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Autore: _antigone    19/06/2014    6 recensioni
{Stiles/Melissa | child!Stiles}
«Melissa?»
Lei rispose qualche secondo dopo.
«Sì?»
Il bambino esitò. «Non è che Scott si arrabbierà, domani, vero? Sarà geloso che io sono qui?»
Sentì Melissa ridacchiare, il mento a pochi centimetri dalla sua testa.
«No, Stiles, non si arrabbierà.»
«Sicura?» insistette, preoccupato di dar fastidio al suo migliore amico.
«Sicura» ripeté Melissa. «E ora dormi.»
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Melissa McCall, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Thunders, lightnings and whispered "love you".



 

Al suono dell’ennesimo tuono, Stiles, con un sussulto, si tirò le coperte fino al naso, gli occhietti vispi che guizzavano da una parte all’altra della stanza, come se qualcosa fosse potuta crollare da un momento all’altro. Cosa che, data la potenza con cui il tuono gli era giunto alle orecchie, poteva anche essere plausibile.
La porzione di finestra che la serranda non copriva era disseminata da tantissime piccole gocce; il cielo nero oltre esse a volte si illuminava a causa di un lampo, e in quei momenti Stiles fremeva, perché sapeva che sarebbe arrivato subito un tuono.
Scott non era molto d’aiuto.
Anzi, non lo era affatto.
Aveva il sonno pesante – pesante era un eufemismo! – e quindi dormiva beato,  le coperte ammassate in fondo al letto, le gambe e le braccia allargate, un’espressione rilassata sul viso e la bocca semiaperta.
Stiles avrebbe voluto svegliarlo, ma per dirgli cosa, poi?
Scott aveva molto a cuore il sonno. Si sarebbe sicuramente arrabbiato. E lui non voleva che accadesse, non proprio quel giorno che era rimasto a dormire da lui.
Rimase a guardarlo dormire, steso su un lato, scomodo su quella brandina che i McCall avevano tirato fuori solo per lui, col mento poggiato sul palmo della mano.
Ghignò. Scott aveva un’espressione davvero stupida mentre dormiva, con quel rivolo di bava ad inumidirgli il mento rivolto verso l’alto.
Quando si fu stancato di osservare – in modo davvero inquietante, per giunta – il suo migliore amico, decise di provare a contare le pecore per riaddormentarsi. Metodo che trovò altamente stupido.
«Uno, due, tre…» iniziò a contare, ma quando arrivò a settantaquattro era ancora sveglissimo e, soprattutto,  preoccupato. Abbandonò l’idea e decise che come ipotetica soluzione alla mancanza di sonno contare le pecore era irrimediabilmente inutile.
L’improvviso fragore di un altro tuono lo portò a mettersi a sedere con uno scatto. Quando si fu assicurato che tutto fosse normale, lanciò un’occhiata a Scott.
«Non sei molto d’aiuto, sai?» borbottò imbronciandosi.
Quello si mosse appena. Stiles sussultò, timoroso che lo avesse sentito, ma Scott voleva solo cambiare posizione. Ora gli dava le spalle.
Stiles sbuffò.
Guardò la sveglia che era alla sua destra, sul comodino di Scott, e vide l’ora: 3: 47.
No, non poteva andare avanti così.
Decise che avrebbe preso un bicchiere d’acqua. Per calmarsi. Scese lentamente dalla brandina, cercando di non svegliare l’altro – anche se era praticamente impossibile – e sgusciò fuori dalla stanza. Se ne pentì immediatamente.
Perché l’interruttore della luce scompariva sempre, quando ne avevi bisogno?
Stiles lo cercò a tentoni, ma non lo trovò. Il cuore prese a battergli all’impazzata. Il semplice gesto di cercare l’interruttore si tramutò nel dare ansiosamente manate alla parete.
Nel momento in cui tuonò nuovamente, sobbalzò e si lanciò a destra, istintivamente. Non verso la camera di Scott, bensì quella di Melissa, sua madre.
Aggrottò la fronte, inizialmente timoroso, ma prima che un altro tuono arrivasse si infilò nella camera.
La donna dormiva. Stiles quasi si vergognò a svegliarla, ma sapeva per certo che lei non se la sarebbe presa, e comunque era grande. E i grandi risolvevano i problemi.
«Melissa?» la chiamò scuotendola leggermente per le spalle. «Melissa?»
«Mm» mugugnò lei voltandosi verso di lui. Socchiuse gli occhi, quando lo vide. «Stiles? Che ci fai ancora sveglio?»
«C’è il temporale.» disse solamente. Lei sembrò capire, perché si appoggiò su un gomito e annuì.
«E hai paura?»
«Sì.»
Stiles non fece giri di parole. Non quella volta: in fondo era Melissa. E a lei poteva dire tutto.
«Scott dorme?»
«Ah-ah»
«E ti pareva!» commentò la donna alzando gli occhi al cielo. Stiles ridacchiò divertito.
«Non l’hanno svegliato neanche i tuoni!» aggiunse poi con gli occhi e le braccia spalancati, come se fosse la cosa più strana del mondo.
Stavolta fu Melissa a ridacchiare. «Scott è fatto così.» Gli lanciò un’occhiata sospettosa. «Ma tu invece no.»
Stiles scosse la testa con energia. «Mi fanno paura. E fanno anche tanto rumore.»
La donna annuì comprensiva. «Hai ragione, Stiles. Non riesci a dormire, dunque.»
«Ho provato a contare le pecore, ma non funziona.»
Melissa sorrise e lo squadrò per diversi secondi, probabilmente indecisa sul da farsi. Cosa fare, con quel bambino iperattivo e logorroico che non riusciva a dormire?
Stiles intanto stava in piedi, zitto – cosa molto rara, per lui – e spostava il peso da un piede all’altro. I suoi occhi nocciola si erano abituati all’oscurità, e adesso guardava la stanza alla ricerca di dettagli su cui focalizzare la sua attenzione, ora che Melissa non parlava.
«Cosa fai per riaddormentarti, di solito, Stiles?»
Il bambino spostò lo sguardo su di lei. Aggrottò la fronte. «Di solito ho il mio cuscino, ma…» Lasciò la frase in sospeso ed abbassò lo sguardo, d’un tratto molto interessato al pavimento. Le guance erano poco più rosse.
«Ma…?»
«La mamma» sussurrò Stiles, sempre guardando giù. Melissa si irrigidì a quella parola. «La mamma mi abbracciava. E io dormivo.»
«Oh» bisbigliò la donna, leggermente in imbarazzo. Le dispiaceva aver tirato in ballo Claudia, dopotutto era passato solo un anno da quando li aveva lasciati e l’argomento era ancora molto, molto delicato.
«Ora che lei non c’è…» riprese Stiles rialzando la testa, timidamente, «ora che non c’è più non è che… insomma… ci potresti provare tu?»
Melissa sgranò gli occhi. «Io?»
Stiles annuì vigorosamente. «Sì!» Si concesse un sorriso. «Sei la cosa più vicina ad una mamma che ho, quindi… dovrebbe funzionare.»
La naturalezza con cui il bambino aveva pronunciato quella frase così complessa la colpì, tanto che per un po’ nessuno dei due disse niente. Poi sorrise e gli fece posto.
«Vieni» disse battendo una mano sulla porzione di letto accanto a lei.
Stiles esitò per un attimo, ma poi si tuffò nel letto accanto a Melissa. Le dava le spalle. Il cuscino era caldo, lei ci aveva dormito fino a poco prima. Tuttavia, non chiuse gli occhi. Ebbe l’impressione che anche Melissa fosse sveglia.
Provò a chiuderli, aspettando che Morfeo lo prendesse tra le sue braccia, ma non accadde nulla. Un attimo prima che li riaprisse, sentì il braccio di lei avvolgerlo delicatamente, quasi avesse paura di fargli male. Lo cinse con dolcezza, le dita lunghe e affusolate, da infermiera, a carezzargli con grazia la pancia piatta.
Per un po’ rimasero così, con lei che lo abbracciava e lui che, miracolosamente, non era terrorizzato dai tuoni.
Poi, la mente di Stiles fu attraversata da un dubbio. Aprì gli occhi di scatto. Si irrigidì.
«Melissa?»
Lei rispose qualche secondo dopo.
«Sì?»
Il bambino esitò. «Non è che Scott si arrabbierà, domani, vero? Sarà geloso che io sono qui?»
Sentì Melissa ridacchiare, il mento a pochi centimetri dalla sua testa.
«No, Stiles, non si arrabbierà.»
«Sicura?» insistette, preoccupato di dar fastidio al suo migliore amico.
«Sicura» ripeté Melissa. «E ora dormi.»
Stiles ubbidì. O, più precisamente, ebbe il buonsenso di provarci, invece di uscirsene con frasi come “ma tanto non ci riesco” o “è impossibile” come al suo solito, frasi che suo padre conosceva bene. Ci provò e basta.
Tentò di distrarsi dalla voglia di dormire, così magari ci sarebbe riuscito. Ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era il braccio di Melissa che sembrava perfetto per lui ed il suo corpicino esile, così perfetto, dolce, così… così da mamma.
Si sentiva così calmo, così in pace che, se non fosse stato sveglio, avrebbe detto di stare già dormendo.
Dopodiché, la lingua agì prima della mente.
«Melissa?»
Silenzio. Nessuno sbuffo, nessun borbottio. Non era arrabbiata.
«Sì?»
Attese qualche secondo. «Ti voglio bene.» sussurrò, quasi fosse un segreto, qualcosa che non andava detto.
La risposta di lei non tardò ad arrivare, stavolta, anzi: sembrava che stesse aspettando da sempre quella frase.
«Anche io.»
Quella fu la prima volta da un anno in cui Stiles riuscì ad addormentarsi dopo un temporale.






 
   
 
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