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Autore: cin75    18/06/2014    9 recensioni
Jensen questa volta passa il segno e Jared decide di non fargliela passare liscia. Ma l'inaspettato destino, decide di mettere le cose in chiaro a modo suo!!!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lou stava letteralmente imbracando Jensen, mentre Jared non molto convinto, anzi, per niente convinto della decisione del suo compagno, cercava ancora di farlo desistere.
La scena che Jensen si era persuaso di dover e poter fare era una delle scene finali dell’ultima puntata della stagione, dove Dean viene praticamente sbalzato da Metatron contro un muro di cemento e a Jared questa cosa proprio non andava giù. Riteneva che fosse troppo pericolosa da far girare all’attore protagonista.
Il fatto poi, che il suddetto protagonista fosse anche l’uomo che amava più di ogni altra cosa al mondo da oltre quattro anni e con cui condivideva sia la vita privata che quella lavorativa, accentuava quella sua più che giustificata preoccupazione.
Avevano appena finito di girare la morte del fratello maggiore e versare quelle lacrime e spingere il suo corpo a provare quel dolore profondo, gli era bastato. Non gli serviva riprovare tutto per davvero, questa volta.
“Sei uno degli attori principali dello show, sei stato anche il regista per qualche puntata. Diamine !!, l’altro giorno ti ho perfino visto nell’officina dove mettono a punto l’Impala ed eri completamente sporco di grasso e immerso fino al collo nel motore di quella dannata macchina e…” continuava a dirgli con tono esasperato mentre Lou continuava a legare Jensen con le corde di sicurezza. “…e sono certo che tra un po’ ti troverò perfino in sala trucco per imparare l’arte del make-up!!!”
“Ehi!! non esagerare!!” fece con aria offesa ma divertita, Jensen.
“No, questo è esagerare, Jensen!”quasi gridò, indicando le corde intorno al suo corpo. “Il fatto che tu voglia fare il lavoro del tuo stunt, è esagerato!!”, replicò seriamente il giovane.
“Jared, ascoltami.” cercò di rassicurarlo Jensen.“Questa è l’ultima scena della giornata e i ragazzi ci stanno lavorando da ore. Ma Todd è bloccato sul un altro set di un altro show e sarà qui a notte inoltrata. È venerdì e non voglio far passare a tutti l’intera notte qui dentro quando invece posso farla io. Vedrai, andrà tutto bene!”
“Jensen, andiamo!!”, provò ancora a dissuaderlo. “ Todd è un professionista  nel suo settore e riesce a capire cosa deve fare anche mentre è letteralmente in volo.  Questa cosa non è come quando io e te ci tuffiamo su un materasso di gommapiuma a meno di un metro sotto di noi. È una parete di legno compresso. È pericoloso…ti prego!!” fece cercando di interpretare al meglio gli occhi da cucciolo di Sam, ma che questa volta non ebbero successo.
“Andrà bene! Non ti preoccupare.” disse mettendo fine al discorso. “Ok! Vediamo di concludere !” e andò via con Lou.
Jared amava da impazzire Jensen, ma quando il compagno si convinceva di una cosa di cui nessuno, nemmeno il Padreterno, avrebbe potuto dissuaderlo, lo avrebbe preso sinceramente a pugni.
Anche se controvoglia seguì il coordinatore degli stunt e Jensen, fino al punto in cui tutta la scena si sarebbe dovuta svolgere o per lo meno quella del “volo” di Dean. Vide i tecnici legare le corde di sicurezza ai cavi d’acciaio e insieme venne legato il grosso elastico che al momento giusto avrebbe scattato e dato il senso della “spinta angelica”.
Jared era ancora vicino a Jensen, e mentre stava per chiedergli, per l’ennesima volta, di lasciar perdere il suo telefono squillò!
“Sì??!!”
“…”
“Potete aspettare qualche minuto?”
“….”
“Ok!Ok! Sono nel mio camper. Li prendo e vi raggiungo!” dovette alla fine acconsentire.
“Problemi?!” chiese Jensen.
“In produzione hanno bisogno subito di quei documenti sulla privacy che abbiamo firmato ieri.” spiegò seccato all’idea di dover andare via.
“Ok! Vai pure. Io ti aspetto qui.” gli disse sorridente Jensen e poi, sicuro di colpire basso. “Oppure lì!!” indicando il vuoto sopra di loro.
“Non è divertente, Jensen.” rispose e ignorando gli amici che avevano attorno, gli schioccò un bacio veloce sulle labbra. Non era da loro darsi a certe effusioni in pubblico, non perché non si sapeva di loro, ma solo perché, per loro, il lavoro era il lavoro e la vita privata era vita privata.
Ma dannazione!! Quello stramaledetto sguardo strafottente di Jensen era irresistibile.
Poi, si rivolse a Lou. “Non lanciarlo da nessuna parte, fin quando non torno!!!”
Ma appena si fu allontanato, Jensen, richiamò Lou. “Ok!, amico. Vediamo di concludere!”
“Jens, Jared mi ammazza se facciamo la scena senza di lui!”
“Lou, ascolta. Jared non ha un camper, ma un campo di battaglia. Ci vorranno secoli fin quando troverà i documenti, li porterà in produzione e poi tornerà qui. Sempre se non dimentica qualcos’altro per la strada!!”, spiegando così, all’amico la leggendaria confusione che caratterizzava il compagno. “Credimi nel tempo che impiegherà lui a ritornare, noi avremo già smontato tutto!!”
“Come vuoi tu, Jensen. Ma ricorda: deve arrivare prima il piede e poi tutto il corpo. Ok?!”. L’attore annuì e Lou chiamò tutti perché si preparassero all’azione.
Dopo alcuni minuti e dopo gli ennesimi controlli, tutto sembrava essere pronto. 
Dean era di fronte a Metatron e dopo l’ultima battuta dell’angelo venne dato il segnale e il potente elastico scattò.
Ma qualcosa non andò come doveva.
Nel momento esatto in cui la molla strattonò il corpo di Jensen verso la parete di legno, si sentì un grosso fragore e alcune funi volarono letteralmente via dai cavi di sicurezza. Tutti quelli che erano sul set, videro, impotenti, il corpo di Jensen prendere una velocità che non doveva avere e schiantarsi violentemente contro il pannello legnoso. Le corde che lo brandivano avevano ceduto e l’unica che aveva tenuto, fu quella che doveva tenerlo semplicemente sospeso. E almeno quella, fece, fortunatamente, il suo dovere.
Jensen, però, non si muoveva, stava fermo immobile sospeso accanto alla parete. La testa pesantemente abbandonata; le braccia a penzoloni che non opponevano alcuna resistenza; le gambe che ciondolavano lentamente. Da lui, solo silenzio. Nè lamenti. Né gemiti per un qualsiasi dolore provato. Solo silenzio.
Pochi secondi dopo l’impatto , il panico prese il sopravvento tra gli attori, i tecnici e chiunque avesse assistito. Facendo leva sul meccanismo che a forza resisteva alle pressioni dei vari operatori, fecero scendere piano il corpo inerte dell’attore, mentre gli assistenti presenti si affrettarono a chiamare immediatamente un ambulanza.
Una volta che Jensen fu completamente a terra, il regista ordinò che nessuno lo toccasse e che dovevano aspettare i soccorsi. Lo avrebbero mosso loro. Poi, richiamò Clif, che stava attento a che nessuno toccasse l’amico ancora svenuto.
“Chiama Jared!” disse preoccupato. Clif, annuì e si avviò veloce verso il camper di Jared. Sapeva come avrebbe reagito il giovane , ma onestamente non sapeva come dirglielo. Jared era grande e grosso, un vero gigante buono, ma quando si trattava di Jensen, del suo Jensen, diventava un animale feroce pronto a difendere il nido.
L’amico autista bussò agitato alla piccola porta.
“Arrivo!!” gridò dall’interno il giovane attore. Aprì la porta del camper e quando si vide davanti Clif credette che l’uomo dovesse portarlo da qualche parte.
“Che c’è?, credevo di aver finito per oggi!?” fece.
“Jared…è….insomma...dovresti venire sul set.  Adesso!” riuscì solo a mettere insieme.
“Ma cosa…”
“Adesso, Jared!!” ripetè a tono basso, sguardo preoccupato e invitando il giovane a venire fuori dal mezzo.
“Oh Dio!!” mormorò Jared. Aveva capito. Aveva capito che qualcosa era successo e il fatto che Clif non aveva nemmeno avuto il coraggio di dire altro che “Adesso!” lo terrorizzava. Corse fuori, dirigendosi come una furia verso il set dove Jensen stava girando. Quando arrivò, vide un piccolo gruppo chiuso a cerchio intorno ad un corpo steso sul pavimento.
“Jensen!!” gridò mentre si precipitava verso il compagno privo di sensi.
“Che è successo!!?, che è successo??!” chiedeva a tutti e a nessuno in particolare e intanto si accoccolava accanto a Jensen. Lo chiamava e lo accarezzava leggermente avendo paura di muoverlo.
“Jensen??!!, apri gli occhi! Jensen!!” e nel frattempo che Jared cercava di farlo riprendere, i paramedici arrivarono e gli chiesero di farsi da parte. Jared obbedì restando comunque vicino per poter sentire quello che si dicevano i due.
“Come stà?, perché non si riprende??!” chiedeva preoccupato.
“Non ci sono lesioni evidenti. Perciò lo portiamo in ospedale per accertamenti ulteriori!” fu la risposta. “Se vuole può venire con noi!”
“Si, certo. Grazie!!” e cinque minuti dopo era seduto sul piccolo sediolino sull’ambulanza, accanto alla lettiga su cui era sdraiato Jensen, ancora addormentato.

Nel tragitto però, il compagno, iniziò a riprendersi.
“Jensen, mio Dio!! Sei sveglio! Grazie a Dio!!” esclamò sollevato.
“Ma che è successo?!” chiese confuso da tutto quello che stava succedendo. “Jared, dove siamo??!!, che cosa…”
“Per la miseria, Jensen!!” fece esclamò frustrato il giovane. “Te lo avevo detto di non fare quella scena!!”
“Come??...quale scena??!!” fece ancora confuso, Jensen, mentre cercava di rimettersi seduto.
“Signore…signore, stia giù. Deve stare giù!!” gli ordinò gentilmente uno dei paramedici.
“Hai sentito??...cavolo!, per una volta fa quello che ti dicono!! Stà giù. Resta sdraiato su quella cazzo di lettiga!!” era decisamente infuriato.
“Wow!!, qualcuno è isterico!!” lo canzonò Jensen.
“Isterico?? Isterico???!!” si ritrovò a gridare. “Dio!!, mettetelo ko o lo stendo io con un pugno!!” e ritornò a sedersi composto sul sediolino da cui era scattato quando Jensen aveva ripreso conoscenza.

Quando arrivarono all’ospedale Jared scese per primo e poi i due paramedici tirarono fuori Jensen che ormai era completamente lucido e vigile, ma ancora sdraiato sulla barella. I dottori di turno gli fecero tutti gli accertamenti di rito, comprese delle lastre al torace dove si presumeva ci fosse stato l’impatto maggiore, ma tranne due costole incrinate, nulla faceva pensare a qualcosa di più grave di una bella botta.
Il dottore che si era preso cura di Jensen, uscì dalla sua stanza e si ritrovò davanti il volto comunque preoccupato di Jared.
“Come sta’ ?”
“Non si preoccupi. Il suo ….collega..” disse ammiccando, giusto per non creare imbarazzo. “…ha preso solo una gran bella botta. Qualche giorno di riposo e questo sarà solo una storia da aggiungere agli svariati bloopers che faranno impazzire i fan!!”
“Sul serio??!!” chiese per essere più sicuro.
“Senta, se vuole, dopo che avrò finito di compilare i documenti, potrà portarselo a casa. Che ne dice ??!!” suggerì amichevolmente l’anziano dottore.
“Certo! Si! Certo!!” convenne rassicurato.
Dopo che il dottore lo ebbe lasciato, si affacciò alla stanza dove Jensen stava seduto sul lettino e si teneva il fianco, sicuramente a causa di quelle costole incrinate.
“Ehi??!”
“Ehi!!” rispose il maggiore sorridendogli timidamente.
“Come stai?” chiese mentre avanzava verso la lettiga e scrutava minuziosamente il corpo del compagno. Quando gli fu vicino, gli accarezzò il viso per poi scendere sul lato che evidentemente doveva fargli più male per poi tornare a sfioragli il bel viso palesemente stanco e segnato da quell’esperienza.
“Tranquillo, Jared. È solo una botta. Mi farà male per qualche giorno, ma niente di più!” provò a rassicurarlo Jensen vedendo lo sguardo ancora preoccupato del giovane compagno e godendo di quella carezza dolcissima in cui appoggiò il viso.
“Ok!” sembrò assecondarlo.  “Quindi se io resto qui e …” disse languidamente.
“..mi coccoli un po’?!” lo provocò suadente il maggiore, allungando le mani sui suoi fianchi per avvicinarselo il più possibile.
“Più o meno era questa l’idea!” andando incontro al corpo di Jensen.
“Non chiedo di meglio!” e sporgendosi verso il viso di Jared, attese pazientemente che il giovane assecondasse la sua richiesta e si abbassasse verso di lui per poterlo finalmente baciare. Jared lo accontentò. Si abbassò il giusto per raggiungere le labbra del compagno e lo baciò. Fu un bacio dolcissimo, intimo con cui le labbra dei due giovani poterono godere del loro calore e della loro morbidezza. Si diedero il tempo di assaggiarsi e riappropriarsi del sapore dell’uno e dell’altro. Le mani di Jensen si muovevano lentamente sulla schiena di Jared ancora chino su di lui mentre quelle di Jared erano andate ad incorniciare il volto del maggiore che rimase ancora con gli occhi chiusi ad assaporare quel momento, quando il giovane mise fine al bacio.
Sbam!!!!
In quel momento sospeso tra un sospiro e il ricordo di un dolcissimo sapore, un dolore forte, improvviso e secco arrivò a spezzare quella magia.
Jensen si portò completamente spiazzato e preso di sorpresa la mano sulla guancia appena colpita da uno schiaffo traditore da parte di Jared.
“Ma che cosa ti è preso!?!” gli fece decisamente alterato per quello colpo, ma contemporaneamente stranito dal cambio sia di espressione che di atteggiamento di Jared che adesso lo guardava con aria furiosa.
“Sei uno stramaledetto figlio di puttana. Ti avevo detto di non farlo. Ti avevo detto di non fare quella dannata scena…”gli urlò contro.
Cavolo!!, se era infuriato.
Di rado Jared perdeva il controllo e questa sua peculiarità l’aveva passata anche al suo personaggio che tra i due fratelli della tv, era quello che prima chiedeva e poi agiva, perciò, Jensen, a vederlo in quelle condizioni, pensò solo ad una cosa: Ackles, questa volta l’hai fatta grossa e sei davvero nei guai!!
“Jared , calmati!!” cercò di tranquillizzarlo, tendendo una mano verso di lui, che venne decisamente ignorata.
“Calmarmi?? Calmarmi??” continuava a ripetere, mentre spingeva via la mano tesa di Jensen, con un gesto brusco. “Hai idea di quello che mi è scoppiato nella testa quando Clif è venuto a chiamarmi al camper?? Hai idea di quello che ho provato quando ti ho visto a terra, svenuto. Ti chiamavo, Jensen e tu non mi rispondevi e poi i paramedici che mi hanno mandato via e l’ambulanza che, invece,  ha portato via te perché non riprendevi conoscenza. Come fai a chiedermi di calmarmi!!??”
“Ascoltami, per favore, io non…”
“Sono stanco di questo tuo modo di fare…sono stanco di questo tuo volerti sempre spingerti al limite!!” lo accusò ancora furibondo.
“Cosa?!” non capendo o forse, non volendo capire dove il compagno volesse andare a parare con quelle accuse.
“Di quello che fai al tuo fisico, alle tue emozioni. Sono stanco di dover raccogliere i mille pezzi in cui ti riduci ogni volta che ti costringi a passare il limite. Sono….sono stanco!!” ammise, alla fine, dolorosamente.
“Jared, no, no, no, aspetta!! Che stai dicendo!!??” esclamò, Jensen, preoccupato per quelle “esternazioni” così esasperate.
“Interrompo qualcosa ?!”, fece imbarazzato Misha che si era appena affacciato alla stanza in cui l’amico era stato curato, ma che aveva sentito tutto. Vide i due ragazzi guardarsi senza dirsi niente, almeno a parole. Ma nei loro occhi non c’era quello che vedeva di solito.
C’era risentimento, c’era paura, c’era dolore. Tre emozioni che non facevano parte della loro relazione. Del legame e dell’amore che univa Jared e Jensen.
“Momento giusto o sbagliato?!” si costrinse a dire sperando di stemperare la situazione e rompere il gelo che si era creato nella stanza.
“Sbagliato!” fece deciso Jensen mentre contemporaneamente Jared proferiva un rammaricato: “Giusto!” e ignorando sia i richiami altrettanto accorati di Jensen che gli chiedeva di rimanere che l’amico attore, uscì dalla stanza.
Si lasciò alle spalle un Jensen decisamente sconvolto dalla piega che aveva preso quella storia. Non riusciva a spiegarsi il perché di una tale reazione da parte del compagno. Il perché di quella rabbia così inaspettata. Di quel dolore così profondo.
“Non ti preoccupare!” provò a rassicurarlo Misha. “Vedrai!, gli passerà.”
“E se così non fosse?!, se questa volta…” costringendosi a non considerare nemmeno una simile soluzione. “Lo hai visto!”
“Andiamo!!! E’ di Jared che stiamo parlando!!, e tu lo conosci meglio di chiunque altro.” disse il giovane interprete di Castiel. Poi, mettendosi seduto accanto all’amico continuò con voce calma per calmare anche l’altro. “Jensen, tu e Jared siete anime gemelle. Voi respirate uno il respiro dell’altro. Vivete uno per l’altro. Jared venera la strada su cui cammini e sposterebbe ogni sassolino che potrebbe infastidirti e tu…tu, amico mio, faresti lo stesso per lui!!”, confessò sorridendogli.
“Credo di averla fatta grossa!!” ammise sconfitto e spinto dalle parole di Misha.
“Sì. Davvero grossa!!” convenne amichevolmente. “Ma vedrai che tutto si risolverà. Fagli sbollire la rabbia di quello che è successo. Accusa i colpi bassi che sicuramente arriveranno ed evita di reagire con la tua solita strafottenza e poi..” disse soddisfatto di quei suoi consigli, ritornando il solito Misha: “… quando ti sentirai meglio e lui sarà sicuramente più calmo, fatti un giro per casa senza camicia, mostra un po’ di muscoli e vedrai che la favola riprenderà da dove si è interrotta!!”
“Sei il solito pervertito!!!” rise finalmente Jensen, battendo con la spalla, la spalla dell’amico che ridendo anche lui, si alzò e cominciò a prendere gli effetti personali di Jensen per aiutarlo ad andare via.
“Misha?” fece Jensen mentre lentamente si infilava la camicia.
“Mmmh!?” mugugnò l’amico in attesa della domanda.
“E se la favola non finisse bene questa volta!?”
“Ehi! Sono o non sono un angelo?!? Userò il mio arco e scoccherò di nuovo la freccia!!” scherzò aiutando Jensen a mettersi il giaccone e accompagnandolo da Clif che lo avrebbe portato a casa. E con sua grande sorpresa, Jensen, vide che nella macchina c’era anche Jared.
Non era andato via. Non del tutto almeno.
Guardò Misha ancora al suo fianco che sorridendogli non gli mormorò che un compiaciuto: “C’era una volta…..”
Il tragitto di ritorno verso il loro appartamento fu stranamente silenzioso. Perfino Clif si sentiva a disagio. Non era abituato ad averli entrambi in macchina ed entrambi più silenziosi di una monaca di clausura. Misha ogni tanto ci metteva del suo,  senza risultati soddisfacenti e quando Clif lo lasciò al suo albergo, il silenzio più completo tornò a regnare nell’auto.

Quei giorni di forzata convalescenza passarono lenti e pesanti. Jensen per ordine del medico doveva restare a casa, mentre Jared aveva ancora qualche altra scena da finire e poi l’episodio sarebbe stato completo e pronto per passare al montaggio. Con l’autorizzazione di Jensen, si era deciso di utilizzare comunque la scena “incriminata”. L’attore di certo non voleva essere la causa di un ritardo di produzione. Infondo quello che volevano ottenere era che Dean venisse sbattuto al muro e lui, caspita!!, se c’aveva sbattuto su quel muro. Quindi almeno una cosa buona poteva venire fuori da tutto quel casino.
Il fianco ormai non gli doleva più, giusto qualche problema di respirazione  se si affaticava più del dovuto, ma niente di che. Ogni tanto provava a farsi avanti con Jared, provando a parlargli, provando solo a sedersi accanto a lui ma ogni volta non riceveva altro che indifferenza. E quello gli faceva più male del colpo che aveva preso sul set.
Uno: perché l’indifferenza non faceva parte del carattere di Jared e lui vedeva che il giovane si costringeva in quella ostinata freddezza nei suoi confronti e ci soffriva.
Due: l’ostinata freddezza era rivolta nei suoi confronti e questo faceva soffrire lui. 
Tre: cominciava davvero a temere che questa volta Jared non lo avrebbe perdonato e la cosa lo terrorizzava. Letteralmente.
E una  sera ne ebbe l’ulteriore conferma. Erano in salotto come ormai accadeva dal giorno in cui era uscito dall’ospedale: lui se ne stava sul divano a guardare la televisione o almeno a fissare le immagini che vi scorrevano e Jared al tavolo alle sue spalle con gli occhi persi nel computer o a leggere una qualsiasi cosa. Il telefonino di Jensen squillò. Jared lo sentì parlare con qualcuno ma anche quando le telefonata ebbe fine non chiese nulla.
“Era Clif al telefono. Dice che domani mattina verrà a prenderci per le otto.” si decise perciò a dire Jensen, cercando l’ennesimo appiglio per una conversazione.
“Ok!” rispose, invece e solo,  atono, Jared sempre con gli occhi fissi sullo schermo davanti a lui.
“Allora io vado a letto…tu…tu..vieni a letto…con me ?!”, azzardò. Sperando almeno in uno sguardo a cui chiedere scusa o comunicare qualcosa.
Maledizione Misha, per quanto tempo ancora??!!, si ritrovò a pensare, meditando sui consigli dell’amico.
“No. Io resto qui!” fu invece la risposa fredda.
Jensen sentì quel freddo su di lui. Se ne addolorò. Ne soffrì. Ne ebbe paura. “Jared…”
“Buonanotte Jensen!” fu il diplomatico invito a non continuare.
“Senti…”
“Buonanotte!” rinsaldando la durezza nella voce.
“Ok!” fece alla fine sconfitto. “Buonanotte anche a te!” e andò via. Di nuovo da solo.

La mattina quando si svegliò, si ritrovò solo nel letto. Il cuscino al suo fianco era intatto. Nessuno vi aveva dormito e di Jared  non c’erano segni nella stanza. Si alzò già con un stato di malessere. Si infilò i pantaloni della tuta che erano rimasti abbandonati su una sedia dalla sera prima e andò verso il soggiorno. Lui era lì. Rannicchiato sul divano. In una posizione assurda.
Se da un lato un moto di tenerezza lo invase a vedere quel gigante raggomitolato su quel divano troppo piccolo per lui, da un altro punto di vista, uno più triste e sconfortante si ritrovò a pensare che Jared aveva preferito dormire in quella posizione impossibile pur di non dormire con lui , nel loro letto. Si avvicinò al divano cercando di non fare rumore, ma appena gli fu abbastanza vicino…
“Puoi anche respirare, non sto’ dormendo!” lo sorprese Jared. “Non è di questo che ti devi preoccupare!” colpì.
Jensen mandò giù la prima “pillola” del mattino.
“Buongiorno anche a te!!” disse sforzandosi di fermarsi a quel “buongiorno” e andando verso la cucina. “Visto che non dormi, tirati su, tra circa mezz’ora, Clif sarà qui e siamo già in ritardo!!” questa volta cercò di essere lui quello freddo. Cavolo!, era pur sempre un attore. Sapeva ancora come controllare le sue emozioni!!
“Siamo a questo, Jared?!” disse, poi, ironico mentre armeggiava in cucina con la macchina del caffè.
“Tu mi ci hai portato a questo!!” fu la replica quasi seccata.
Ma per Jensen, le abitudini erano dure a morire e prima di ritornare in camera da letto posò la tazza del caffè che aveva preparato automaticamente anche per Jared davanti al giovane, che anche se stupito, non disse niente. Poi sparì nella camera. Un secondo dopo ne uscì, di nuovo, mezzo nudo con aria  decisa e Jared lo vide venire verso di lui e pensando ad un nuovo tentativo di chiarimento molto più pratico e…fisico, si alzò in piedi pronto a controbattere e a resistergli.
Ma quello che fece il maggiore invece lo lasciò completamente spiazzato.
Jensen gli sfilò la tazza del caffè dalle mani, andò in cucina e la buttò nel lavandino. Quando passò davanti a Jared che lo guardava letteralmente senza parole e incapace di capire quel gesto, Jensen, nemmeno lo degnò di uno sguardo ma si limitò a dirgli: “Non sia mai che io voglia forzare troppo il mio fisico e le mie emozioni!!!” e chiuse, sbattendosi alle spalle, la porta della camera da letto.
Ora, era Jared ad avere differenti emozioni dentro di sé, in quel momento. Aveva capito a che cosa si riferiva il compagno con quella frase: era l’accusa che gli aveva rivolto lui stesso in ospedale. Ma, sottosotto, provò l’irrefrenabile istinto di raggiungere il compagno e mettere fine a quella situazione. La rabbia e la preoccupazione dei primi momenti era sbollita, e vedere che Jensen stava bene, lo aveva rassicurato ulteriormente e mentre si decise a raggiungerlo, rimase spiazzato quando Jensen uscì dalla stanza già vestito di tutto punto e gli passava davanti indifferente.
“Ti aspetto fuori!, se non sei pronto all’arrivo di Clif, prendi un taxi!!” affermò autoritario e uscì.
Quando la porta di casa si chiuse, Jared restò per pochi momenti a fissare il legno della porta. Poi, sorrise. Sollevato. Sereno. E con quello stesso sorriso che divenne via via più diabolico, andò a vestirsi.
“Ok!, Ackles. Giochiamo un altro po’!!” disse mentre si guardava allo specchio, soddisfatto di quello che vedeva. Non era vanitoso, ma aveva indossato, di proposito, un completo che più volte Jensen aveva detto “provocargli idee indecenti” e infatti rise di cuore dentro di sé, quando una volta fuori di casa, vide il compagno deglutire, un secondo dopo averlo visto.
Clif arrivò in quel momento e Jared passò oltre Jensen che praticamente se lo stava mangiando con gli occhi e si infilò in macchina.
“Muoviti, Ackles!” gli disse dal sedile. “ O prendi un taxi!!” provocò.
Jensen abbozzò un sorriso sforzato ed entrò in macchina.

Quando finirono la riunione a cui dovevano partecipare come chiusura della serie, si fecero riaccompagnare a casa.
Jensen era stanco, di quella situazione. Di quella stupida tensione. Di quel gioco sadico che avevano preso a fare. Era il tempo di smetterla. Gettò sul divano la giacca che aveva tra le mani e si avvicinò a Jared che si stava prendendo una birra dal frigo.
“OK!, quanto credi di andare avanti ancora?!” fece deciso a mettere fine a tutto.
“Come scusa?!” fece con aria innocente Jared, posando la bottiglia sul bancone.
“Per quanto tempo dovrai farmi pesare quello stupido incidente?, per quanto tempo intendi punirmi per non averti dato ascolto??!!” domandò convinto a non permettere al giovane di lasciare il discorso in sospeso.
“Fin quando non starai male la metà di quanto sono stato io quando ti ho visto svenuto sul quel pavimento!!” fu la risposta decisa e decisamente crudele.
“Wow!!!” esclamò sorpreso da quelle parole. “E’ questo che vuoi?, l’unica cosa che vuoi è: farmi soffrire??!, non.. farmi capire che ho sbagliato, non…farmi capire che sono uno stronzo testardo. Solo….solo soffrire!!??” chiese quasi deluso.
“Non voglio che tu soffra, Jensen. Voglio che tu capisca il modo in cui hai fatto soffrire me. È diverso!!” provò a spiegare il giovane.
 “ Ok!!, ho sbagliato!!, l’ho capito. Ma ora tutto quello che voglio è che tu smetta di fare lo stronzo con me!!” replicò esasperato dall’esasperazione di Jared.
“Non ti azzardare a fare Dean con me !!!” lo riprese il giovane ricordando in quelle parole una battuta del personaggio interpretato dal compagno.
“Non faccio Dean ma onestamente a volte vorrei avere il suo stesso coraggio nel non pensarci due volte a prenderti a pugni!!” lo provocò.
“Beh!! Perché non lo fai!!??” disse Jared afferrandolo per un braccio e spingendolo, sfidandolo, contro il  muro dietro le spalle del maggiore.
“Perchè ti amo troppo!!” e stanco di quel tira e molla, afferrò Jared per la nuca e lo attirò a sé. Lo baciò con passione, con prepotenza. Lo baciò perché erano giorni che la sua bocca non godeva della consistenza delle labbra di Jared; perché erano secoli che non si inebriava del suo sapore dolce e dell’odore della sua pelle.
Lo baciò perché lo amava e approfondì quel bacio già forzatamente intimo, perché sentì finalmente Jared avvinghiarsi a lui. Lo sentì stringere le sue mani intorno ai suoi fianchi e avvicinarsi il più possibile fin quando entrambi non sentirono i loro bacini strusciarsi sensualmente uno contro l’altro. Lo sentì rispondere al bacio senza più remore, sentì la sua lingua morbida che chiedeva prepotentemente accesso alla sua bocca. E quando, questa, vinse la piacevole resistenza opposta dalle labbra di Jensen, non esitò a cibarsi di ogni stilla del sapore del compagno e delle carezze vellutate che la lingua del maggiore aveva conservato per lei.
Quando solo l’esigenza di riprendere fiato li costrinse a staccarsi, i loro occhi rimasero legati in quel desiderio sempre più crescente dentro di loro e sui loro corpi.
“Mi dispiace!!” sussurrò Jensen, come ultima resa per il suo errore.
“Ti prego, non farmi mai più una cosa del genere!!”
“Ti amo!!”
“Ti amo!!” gli sussurrò il giovane, dolcemente, sulle labbra, prima di riprendere a baciarlo, mentre Jensen gentilmente lo spingeva verso la camera da letto.
Si amarono in modo profondo, dolce e appassionato. Nelle carezze e nei baci che si scambiarono, cancellarono i dissapori degli ultimi giorni e rinsaldarono l’amore che li legava ormai da anni. Quando Jared si legò intimamente al suo amato Jensen, il maggiore non potè fare altro che passargli le braccia intorno alle spalle e attirarlo il più possibile verso di sé, per aiutarlo negli affondi sempre più potenti, lenti e cadenzati. Sembrava che non volessero allontanare i loro corpi più del necessario, volevano sentire il contatto del calore umido della loro pelle, volevano godere dei fremiti di ogni loro muscolo, desideravano più di ogni altra cosa essere un tutt’uno, uniti fisicamente e spiritualmente. Sapevano che il loro  legame era speciale, che andava oltre l’amore e l’amore fisico. Sapevano che ciò che li univa era ciò che i poeti descrivevano come “una preghiera in cuore per l’amato e un canto di lode sulle labbra(*)
In quella preghiera raggiunsero insieme la vetta di quell’avvolgente amplesso e il loro canto fu il bacio che suggellò  sulle labbra arrossate i loro nomi gridati all’aria quando l’orgasmo li lasciò senza fiato e li sconfisse riducendoli allo sfinimento e all’appagamento.
Ancora abbracciati come per non lasciarsi mai andare si abbandonarono al sonno, lasciandosi cullare uno dalle carezze dell’altro, fin quando anche le loro mani trovarono finalmente pace ognuna sul cuore dell’altro.

Quando si svegliarono, quella mattina, decisero di prendersi un giorno solo per loro: niente riunioni in produzione, niente uscite con gli amici per festeggiare la fine della nona stagione, niente autografi o foto o altro. Solo loro.  Jared e Jensen.
 Chiamarono Clif perché portasse la macchina con i vetri oscurati e gli dissero di stare tranquillo perché avrebbe guidato Jensen. L’amico bodyguard, non ne era molto convinto, ma capì il desiderio dei due ragazzi di ritagliarsi un po’ di tempo “normale”.
“Sarò lì tra una mezzora!” confermò a Jared.
“Ok! Ti aspettiamo!” fece il giovane.
Non presero altro con loro, solo uno zaino e i documenti. E mentre finivano di vestirsi, Jared non potè non notare l’ancora vistoso ematoma al fianco del compagno.
“Sicuro che te la senti?!” chiese con un pizzico di timore.
“Me lo chiedi dopo stanotte??!” replicò malizioso Jensen, mentre dopo essersi sistemato la maglietta, si avvicinava al giovane e gli cingeva i fianchi, per posargli un bacio leggero sulle labbra e per rassicurarlo. Jared si lasciò cullare in quel bacio e in quell’abbraccio e ricambiò un bacio che si fece via via sempre più languido e profondo.
Ad un certo punto, sentì Jensen gemere nel suo abbraccio e convinto che fosse solo un lamento dovuto al modo in cui si stavano baciando, rinsaldò il contatto, stringendosi ancora di più al corpo del compagno.
Jensen, nella stretta di Jared, provò prima un forte calore al petto e credette che fosse l’emozione per quella ritrovata sintonia, ma poi pensò che non era normale provare anche sofferenza. Infatti poco dopo che si erano baciati aveva sentito come una forte pressione che spingeva nel suo torace costringendolo a gemere. In seguito, quando Jared lo aveva stretto di più, il dolore era diventato una fitta prepotente spezzandogli il respiro.
No. Non era normale!!
Cercò di staccarsi da Jared mettendogli una mano sul fianco, ma un secondo dopo che riuscì a posargli anche l’altra mano sul petto, tutto si spense e si sentì sommergere dal buio e dal silenzio. Fu come un click che spense tutto.
Jared continuava a baciarlo, perché sentirlo gemere contro le sue labbra era qualcosa di veramente eccitante e credette che il compagno volesse approfondire la cosa quando lo sentì stringergli la mano su un fianco e appoggiargli l’altra sul petto.
Ma non fu così.

Lasciò le labbra di Jensen per guardarlo e nel momento in cui si scostò da lui, la testa di Jensen gli si abbandonò sulla spalla. Un secondo dopo, il peso di Jensen divenne quasi insostenibile poiché gli si era completamente abbandonato tra le braccia.
“Jensen??!!” sussurrò Jared pensando ad uno scherzo del compagno. Uno scherzo di pessimo gusto. Poi, però vide lo sguardo improvvisamente pallido e senza espressione di Jensen e il suo corpo completamente privo di forze che si accasciava debole tra le sue braccia che lo sostenevano per non farlo urtare sul pavimento.
“Oh mio Dio!!” grido allora. “Jensen..svegliati…oh Dio!!….Jensen…” continuava, completamente nel panico poiché preso alla sprovvista da una situazione del genere. In quel momento sentì il suono del clacson della macchina che gli aveva portato Clif. Non voleva lasciare Jensen e allora fece l’unica cosa che gli passò per la mente. Gridò il nome dell’amico.
“Clif!!!!!!! Aiutami!!!!!” gridò ancora e ancora e più forte. Aveva visto che le finestre della loro camera erano aperte e sapeva che Clif lo avrebbe sentito, infatti dieci secondi dopo sentì i pesanti passi del poderoso amico salire velocemente verso la loro stanza. Lo vide affacciarsi preoccupato nella camera e rimanere allibito nel vedere Jensen a terra senza conoscenza e Jared che lo sosteneva completamente…perso!!
“Aiutami, ti prego!!” furono le uniche cose che riuscì a dire.
Senza aspettare oltre, Clif, aiutato da Jared presero in braccio Jensen, lo misero in macchina e corsero verso l’ospedale. Jared sul sedile di dietro con Jensen sulle gambe continuava a chiamarlo e ad accarezzargli la fronte madida di sudore, mentre Clif  correva il più veloce possibile e suonava a chiunque per farsi strada.
“Ti prego, ti prego, ti prego!!!” ripeteva Jared sottovoce e di tanto in tanto quasi come se fosse un istinto, metteva una mano sulla vena sul collo del compagno per assicurarsi di sentire ancora il battito.
“Fa’ presto, Clif!, fa presto!!” incitava all’amico che ormai più di così non poteva.

Dopo i dieci minuti più lunghi della vita di Jared, arrivarono all’ospedale. Clif si precipitò fuori urlando che c’era bisogno di aiuto e mentre due barellieri si avvicinavano al mezzo, il medico di turno si fece strada e aprì lo sportello della macchina. Sul sedile vide Jared che teneva abbracciato Jensen ancora privo di sensi. Il paziente era evidentemente in stato di choc, respirava male e non rispondeva agli stimoli.
“Che è successo?!” fu la domanda di rito.
“Eravamo….eravamo a casa e lui è…è svenuto!” spiegò mentre vedeva gli infermieri togliergli dalle gambe il corpo di Jensen. Scese subito dopo, ma il tempo di mettersi in piedi che il compagno era già sparito dietro la porta del pronto soccorso.
“Dove vanno?!” fece mentre si avviava anche lui verso la stessa direzione ma che veniva prontamente fermato da un altro dottore accorso quando aveva notato la situazione.
“Un attimo, aspetti qui. Mi dica che cosa è successo di preciso!?”
“Gliel’ho detto!!” rispose quasi spazientito. “Eravamo a casa nostra. Stavamo per uscire quando all’improvviso mi è praticamente svenuto tra le braccia. Questo è successo!”, poi, ad un tratto sembrò pensare ad altro e guardò stranito il dottore che rimaneva fermo ad ascoltarlo.
“Che c’è?!”
“Lui ha avuto un incidente sul set circa una settimana fa!”
“Si, lo so, ero di guardia quel giorno.”
“Forse….non lo so….ma lo hanno dimesso…io non..”
“Ok!, ora faremo tutti gli accertamenti e vedremo che cosa è successo al suo compagno!” e lo portò con se verso la corsia interne all’ospedale.
Dopo un tempo interminabile o forse ore infinite in cui Jared era rimasto seduto ad una sedia in un corridoio stranamente solitario, nessuno sembrava ancora dargli notizie di Jensen. Si sentiva morire. Si sentiva disperato. Non si poteva passare così dall’amarsi al perdersi. Era assurdo. Era inconcepibile.
Il giovane continuava a fare quei pensieri mentre restava con lo sguardo fisso nel vuoto, le braccia che gli avvolgevano il petto e la gamba che si rifiutava di stare ferma e continuava a tamburellare contro il pavimento. Poi, lo scatto della maniglia della porta di fronte a lui, lo gelò. Scattò in piedi, come un soldato davanti ad un generale.
Lo sguardo del dottore che si ritrovò a guardare, non gli parve troppo rassicurante e nemmeno quello che gli disse lo rassicurò.
“Vieni, Jared. Dobbiamo parlare!” lo invitò il medico che già aveva curato Jensen il giorno dell’incidente.
“Lui …è..” balbettò non sapendo cosa dire o chiedere.
“Lui è stabile adesso. Sta’ riposando. Quando avremo finito di parlare potrai vederlo.” volle rassicurarlo.
“Stabile ?, che significa che è “stabile”?” fece, invece, confuso.
“Vieni, Jared. Seguimi.” e il giovane non potè  che seguirlo.
Nell’ufficio del dottore ebbe tutte le rispose di cui aveva bisogno ma  che sinceramente non avrebbe mai voluto.
"Questa è la situazione: a conseguenza del colpo che ha preso qualche giorno fa, Jensen ha subito una lesione al polmone destro che all'inizio era talmente piccola che non è stata visibile nemmeno dagli accertamenti che gli abbiamo fatto. Quella lesione adesso si è evoluta.."
"evoluta?" fece il giovane non capendo.
"Si è ingrandita e sta sanguinando in modo importante. E questa situazione sta causando un collasso polmonare."
"Mio Dio!!" fece decisamente preoccupato da quello che aveva sentito. "Cioè, mi sta dicendo che un polmone di Jensen non sta più funzionando?!"
"Si.. Ma c'è altro."
"Oh Dio!, che altro ci può essere!?!" domandò sconsolato.
"La terapia che gli abbiamo somministrato doveva fare effetto dopo poco, invece il suo fisico non reagisce come dovrebbe, perciò dobbiamo intervenire chirurgicamente e anche abbastanza velocemente."
"Dovete operarlo!?"
"Dobbiamo intervenire sulla lesione e sperare di riuscire a rimettere le cose a posto, altrimenti..."
"Altrimenti?!"
"...altrimenti saremo costretti ad asportare l'intero polmone."
"Santo Cielo!!" esclamò preoccupato, passandosi le mani tra i capelli. Si alzò dalla sedia, e iniziò a camminare avanti e indietro nello studio del medico che non gli disse niente per lasciargli il tempo di metabolizzare. Poi si fermò al centro della stanza e guardò verso il dottore. "Va' bene! Va' bene!!! Voglio vedere...ho bisogno di vedere il lato positivo di questa situazione assurda!!!" convinse se stesso. "Non sono un esperto ma ho letto di persone che vivono normalmente anche con un solo polmone, così...", ma il medico, anche se dispiacendosene, dovette fermare quel suo entusiasmo.
"Sì, hai ragione ma quello che hai letto è valido per chi ha l'altro polmone pienamente funzionante al 100% !” fu la triste rivelazione.
"E questo che vorrebbe dire?!"
" Che c'è un altra lesione, minore, ma comunque presente, anche nel polmone sinistro e questo dopo l'operazione comporterebbe l'uso continuativo di ossigeno." Spiegò come diagnosi conclusiva di ciò che aspettava a Jensen e di conseguenza anche a lui.
"continuativo?!"
"Metteremo Jensen nella lista trapianti e fin quando la situazione non migliorerà, Jensen dovrà essere sempre sotto ossigeno e quando sarà in grado di uscire dall'ospedale, dovrà sempre servirsi delle cannule per respirare." fece perentorio.
"Intende dire che dovrà andare in giro con una di quelle bombole e le..."
"Sì." Confermò a tono basso.
Jared si sentì morire per quella sentenza medica così assurda. Arrivata in una maniera ancora più assurda.
Pensò a Jensen, alla modo in cui viveva ogni singolo giorno,  al modo in cui amava la vita e vivere la vita. La condizione che lo attendeva lo avrebbe portato a vivere come in una teca di fragile vetro.
"Jensen non lo accetterà mai!!" affermò con la morte nel cuore.
"Dovrà farlo, se vuole vivere!" constatò il dottore.
"Non ci posso credere che tutto questo stia accadendo. Non ci posso credere!!" fece sedendosi di nuovo sulla sedia e appoggiando la testa fra le mani.
"Jared, questo è il momento di restare calmi e affrontare una cosa alla volta. Pensiamo all'operazione e vediamo come si risolve. Dopo vedremo come muoverci!!"
"Sì, restare calmi!!" rispose anche se il tono in cui lo disse sembrò dire “Come se fosse facile!!”

Dopo aver parlato con il dottore che avrebbe operato Jensen, Jared tornò dal compagno. Jensen sembrava più rilassato di quando lo avevano portato lui e Clif. Il volto non era teso e non sembrava molto sofferente, ma questo, si spiegò, forse, solo perché gli avevano già inserito le cannule al naso per aiutarlo a respirare meglio.
Era strano vederlo in quelle condizioni, sembrava così indifeso e debole, mentre lui non lo era. Non lo era mai stato. Jensen era sempre stato forte, era la spalla su cui poteva sempre contare, era la mano sempre tesa verso chiunque avesse bisogno di un aiuto. Era l’uomo più coraggioso che avesse mai conosciuto e così, forte di quelle consapevolezze, Jared decise finalmente di avvicinarsi al letto del compagno e fattosi coraggio, respirò profondamente, pronto a fargli un resoconto di quello che avrebbero affrontato insieme.
Stava per accarezzarlo, quando la voce incredibilmente flebile di Jensen, gli fermò la mano a mezz’aria.

“Non farglielo fare!!” disse Jensen..
“Cosa?!” fece confuso l'altro.
“Non permettere che mi tolgano il polmone!”
Ma era impazzito!!!, pensò il giovane dopo quella richiesta assurda.
“Jensen, ascolta…”, considerando quella pretesa come paura di un operazione decisamente importante.
“No. Io non….”, ma mentre parlava sembrava già che il solo respirare fosse un enorme fatica. Jensen si fermò un attimo e prese fiato. “….non voglio vivere attaccato….. ad una bombola d’ossigeno,…… sperando giorno….. dopo giorno... che qualcosa cambi e ….sperando che qualcuno muoia…. per…..”, spezzava le parole per riuscire ad arrivare alla fine della frase.  Ma la fine di quella frase scioccò e fece infuriare Jared.  “Preferisco mor….”
“Non ti azzardare!! Mi hai capito?! Non ti azzardare!! Questa volta farai quello che ti dico!!” gli gridò contro il giovane. 
Drizzò le spalle in tutta la loro larghezza, impose la sua voce su quella già debole del compagno e fermo accanto al capezzale di Jensen lo obbligò ad ascoltarlo.
“Ora voglio che tu mi ascolti.” cominciò certo che quello che stava per dire era quello che sarebbe accaduto. “Ti opereranno e ti rimetteranno a posto tutto quello che c’è da sistemare. Nessuno si prenderà un solo pezzo delle tue schifosissime frattaglie ridotte in poltiglia. Andrà tutto bene e vedrai che in men che non si dica Capitan Meraviglia tornerà ad interpretare il coraggioso Dean Winchester!! Capito?!”
“Jared, non  è così…”
“MI. HAI. CAPITO??!!” ripetè autoritario e puntandogli l’indice contro.
Jensen se avesse potuto avrebbe sussultato più di quello che il suo corpo gli aveva permesso in quelle condizioni, quando Jared gli aveva praticamente urlato contro. Ma capì il senso di quel rimprovero così duro. Era disperazione. Era rabbia. Era speranza.
La speranza che tutto sarebbe andato per il meglio. Che tutto doveva andare per il meglio.
Guardò la furia negli occhi lucidi di Jared lasciare spazio ad una dolcissima richiesta di accettazione. Di complicità. Di speranza.
Si lasciò convincere. Allungò una mano verso il giovane compagno che la strinse immediatamente tra le sue, andandosi a sedere accanto a lui.
“Hai ragione. Hai ragione. Andrà tutto bene.” gli sussurrò dolcemente. Rassicurò sé stesso. Rassicurò Jared che ormai completamente calmo si portò la mano del compagno alle labbra e poi se la poggiò sulla guancia per donarle calore e per sentire sulla sua pelle ancora il suo tocco vellutato e forte al tempo stesso.

Tre ore dopo, Jensen era in sala operatoria e Jared si aggirava ansioso nella sala d’aspetto del post-operatorio che era  dove avrebbero portato Jensen a fine operazione. Un infermiera gentile gli portò del caffè dicendogli che la cosa sarebbe stata lunga e che avrebbe anche dovuto mangiare qualcosa. Ma il giovane aveva lo stomaco chiuso e l’unica cosa che voleva era sapere come andavano le cose nella stanza in cui si stava decidendo il futuro di Jensen.
Furono le cinque ore più lunghe della sua vita, e quando vide uscire il dottore dalla sala operatoria e dirigersi verso di lui, Jared, sentì l’aria rifiutarsi di entrare e uscire dai suoi polmoni.
Ecco!, pensò, ora dovranno operare anche me!!!
Il dottore gli si avvicinò, il volto era visibilmente stanco e la fronte era ancora sudata. Gli mise una mano sulla spalla e gli sorrise soddisfatto e compiaciuto.
“Credo che Jensen sia la persona più caparbia e testarda che io abbia mai conosciuta. Era deciso a non farci prendere il suo polmone e ce l’ha messa tutta. Anche da addormentato!!” sembrò quasi scherzare il chirurgo.
“Non capisco…cosa…..”
“Siamo riusciti a rimettere a posto il polmone destro. Abbiamo praticato un nuovo tipo di sutura che ci ha permesso di non asportarlo. Lo stesso abbiamo fatto con la lesione minore su quello sinistro.”
“Vuol dire….vuol che …..”
“Vuol dire che i pezzi sono ancora tutti originali. Ci vorranno un paio di mesi per il rodaggio completo. Ma ti garantisco che tornerà tutto come era prima!!”
“Oh Dio, grazie!!!!” urlò al Cielo e poi, subito, abbracciando il dottore e stringendogli vigorosamente le mani,  ringraziò di cuore anche lui. “Grazie!!, Grazie!!, Grazie!!” continuava a ripetere al colmo della felicità.
Jensen ce l’avrebbe fatta!! Loro ce l’avrebbero fatta!!
Quando , il giorno dopo, a Jared fu permesso di vedere Jensen, il maggiore era sveglio, anche se ancora un po’ stordito dai medicinali. Ma era comunque abbastanza lucido per “godere” delle attenzioni di Jared. Il giovane gli si sedette vicino e gli prese quella stessa mano che prima dell’operazione gli aveva baciato dolcemente.
“Ciao, Capitan Meraviglia!!” fu il saluto a conferma della promessa che gli aveva fatto.
“Visto?!” fece Jensen in risposta a quel saluto.
“Cosa?!” chiese fermando il suo sguardo in quei meravigliosi occhi verdi che gli sorridevano nonostante tutto quello che era successo.
“Questa volta ho fatto quello che volevi!!”
Jared sorrise ma non disse niente. Si sporse leggermente verso di Jensen e gli posò un bacio leggero sulle labbra screpolate ma comunque dolcissime.
“Ti amo!” si dissero in quel bacio e in tutti gli altri che vennero
N.d.A.: Eccomi di nuovo!! ( disse sperando di non scatenare l’ira dei lettori!)
Ma dopo “Preghiere” e “In quanti modi ti amo” avevo davvero tanta voglia di scrivere dei J2 nelle vesti dei…J2, di loro come attori…di Jared e Jensen…insomma loro due. Oh andiamo!! Avete capito!!!
Quindi sperando di non deludervi, aspetto fiduciosa ogni vostro giudizio!!
A sabato con la mia nuova Long. CIAO!!!!!!!
P.S.: (*) La frase è tratta da una poesia di Gibran intitolata  "L'Amore".

 
   
 
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