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Autore: Jacko Who    19/06/2014    1 recensioni
E, mentre tutto bruciava, egli sedeva, nell'oscurità.
Genere: Angst, Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Un suono regolare e altrettanto fastidioso spezzò il silenzio nella stanza.
Stephen si svegliò di soprassalto, destato da un sogno che come era venuto se ne era andato, e si trascinò fuori dal letto, ancora assonnato, dirigendosi verso il bagno.
Improvvisò un sorriso di fronte allo specchio, ma riuscì solo a sbadigliare e bagnarsi il pigiama con l’acqua corrente del lavandino.
Si ritornò in camera, dove si vestì. Pantaloni e giacca entrambi blu –erano un completo-, una camicia bianca ed un cravattino.
Il cravattino è figo
Nella sua mente l’Undicesimo Dottore ripeté quelle parole, facendolo sorridere.
Raccolse da terra la prima stampa de “Io Uccido” di Giorgio Faletti e la ripose sul quarto scaffale della sua libreria, nello spazio lasciato vuoto dalla sua mancanza tra gli altri libri sulla mensola, davanti a tutti gli altri partendo da sinistra.
Osservò quasi con sdegno la macchina del caffè sopra al mobiletto bianco nel quale teneva tazze, ciotole e alcuni ingredienti per cucinare, non avendo egli mai avuto la passione per il caffè, preferendo del latte con cacao o un tè con zucchero.
Chiuse la confezione di cacao dopo tre cucchiaiate abbondanti della polverina marrone nella sua tazza con Snoopy che ballava.
Guardò l’ora e ingoiò quel che restava del latte al cioccolato nella tazza, quasi facendoselo andare di traverso, e, salito in sella alla bicicletta, si diresse all’università, ripassando mentalmente la lezione di italiano che avrebbe spiegato oggi ai suoi alunni.
La simbologia, gli endecasillabi, i versi, i canti, il volgare della Divina Commedia di Dante Alighieri scorrevano nella sua testa come l’acqua di fiume in piena, senza un ordine apparentemente preciso, che tuttavia nella sua testa apparivano più ordinati che mai.
L’aria frizzante lo svegliò dal torpore che ancora avvolgeva le sue membra, e si passò una mano tra i capelli, scompigliati dal vento.
Sotto ai suoi occhi, pedalando sulla strada, Torino si stava svegliando, con la Mole Antonelliana –fatta costruire nel giro di 30 anni circa, dal 1863 al 1889, progettata dall’omonimo architetto Alessandro Antonelli; la sua costruzione fu finanziata prima dalla Comunità Ebraica della città e poi dal Comune. Con i suoi 167,50 metri d’altezza, è stata una delle costruzioni più alte di tutta Europa nel 1800. Pensò Stephen- che svettava assieme al Palazzo Littoria e al grattacielo della Regione Piemonte –un pugno nell’occhio di Torino, aggiunse nella sua mente Stephen alla vista di quel palazzo- sul resto delle case, tra automobili e mezzi pubblici in corsa e persone in bicicletta o a piedi.
Il grosso lucchetto con il quale stava legando la bici ad un palo del divieto di sosta si chiuse con un rumoroso clack, che però si perse tra lo schiamazzo degli studenti che si dirigevano nelle rispettive scuole, apprezzando l’aria tiepida che portava la primavera con sé.
Dentro il suo ufficio, a metà giornata, sorseggiando una tazza tè con zucchero, contemplò le lauree in letteratura, simbolismo e lingue, affiancate da un certificato che attestava la piena conoscenza dell’elfico dei libri di Tolkien, ottenuto a pieni voti dopo un lungo corso all’estero.
Sorrise pensando alla faccia dei datori di lavoro che alla domanda:
<< Quante lingue conosce, per l’esattezza, signor Prime? >>.
Si sentivano rispondere
<< Italiano, inglese, francese, tedesco, cinese ed elfico >>.
Posò lo sguardo sull’orologio appeso sopra la porta, sobbalzando vedendo l’ora e realizzando di essere in ritardo per la sua lezione.
Con il tè ancora caldo nella tazza dei Queen in mano si diresse quasi correndo verso l’aula, incrociando la professoressa di matematica, Professoressa Unta, e l’insegnante d’inglese, Professor Sudaticcio, da lui rinominati così per ovvi motivi.
La lezione trascorse noiosamente, nonostante egli spiegasse –a dir sua- in modo egregio, con un paio di domande delle quali una sulla tazza dei Queen.
Terminò la lezione su Dante con ancora in mente gli iracondi che facevano scempio di Filippo Argenti e tornò nell’ufficio, massaggiandosi le tempie e passandosi una mano tra i capelli, maledicendo il parrucchiere per aver fatto nuovamente di testa sua senza ascoltare quello che gli aveva ripetuto numerose volte.
Era seduto in poltrona, con gli occhi chiusi e le mani sopra di essi, riflettendo su cosa c’era da fare, poiché non aveva più nessuna lezione quel giorno: doveva preparare un esame, correggerne un altro e ripassare la lezione sul simbolismo e quella su Leopardi che avrebbe tenuto l’indomani a due corsi diversi.
Un affrettato e continuo bussare alla porta lo richiamò dai suoi pensieri.
<< Avanti >> disse.
<< Ehm… Professor Prime, mi scusi, avrei una domanda >> dalla porta si affacciò un ragazzo magro, sui 21 anni circa, con capelli rossi corti ed un viso pulito, pieno di lentiggini, ed indosso una polo verde prato, un paio di jeans un po’ più grandi della sua taglia e delle Converse nere.
<< Oh, tranquillo, entra pure. Niccolò, giusto…? Ah, non importa. Cosa ti serve? Chiamami Stephen, comunque >> rispose, con un largo sorriso dipinto sulle labbra.
<< Ehm… O-okay…? >> disse, balbettando ed accennando un sorriso << Stephen… La p-prego, mi lasci c-c-chiamarla professore, mi mette a disagio t-t-troppa confidenza. Professore, il p-prossimo mese io terrò un esame di italiano sulla let-let-letteratura, e porterò un p-pilastro della nostra lingua, ovvero D-D-Dante Alighieri, e volevo chiederle se pot-potesse aiutarmi indicandomi dei lib-libri o p-potesse aiutarmi per ap-ap-approfondire lui e le sue opere…>> chiese, balbettando.
<< Uhm… Dante… Certamente >> disse Stephen, voltandosi verso la libreria nel suo ufficio << Dante… Dante… >> ripeté più volte, cercando tra i libri << D-A-N-T-E… DANTE! >> esclamò, estraendo dal secondo scaffale, in basso a destra, un enorme tomo. In contemporanea strappò un angolo di un foglio e, presa una Bic blu quasi completamente scarica, scrisse il numero di pagine che sarebbero state utili a Niccolò per il suo approfondimento e consegnandoglielo assieme al foglietto strappato << Eccoti, da quella pagina a quell’altra c’è ciò che stai cercando. Se poi vuoi leggere prima e dopo, leggi pure! La cultura è importante! Ed anche le verdure! Le mangi le verdure, Niccolò? Ah, ma chi sono io, tua madre? No di certo. Comunque, nel caso tu voglia chiarimenti, puoi venire qui o se preferisci possiamo incontrarci nel bar qui fuori quando preferisci, così ti spiego. O anche in un altro bar, o in un ristorante. Adoro le yogurterie. Quindi? >>
<< G-g-grazie mille m-m-ma credo che mi b-basterà il libro, grazie >> disse Niccolò, accennando un sorriso ed uscendo di corsa dalla stanza, constatando la curiosa figura del professore di italiano, simbologia e lingue Stephen Prime, e scoprendo che il foglietto faceva parte della verifica di una certa matricola 290699.
Stephen si risedette sulla poltrona imbottita con le ruote ed estrasse un libro dal suo zaino, Misery, dell’omonimo scrittore Stephen King, immergendosi nel quinto capitolo della seconda parte ed abbandonando completamente il mondo esterno.
Egli era diventato Paul Sheldon, costretto su una sedia a rotelle ed imprigionato da Annie Wilkes, nella sua casa in mezzo al nulla, e costretto a scrivere un nuovo libro sulla sua eroina preferita solo per lei.
Gli dolevano le gambe, non prendeva la sua pillola ormai quasi da sei ore, Annie sarebbe stata lì in poco tempo.
Maledette enne. Ogni volta che finiva una nuova parte del romanzo per la Dea doveva riempire tutte le enne perché alla macchina da scrivere che le aveva comprato mancava quella stupida consonante.
Maledisse la vecchia macchina da scrivere, una Royal, ed Annie, ma per motivi diversi.
Erano ormai passate due di pomeriggio quando il trillo asciutto del suo smartphone lo richiamò alla realtà, e questa volta fu lui a maledire chiunque l’avesse chiamato, poiché lo aveva trascinato a forza fuori dalla storia.
<< Buongiorno, sono il professor Prime, con chi parlo? >> disse, vagamente svogliato.
<< Signor Prime? Parlo con lei? >> rispose una voce profonda, che avrebbe potuto spaventare persino l’Uomo Nero.
<< Le assicuro che parla con Stephen Prime in persona >> rispose, ma con la mente altrove.
<< Parla l’agente Ndomba, dal Corpo Armato dei Carabinieri di Torino. La chiamo perché ci serve il suo aiuto. >>
<< Ed in cosa potrei esservi utile? >> disse, con i pensieri che viaggiavano nel libro e nella casa, immaginando il piatto di fusilli al pesto che si sarebbe cucinato tra poco.
<< Un cadavere. Ci serve il suo aiuto per decifrare dei simboli che sono stati incisi sul corpo e dei numeri che l’assassino ha marcato a fuoco sulla vittima, entrambi mentre era ancora viva >>.
Il piatto di fusilli al pesto cadde, frantumandosi in mille pezzi.
   
 
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