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Autore: Fannie Fiffi    16/06/2014    3 recensioni
[Bellamy e Octavia Blake, 1x13.]
La guerra era ovunque. Urla, schianti, spade sguainate e proiettili insufficienti. Tutto intorno a loro gridava sconfitta e perdita, eppure tutto sembrava perfetto.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellamy Blake, Octavia Blake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All of Me






 
Cause all of me
loves all of you
Give your all to me
I’ll give my all to you

You’re my end and my beginning
even when I lose, I’m winning
‘Cause I give you all of me
and you give me all of you

We’re both showing hearts
risking it all, though it’s hard

John Legend, All of Me.
 
 
 



 

Lei era lì, finalmente tra le sue braccia. Quasi non poteva credere al fatto che si stavano ritrovando proprio ora che dovevano dirsi addio.
La guerra era ovunque. Urla, schianti, spade sguainate e proiettili insufficienti. Tutto intorno a loro gridava sconfitta e perdita, eppure tutto sembrava perfetto.
Octavia si strinse contro suo fratello con tutta l’energia nel suo corpo; fece scorrere velocemente le mani fra i suoi capelli così simili ai propri, sul suo collo e le sue spalle, attorno a quella schiena che aveva dovuto sopportare tanto, forse troppo per un ragazzo della sua età. Ma lui era il suo eroe. Non poteva essere altrimenti: era il suo salvatore, il suo modello, l’unica persona al mondo che la conoscesse più di quanto fosse lei stessa capace di conoscersi.
Bellamy l’aveva salvata da una vita in gabbia: una vita in pochi metri quadrati, costretta a rifugiarsi sotto un dannato pavimento durante ogni controllo dell’Arca, una vita senza amici, senza poter vivere le normali esperienze di una qualsiasi adolescente. Ad Octavia non era mai stato permesso andare a scuola, frequentare persone, perfino vedere persone.
E se da una parte questo l’aveva fatta soffrire – oh, quanto era stato difficile e quanto si era sentita sola – dall’altra era stata quasi una dolce rassicurazione sapere di avere solo lui, di dedicarsi completamente a lui, di offrire tutto quello che era in grado di dare unicamente a lui.
A Bellamy.
« Non voglio lasciarti. » gli sussurrò all’orecchio mentre lui le accarezzava i capelli lentamente, pur sapendo che si sarebbero dovuti separare da un momento all’altro.
Non riusciva a staccarsi da lui. Avrebbe voluto che le sue braccia si prolungassero all’infinito, per circondarlo e non lasciarlo mai andare, per proteggerlo da tutto. Era buffo come i ruoli si fossero scambiati.
Bellamy, d’altro canto, stringeva la sua piccola sorellina come aveva fatto tante volte, così come aveva fatto il giorno in cui era nata.
L’aveva tenuta stretta al proprio petto e aveva poggiato la testa sulla sua, si era ripiegato su di lei per assisterla e nasconderla da tutto il male che c’era fuori. Dal primo momento in cui i suoi occhi si erano posati su di lei, su quel piccolo esserino caldo e soffice, si era promesso di proteggerla finché avesse vissuto.
Quel giorno Bellamy Blake aveva finito di essere solo. Quel giorno la sua vita era iniziata e non avrebbe mai smesso di essere grato per aver ricevuto un dono così bello e perfetto e delicato.
« O, ascoltami. Ti ho detto che la mia vita è finita il giorno in cui sei nata », e avrebbe davvero voluto impedirsi di versare lacrime – lui era forte, un leader, non poteva permetterselo – ma non ci riuscì, non ne fu in grado, « la verità è che non era cominciata fino a quel momento. »
E poi sorrise. Perché sorridere? La guerra infuriava attorno a loro, tutto era in movimento, girava vorticosamente, ma Bellamy non poté impedirsi di sorridere.
La sua piccola sorellina era diventata una donna, aveva combattuto, ed era così orgoglioso di lei. Octavia gli aveva dato una ragione, uno scopo, e niente al mondo avrebbe potuto cambiare quello che c’era fra loro.
Lei era il suo sangue, la sua carne, era lui. Era la sua parte migliore, era ciò che lo faceva sentire vivo, ciò che lo teneva nel giusto e lo riportava indietro. Era l’origine della sua forza, ma al tempo stesso il principio di tutte le sue debolezze.
Aveva la sua vita nelle proprie mani ed era l’unica in grado di ferirlo, l’unica ad avere completo potere su di lui. Poteva non sembrare così, Bellamy poteva fingere di essere indistruttibile e indipendente e invulnerabile, ma sapeva di essere un bersaglio facile, con lei. Sapeva di dipendere da lei, di non poter vivere senza di lei.
Si era già sacrificato una volta per O, salendo su quella navicella, e l’avrebbe rifatto altre mille volte. Si sarebbe fatto uccidere ancora e ancora e ancora, se questo avesse significato salvarla.
« Ho bisogno che tu viva. Ho bisogno che tu sia forte, ti prego. »
Ed erano ancora stretti l’uno all’altra, ancora persi l’uno nell’altra. Entrambi sapevano di doversi dividere, di dover lasciar andare la presa, ma tutto sembrava così bello e finalmente giusto.
Certo, le cose fra loro sulla Terra non erano andate bene. Avevano litigato, si erano detti cose che non pensavano, si erano allontanati e avevano creduto di odiarsi, ma alla fine del giorno l’uno rimaneva in cima ai pensieri dell’altra, e nessuno dei due poteva fare a meno di lanciarsi occhiate casuali per controllare che l’altro fosse al sicuro.
Bellamy sprofondò il volto fra i morbidi capelli della sua sorellina, Octavia sembrò conficcare le unghie nel suo giubbotto per non lasciarlo mai andare, ma con un sospiro furono costretti a separarsi.
« Ti voglio bene, fratellone. » Disse fra le lacrime, mentre cercava i suoi occhi e stringeva le sue mani ruvide.
Sapeva che per sopravvivere avrebbero dovuto dividersi, eppure per un attimo pensò che non le importava niente di vivere, se questo significava farlo senza di lui.
Avrebbe preferito morire al suo fianco, piuttosto che stare lontana da lui. Poi capì: crescere voleva dire sacrificarsi e combattere, dimenticare l’orrore e semplicemente andare avanti.
Quindi sì, avrebbe lottato per lui. Per Bellamy.
« Ci rivedremo. Ti troverò ovunque. Verrò a riprenderti, O.  » Piangeva e sorrideva, il maggiore dei Blake, mentre la salutava. Voleva solo vederla al sicuro, sapere che avrebbe vissuto, che cel’avrebbe fatta e sarebbe fuggita da tutto quello.
In un attimo non c’era più. Lincoln l’aveva portata via, al sicuro, lontano da lui.
Ora avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Ora che era certo che quella meravigliosa creatura avrebbe avuto una possibilità, una vera occasione di essere felice e di poter vivere davvero, Bellamy non aveva più paura.
Avrebbe lottato, avrebbe stretto i denti e avrebbe sopportato il dolore, la perdita, la lontananza. Non ci sarebbe stato alcun ostacolo che l'avrebbe trattenuto dal raggiungerla ancora.
Sarebbe caduto e poi si sarebbe rialzato, sarebbe rinato e tornato da lei. Come sempre, d’altronde, non potevano far altro che tornare l’uno dall’altra.


 

  
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