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Autore: Joan Douglas    17/06/2014    2 recensioni
Una scommessa andata male.
Un ragazzo costretto a girare per Lima con un cartello che recita le parole “Free Hugs”.
Chi mai lo noterà?
Klaine, min. Thadastian
Blaine OOC.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Blaine/Kurt
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Free Hugs


Free Hugs.

Due parole di dubbio significato.

Due parole di quattro lettere.

Due parole che erano la sua diretta porta verso l'imbarazzo più totale, una sorta di paletta fatta in cartone, come il cartello appeso al collo, che gli sarebbe stato utile quando avrebbe voluto scavarsi la fossa e sotterrarsi. Per rimanerci.

« Carissimo Blaine » proferì Sebastian, osservandolo con un sorriso maligno e passando un dito su quel maledetto pezzo di cartone malridotto, « sai cosa devi fare. »

« Seb, non possiamo ricontrat- »

« No, non se ne parla! Una scommessa è una scommessa! »

I suoi fantastici compagni di scuola lasciarono Blaine – anche se dire “scaricarono” sarebbe più corretto – nel pieno centro di Lima, con un cellulare in tasca, la borsa che gli pendeva dalla spalla, e quell'enorme cartello che attirava sguardi curiosi.

Free Hugs, diceva il cartello, nella scrittura tremolante e poco invitante di Wes. Se non altro, doveva solo sperare che nessuno lo notasse e che nessuno sperasse davvero in un abbraccio gratis. Poteva benissimo nascondersi in un bar ed eliminare le prove, no?

Proprio mentre si convinceva di questa ultima possibilità di salvezza, Blaine sentì chiaramente un clacson dal suono irritante e inconfondibile richiamarlo dai piani.

Si girò: chiaramente non l'avrebbe passata liscia, avevano organizzato ogni minimo particolare per la sua condanna a morte. Gentili, gli amici, vero?

« Non ci provare neanche, testa di gel! Ti teniamo d'occhio! »

Wes era decisamente... gasato. Come non lo era mai stato, ecco. Quel ragazzo dai capelli a spazzola che si sarebbe sposato il suo adorato martelletto della sala riunioni degli Warblers, che non avrebbe mai accettato di indossare una cravatta con bordi a righe e stoffa blu, era gasato.

Nella testa impomatata del ragazzo continuò a ripetersi costantemente la stessa solfa, in tono rassegnato: che amici.

Capì che non aveva molta scelta quando il furgoncino si posizionò davanti la piazzetta centrale e tre paia di occhi – di Thad, Seb e Wes – lo osservarono, pieni di aspettativa, dai finestrini.

Probabilmente la scuola privata sommata allo stare sempre e comunque in compagnia di ragazzi, portava a conseguenze come l'espulsione naturale di neuroni solitari dal cervello. Soprattutto quando si trattava dei suoi, di amici.

Affranto fino alla punta dei capelli, si diresse verso il punto del centro che gli era stato chiaramente indicato durante il viaggio da Westerville.

Era novembre inoltrato ed era probabilmente uno degli inverni più freddi degli ultimi anni, e Blaine si sentiva come compresso dal gelo che entrava fin sotto la pelle. Ma la cosa peggiore di tutte era che non si sentivo più il naso. Il naso, davvero!

Sbirciò in direzione della piazza centrale, ma non c'era niente da fare: erano lì, maligni, con gli occhi attenti come se fossero stati al cinema e lo avrebbero riacciuffato non appena avesse tentato di fuggire. Era quasi tentato di comprar loro due pacchi di popcorn nel supermercato più vicino.

Sebastian – il più interessato tra tutti, sicuramente – gli fece segno di spostare le mani e scoprire il cartello. Blaine scosse la testa.

No, dai!

Avrebbe dovuto opporsi fin da principio, lo sapeva, ma era una persona troppo onesta, anche eccessivamente. Di sicuro Seb avrebbe fatto di tutto per svignarsela ed evitare le conseguenze di una perdita alla scommessa. E che scommessa!

Sebastian si stava innervosendo, sarebbe arrivato a momenti.

Meglio lui che sbraitava contro Blaine per poi dire al mondo “Questo ragazzo offre abbracci!”, o fare quello che gli veniva chiesto con sicuramente meno occhi addosso?

Dilemma.

Due sbracciate di Sebastian dopo, capì che ci teneva ai propri timpani e spostò le mani dal cartone scolorito, facendo di tutto per non farsi notare.

Fu impossibile: i passanti – attratti da un ragazzo con un paraorecchie caldo e invitante e una giacca in velluto, coperta in parte da delle lettere verdi fosforescenti con un chiaro messaggio – giravano la testa di scatto, come se stessero seguendo una partita di ping pong e uno dei due giocatori avesse appena fatto un punto fenomenale.

Blaine pensò seriamente di sfilarsi dal collo il cordoncino quasi tagliente – anche quello un modo per torturarlo, forse? – che reggeva la sua condanna, e usarlo come arma contro Wes, Thad e Sebastian.

Ma non era mai stata una persona violenta... in passato.

 
§

Per tutto il pomeriggio andò avanti così: Blaine era completamente circondato da teste dei passanti esterrefatti dalla sua presunta spavalderia, Blaine che aveva il naso sempre più ghiacciato e che faceva di tutto per ignorare gli sguardi curiosi, come ad esempio contare le nuvolette che gli uscivano dalla bocca ad ogni sospiro: centoquarantasei, centoquarantasette, centoquarantotto...

Ma nessuno, grazie a Dio, si avvicinò per ricevere un fantomatico e caldo abbraccio di Blaine Anderson – con grande dispiacere dei suoi compagni di classe, che continuavano a essere appostati in piazza, con sguardi rassegnati. E, sempre grazie a Dio, nessuno lo conosceva, lì a Lima.

Fu proprio quando era lì immobile – tentando di scomparire – da sì e no due ore, che dalla caffetteria lì vicino uscirono una ragazze e un ragazzo.

In un primo momento Blaine tentò di evitarli come aveva fatto con il resto della gente, ma c'era qualcosa, una sensazione che glielo impediva.

Entrambi sorridevano, parlando di qualcosa che aveva tutta l'aria di essere un goloso pettegolezzo e continuavano a camminare a braccetto con nonchalance. Il riccio non poté far a meno di soffermarsi un po' più del dovuto sul ragazzo dai capelli ordinati e dal busto fasciato in un grazioso cappotto grigio melange.

Blaine riuscì a sentire un frammento di conversazione.

« Quindi Schue vuole ancora provare quella canzone dei Journey? È da tre dannatissimi anni che... » sbuffò la ragazza, senza terminare.

« Già. Se non altro siamo ben informati sull'esordio del gruppo negli anni '80 » commentò sarcastico il ragazzo.

Ora, Blaine ci mise un attimo ad arrivare alla soluzione e capire perché quei due adolescenti gli sembrassero così familiari. Il Glee Club delle New Directions, ecco, erano dei loro membri.

L'anno precedente li avevano bellamente battuti alle regionali, lasciando i Warblers – il suo Glee Club – a bocca asciutta. Blaine aveva dovuto ammettere che le loro canzoni originali erano state formidabili, un vero e proprio inno per gli emarginati, sì, e l'aveva anche presa con filosofia, ma quello era il suo ultimo anno, dannazione!, voleva diplomarsi sapendo di aver lasciato il segno. Magari vincendo qualche competizione canora, dato che avrebbe sostenuto un provino per la Nyada qualche mese dopo.

Spostò lo sguardo su i due rivali, con curiosità. La ragazza era la solista, notò, dal naso abbastanza pronunciato ed estremamente bassa, ma che sembrava sprizzare talento da tutti i pori. Il ragazzo invece si rese conto di non averlo mai visto, nonostante fosse altrettanto appariscente e insolito per Lima; dai tratti delicati per essere un ragazzo e dal passo aggraziato quanto quello della solista, era come un punto rosso in un mare grigio e monotono.

A interromperlo da quelle riflessioni furono delle risate.

Che solo in un secondo momento capì essere rivolte a lui.

« Abbracci gratis? Sul serio? » commentò qualcuno in tono derisorio.

« Fai anche qualcos'altro di gratis, pivello? »

Blaine alzò gli occhi al cielo. Aveva parlato troppo presto. Sarebbe dovuto rimanere lì ancora per almeno un'ora, ne erano passate solo due. E poi era risaputo che non avesse una grande fortuna.

Ad avvicinarsi a lui furono due energumeni, dotati di giacca Letterman e di uno sguardo che gridava “non abbiamo niente da fare, quindi ce la prendiamo con te”. Nella scuola privata quegli sguardi non gli erano mancati.

« No, quei lavoretti li faccio solo a te, stai tranquillo » non poté fare a meno di dire Blaine, ormai abituato a quel genere di insinuazioni, accompagnando il tutto con un sorriso strafottente. Decisamente gli insulti avevano affinato il suo sarcasmo.

Blaine non si accorse che oltre ai due atleti si erano fermati anche i due componenti delle New Directions.

« Ma quello non è il solista dei Warblers? » chiese la ragazza. « Mh, non male. »

« Rachel, non rischiamo un altro scandalo alla Jessie St. James, per favore. E poi è palesemente gay! »

Rachel gli lanciò un'occhiata furba. « Appunto. »

Intanto i due “ragazzi Letterman” – Blaine aveva deciso di chiamarli così – si erano avvicinati al “ragazzo free hugs” – e lui si era soprannominato così. « Mi hai dato del frocio? Potresi farti riflettere a suon di pugni. »

A Blaine quello sguardo non poté che ricordare quello dei suoi aguzzini quando aveva appena quindici anni. Gli stessi che gli avevano segnato la pelle con delle sigarette, così, per divertimento. « Andiamo, nemmeno io mi metto del gel nelle sopracciglia » rispose Blaine.

Sapeva di star giocando con il fuoco. Insomma, avrebbe potuto anche lasciar perdere e lasciarsi far prendere a calci di buon grado, senza lamentarsi. Ma con un padre a casa che a malapena gli rivolgeva la parola, aveva accumulato troppa rabbia in sé, decisamente troppa per non sfruttare un'occasione del genere.

Ormai uno dei due atleti era fuori di sé; si avvicinò a Blaine digrignando i denti e stringendo i pugni, disse: « Prova a dirlo ancora e ti ritroverai la faccia spalmata a terra. »

Poco lontano Kurt osservava la scena.

Conosceva abbastanza Karofsky, nei suoi modi di fare, per sapere che il solista dei Warblers aveva risposto in un modo inaspettato.

I suoi piedi cominciarono a percorrere la distanza da quei tre ancora prima di rendersene conto, seguito con lo sguardo da una Rachel troppo sconvolta per reagire.

« Karofsky, che diavolo fai? » L'atleta aveva afferrato con una mano la giacca di Blaine, minacciandolo con lo sguardo. Kurt odiava ricattarlo, ma era l'unico modo per uscire da questo genere di situazioni, anche se ormai andavano avanti con quella storia da un anno.

« Che cosa vuoi, Hummel? Mi segui anche fuori da scuola, ora? »

« Solo per ricordarti il nostro patto. »

Silenzio.

Karofsky mollò la presa su Blaine e se ne andò con Azimio, troppo terrorizzato da sé stesso per esserlo anche di Kurt. E sì, Kurt lo compativa, da una parte. Ma questo pensiero lo sfiorò solo per un secondo perché Blaine Anderson lo stava guardando.

Naturalmente lo conosceva: oltre ad essere stato un suo avversario, l'anno prima era stato sul punto di abbandonare il McKinley e rintanarsi alla Dalton, si era dovuto informare.

Togliendo però quelle stupide informazioni che si era procurato spiando i Warblers l'anno prima, non sapeva niente di lui, se non che fosse gay – come lui –, che la sua bassezza era compensata da degli splendidi occhi cangianti e da un sorriso estremamente fotogenico.

Un bel ragazzo, in pratica.

Fuori dalla sua portata.

« Un tuo amico? » disse Blaine, con ancora la rabbia che gli scorreva nelle vene.

« Diciamo più qualcuno che è meglio non sia né mio amico, né mio nemico » borbottò Kurt. « Mi dispiace. Immagino che alla Dalton questo non accada mai. »

Il riccio non si stupì molto che il ragazzo lo conoscesse. « Infatti. Al McKinley suppongo di sì. »

« Infatti. » Kurt si strinse nel cappotto, affondando il naso nella sciarpa. « Be', ci vediamo » tentò di salutare Kurt, in imbarazzo.

« No, aspetta » lo richiamò l'altro, così si voltò. « Sono Blaine. »

Kurt ridacchiò. « So come ti chiami. Sei il leader dei Warblers. »

« Il leader dei Warblers non è lo stesso Blaine che hai davanti e che ha un cartello al collo con scritto “free hugs”, vedi. »

« E quindi ora che dovrei fare? Presentarmi a mia volta per non essere maleducato? »

« Consideralo un modo che ho per conoscere il mio salvatore. »

Kurt si irrigidì un attimo, vedendo Blaine fargli l'occhiolino. Sbagliava o quello che stava vivendo era un piccolo – piccolo – flirt? Lui che aveva un sex appeal pari a un cucciolo di pinguino? Ecco che essere andato allo Scandals un po' di volte e aver assistito a dei flirt, gli tornava utile.

Sorrise nel modo più provocante che conosceva. « Penso che te la saresti cavata anche senza di me. » Decise che era il caso di cambiare argomento, e spostare la conversazione su un terreno più neutro e meno pericoloso. Perciò indicò il cartello, che oscillava dal collo di Blaine, tutt'altro che invitante. « Dimmi, sei semplicemente pacifista o hai deciso di suicidarti venendo qui a Lima con quel cartello? »

Blaine era seriamente incuriosito da quel ragazzo che sembrava così chiuso in sé stesso, ma che conservava comunque una certa autorità e forza che poteva essere stata formata solo da certi avvenimenti, segni come le sue bruciature di sigaretta.

Troppo concentrato sugli occhi del suo interlocutore – che sembravano tanto due laghi limpidi e profondi, seppur freddi e ghiacciati in superficie – si rese conto un attimo troppo tardi del significato della domanda.

« Nessuna delle due » rispose, aggiustandosi il paraorecchie in testa. « Mi piace dare abbracci, sono l'unico rimedio per una delusione, specialmente quelle d'amore » si inventò di sana pianta, senza rendersi conto di quanto fosse vero. « Hai bisogno di un abbraccio? »

Kurt trattenne un sorriso, scommettendo che dietro a quella domanda ci fosse un trabocchetto. « Non è vero, la cura giusta è il cioccolato. Quello fondente. »

« Stai dicendo che dovrei regalarti del cioccolato per sapere il tuo nome? » cercò di capire Blaine, senza nascondere il proprio intento.

« Sto dicendo che gli abbracci sono efficaci solo se dati da qualcuno che si conosce, da uno sconosciuto non hanno valore » ribatté l'altro, alzando gli occhi al cielo e scorgendo Rachel intenta a fissarli da lontano. Gli sembrò anche di vederla alzare i pollici in sua direzione, ma sperò di essersi sbagliato. « E poi chi ti dice che ne io abbia bisogno? »

Già, chi glielo diceva? Blaine si trovò a pensarci su seriamente, stringendo i lati del cartellone con le dita intorpidite dal freddo.

Chi ha davvero bisogno di un abbraccio?

Chi ha conserva dentro di sé talmente tanta rabbia che non può essere scaricata tutta in una volta, ma con lo scorrere del tempo e con l'aiuto di qualcuno.

Chi ha il gelo nel cuore, e può essere scaldato solo con un contatto innocente e premuroso come quello.

Chi è da solo e troppo diverso per una società basata sulle apparenze.

Lui chi era?

Ma non poté semplicemente risolvere il quesito perché quando riemerse dalle sue elucubrazioni degne di nota e guardò il punto in cui prima c'era quel ragazzo, capì che quest'ultimo se n'era andato.

Senza dire o fare niente, solo lasciando dietro di sé una scia di punti interrogativi che si disegnarono nella testa di Blaine come in un fumetto giapponese, animati di vita propria, che danzavano tra i suoi neuroni.

Ora era lui ad aver bisogno di un abbraccio.

 
§

Erano passati mesi da quella scommessa persa con Sebastian, e Blaine ormai non ci pensava troppo.

Era stata solo l'ennesima di una lunga lista di sue pessime figure da adolescente avventato e talvolta stupido. Ormai era un adulto: divideva un appartamento con lo stesso Sebastian e il suo ragazzo Thad, nel bel mezzo di New York.

Seguiva le lezioni della Nyada, studiava, faceva in modo di essere indipendente, sostentandosi con la semplice paga di cameriere in un bar piuttosto vicino a una fermata della metro, molto comodo quindi. Studiava molto e tentava di passare tutti gli esami necessari per poter sfondare nel campo della musica. Qualche volta abbozzava una canzone, o almeno ci provava, dato che era costantemente sommerso da impegni.

Insomma, si poteva ritenere un uomo fatto e finito.

Un po' solo, forse: New York aveva sconvolto la sua realtà. Non essere più il leader dei Warblers, apprezzato da tutti, ma uno dei semplici “tanti” che sbarcavano nella Grande Mela per trovare loro stessi, lo rendeva comune e poco importante ai suoi stessi occhi.

Era un uomo sì, ma doveva ammettere che non era felice.

Ed era per questo che quella sera era uscito in compagnia dei suoi coinquilini con l'intento di bere solo qualche birra per distrarsi. Peccato che a quell'unica birra erano stati aggiunti un paio di Mojito e alcuni Caipiroska, rendendolo ubriaco e disinibito e aperto a ogni scommessa.

Era così che ci era ricaduto, nella trappola di Sebastian.

E anche quella volta aveva miseramente perso, non riuscendo nemmeno a reggersi in piedi per la colossale sbornia.

Ed eccolo lì, in tutto il suo splendore, tra capelli costretti nel gel e sguardo a metà tra rassegnato e vigile. Dannato Sebastian Smythe.

Con ancora quel fantomatico pezzo di cartone – sembrava addirittura lo stesso – appeso al collo che recitava la stessa scritta di alcuni mesi prima: “free hugs”.

Stesse parole, stessa tortura; con l'unica differenza che a New York non eri squadrato poi così male, in fin dei conti.

No.

Era peggio. Più di una decina di volte, nel giro di un paio di ore, Blaine si era ritrovato costretto a scambiare abbracci con veri e propri sconosciuti alla ricerca di affetto.

Ma fu allora che si ricordò di qualcosa, che col tempo aveva accantonato nella mente, nella sezione “da dimenticare”. Quel ragazzo, quello con gli occhi di ghiaccio, che a Lima l'aveva salvato da alcuni bulli che Blaine aveva provocato. Cosa aveva detto, già? Che gli abbracci non hanno valore se dati da degli sconosciuti? Forse sì, ecco.

Ora poteva capire.

« Ehi... tu » lo ridestò una voce, quello stesso momento in cui dissotterrò quel ricordo sbiadito. Era una voce familiare... anzi, a dire il vero era la stessa identica voce del ragazzo di Lima.

Sobbalzò, e si girò in direzione di quel richiamo.

Ed ecco lì anche lui, a New York, stretto in un impermeabile blu cobalto dotato di quattro bottoni sul davanti, e una borsa di pelle scura a tracolla. Ma, soprattutto, quegli stessi occhi di ghiaccio che quasi un anno prima gli avevano nascosto il suo nome.

Per Blaine non era stato così difficile, alla fine, scoprire come si chiamasse: le liste dei componenti dei Glee Club non erano segrete, anzi. Gli era bastato chiedere informazioni in giro e con l'aiuto di Sebastian – dopo averlo ricattato dicendo che era stato lui a tappezzare di carta igienica l'aula di scienze, come protesta contro la dissezione di rane – l'aveva scoperto: Kurt Hummel.

Lo stesso ragazzo lì in piedi, davanti a lui, che risaltava anche in una città come New York, stravagante, aperta e rumorosa.

« Sì... io? »

Risposta più stupida di quella non poteva esserci, pensò Blaine. Ma cosa poteva farci?

Mesi prima, scoperto il suo nome, si era frenato. Era senza dubbio incuriosito e interessato da Kurt, con quel suo fare sagace, il più delle volte soffocato da un'innata timidezza. Con quelle dita affusolate, che si era passato più volte ai lati della testa, mentre parlavano, per controllare che i capelli fossero al loro posto. Ma poi, guardandolo in un angolino durante l'esibizione delle New Directions – che anche allora li avevano battuti – si era trattenuto dall'andare nei camerini per presentarsi ufficialmente.

Non sapeva perché, forse era stata semplicemente paura, o qualcos'altro.

Quindi si era trattenuto davanti alla porta socchiusa del camerino delle New Directions, quella sera. A vederli festeggiare, entusiasti per la vittoria meritata. Aveva visto Kurt e si era detto che non era il momento adatto, che l'avrebbe fatto un'altra volta, quando si sarebbe ripreso dall'incredibile batosta della perdita della competizione.

Aveva rimandato quel momento, dicendosi che non era mai il momento giusto. Scuse, solo scuse. Era intimorito da quella semplice attrazione che aveva provato nei confronti di Kurt solo accarezzandolo con gli occhi, su un palco, mentre faceva da sfondo a un'intricato arrangiamento di una canzone.

E ora eccolo lì. Con quell'attrazione che si rifaceva viva, come mesi prima.

Prima che potesse capire quello che stava succedendo, Kurt lo stava stringendo in un caldo abbraccio, come quello che aveva sognato di dargli mesi prima. Quel continuo “e se...?” che gli ronzava in testa.

Sentì uno strano calore insinuarsi nelle vene, abbracciandolo dalla testa ai piedi. Qualcosa che, certamente, era ricollegato alla stretta di Kurt intorno alle sue spalle rigide per il freddo di ottobre. Fu come se tutti i nervi tesi di quel mese si stessero sciogliendo nella presa sicura dell'altro.

E finalmente, capì che, certo, gli abbracci non avevano nessun valore se dati da degli sconosciuti. Ma anche che quell'abbraccio doveva essere per forza il migliore ricevuto in tutta la sua breve vita, scoscesa e in salita, tra una cosa e l'altra.

Fu come trovare un altro sentiero, sempre ripido, ma aiutato da qualcun altro.

 
§

Poco distante da quell'angolo di New York erano appostati due ragazzi.

Si sarebbe potuto dire che non erano abbastanza affiatati per poter stare insieme come coppia, ma loro lo erano.

Comunque, questa è un'altra storia. Noi stavamo parlando di quei cerebrolesi di Kurt e Blaine che non avevano avuto il coraggio di presentarsi l'un l'altro per dello stupido imbarazzo, quello che non serve a niente, ma solo a fare perdere occasioni che potrebbero cambiare la vita e migliorarla. Ebbene, se quei due allocchi, laggiù, si stavano abbracciando, era solo per merito loro.

Dopo aver scoperto che anche Kurt si trovava a New York, tenendo uno stage a Vogue.com, ne avevano provate di tutti i colori per farli incontrare. Ma niente. Così si erano chiesti: “Perché non incastrarli come la prima volta?”. Ovviamente quella non era stata premeditata, certo, ma a Thad era sembrata un'idea davvero troppo romantica per non essere sfruttata. Allora avevano scaricato Blaine proprio nei pressi di Vogue.com e avevano aspettato, fino a quel momento.

Thad e Sebastian si guardarono tra loro, nascondendo la soddisfazione negli occhi e battendosi il pugno a vicenda.

« Ben fatto » commentò Sebastian, controllando se quei due si stessero ancora stringendo l'un l'altro.

« Devo ammetterlo, però » cominciò Thad, mentre attraversavano la strada affollata di taxi « mi sembra strano che tu non faccia tutto questo per un secondo fine. »

« Oh, andiamo. Non dovresti essere proprio tu quello ad avere fiducia in me? »

« Questo accadrebbe se fossimo una coppia normale dove tu mi porti a cena ogni weekend con il massimo del romanticismo » ridacchiò Thad, mentre avvistavano la caffetteria dove avrebbero fatto colazione.

« Cose troppo sdolcinate » lo liquidò Sebastian. « E comunque non ci vorrà tanto prima che quei due si mettano insieme, conosco troppo bene Blaine e il suo ideale di amore eterno e romantico. Prima o poi si trasferirà a casa di quella Lady Hummel. »

Thad lo guardò, sconvolto e rassegnato all'idea che il suo ragazzo, eccome, se aveva un secondo fine! « Sei terribile. »

« Ma mi ami. »

« Purtroppo per me. »

 
§
 
« Posso chiederti una cosa, Blaine? »

Blaine guardò attentamente il profilo di Kurt, la pelle lattea che sembrava scintillare sotto la luna. « Solo se dopo mi dai un bacio. »

« Andata » ridacchiò.

Entrambi i ragazzi si strinsero un po' di più nella coperta di lana che sembrava pungere la pelle, ma meglio questo che il freddo di dicembre che si incanalava nelle ossa, avevano pensato. Si sistemarono meglio contro le mattonelle del balcone e Kurt allungò una mano fino a raggiungere quella callosa dell'altro, sotto il calore della coperta. Sorrise, isolandosi per un attimo dall'inferno di clacson e pneumatici contro l'asfalto, che imperversava a qualche piano più sotto.

« A che scommessa avevi perso per andare in giro con quel cartellone appeso al collo? »

« Dobbiamo ritornare sull'argomento? » sbuffò Blaine, certo che questa volta non sarebbe riuscito a scamparla. Era ormai da due buoni mesi che si frequentavano, e Kurt, ogni volta che prendevano un caffè o uscivano per cena, gli faceva sempre la stessa domanda, almeno una volta. « È così importante sapere a che livelli arriva la mia incapacità nel vincere scommesse? »

Kurt corrugò per un attimo le sopracciglia, pensieroso. « Chissà, magari potrei aiutarti a superare questo scoglio delle scommesse. E a farti uscire dal circolo vizioso dell'alcol. » Blaine lo guardò scioccato. « Non guardarmi così. Lo so bene che la seconda volta ha dipeso tutto dall'alcol che avevi in corpo. »

Blaine borbottò qualcosa che assomigliava tanto a “devo cucire la bocca a Sebastian, stanotte”.

« Se te lo dico, non ti arrabbiare, però » mise le mani avanti, Blaine. Kurt annuì semplicemente, la curiosità triplicata. « Io e Bas abbiamo sempre avuto l'abitudine di... andare allo Scandals, quando eravamo in Ohio. Non so se lo conosci, ma è un locale gay, uno dei pochi in quella zona. »

« No, lo conosco » lo interruppe Kurt, la punta delle orecchie rossa e non per il freddo. « Ci sono andato un paio di volte. »

« Cos- davvero?! E non ci siamo mai incontrati? Avrei voluto vedere Kurt Hummel alle sue prime esperienze di flirt » commentò Blaine, mentre si avvicinava pericolosamente al collo di Kurt per un bacio che avrebbe voluto – senza dubbio – approfondire, se non fosse stato per il suo ragazzo, che lo spinse via malamente, con sguardo furbo.

« Non mi incanti. Continua » gli ordinò.

Solo dopo aver sospirato pesantemente, Blaine riprese nel suo racconto: « Be', entrambi siamo stati sempre competitivi, tra di noi. Nel canto, nel ballo, tra i banchi di scuola e... anche per-per le conquiste. »

« Le conquiste? » Kurt era quasi intenerito dall'improvvisa insicurezza di Blaine e da come stesse giocherellando nervosamente con le frange della coperta.

« Già. Certo, queste gare si incentravano quasi sempre nel canto o nel ballo e in entrambi i casi non facevamo che pareggiare più si andava avanti e – non chiedermelo, ma sì c'era un tabellone dove segnavamo tutte le nostre vittorie e sconfitte. Quelle in cui mi batteva sempre erano proprio le conquiste e, per darmi un incentivo, spesso ci aggiungevamo su una scommessa. »

« Mi stai dicendo che era una gara a chi aveva più testosterone in corpo? »

« Se la metti su questo piano... be', sì » ammise Blaine imbarazzato. « Non sei arrabbiato, vero? »

A dire la verità Kurt era ben più che arrabbiato: era furioso. Com'era possibile che il suo ragazzo avesse, a quanto pareva, meno sex appeal di Sebastian? Quel Sebastian con i dentoni da cavallo e i capelli che sapevano di gel alla pesca? Molto meglio quello al lampone – ed era solo un caso che fosse quello di Blaine.

« Ho solo un dubbio, in realtà. »

« Ovvero? » chiese Blaine, cautamente.

« Come diavolo può essere che Sebastian abbia più sex appeal di te? »

Entrambi ridacchiarono, sovrastando le grida di un venditore di hot dog ai piedi del palazzo di Blaine e poco dopo quest'ultimo disse: « Avevi ragione quel giorno, sai ».

« Su cosa? » chiese dubbioso Kurt.

« Che gli abbracci non hanno nessun significato se dati da uno sconosciuto. Certo, magari ti possono dare, per alcuni minuti, l'apparenza di essere apprezzato – o anche amato, ma è solo per un momento. » Blaine cinse la vita di Kurt con un braccio, e l'altro gli si avvicinò di più, come se fosse stato possibile. « Ma i tuoi, di abbracci, hanno tutto un altro sapore. È come-come... »

« Essere soffocati dalla mia lacca biologica » affermò Kurt, sorridendo leggermente.

« Non rovinare il mio momento di romanticismo » lo bacchettò, con tono fintamente severo. « In parte è come essere soffocati dal tuo profumo, sì, ed è come respirare davvero. Sapere che i nostri cuori sono così vicini tra loro e che questo non mi infastidisca, anzi, mi renda talmente felice da stare male, è come avere la certezze che-che tu sei quello giusto per me. »

Kurt lo fissò con gli occhi sgranati, chiedendosi da dove avesse preso tutte quelle parole così ben legate tra loro ed era certo che si fossero legate a lui a doppio filo, come era successo con Blaine tempo fa.

Non sapendo che dire, Kurt strinse il suo ragazzo in un caldo abbraccio, come a testare se le parole di Blaine fossero esatte. Lo erano. La felicità che provava in quel momento era talmente tanta da essere inafferrabile, troppa da poter essere sopportata dal suo cuore.

Non gliene importò più di tanto della coperta pungente posata sulle sue spalle o del dolore alle ginocchia, per il veloce movimento appena compiuto, quando si sporse ancora un po' per fare combaciare le loro labbra in quello che era l'apoteosi del loro perfetto abbraccio.



 
The end













– Angolo dello sclero di Joan.

Be', ciao a tutti.
Spero che, almeno in parte, questa cosa – partorita dalla mia testa di dubbi contenuti, ma dettagli – vi sia piaciuta. Lo spero sul serio. Non vi è piaciuta? Motivo in più per dirmelo, non sono una scrittrice ma solo una comune fanwriter e faccio di tutto per migliorarmi. Sono aperta alle critiche, quindi don't worry, non vi mangerò. Ho già fatto colazione, pranzo e cena. E anche merenda, se è per questo. uwu
Ad ogni modo vi ringrazio per avermi dedicato un po' del vostro tempo.
Buone vacanze a tutti, gleeks. ♡
Joan

Ps: Qui i miei contatti (anche se ad essere sincera uso principalmente twitter in questo periodo): http://flavors.me/theybarbons
  
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