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Autore: grenade_    20/06/2014    2 recensioni
«Andiamocene.» mormorò, il tono della sua voce lievemente addolcito. «Tu ed io, scappiamo via da qui.»
Gli occhi di Jade incontrarono presto quelli di Perrie, perplessi.
«Come faremo a vivere? Non abbiamo niente.» le chiese, gli occhi che cercavano un disperato appoggio nei suoi e la voce strozzata dal pianto imminente.
«Hai me.» sussurrò, guardandola dolcemente. «Ed io ho te.» ribadì ancora, stringendole delicatamente le mani, «Non abbiamo bisogno di nulla.».
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Jade Thirlwall, Perrie Edwards
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Due birre a questo tavolo, bellezza!»
I due uomini seduti al tavolo in fondo al locale erano ridotti ad uno straccio: sedevano stravaccati sulle sedie in legno quasi si trovassero sul divano di casa propria, ridevano rumorosamente senza alcun apparente motivo, ed erano così ubriachi da aver rischiato più volte di cadere dalla sedia, visti i continui e sconvenienti dondolii.
Jade era ancora chiusa nella sua divisa da lavoro azzurra, e dovette socchiudere gli occhi e tirare un lungo respiro per impedire ai suoi nervi di esplodere, il che le avrebbe fatto perdere il lavoro quasi sicuramente. Il signor Garrett, il proprietario del locale, non era certo un tipo gentile, le aveva offerto quell’impiego quasi per miracolo, e Jade era certa che non vedesse l’ora che commettesse un errore, così da provare la soddisfazione di sbatterla in mezzo alla strada a calci.
Rimase un attimo in meditazione, quasi stesse supplicando i suoi stessi piedi di non correre da quei due e prenderli a pugni, e quando ritenette di essere abbastanza rilassata da poter affrontare quei visi loschi eseguì l’ordine. Tirò fuori due birre fredde dal congelatore sotto al bancone e si stampò un sorriso falso sulla faccia, perché sapeva che, da qualche parte in quel monolocale, il suo capo la stava osservando. E se lei non fosse stata abbastanza convincente, allora sarebbe stata la fine.
Camminò fino al tavolo quasi stesse percorrendo il patibolo, e quando vi fu vicina appoggiò le due bevande sul piano sudicio, rivolgendo un sorriso di circostanza ad entrambi. Quelli le riservarono occhiate lascive e risatine idiote, ringraziandola con un “grazie” strascicato che di gratitudine non aveva affatto nulla. Fu quando Jade si voltò, sollevata, che sentì qualcosa scattare contro il suo sedere, il busto di conseguenza piegarsi leggermente in avanti.
«Non male.»
Capì che ad averla colpita era stata la mano di uno dei due quando una sonora risata riempì l’abitacolo, appartenente quasi sicuramente ad uno degli uomini. Ancora una volta si trovò a dover rilassare i nervi e placare i suoi istinti con numerosi e lunghi respiri, le dita a stringere con forza i lembi della gonna della divisa.
Non disse niente, e tornò al bancone fingendosi naturale, quasi l’intera scena non le avesse fatto venire voglia di vomitare.
«E’ disgustoso.» decretò invece la bionda allo sgabello con tono rude, gli occhi azzurri a fulminare i due uomini seduti al tavolo, che bevevano birra e ancora se la ridevano. «Perché non gli tirato un calcio nelle palle?!» borbottò irata, rivolgendo stavolta gli occhi chiari su quelli scuri di Jade.
Quella alzò lo sguardo dal panno di cotone scuro con cui era intenta a pulire, puntandolo su quelli che erano gli occhi della sua migliore amica, guardandola con una frustrazione e vergogna che Perrie non avrebbe saputo cogliere.
«Sai che non posso farlo.» replicò con un tono di voce basso, quasi stanco, tornando a volgere lo sguardo sul pannetto e sul legno sporco.
La bionda assottigliò lo sguardo sull’amica e si lasciò andare ad un sospiro annoiato, stufa di dover sentire sempre la solita risposta. Incrociò le braccia sul bancone e avvicinò il viso al suo, così da poterla guardare negli occhi. «Per quanto tempo ancora hai intenzione di rimanere qui a farti trattare come una puttanella?» ringhiò a denti stretti, la rabbia perfettamente percepibile dal tono della sua voce.
Jade trasalì a quelle parole. Quante volte aveva sentito quella frase? Quante volte era stata tentata di mollare tutto quanto e mandare al diavolo il suo lavoro e tutti quelli che ci avevano a che fare? Troppe volte aveva trattenuto la rabbia, la tristezza, le lacrime e le sue emozioni per tenersi stretto quel lavoro, l’unica fonte di guadagno che le era rimasta.
Deglutì, decisa ancora una volta a non dare la soddisfazione a Perrie di vederla sconfitta, nonostante entrambe sapessero che lo era, e la sua ostinazione ne era soltanto una prova.
«Quando le leggi del mondo cambieranno e non avrò bisogno di soldi per mantenermi, o per mangiare.» ribatté.
«A questo prezzo?» replicò l’altra, «Facendo la cameriera a vita, facendoti trattare come una sciacquetta?».
Jade avrebbe voluto scoppiare in lacrime. Come avrebbe voluto gettare quella divisa e non rivedere mai più quel posto, ma come poteva? Chi l’avrebbe ospitata, e chi le avrebbe dato da coprirsi e da mangiare? Non di certo Perrie, che era più squattrinata di lei e viveva di serate karaoke nei night club. Era questo l’unico pensiero che la destava dai suoi desideri di fuga, il desiderio di essere indipendente e di poter essere un’ancora per la sua amica.
Avvertì gli occhi farsi lucidi ed una lacrima scendere per la guancia, ma le dita di Perrie furono più veloci e la raccolsero, e Jade tirò su col naso per cercare di ridarsi un contegno.
La bionda le prese entrambe le mani e le racchiuse nelle sue, con la sicurezza che le era solita e che Jade adorava. Prese ad accarezzarne ritmicamente i dorsi coi pollici, nel tentativo di farla rilassare. Poi sospirò.
«Andiamocene.» mormorò, il tono della sua voce lievemente addolcito. «Tu ed io, scappiamo via da qui.»
Gli occhi di Jade incontrarono presto quelli di Perrie, perplessi.
«Come faremo a vivere? Non abbiamo niente.» le chiese, gli occhi che cercavano un disperato appoggio nei suoi e la voce strozzata dal pianto imminente.
Quella era una pazzia, Jade lo sapeva bene. Non sarebbero resistite nemmeno un giorno senza soldi e senza un tetto sopra la testa, come avrebbero fatto a vivere?
Ma lei era stanca. Era stanca di doversi sottomettere al volere degli altri, a dover fare di tutto per un minimo stipendio che le permetteva di sopravvivere, senza avere comunque la dignità che desiderava. Era stanca di dover sopportare e mordersi la lingua pur di non finire nei guai, non avrebbe potuto farcela un giorno di più.
Allora Perrie distese le labbra in un sorriso, uno di quelli per i quali Jade avrebbe fatto di tutto, persino rinunciare alla sua autonomia e al suo stabile – per quanto potesse definirsi tale – lavoro.
«Hai me.» sussurrò, guardandola dolcemente. «Ed io ho te.» ribadì ancora, stringendole delicatamente le mani, «Non abbiamo bisogno di nulla.».
Jade stette a guardarla per qualche secondo, incerta. Era certa che quello in cui stava per cacciarsi era un guaio ben peggiore a quelli che aveva sempre cercato di evitare, e non era sicura di riuscire a sopportare la delusione che ne avrebbe ricavato, decidendo di seguire Perrie nella sua pazza idea.
Ma i suoi occhi erano così sicuri. Quell’azzurro così intenso non faceva che trasmetterle la sicurezza che lei non aveva mai avuto, e sentiva dentro di sé che niente sarebbe andato storto, con Perrie affianco.
Perrie, la sua Perrie, che le era stata vicina dal primo giorno di liceo e non l’aveva mai abbandonata. La stessa che avrebbe fatto di tutto pur di non vederla soffrire e che avrebbe sacrificato sé stessa per la sua felicità.
Perrie, i quali occhi azzurri sarebbero stati per sempre la sua peggior rovina.

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