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Autore: King_Peter    20/06/2014    22 recensioni
{Percabeth | Future!Blood of Olympus }
Era successo tutto più velocemente di quanto Percy avesse mai immaginato: il cielo di Atene era un unico, livido cumulo di nubi, nubi temporalesche identiche a quelle che continuavano a muoversi negli occhi stanchi di Annabeth.

"Annabeth." tossicchiò, il volto sporco di fuliggine che cercava quello della sua ragazza, "Annabeth."
La figlia di Atena non aveva più forze e non disse nulla, caricando il suo sguardo con tutta la dolcezza che riuscì a metterci.
"Mi ami?" le chiese.
"Percy, ma perc ..."
"Mi ami, Annabeth?" ripeté lui con la stessa testardaggine che aveva sempre affascinato la ragazza che adesso gli stava stringendo la mano, una sensazione fredda sulla spalla.
"Si, ti amo Percy." gli rispose, "Che razza di domande mi fai quando stiamo per ..."
"Morire?" chiese lui.

"Percy, promettimi che staremo insieme, per sempre."
Aspettò una risposta.
"Percy, promettimelo." ripeté, sospettando uno dei soliti scherzi del ragazzo: troppo tardi si accorse che il suo petto si alzava ed abbassava lentamente, troppo lentamente.
C'erano soltanto loro due, adesso.
"Non piangere, Annabeth." sussurrò lui, la voce persa nel vento, "Sii forte."
"Ti aspetterò per sempre nell'Elisio."
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: King_Peter
Titolo: Together, forever
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Percy Jackson, Annabeth Chase
Rating: Verde
Note: 

♣ Primo 
Ok, so che dopo aver letto vi preparetete ad uccidermi, ma non ho resistito all'impulso di scrivere una Percabeth ambientata ipoteticamente in Blood of Olympus, guardando un trailer fanmade di quest'ultimo libro della serie degli Eroi dell'Olimpo e che non so linkarvi perché sono un demente o.o
♣ Secondo.
Se recensite, e voi recensirete, vero?
*occhi da cucciolo*
Sappiate che sono un maschio xD Quindi, semidei avvisati, mezzi salvati! :3
♣ Terzo.
Boh, non so più che scrivere o.o 
Ah, non venite ad uccidermi, please! ç____ç Dovete solo "ringraziare" la mia mente bacata per questa FF che mi ha quasi fatto versare fiumi di lacrime ç__ç
No, però mi ha fatto sentire triste.
♣ Quarto. 
Ultimo consiglio di lettura: se proprio volete piangere come fontane, mettete in sottofondo "My heart will go on", di Celine Dion ... quella del Titanic, giusto! .-.
Angst a tutto spiano, per chi vuole farsi proprio male!
Buona lettura! :?


 
Era successo tutto più velocemente di quanto Percy avesse mai immaginato: il cielo di Atene era un unico, livido cumulo di nubi, nubi temporalesche identiche a quelle che continuavano a muoversi negli occhi stanchi di Annabeth.
La figlia di Atena inspirava ed espirava profondamente, prendendo quanta più aria possibile, mentre sembrava che un masso enorme le stesse schiacciando il petto, impedendole di respirare: i suoi capelli biondi erano riversi sul marmo bianco del Partenone, intaccato in più punti per la strenua battaglia che i due avevano intrapreso contro i giganti e che avevano perso, dove Gea era risorta, plasmata dal sangue e dalla vendetta che aveva covato per migliaia di anni nel suo sonno, ormai finito.
Erano soli.
Annabeth si reggeva a fatica l'addome dove la profonda ferita inferta dai giganti continuava a bruciare e a prolungare il tuo tormento, mentre stringeva i denti, annaspando tra polvere e sangue, trovando la mano pronta di Percy che cercava la sua.
La figlia di Atena ansimò mentre la ferita tirava e bruciava di dolore, voltandosi per incontrare ancora una volta il suo volto, il volto di Percy, striato dal sangue impastato assieme alla polvere, i capelli ebano che avevano perso la loro sfumatura caratteristica, sepolta sotto strati di fumo e sudore.
La disperazione invase il cuore di Annabeth, mentre voci maligne, che sembravano appollaiate sulle sue spalle, sussurravano alle sue orecchie ciò che più temeva, che più la spaventava.
Annabeth non voleva dare loro ascolto, voleva urlare al mondo che si stava sbagliando, che fossero il dolore e il tempo a giocargli quegli scherzi, ma una parte di lei non poteva non calcolare le probabilità che fosse tutto vero, come se una parte della sua testa fosse rimasta lucida in balia della follia che la stava attaccando.
Strinse più forte la sua mano.
Lui capì e rinsaldò la stretta sulla sua, mentre i loro occhi si incontravano ancora: Percy era l'unica cosa sicura che le rimaneva, adesso, e non poteva permettersi il lusso di perderlo.
No, si corresse, lei non l'avrebbe perduto.
I suoi occhi verde mare sembravano aver perso il loro colore brillante, mentre cercavano disperatamente quelli di Annabeth, come un naufrago cerca disperatamente la zattera di fortuna per mettersi in salvo: lì, nella solitudine del Partenone, sotto lo sguardo solenne della gigantesca statua di Athena Parthenòs, Percy non poté non provare un impulso istintivo, qualcosa che Percy non seppe mai se fosse stata la sua ragione a suggeriglielo o il suo cuore.
"Annabeth." tossicchiò, il volto sporco di fuliggine che cercava quello della sua ragazza, "Annabeth."
La figlia di Atena non aveva più forze e non disse nulla, caricando il suo sguardo con tutta la dolcezza che riuscì a metterci.
"Mi ami?" le chiese.
Annabeth sembrò essere colta alla sprovvista, mentre i suoi occhi sfumavano da sorpresi a confusi, non avendo, per una volta, la risposta pronta a ciò che le veniva chiesto.
Che ilarità!
Una figlia di Atena che non sa cosa rispondere ad una delle domande più facili che le si possano chiedere!
"Percy, ma perc ..."
"Mi ami, Annabeth?" ripeté lui con la stessa testardaggine che aveva sempre affascinato la ragazza che adesso gli stava stringendo la mano, una sensazione fredda sulla spalla.
Si voltò, per quello che le era possibile, ma non vide nulla dietro di sè, tornando a guardare il viso speranzoso di Percy che continuava ad aspettare una risposta.
Silenzio.
"Si, ti amo Percy." gli rispose, "Che razza di domande mi fai quando stiamo per ..."
"Morire?" chiese lui.
Fu una pugnalata dritta al cuore, fredda, inaspettata ed improvvisa: Annabeth stava cercando di concentarsi su qualsiasi altra cosa che non fosse la loro fine perché sapeva che le ferite che riportavano li stavano conducendo lentamente alla morte.
"Percy, non ..."
Gli occhi della figlia di Atena si riempirono di lacrime quando lui annuì, mesto, aspettando la fine, continuando a stringerle la mano.
"Ade sarà contento." commentò lui, quasi ridacchiando come se la morte non lo spaventasse. Si morse il labbro quando si mosse verso di lei e Annabeth capì che si trattava dei lividi e delle ferite che riportava sul corpo.
"Percy, non mi stupirò mai di come tu faccia a scherzare anche quando non c'è più speranza." ribattè lei, guardando il cielo di Atene, la città che aveva sempre voluto visitare.
La città che aveva visto la vittoria di sua madre e che ora doveva vedere la fine di sua figlia.
"Leo ti direbbe che ogni momento è opportuno per farlo."
Uno spettro di un sorriso campeggiò per un attimo sul suo volto, mentre la sua voce suonava flebile come il vento, quasi confusa ad esso, ma che Annabeth riuscì a capire lo stesso.
Probabilmente era una cosa stupida, ma in quel momento Annabeth si sentiva al sicuro, protetta mentre stringeva la sua mano, ora consapevole del fatto che quelli potevano essere i suoi ultimi minuti di vita.
"Credi ... "
La sua voce vacillò, mentre sembrava che avesse ingoiato della sabbia che adesso le impediva di parlare.
Gli occhi di Percy la guardavano incoraggianti.
"Credi che gli altri siano vivi?" gli chiese, preoccupata per la risposta che avrebbe potuto ottenere.
Non voleva saperlo, ma la curiosità in lei si faceva più vivida, come se avesse riscoperto la voglia di vivere proprio adesso che stava per morire.
Percy rimase muto, proprio come Annabeth aveva immaginato, e il suo silenzio continuava ad alimentare le supposizioni, i ragionamenti che si stavano scontrando dentro di lei, cose perfettamente inutili dato che loro non potevano fare più nulla.
Un rumore di forbici.
"Annabeth." chiamò lui, la voce ridotta ad un sussurro, mentre i suoi occhi verde mare riacquistavano un po' dell'antica allegria che li aveva segnati, "Sposami."
Per la seconda volta in quella giornata Annabeth non sapeva che dire, nè quale fosse la risposta migliore da dargli anche se una parte della sua testa le suggeriva la parola più semplice: "si"
Fu come se avesse inghiottito altra sabbia.
"Adesso?" gli chiese.
Lui rise ed Annabeth vide che quella risata gli stava costando molta più energia di quanto desse a vedere, la ferita che tirava e bruciava in maniera indescrivibile.
"Vedi altri momenti opportuni?" le chiese a sua volta, un'ombra di un sorriso che appariva sul suo volto e che lo faceva, finalmente, riapparire come il ragazzino di dodici anni di cui Annabeth si era innamorata, la prima volta che lui era arrivato al campo e che lei lo aveva accudito in infermieria, osservando come sbavasse mentre dormiva.
La figlia di Atena annuì, gli occhi pieni di lacrime, mentre Percy tirava su col naso, prendendole la mano come se volesse infilarle l'anello, cosa che non aveva.
"Annabeth Chase, figlia di Atena." disse, la voce spezzata dall'emozione, "Vuoi prendere me, Percy Jackson, figlio di Poseidone, come tuo legittimo sposo?"
Annabeth era sull'orlo di una crisi di pianto.
"Si, lo voglio." rispose, "E tu Percy Jackson, figlio di Poseidone, vuoi ... "
La sua voce era impastata, bombardata dall'emozione e dalla tristezza di quel gesto che stavano compiendo in extremis, i loro ultimi minuti assieme sulla terra.
"Vuoi prendere me, Annabeth Chase, figlia di Atena, come tua legittima sposa?" domandò, scoppiando a piangere.
"Si che lo voglio." rispose lui, gli occhi lucidi, sforzandosi di non piangere e portando le mani al collo, slacciandosi la collana con le perline di terracotta del campo.
In un primo momento Annabeth non capì cosa stesse facendo, poi comprese e lo imitò, slacciando la sua, porgendogliela e ricevendo in cambio quella del suo ragazzo.
Adesso erano loro due, sposati, le mani strette, pronti per vivere per sempre assieme nell'Elisio.
I loro occhi si incontrarono, ancora una volta.
"Annabeth, ti amo."
"Anch'io."
La figlia di Atena si appoggiò delicatamente al suo petto, tirando su col naso e ripensando a tutti coloro che stava lasciando, se solo il mondo non fosse ancora stato distrutto da Gea: le immagini di suo padre, i suoi fratellastri, Chirone, Clarisse e tutti quelli che conosceva le passarono davanti agli occhi così velocemente che nemmeno lei si accorse di quanto dolore avrebbe causato la sua morte.
"Percy, promettimi che staremo insieme, per sempre."
Aspettò una risposta.
"Percy, promettimelo." ripeté, sospettando uno dei soliti scherzi del ragazzo: troppo tardi si accorse che il suo petto si alzava ed abbassava lentamente, troppo lentamente.
"Percy!" esclamò, ignorando il dolore della ferita sotto l'addome, alzando il busto e incontrando gli occhi di Percy, stanchi, le palpebre pronte a chiudersi per un'ultima volta.
"Percy!" urlò, tra le lacrime, continuando a tenere stretta la sua mano, ignorando tutto ciò che le stava accadendo intorno, il rumore che si avvicinava, il boato delle fiamme, il rumore secco di forbici vibrare nell'aria.
C'erano soltanto loro due, adesso.
"Non piangere, Annabeth." sussurrò lui, la voce persa nel vento, "Sii forte."
Lacrime scendevano copiose sulla maglietta arancione del campo, strappata, bruciata, tagliata, mentre sembrava che il suo cuore stesse per collassare su sé stesso.
"Ti aspetterò per sempre nell'Elisio."
Annabeth non aspettò altro: assaporò ancora una volta le sue labbra, il loro sapore salmastro confuso assieme a quello di ruggine del sangue, mentre gli donava un ultimo bacio, un ultimo bacio sussurrato tra fredde braccia della morte.
Adesso era sola, sola con il suo dolore e la sua rabbia, senza più posto per le lacrime, ormai: la figlia della saggezza non aveva più forze per vincere la guerra che si stava combattendo dentro di sé.
Era morto, Percy era morto.
Annabeth respirò affannosamente, sentendo il suono del suo cuore che si spezzava ed accarezzando con le dita il suo volto, lasciando andare ancora le lacrime che credeva fosse andate perse assieme alla sua vita.
Quasi non si accorse di qualcuno che le mise una mano sulla spalla.
 
 
[...]
 
 
"Quella mano era di Piper." gli raccontò Annabeth, prendendo i fiori secchi e cambiandoli con quelli freschi, "Mi hanno salvata, Percy, ma perché io si e tu no?" gli chiese, la voce strozzata, piena di tristezza e dolore.
La foto di Percy scintillava sotto la luce del sole del primo mattino, la rugiada ancora impregnava i fili d'erba del cimitero dove l'avevano sepolto: sorrideva, nella foto, i suoi occhi scintillavano come quando lei lo aveva conosciuto, completamente diverso dallo stato in cui erano quando si erano lasciati.
Annabeth sentì il bisogno di piangere, toccandosi la collana di perle di terracotta che si erano scambiati al posto degli anelli, lì, ad Atene, la città che aveva sempre voluto vedere e che ora voleva cancellare dalla sua memoria.
Aveva cercato di uccidersi, si, Annabeth ci aveva provato, ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo veramente, tentata da una parte di rivedere Percy e dall'altra di continuare a vivere per ricordare.
Per ricordarlo.
La scritta che lei aveva fatto incidere sulla lapide scintillava d'oro imperiale sotto i raggi del sole che la colpivano in pieno.
"I'll wait for you forever in Elysium" lesse e ricordò Annabeth, mentre le lacrime rigavano le sue guance, "Un giorno ci rivedremo, Percy. Ne sono sicura, amore mio."
 
  
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