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Autore: Allyii    19/06/2014    5 recensioni
Sherlock è diventato la persona che è adesso all'età di undici anni, in una gelida giornata invernale.
Ricorda ancora il momento preciso: era accasciato contro al muro di camera sua, tenuto fermo da Mycroft. Piangeva.
Era stato tanto tempo prima, ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato.
Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente e ti trascina all’indietro, verso di sé.
[...]
"Afghanistan o Iraq?"
[child!lock]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando aveva sette anni, Sherlock era un bambino dolce e altruista, ma era solo.

I suoi genitori lo amavano molto, ma entrambi erano quasi tutto il giorno fuori casa per lavoro.

Sua madre faceva l’istruttrice privata di matematica due case più avanti, in modo da poter essere sempre vicino ai suoi figli, mentre il padre lavorava in posta.

Lui e Mycroft giocavano spesso insieme, prima, ma ora Mycroft aveva quattordici anni e sembrava non avere più tempo per lui, troppo impegnato a uscire con i suoi coetanei.

Sherlock non riusciva a socializzare con gli altri bambini. Era sempre un passo avanti a loro, spesso più di uno, così i suoi compagni di scuola lo evitavano, sebbene lui non li trattasse male, e lui si annoiava a giocare con loro.

Era stato abituato da sua madre e da Mycroft a pensare e a fare cose da ‘adulto’.

Il gioco più da bambini anche aveva era l’allegro chirurgo con cui spesso giocava assieme  a suo fratello.

Ma ora era tutto cambiato.

“Mycroft, mi annoio…”

“Non ora, Sherlock. Devo finire i compiti. Vai a giocare in camera tua.”

“Ma mi annoio!”

“Leggi, disegna, fai qualcosa, ma non mi scocciare!”

[…]

“Mycroft, mi accompagni a scuola? Piove.”

“Non posso, Sherlock, vado con i miei amici, prendi il pulmino della scuola.”

[…]

“Mycroft, dove vai?”

“Vado a casa di Jason, danno una festa. Non lo sapevi? Suo fratello, Jamie, non è in classe con te?”

“Si, ma non me lo ha detto. Quando torni?”

“Non lo so, non per cena comunque. Nel microonde c’è il pollo di ieri. Ciao!”

[…]

“Mycroft…”

“Sherlock, basta scocciarmi. Perché non giochi un po’ con i tuoi amici?”

Sherlock si guardò le punte dei piedi.

“Perché non ne ho…”

Mycroft lo guardò, pensieroso e preoccupato.

Voleva bene al suo fratellino, più che a chiunque altro, lo amava più di se stesso, ma non poteva stargli sempre dietro.

Sapeva come ci si sentiva: prima di quell’anno, anche lui si era sentito tremendamente solo e incompreso. A volte si sentiva così tutt’ora, ma stava cercando di socializzare almeno un po’.<

Sherlock non sembrava altrettanto bravo.

Poi gli venne un’idea.

[…]

Sherlock era in camera sua a guardare la pioggia scrosciare fuori dalla finestra, come ormai faceva ogni giorno, quando sua madre lo chiamò.

 “Sherlock! Scendi caro! Guarda cosa ti ha portato Mike!”

“Mamma, mi chiamo Mycroft, non Mike.” La riprese il fratello, ma non sembrava seccato come al solito, o almeno, così sembrava dal tono di voce.

Sherlock si voltò. Era almeno una settimana che Mycroft faceva il misterioso più del solito. Aveva provato più di una volta a dedurre cosa stesse facendo, ma era troppo lento, come spesso il fratello gli ricordava, così non era riuscito a capirne i motivi.

Mentre Sherlock scendeva gli otto scalini che separavano le stanze dall’ingresso, sentì un lieve guaito. Poi un secondo, poi un terzo.

Non appena capì cosa fosse, gli si illuminarono gli occhi.

“È un cane!” gridò, gioioso, precipitandosi nell’ingresso, dove i suoi genitori e suo fratello cercavano di tenere a bada qualcosa che si agitava dentro a una cesta di vimini.

Sherlock si avvicinò e vide un essere minuscolo avvolto in un lenzuolino.

Mycroft sorrise e tirò via il lenzuolo, scoprendo un cucciolo di Cocker Spaniel Inglese dal pelo lungo e rosso.

Sherlock lo guardò estasiato. Allungò le mani e Mycroft glielo mise in braccio. “Fai piano, e fai attenzione.” Gli raccomandò. “Ha solo due mesi, sii delicato.”

Sherlock prese il cagnolino e lo strinse a se come se fosse stato di vetro.

“È per me?” chiese, esitante,  accarezzando il lungo pelo rosso.

Il cane, evidentemente, si stava trovando a proprio agio, perché non si agitava più ed era messo bello comodo tra le braccia di Sherlock.

“Certo, Sherlock. Così magari ti sentirai meno solo.” Rispose Mycroft, con affetto.

Sherlock lo guardò con qualcosa di simile alla venerazione negli occhi.

“Allora, come vuoi chiamarlo?” Chiese Mycroft, piegandosi sulle ginocchia in modo di trovarsi all’altezza del viso di Sherlock.

Sherlock ci pensò su, guardando con affetto il cane che ora dormiva pacifico tra le sue braccia. Poi gli venne un’idea.

“Barbarossa!” esclamò, felice. “Come il pirata del cartone!”

Mycroft scosse la testa, bonario, e sorrise, scompigliando i capelli ricciuti del fratellino.

**

Sherlock è diventato la persona che è adesso all'età di undici anni, in una gelida giornata invernale.
Ricorda ancora il momento preciso: era accasciato contro al muro di camera sua, tenuto fermo da Mycroft. Piangeva.
Era stato tanto tempo prima, ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato.

Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente e ti trascina all’indietro, verso di sé.

**

“Mycroft, Barbarossa cammina in modo strano.”

“Strano come?”

“Sembra che zoppica.”

“Forse è una tua impressione. Ha solo quattro mesi, è ovvio che sia un po’ malfermo sulle zampe. Ancora un mese e potrete correre insieme, ne sono sicuro.”

[…]

Barbarossa era molto affettuoso con Sherlock: quando lo vedeva gli faceva le feste, lo leccava ovunque, abbaiando giocoso. Non gli piaceva camminare, però.

“Dai, Barbarossa, vieni qui, ragazzone!” lo intimava Sherlock, picchiettandosi sulle ginocchia a mo’ di invito.

“Vieni, vieni qui.” Barbarossa, sdraiato sul pavimento, si alzava controvoglia.

“Va tutto bene, tutto bene. Andiamo, sono io, sono io!” diceva, Sherlock, con affetto.

Anche se lentamente, Barbarossa andava sempre verso di lui.

“Bravo ragazzo, molto intelligente!” diceva Sherlock, mentre Barbarossa gli si fiondava tra le braccia e lo leccava ovunque, felice.

[…]

“Mycroft, Barbarossa non piega bene le zampe. Sono sempre rigide.”

Mycroft cercò di esaminare attentamente le zampe del cane ma, non appena gliele toccò, Barbarossa ululò di dolore e si dimenò, correndo via.

Beh, correndo è una parola grossa. Camminando a passo sostenuto, sarebbe più appropriato.

Durante quell’ultimo anno, effettivamente, il cane non si era mai mosso molto, ma tutti credevano che fosse solo di carattere pigro. Nella mente di Mycroft, però, un terribile pensiero si stava formando.

“Domani lo portiamo dal veterinario.” Disse.

[…]

“Mi dispiace.” Disse., semplicemente, il veterinario, esaminando le radiografie con aria grave “Displasia alle anche di grado medio/avanzato.”

“Cosa vuol dire?” chiese Sherlock, in lacrime, accarezzando Barbarossa sul dorso.

Il veterinario lo guardò, poi guardò Mycroft.

“La displasia dell’anca è una dolorosa malattia invalidante che porta l’anca del cane ad indebolirsi, deteriorarsi e sviluppare artrite. Essa deriva dallo sviluppo anomalo dell’anca, che coinvolge la testa del femore che non si adatta correttamente. La displasia dell’anca può essere lieve oppure può essere grave e causare l’artrite paralizzante.” Snocciolò, quasi a memoria.

“E quando è grave quella di Barbarossa?” chiese Mycroft, agitato. Temeva la risposta.

“Gliel’ho detto. È di grado medio/avanzato. Il cane ha un anno e mezzo e si vede che non ha mai camminato o corso veramente nel corso della sua vita, e ormai è troppo tardi. Non servirebbero nemmeno le protesi. Ha ancora due, forse tre anni di movimento. Ma poi sarà paralizzato tutto il corpo.” Disse, pesantemente.

Le parole galleggiarono dure nell’aria.

Sherlock sentì qualcosa rompersi dentro di lui.

[…]

Sherlock l’aveva detto.

L’aveva notato subito, sin dai primi mesi, che qualcosa non andava.

Che Barbarossa zoppicava.

Ma no, lui era quello stupido, era quello lento, quello a cui non si doveva dare mai retta, che tanto non aveva mai ragione.

Una lacrima solitaria gli cadde sulla guancia e venne prontamente leccata via la una lingua ruvida e calda. Sherlock strinse il cane forte a se e pianse.

Odiava tutti, in quella famiglia.

Soprattutto, odiava Mycroft. Per non avergli mai dato retta veramente.

**

NO! NO! NON LO PERMETTERÒ!!” Gridò Sherlock, disperato, mentre Mycroft cercava di tenerlo fermo.

“Lasciami, Mycroft, lasciami! BARBAROSSA! NO!”

Sherlock si dimenò con tutta la forza che aveva, ma il fratello, che aveva diciotto anni, ebbe la meglio e riuscì a sbatterlo contro un muro.

“Sherlock, per l’amor del cielo, finiscila!” Lo rimproverò, mentre gli teneva le mani giunte dietro alla schiena. “Dispiace anche a me, ma devi capire, per lui non sarebbe vita!” Cercò di spiegare al fratellino, che ancora gridava, in lacrime.

Dietro di loro, un uomo stava portando via Barbarossa.

“Non portarmelo via, ti supplico! È l’unico amico che ho!” pianse Sherlock, pregando il fratello, le spalle scosse da violenti singhiozzi.

Anche a Mycroft scese una lacrima.

“È per il suo bene.” Ripeté, con la voce rotta. “Non  è più autonomo, Sherlock. Non può fare nulla da solo, non si muove più. Sarebbe crudele costringerlo a vivere così.”

“Ma non posso perderlo!” gridò ancora Sherlock, sempre inchiodato al muro. “È mio amico!”

“Ora basta, Sherlock! Barbarossa sta andando in un luogo migliore! Devi capirlo e accettarlo!” gli gridò sopra Mycroft, la voce ferma nonostante le copiose lacrime che ora gli rigavano il volto. “Ed è ora che tu cresca, hai undici anni ormai! Devi imparare a non farti coinvolgere dalle emozioni, il risultato è sempre un cuore spezzato!”

Sherlock rimase immobile e Mycroft ne approfittò per continuare. “Non vi è alcun vantaggio nei sentimenti, Sherlock, è ora che tu lo capisca!” disse, lasciandolo andare.

Sherlock non si voltò e si accasciò contro il muro, sulle ginocchia.

Mycroft, assicuratosi che non si rimettesse più a fare il pazzo, gli passò una mano tra i capelli e uscì dalla stanza.

[…]

Era finita.

Sherlock respirò pesantemente.

Finita.

Barbarossa non c’era più.

Non avrebbe più potuto abbracciarlo.

Non avrebbe più potuto confidarsi con lui.

Non avrebbe più sentito la sua lingua ruvida sulle sue mani.

Nessuno lo avrebbe più consolato dopo qualche litigio con gli altri bambini del quartiere.

Sherlock era… solo.

Non vi è alcun vantaggio nei sentimenti, Sherlock gli aveva detto Mycroft quella mattina.

E forse aveva ragione.

Sherlock non avrebbe mai più avuto amici. Non ne voleva.

Non più.

Mai più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

**

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aveva in mano la micropipetta quando qualcuno bussò alla porta del laboratorio.

Entrarono due uomini.

Sherlock li guardò per un solo istante, prima di tornare al suo lavoro.

Uno era Mike Stamford, suo conoscente di vecchia data, l’altro era un soldato appena tornato dalla guerra.

Si capiva dal bastone e dal taglio di capelli.

Sherlock chiese a Mike di prestargli il cellulare, ma fu il soldato, John Watson,  a offrirgli il suo.

“Oh. Grazie.” Disse Sherlock, un po’ sorpreso.

Prese il telefono e lo aprì.

“Afghanistan o Iraq?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice:

Beh, che dire? Eccomi qui.
Sono  un po’ emozionata, a dire il vero. Questa non è assolutamente la prima fanfiction che scrivo, ma è la prima che pubblico in questo fandom.
Sono entrata nel mondo di Sherlock il 10 Giugno, 9 giorni fa, sebbene dovessi studiare per la maturità, guardandomi tutti le puntate in lingua. L’ispirazione per questa fanfiction mi è venuta stamattina mentre andavo a scuola a sostenere la seconda prova ahhaha
Spero che vi sia piaciuta, anche se, effettivamente, non è nulla di che, perché questa era una sorta di esperimento, poiché ho una piccola long Johnlock in cantiere e volevo provare a capire se riesco a caratterizzare bene i personaggi, non so, se piace il mio stile di scrittura, boh.
Comunque, la mia Johnlock è qui nel pc, con la bozza scritta e pronta per essere sviluppata, per cui ci rivedremo presto!

 

 

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