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Autore: eolide98    18/06/2014    2 recensioni
Mentre in America i semidei affrontano i Titani, Neapolis è messa in ginocchio dai continui attacchi di Giano.
Una profezia un semidio particolare, un'amica improbabile, una vita impossibile, amori che si intrecciano battaglie che sfociano in guerre, un'impresa da realizzare: ritrovare le perdute lame di Eolo.
Riusciranno i semidei italiani a sconfiggere iil dio bifronte ed a salvare Neapolis?
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dei Minori, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Neapolis, i dimenticati'
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VENGO QUASI UCCISO DA UN CICCIONE CONTROLLA-VENTO
 
Ho sempre pensato che quando una giornata comincia male non può che finire peggio. Quel giorno accadde esattamente tutto cominciò particolarmente male, negli ultimi tempi cominciava sempre tutto male. Il mio nome è Jake , vivo a Napoli e frequento una normale scuola, conduco una vita normale, con amici normali, insomma sono un normalissimo quattordicenne. Erano le 7.00 e la sveglia del cellulare suonava incessantemente già da un paio di minuti, l'odore del caffè entrava in camera dalla cucina; mi affacciai in cucina. Seduti a tavola i miei stavano litigando a voce bassa con mia nonna.
Ok serve una premessa. Mia nonna viveva con la mia famiglia da quando nonno era venuto a mancare e passava la gran parte delle sue giornate a litigare con i miei genitori, entrambi professori. Quella mattina però era diverso: non stavano semplicemente litigando.
Vidi papà uscire di casa e nonna chiudersi nella sua camera. Provai a chiedere spiegazioni alla mamma. Evasiva cambiò argomento, mi disse che era tutto apposto, che non dovevo preoccuparmi. Indossai converse, jeans e maglietta e , salutata la nonna, mi diressi a scuola. Avevo la musica a tutto volume nelle orecchie, come mio solito, e camminavo velocemente, tutto normale insomma. Poi mi accorsi di un uomo. Guidava una macchina nera , una spider di quelle dei film anni cinquanta. Era strano grassoccio, aveva una folta barba bianca e degli occhiali da sole con le lenti arancioni. Quando si accorse che lo stavo guardando alzò il finestrino e fermò la macchina.
Concluso il mio breve incontro con il presunto serial killer arrivai nel posto preferito di ogni quattordicenne la scola. Lasciate che vi spieghi in che tipo di scuola andavo : il portone nero era circondato dalle parole “ applicazione” e “ gratificazione”, le finestre, piccole, erano scurite, i banchi traballanti, le lavagne perennemente senza gesso.
Mi sedetti al mio posto e voltai lo sguardo alla mia compagna di banco.
Lei Si chiamava Alex ed è una delle persone più irritanti del mondo. Portava i capelli, biondi raccolti in una treccia, gli occhi azzurri hanno lo stesso colore del cielo sereno, era alta ( più o meno come me e la cosa mi imbarazza alle volte) e magra, e sì è anche la mia migliore amica. Condividevamo tutto, e con tutto intendo proprio tutto.
Era vestita con una felpa verde, nonostante ci fossero quasi 20 gradi, portava un paio di jeans neri strappati alle ginocchia ed ovviamente aveva le cuffie nelle orecchie.
“ehi, la salutai, come va la tua strana vita amica?”
Mi sorrise e si tolse le cuffie
“siamo particolarmente eloquenti eh?”
le risposi con un sorriso .
“siamo particolarmente nervosi?”
Entrò la prof, era una donna di età avanzata con i capelli a caschetto tinti di rosso. Quel giorno , concordai con Alex, era più brutta del solito : l gli occhiali ,poggiati sul naso adunco , mostravano occhi piccoli e scuri, le rughe coprivano il volto facendo risaltare le piccole labbra.
Ogni tanto rivolgevo la parola ad Alex , parlavamo delle solite cose: di quanto ci annoiassimo a stare a scuola, di quanto bello fosse il tempo, di quanto i nostri voti fossero bassi.
Quella mattina però sembrava strana ,rispondeva a monosillabi ed era tremendamente irascibile. Dopo cinque ore di tortura non certo alleggerite da Alex la campanella suonò per l'ultima volta. Uscimmo, faceva caldo, un caldo insopportabile, il vento mi accarezzò il volto rinfrescandomi. Cercai Alex, tornavamo tutti i giorni insieme a casa; sfortunatamente la trovai. Non era sola, il suo “ adorabile” fidanzato Matthew era con lei.
Una parola per descriverlo? ODIOSO. Capelli biondi , occhi azzurri, occhiali ed un sorriso falso stampato in faccia. Lo odiavo. Lo salutai e chiesi alla mia amica di fare un po' di strada con loro.
Lui rispose al suo posto:
“ scusa ma non è proprio il caso, sai Alex è stanca, fa caldo. Ci vediamo tutti stasera ti va???”
risposi di sì. Alex mi guardò e sorriseanche se i suoi occhi erano tremendamente vuoti. Non mi rassicurò per niente. Quando faceva così di solito voleva dire che qualcosa NON ANDAVA BENE.
Irritato tornai verso casa. Vidi nuovamente quella macchina. Ero terribilmente arrabbiato con la mia famiglia, con Alex ed il fidanzato, col mondo...
Cominciai a correre, gli auricolari sparavano “Do me a fauvor” a tutto volume, la macchina mi seguiva. Ero stanco, terribilmente stanco. Mi fermai, e fu probabilmente la cosa più stupida che potessi fare.
L'uomo scese dalla macchina, mi sorrise, ed improvvisamente le palpebre si fecero pesanti, mi mancava l'aria, l'afa prosciugò le mie ultime forze facendomi cadere in un sonno profondo.
Al mio risveglio ero sdraiato sul mio letto, sentivo dalla mia camera le urla di mia madre che inveiva contro qualcuno.
Mi mossi a piccoli passi ed arrivai in salotto. I miei e mia nnna erano sduti a tavola con l'uomo che avevo visto prima di svenire.
Non ne potei più.
“VORRESTE CORTESEMENTE SPIEGARMI COSA CAVOLO SUCCEDE?!?!!?!?!? Sono stato preso e portato a casa mia da un completo sconosciuto ed ora ci sediamo amorevolmente a prendere il tè?!?”
Mia nonna mi versò del caffè in una tazzina.
Mia madre mi guardò e cominciò a parlare
“ Jake ascolta. Quello che stò per dirti ti sembrerà assurdo ma tu devi fare attenzione. Io... ero giovane... cominciai a frequentare tuo padre”
la interruppi: “ ma tu e papà non vi siete conosciuti all'università?”
l'uomo parlò “ non quel padre”
 
mia madre guardò il signore grassoccio e nonna mi appoggiò una mano sulla spalla, papà non mi guardava. Capii. Un vetro si ruppe alle mie spalle mentre la rabbia montava nella mia testa.
Sbattei un pugno sul tavolo. Una raffica fece oscillare il lampadario. Strinsi i pugni fino a far diventare bianche le dita. una nuova folata fece cadere un vaso. Tentai di sferrare un pugno a quel signore. Non era colpa sua, ma ero così arrabbiato, deluso, smarrito. Un vento fortissimo si inchiodò al muro.
Parlò lentamente :” oh no. Questo non si fa figliolo. “
mia nonna intervenne :” Eolo lascialo andare immediatamente!”
nonostante stessi opponendo resistenza serviva a poco, sentivo il freddo penetrare nelle ossa mi arresi e svenni.
Mi svegliai disteso a terra e cominciai a riflettere su quello che era successo. Mia nonna aveva chiamato quell'uomo Eolo. Che coincidenza Eolo era anche il nome del signore dei venti greco. Ci misi poco per capire. Quando la rabbia mi aveva consumato il vento aveva infranto una finestra. Quell'uomo mi aveva inchiodato al muro utilizzando il vento .corsi in salotto. I miei dialogavano tranquillamente con l'ospite. Parlai prima che potessero farlo loro:
“vediamo se ho capito... tu sei il dio dei venti giusto?”
“ signore dei venti prego” mi corresse.
“ voi siete pazzi, pazzi! Io non posso essere figlio di un protagonista della mitologia greco-romana”
mia nonna mi interruppe: “ la tua mente ha già la risposta”
Eolo mi si avvicinò “ ciao figliolo”
in quel momento realizzai cosa stava accadendo.
Nonna parlò per prima:
“Jake, devi sapere , che gli dei dell'antica Grecia, bè... esistono davvero, e abitano attualmente in America, a New York”.
“ma noi siamo a Napoli”
Stavolta fu Eolo a parlare :
“vedi, alcune divinità hanno ancora un forte legame con alcuni luoghi importanti... Atene, Roma...
“ Napoli, continuò mia madre.”
“infondo è stata sotto il dominio di entrambe : Grecia e Roma” concluse papà.
Stavo in silenzio... non sapevo cosa dire...
“Dimostralo” dissi
“Cosa?” chiese Eolo
“DIMOSTRALO!-stavo gridando di nuovo-FAMMI VEDERE! DIMOSTRA DI ESSERE MIO PADRE, DI NON ESSERE UN CIARLATANO!”
In quel momento mi accorsi che nèi miei né i suoin piedi toccavano terra.
“convinto?” sussurrò.
Strinsi i denti, ma tutto cominciava ad avere finalmente un senso. Le cose che vedevo, ciò che potevo fare...
feci per parlare.
Prima che potessi dire “ah” un uomo con quattro braccia e due facce irruppe dalla finestra.
 
 
 
   
 
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