«Where is Luke?» chiede Camilla a Beau.
«He’s in our room» risponde e continua a guardare il cellulare.
Ad un tratto spunta James dall’entrata dell’hotel.  Ha dei pantaloncini corti, una tshirt bianca e un cappellino con visiera con scritto dirty pig.
Lo salutiamo con la mano e lui ci risaluta, poi torna all’entrata dell’hotel.
Nello stesso momento Beau si alza.
‘Non te ne andare’ vorrei dirgli.
«Bona sera» ci saluta con un gesto e si dirige verso le scale che portano alle stanze.
«Ciao!Goodnight!» diciamo io e Camilla insieme.
Non posso credere che sta finendo tutto.
James torna da noi. Ha in mano qualcosa.
«This is for you» dice e porge sia a me e sia a Camilla due cappelli a testa.
Uno è un capello a cappuccio, l’altro ha la visiera; sono entrambi neri ed hanno la scritta ‘dirty pig’ al centro.
Sono davvero contenta che ce li abbia regalati.
«Thanks» dice Camilla.
«Grazie» le faccio eco io.
Ho una gran voglia di saltare addosso a James e abbracciarlo, ma mi contengo. Potrei spaventarlo.
Devo avere un altro ricordo di questo momento.
«Can I – prendo la telecamera – Can I take a memory of this moment?»
«Sure» mi risponde James.
Inizio il video.
«Do you enjoy stay here in Italy?» chiedo.
«Yeah, of course I do» James sorride alla telecamera.
«Have you tried pasta? – annuisce – And what kind of food did you try?»
«Emm – ci pensa su – lasagne, pasta, gelato…lots of gelato!»
«Can you say something in Italian?»
James scuote la testa imbarazzato. Che dolce che è.
«Ciao» dico.
«Ciao» ripete.
Mi ricordo che Gianmarco tiene ad avere anche lui un janosricordo, così chiedo a James se può salutarlo.
«Grazie»
«You’re welcome»
«Are you tired?» chiedo. Lo vedo abbastanza stanco.
«Yes…I am»
«Oww I’m sorry»
James fa uno strano movimento, poi dice qualcosa ma non capisco. Non conosco il termine che ha usato.
 «Sorry what?» dico.
«I farted…- dice ridendo – Prrr…» fa il verso.
«Ah…» dico come una cretina.
Poi capisco… e inizio a ridere.
Fermo il video.
Ad un tratto si alza anche Daniel. Controllo l’orologio, sono le nove e mezza, per loro è abbastanza tardi.
Io e Camilla sappiamo che sta per finire tutto, così gli chiediamo se possiamo fare una foto prima di salutarli.
Abbraccio Daniel per l’ultima volta, gli sorrido e lo saluto.
Rimane James un attimo con noi, è appena entrato anche il loro amico Ronnie Diamond.
Si scambiano qualche pacca amichevole e sento anche qualche parolaccia: ‘Ehy mother fucker where were you?’.
Rido sotto i baffi.
«See you girls» James fa un cenno con la mano.
«Ciao! Goodnight!» diciamo in coro io e Camilla.
Li guardo scomparire mentre salgono le scale, poi mi volto verso l’uscita e procedo a testa alta: passo davanti ai receptionist, apro la porta e sgomito tra le fans che erano tornate di nuovo sotto l’hotel.
Sento i loro sguardi addosso e mi sento importante, mi sento felice… ho ancora in testa quegli attimi preziosi.
Sorrido.
 
 
 


 
#Janospazio dell'autrice
Ehi guys, thanks for watching!
No, ok, sono troppo influenzata dai Janoskians. Comunque, eccomi qua dopo essere resuscitata dalla routine della mia vita monotona. Scusate a tutti per l'assenza, per gli errori e le sviste e tutto.
Ormai penso che sia anche inutile scusarsi visto che sto sempre a fare sbagli su sbagli. Quindi... boh non vi chiedo neanche di capirmi, lo so che a volte sono da prendere a sberle lol
Passiamo alla storia.

Quella puttana di Beau non ha ancora postato quella benedetta foto, però sono lo stesso felice...
Ahahahah seriamente, ecco il disegno :
 
Ho passato davvero una bella giornata insieme ad un sacco di persone fantastiche, quindi avevo una specie di tarlo nel mio cervello che mi diceva che tutti dovevano sapere cos'era successo. Spero solo di non avervi spaventato con questa OneShot, perchè è scritta in prima persona e ho cercato di essere il più fedele alla realtà, quindi ho scritto ciò che pensavo ed emergono ovviamente i miei lati da pazza egocentrica egoista e anche stronza. Però credo di avere anche dei pregi, lol tipo sono molto determinata e... basta.
Personalmente penso che siamo tutte persone normali con pregi e difetti e sarebbe ingiusto scrivere 'questa sono io' senza far vedere anche i miei aspetti negativi.Perciò non mi vergogno più di tanto ad ammettere i miei limiti e sono consapevole di ciò che ho postato.
Bene, adesso che ho chiarito questo punto, ne chiarisco un altro: se avete domande sulla toria potete farmele benissimo perchè sono sicura di aver saltato qualcosa nello spazio dell'autrice. Insomma è mezzanotte passata e sto scrivendo questo commento alla OneShot quindi il mio livello di disagio è pari a quello degli ubriaconi.
Un'altra cosa che ci tenevo a dire è quanto sia evidente la differenza fra i video dei Janoskians e i Janoskians quando le telecamere sono spente. Sono praticamente un'altra persona, nel senso che sono normali e non urlano o strillano...o cazzeggiano disturbando la gente come fanno nei video.. Ok, non centra niente ma volevo dirlo. Non che questo li sminuisca, anzi sono simpatici lo stesso.
Diciamo che ho iniziato a seguirli davvero dopo questa giornata con loro lol non mi uccidete.
However, li amo un casino. Spero che questa One Shot vi sia piaciuta, perdonate gli errori e tutto il resto. Grazie a tutti per rimanervi vicino.

Love you ...

DATTEBAYOOOOOOOOO

Video you tube della giornata coi ragazzi : qui
 

-Sara
 
   
 
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