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Autore: disconnected    20/06/2014    3 recensioni
Pensò che era esattamente quello che faceva anche nella vita di tutti giorni: allontanarsi da chi dimostrava anche un minimo interessamento verso di lei.
Io ferisco le persone, è meglio che mi stiano lontano era la sua spiegazione. Non che lo spiegasse a qualcuno, era quello che diceva a se stessa quando l’assenza di una spalla su cui piangere si faceva sentire di più. Era una dura, o almeno, voleva dare quell’impressione, in realtà era solo un delicato fiocco di neve che al minimo contatto con il calore si scioglieva.
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L’aria fredda degli inizi di novembre lo colpì come una secchiata d’acqua fredda, ma questo gli servì a riprendere fiato. Rimase lì, immobile, per alcuni minuti, pensando a quanto lui fosse inutile. Non era il tipo di ragazzo che tutti notavano, non era quello per cui le ragazze facevano la coda, non era bravo nello sport, non era nemmeno bravo a scuola. Non era bravo in niente. Perché mai una ragazza come Kora avrebbe dovuto notare proprio lui? Ora si sentiva perfino ridicolo. Ridicolo e patetico.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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“You take me by the hand,
I’m sure of who I am.”
- Beth Crowley, Warrior.
 
 

La musica della discoteca era così forte che Kora sentiva le ossa tremare.
Non le piacevano le discoteche, non le erano mai piaciute. Non le piaceva il modo in cui le ragazze si concedevano così facilmente a qualsiasi essere del sesso opposto, ma anche dello stesso sesso. C’era qualcosa di estremamente sbagliato in tutto quell’ammasso di corpi che si muovevano, qualcosa che Kora non sopportava.
Si chiese che ci stesse facendo lì.
Ma alla fine, nemmeno sapeva come ci era arrivata in quel posto.
Le luci blu illuminavano la pista e la postazione rialzata del dj, mentre Kora, come sempre, se ne stava nell’ombra.
Alla fin fine, chi era lei per giudicare?
Vaffanculo pensò finendo la birra che aveva in mano sta sera non sarò la solita Kora, sta sera sarò chi voglio.
Così si diresse al centro della pista e cominciò a ballare. Che aveva da perdere?
Il suo tubino nero saliva mentre ballava e ogni tanto doveva fermarsi per portarlo di nuovo al suo posto. Alcuni ragazzi sembravano apprezzarlo a giudicare dalle toccatine che davano a Kora, ma a ogni tocco lei si spostava un po’. Pensò che era esattamente quello che faceva anche nella vita di tutti  giorni: allontanarsi da chi dimostrava anche un minimo interessamento verso di lei.
Io ferisco le persone, è meglio che mi stiano lontano era la sua spiegazione. Non che lo spiegasse a qualcuno, era quello che diceva a se stessa quando l’assenza di una spalla su cui piangere si faceva sentire di più. Era una dura, o almeno, voleva dare quell’impressione, in realtà era solo un delicato fiocco di neve che al minimo contatto con il calore si scioglieva. Certo, questo non la rendeva debole, anzi, era molto forte, caratterialmente e anche fisicamente: era agile e sapeva bene come difendersi. Avrebbe potuto spezzare l’osso del collo di un uomo tre volte lei, se avesse voluto. Quel lato di lei, quello da guerriera, era il suo preferito, le dava una certa sicurezza. Mentre per il lato debole e fragile non poteva dire la stessa cosa.
A volte si chiedeva chi fosse davvero.
Ma nonostante tutto cercava di accettarsi, non era semplice e non le riusciva il più delle volte, ma ci provava. L’ultima cosa che voleva fare era ammettere di aver bisogno di qualcuno, lei non aveva bisogno di nessuno, lei era forte, lei era selvaggia, lei era tutto e niente insieme. Era anche bella, ma non se ne rendeva conto.
 
Kora aveva la bellezza delle cose letali, se n’era accorto, Ashton, fin dal primo momento in cui l’aveva vista a lezione di storia. Era entrata in classe con la forza di un uragano e la grazia di un angelo, era una contraddizione vivente, quella ragazza. Si ricordava quel giorno come se lo avesse appena vissuto. Si ricordava Kora che entrava in classe svogliata e spenta, come una rosa appassita. Si ricordava che indossava dei pantaloni neri in pelle come il giubbotto e una maglietta bianca, si ricordava che aveva il rossetto rosso scuro e sugli occhi del trucco nero sbavato, si ricordava che portava i capelli castani raccolti in una coda alta poco curata. Ashton la trovava bellissima.
Anche quella sera la trovava bellissima. Da un angolo della pista se ne stava a guardarla ballare. L’aveva vista esitare nel buio, finire la birra e buttarsi nella mischia. Aveva visto i ragazzi che avevano provato ad avvicinarla andarsene delusi e frustrati. Certo, doveva ammettere che quella sera Kora era particolarmente sexy, ma non era quello ad attrarlo tanto. Kora aveva qualcosa di speciale che Ashton non riusciva a spiegarsi, qualcosa di magnifico e spaventoso. Nel frattempo Ashton si chiese perché fosse in quel locale nonostante odiasse le discoteche. L’unica risposta che ebbe da sé stesso fu che era lì per Kora. Anche se la cosa era strana, dato che lui non sapeva dove lei sarebbe andata quella sera. Era finito lì e non si ricordava come. Se l’avesse avvicinata probabilmente lei l’avrebbe respinto. All’improvviso gli mancò l’aria e decise di uscire e sedersi sui gradini dell’uscita sul retro del locale. L’aria fredda degli inizi di novembre lo colpì come una secchiata d’acqua fredda, ma questo gli servì a riprendere fiato. Rimase lì, immobile, per alcuni minuti, pensando a quanto lui fosse inutile, pensando a chi fosse. Non era il tipo di ragazzo che tutti notavano, non era quello per cui le ragazze facevano la coda, non era bravo nello sport, non era nemmeno bravo a scuola. Non era bravo in niente. Perché mai una ragazza come Kora avrebbe dovuto notare proprio lui? Ora si sentiva perfino ridicolo. Ridicolo e patetico.
 
Era tutt’altro che felice di essere andata in quel locale, ma in qualche modo era arrivata lì e aveva voluto tentare. Aveva anche provato a scatenarsi sulla pista come se non ci fosse un domani, ma questo non l’aveva fatta divertire. Ora le mancava l’aria e aveva bisogno di una sigaretta, così decise di uscire dalla porta sul retro. Certo, non si aspettava di trovare compagnia. Guardò il ragazzo che aveva davanti. Indossava un paio di jeans strappati, una maglietta di una band e una giacca in pelle, aveva i capelli ricci e castani, alcune ciocche gli ricadevano sugli occhi verdi. Kora pensò che quel ragazzo avesse la bellezza degli angeli caduti. Aveva la sensazione di averlo già incontrato da qualche parte, ma non riusciva a ricordare dove.
Nonostante la poca luce, lei riusciva a vedere molto bene. Come i lupi pensò. Il ragazzo la guardò per un momento che parve infinito, e finalmente parlò.
 
«Ciao Kora.» disse quasi sussurrando.
«Come sai il mio nome?» lei, come sempre era già sulla difensiva.
«Oh, frequentiamo la stessa classe di storia.»
Ora Kora era certa di conoscerlo. Lui era il ragazzo seduto accanto alla finestra, quello che guardava sempre fuori, anche se a volte lo aveva sorpreso a guardare lei.
«Oh, sì. Sei Ashton, vero?» lui sorrise. Si ricordava il suo nome.
Kora pensò che avesse davvero un bel sorriso, peccato che non lo avesse visto sorridere spesso.
«Hai da accendere?» gli chiese. Esitò, prima di parlare, e lui se ne accorse. Era strano, Kora non esitava mai.
«Sì, – disse estraendo un accendino dalla tasca del giubbotto – ma ho finito le sigarette, ti dispiacerebbe darmene una?»
Lei scosse la testa e gli porse una Lucky Strike.
Si sedettero vicini sugli scalini freddi. Kora rabbrividì al contatto con il cemento freddo, ma non disse nulla.
A metà sigaretta Ashton si girò per guardarla negli occhi, lei ricambiò lo sguardo. I capelli castani mossi dal vento finirono sulla faccia di lui e lei rise.
«Scusami» disse ridendo. Non si ricordava nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che aveva riso in quel modo e così spontaneamente. Ashton non poté fare altro che ridere a sua volta, pensando che quello di Kora fosse il sorriso più bello che avesse mai visto, nonostante lo avesse visto poche volte.
 
C’era qualcosa di speciale in quei due, qualcosa che li univa. E loro, in quel momento, lo avevano capito, anche se non lo dissero ad alta voce. Erano bastati pochi sguardi e delle risate a far nascere dei fiori su un terreno bruciato.
 
Ashton si alzò e tese la mano verso Kora.
«Non mi piacciono le discoteche. Andiamo a fare una passeggiata?»
Lei gli prese la mano. Camminarono lungo le strade buie e, mano nella mano, erano sicuri che quello era il loro posto e quelli erano loro. 
  
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