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Autore: Ita rb    18/06/2014    2 recensioni
Kisekasa ~
[...] Strusciava mollemente i piedi contro le lenzuola del letto, lo faceva con una naturalezza tale da sembrare che le sue gambe fossero nate esclusivamente per quello – tanto delicate e allo stesso tempo muscolose, infantili e ancora acerbe, semplicemente splendide come in fruscio che provocavano nel dormiveglia. Sembrava che lo stesse cercando ancora, che volesse constatarne la presenza per surclassare la notte e spodestare lo stesso Morfeo dal suo trono, ma in realtà non faceva altro che dormire beato e quelle erano mere fantasticherie di una mente ancora contrita e confusa. [...]
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ryouta Kise, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ciao a tutti! Questa notte – o mattina, dipende dai punti di vista – ho iniziato a scrivere questa fan fiction pensando a Kise, perciò mi auguro che non me ne voglia nessuno per il prodotto folle che ho terminato giusto qualche minuto fa *rool* e ci tengo a precisare che è la seconda volta in vita mia che procedo con una fan fiction a flashback. Di mio non amo i segni grafici come divisione, anzi, preferisco lasciare uno spazio bianco e lasciare intendere con la narrazione l’accaduto, ma questa volta ho voluto inventarmi (?) un modo per far intendere cos’è successo nella storia.
Che dire, spero che possa piacervi e che possiate farmi avere qualche commento in merito – niente scrupoli, distruggetemi pure, LOL ~ xoxo

 
 
Oyasuminasai, senpai!
 
Strusciava mollemente i piedi contro le lenzuola del letto, lo faceva con una naturalezza tale da sembrare che le sue gambe fossero nate esclusivamente per quello – tanto delicate e allo stesso tempo muscolose, infantili e ancora acerbe, semplicemente splendide come in fruscio che provocavano nel dormiveglia. Sembrava che lo stesse cercando ancora, che volesse constatarne la presenza per surclassare la notte e spodestare lo stesso Morfeo dal suo trono, ma in realtà non faceva altro che dormire beato e quelle erano mere fantasticherie di una mente ancora contrita e confusa.
 
Qualche ora prima.
 
Quando Kise si era presentato lì, tutto quello che aveva potuto pensare era che avesse voglia di divertirsi al karaoke assieme alla squadra per intero, anche perché non capitava di rado che avesse simili intenzioni e sempre si preoccupava di andare a cercarlo di persona quando gli saltava in mente, assolutamente convinto di poter abbattere il muro di rigorosità del capitano con qualche sciocca moina travestita da lagna; eppure, non appena aveva messo piede in casa sua, il suo sguardo gli era apparso tutt'altro che felice o frizzante. In sostanza, Ryouta aveva fatto in modo che lo sguardo perennemente corrucciato del senpai si oscurasse ancora di più nell'insidioso interrogativo che celavano le sue iridi color miele.
«Che ti prende? Cosa sarebbe quell'espressione da cane bastonato?» Gli domandò subito, sollevando un sopracciglio con fare assorto e meditabondo. Non lo vedeva in quello stato da quando c'era stata la sconfitta della Seirin contro la Touou e visto che ormai sembravano essere trascorsi abbastanza giorni dalla loro con la medesima squadra, Kasamatsu non poteva fare a meno di chiedersi cosa lo crucciasse tanto. Se fosse stato per lui, di certo lo avrebbe preso per il collo neanche fosse un cane, sballottandolo un po' come faceva di solito per farlo tornare in sé, ma dopo quell'occhiata gli parve di comprendere come a incupirlo non fosse stato ancora una volta il ricordo di quel testa a testa senza eguali con Aomine Daiki, bensì qualcosa di sconosciuto e indecifrabile.
«Niente di che», minimizzò l'interpellato dopo qualche istante di silenzio. «Mi chiedevo come stessi, senpai...» continuò allora, assottigliando la voce «... dopo tutto, non ho avuto modo di parlarti decentemente negli ultimi giorni.»
Con quelle parole, in realtà, Kise si stava riferendo allo scontro con la Touou e al silenzio inestinguibile che si era andato a creare da quando il capitano aveva deciso di eclissarsi del tutto per sfogare la sua frustrazione nello spogliatoio e lontano dagli occhi dei suoi compagni di squadra.
Si era sbagliato, dunque, se davvero quello era il famigerato dramma di Ryouta.
«Già, ma non è che io abbia tanta voglia di chiacchierare del più e del meno, non è da me, soprattutto con un kohai», si giustificò, portando con imbarazzo una mano dietro la testa per carezzarsela appena. «È per questo che sei venuto qui?» Volle chiedere per sicurezza.
«Più o meno», fece lui a mezza bocca, arricciando di poco le labbra con aria pensierosa.
«E per cos'altro?» Aggiunse lui, incrociando le braccia al petto. «Se hai voglia di andare al karaoke, sappi che non ho intenzione di saperne nulla: non ci vengo, non mi piace e soprattutto non ho voglia di uscire a quest'ora.»
«Non è poi così tardi, senpai...» si giustificò sommessamente, pur non essendo propenso a una qualche uscita di gruppo – diversamente dal solito, infatti, era fin troppo spento per sembrare euforico.
«Domani mattina abbiamo gli allenamenti del weekend, perciò se sei venuto qui a perdere tempo puoi anche fare dietrofront», disse il più grande, incrociando le braccia al petto con fare inquisitorio. «Non voglio essere uno zombie a causa delle tue chiacchiere: dobbiamo prepararci per la Winter Cup.»
«A tal proposito...» provò a dire, fermato sul nascere dal tocco di Kasamatsu sulla sua testa china.
«Hai fatto un ottimo lavoro nella partita contro la Touou,» lo incoraggiò a voce bassa «ma non è abbastanza e non è colpa tua, tutti quanti dobbiamo fare di più.»
«Va bene...» dissimulò con voce spezzata, deglutendo subito dopo per poi alzare il viso e guardare quello del più grande con una serietà tale che l'altro corrucciò le sopracciglia di rimando.
«Che c'è adesso?» Domandò Kasamatsu, battendo le palpebre con un lieve rossore diffuso sulle guance.
«Perché hai quell'espressione, senpai?»
«Eh?»
«Sei arrossito», soffiò, vagamente soddisfatto per quel risultato che forse non era neppure dovuto a lui – dopo tutto, il carattere del capitano lo rendeva pesantemente schivo e un nonnulla era capace di farlo avvampare anche solo per un'azione troppo espansiva.
«No, perché dovrei?» Balbettò imbarazzato, colpendolo con uno schiaffetto sulla testa bionda.
«Anche quando t'imbarazzi diventi manesco...» soffiò con una risatina, portandosi una mano fra i capelli per massaggiarsi la cute dolorante.
«Insomma, ti sei deciso a tornare a casa?» Domandò retorico il senpai, volgendo lo sguardo altrove per non mostrarsi tanto sensibile come Ryouta aveva sempre asserito.
«Vorrei parlarti prima», mormorò il biondino, osservandolo fra il divertito e l'attratto, con una strana espressione maliziosa dipinta in viso.
«Non l'hai appena fatto?» Scattò l'interpellato, sospirando subito dopo e guardandosi attorno con fare circospetto. «Cos'altro devi dirmi?»
«Voglio dormire con te, senpai...» fece, sentendo la propria voce morire lentamente.
«Cosa?» Chiese quello, credendo di aver sentito male e voltandosi subito verso il ragazzo. «Cos'è che hai detto?»
«Voglio dormire con te.»
A nulla erano servite le sue proteste, dunque, perché Kise si era mostrato tanto insistente da non badare neppure al modo in cui il più grande aveva preso a riempirlo di colpi ben assestati con l'intento di fargli una lavata di capo; se ne stava lì, a incassarli con qualche risatina o lamentela a seconda del caso e dopo un po' di lagne era addirittura riuscito a farsi strada verso la sua stanza con la pretesa di restarci fino all'indomani.
«Almeno non potrai dire che ho fatto nottata e che sono troppo stanco per allenarmi», si giustificò, assediando il futon del capitano senza neppure chiedergli il permesso.
«Lì ci dormo io, che diamine fai?» Obiettò retorico, ancora rosso in volto e con i nervi a fior di pelle
«Non ho detto che voglio dormire in un altro futon, questo è già scomodo di suo...» soffiò arricciando le labbra con capriccio «... non c'è un letto in casa tua, senpai?»
«Adesso fai anche lo schizzinoso?» Fece perplesso, battendo poi le palpebre in segno di disapprovazione. «E va bene, dormi pure qui...» aggiunse «... ma per lo meno vedi di cambiarti!» Gracchiò d'un tratto, lanciandogli una pigiama di riserva che era fresco di bucato. «Sporchi le lenzuola con quei vestiti», aggiunse allora, voltandosi per lasciargli il tempo debito.
«Va bene, ma...» provò a dire, venendo subito interrotto da Kasamatsu:
«Niente ma
«Non è un po' piccolo?» Chiese ugualmente, aprendolo e osservandolo meglio fin quando il capitano, arrossendo, si voltò indignato nella sua direzione.
«Non ti faccio dormire con quei vestiti nel mio futon, chiaro?»
«Okay, come vuoi...« disse serio Kise, affinando lo sguardo per sorridere di rimando con un briciolo di malizia che tanto gli era caratteristica «... vorrà dire che dormirò senza.»
«Non azzardarti, eh!»
«Ma scusa, se il pigiama è troppo piccolo e non posso dormire con i miei vestiti, quale altra soluzione avresti?» Chiese allusivo.
«Fai come ti pare...» borbottò, avvicinandosi all'interruttore per spegnere la luce.
«Ah, senpai», si lamentò subito, poco prima di cominciare a togliersi i vestiti di dosso. «Ho paura del buio!»
«E me lo dici solo adesso, idiota?» Scattò quello, arricciando il naso indispettito e benedicendo al contempo quell'oscurità che in un modo o nell'altro sembrava averlo protetto da altre battutine di sorta che avessero a che fare con il suo imbarazzo. «Non posso dormire con la luce accesa, consumerei troppa corrente, senza contare che non prenderei sonno e non sarei in forma per domani.»
«Allora sbrigati a venire qui...» fece supplicante, stridendo un po' con la voce per smuovere la coscienza del più grande.
«Vedi di non dormirmi appiccicato, è imbarazzante!» Soffiò indignato Kasamatsu, prima ancora di raggiungere il futon nella penombra.
«Va bene, va bene, ma sbrigati!» Disse ancora il biondino, scostando le coperte in attesa del senpai che, dopo essersi mentalmente maledetto per aver accettato quell'incursione notturna, fece come gli era stato richiesto.
«Addormentati», sbottò spicciolo, coprendosi fin quasi al naso con un gesto rapido.
«Non posso addormentarmi a comando!» Si lamentò l'ospite.
«Se te lo comando io
«Sei crudele...» sbuffò capriccioso, avvinghiandosi al suo braccio e ignorando le premesse, nonché le proteste successive:
«Ti ho detto di non appiccicarti!»
«Senpai...» lo chiamò appena, mormorando vicino al suo orecchio fino a farlo rabbrividire inconsapevolmente.
«Che vuoi adesso?» Borbottò, rosso come un peperone.
«Non mi hai ancora risposto.»
Con quella frase, Kasamatsu si trovò di soppiatto a fronteggiare un argomento lasciato in sospeso intenzionalmente da più di una settimana e ricordandolo così all'improvviso trasalì irrimediabilmente, cercando una scusa a cui appigliarsi per rimandare l'argomento clou.
«Ho sonno, addormentati
«Ma non mi hai risposto», protestò il biondino. «Non mi hai ancora detto se ti piaccio...»
«Smettila con queste domande idiote e chiudi gli occhi», replicò con un motto di vergogna il più grande.
«Non sono domande idiote, senpai…» sbuffò il più giovane «… per me è davvero importante saperlo.»
«Sei un moccioso petulante che non sa badare a se stesso, figurati se puoi piacermi», fece l’interpellato, voltandosi s’un fianco nel terrore che perfino l’oscurità lo tradisse per mostrarlo in quello stato di vergogna assoluta. «Senza contare che sei un ragazzo, un modello pieno di ragazzine di tutte le età a cui fare il filo senza avere il timore di un no come risposta», aggiunse al dunque, cercando quasi di soffocarsi con le coperte per non aggiungere altro. «Non mi piaci», fece lapidario. «Buona notte.»
«Ah, ma sei davvero crudele, senpai!» Si lagnò il biondino, fissando la sua nuca per qualche istante senza muovere un muscolo, allungando solo dopo una mano per sfiorargli la schiena coperta dalla maglietta pallida. «A me piaci, quindi perché non dovrei piacerti?»
«Ma senti che discorso egoistico!» Borbottò quello da oltre le coperte, rabbrividendo appena per il contatto con la mano dell’altro. «Solo perché c’è così tanta gente che ti osanna non vuol dire che tu debba piacermi per forza in quel senso…»
«E in che senso ti piaccio?» Chiese con un sorrisetto soddisfatto, intendendo alla perfezione che quel fare tanto evasivo e negatorio avesse a che vedere con un assenso più che palese. «Come giocatore, come persona, come amico…» provò a elencare lui, sentendolo grugnire un poco contrariato per quell’intrusione oltre la maglietta, quella che Kise si era premurato di effettuare con cautela per carezzargli la colonna vertebrale con la punta delle dita. «Come?»
«In nessun modo, perciò falla finita», obiettò il moro, sentendosi poi mancare il fiato quando il più giovane, indispettito, fece scivolare quella mano sul suo addome per tirarlo a sé come se nulla fosse. «Che diamine fai?» Lo rimproverò.
«Non ho paura del buio, ho detto una bugia», ghignò sul suo collo, umettandolo appena con un lieve bacio per sentirlo irrigidirsi contro il suo petto.
«Allora scollati», disse quello, arrossendo con poca convinzione dopo aver impartito quell’ordine. «Non hai giustificazioni logiche per comportarti a questo modo.»
«Proprio per questo lo sto facendo», rispose Ryouta, continuando a lambire a tratti il collo del capitano. «Perché non esistono scuse e non voglio neppure cercarle», aggiunse con fare malizioso, raggiungendo il suo orecchio per poi continuare: «Dunque, visto che non c’è nessuno a parte me, adesso puoi anche rispondere alla mia domanda, no?»
«Ti ho già risposto», mormorò con voce spezzata, sentendosi morire dentro tant’era sormontato d’adrenalina.
«Ma anche tu hai detto una bugia, altrimenti non credo che mi avresti permesso di baciarti il collo», constatò mellifluo. «O devo pensare che solo detestando qualcuno lo accetteresti nel tuo letto per qualche effusione?»
«Ti sei infilato tu nel mio letto, non ti ho certo invitato io», ribatté l’interpellato con una certa stizza. «Te l’ho già detto, sei capriccioso e non sai badare a te stesso», si giustificò allora, certo che quella fosse una scusa sufficiente per reggere la sua menzogna.
«È una bugia anche questa», soffiò, allungando ancora la mano sotto la maglietta per carezzargli il collo dalla parte opposta e costringerlo così a voltare la testa verso di lui. «So badare a me stesso e se sono capriccioso è perché ho bisogno di attenzioni», mormorò a fior di labbra, lasciando che l’altro, senza neppure accorgersene, schiudesse le proprie in attesa di un bacio che non tardò ad arrivare.
Ryouta saggiò appena la bocca dell’altro, inumidendola con la propria per poi affondare senza alcuna remore nella ricerca di una passione che tanto anelava – e questa non mancò, sebbene l’imbarazzo del moro volesse prendere il sopravvento: la sua testa andò in fiamme, i pensieri si annullarono del tutto e l’istinto prevalse prima ancora che fu in grado di rendersene conto. Ricambiò quel contatto con quanto più desiderio avesse in petto, goffamente, cercando di stargli dietro e anzi di sottometterlo in qualche modo, ma dopo qualche istante, dopo pochi minuti di affanno, Kise si scostò senza preavviso, sospirando quasi fosse rassegnato e lo liberò della sua presa per poi stendersi meglio sotto le coperte.
«Oyasuminasai, senpai», disse sornione, voltandosi sul fianco opposto per prendere sonno e lasciandolo di sasso come un vero idiota.
«Scemo...» borbottò, arrossendo e portandosi una mano alle labbra per restarsene lì, immobile, a fissare il soffitto ombroso della sua stanza. «‘Notte», aggiunse a quel punto, certo che la sua sarebbe trascorsa in bianco.
 
Ore 6:00 a.m.
 
Aveva preso sonno solo verso le prime luci del mattino, certo che la sveglia sarebbe suonata di lì a un’oretta, ma poco dopo essersi calato nelle braccia di Morfeo, Kasamatsu venne svegliato da un vero e proprio grido di terrore puro.
Spalancò gli occhi, scattando a sedere sul futon con un’espressione più che allarmata, quasi certo che fosse accaduto il finimondo in quei pochi istanti di dormiveglia, ma quello che vide fu solamente lo sguardo pieno di lacrime di Kise che, al suo fianco, era scattato prima di lui a sedere con un grande affanno.
«Che cazzo fai?» Sbottò interdetto, irritato per la nottata in bianco che, alla fin fine, era solo causa sua. «Perché diamine stai piangendo, idiota?» Gli sbraitò contro, corrucciando le sopracciglia.
«I lombrichi!»
«Eh?» Perplesso, Kasamatsu non riuscì neppure ad aggiungere altro, continuando a fissare interdetto il viso stravolto del biondino.
«Ho sognato una matassa di lombrichi, che schifo!» Gracchiò inorridito, cercando di deglutire e ricacciare indietro la nausea che gli era montata nel petto; allorché, prima ancora che se ne rendesse conto, il moro lo colpì sonoramente dietro la testa con un pugno.
«Stavo dormendo!»
«Ah, scusa…» si giustificò, cercando di massaggiarsi la parte lesa «… ma giuro che erano disgustosi e davvero tanti», soffiò ancora con le lacrime agli occhi e la voce arrochita dall’urlo mattutino.
«Al diavolo!» Borbottò irritato, tornando a dormire come se nulla fosse e lasciandolo lì con le sue sciocche paure.
   
 
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