Profumo di sale sul mare
notturno
C’era
la musica ad infrangersi insieme alle onde sulla spiaggia, era alta, potente, e
vibrava sulla sabbia e nell’acqua, e nei corpi di tutti quei ragazzi che
avevano deciso di buttarsi nel mare di notte per festeggiare la fine
dell’odiata Maturità.
Il
fuoco scoppiettava e sembrava muoversi seguendo il ritmo delle canzoni che erano
sparate dalle casse, mentre tutto intorno, le risa e la felicità riempivano la
notte sopra al mare.
Erano
tutti lì, tutti insieme, come una grande famiglia nata cinque anni prima che
aveva vissuto momenti belli e brutti, indimenticabili o da cancellare
completamente, ma i loro sorrisi e le loro voci erano solo lo slancio verso il
futuro, uno slancio che si lasciava tutto quello alle spalle.
Lasciava
le mura del liceo così fredde d’inverno e un terribile forno quando la
temperatura iniziava a salire, lasciava le aule con la loro polvere e le gomme
attaccate sotto i banchi, e i professori odiati e amati che come docce gelide
avevano preso dei bambini gettandoli nella realtà della vita adulta.
E
mentre la musica andava avanti e la birra scendeva nelle gole, i ricordi
diventavano storie narrate al fuoco, episodi che si trasformavano nelle
leggende di un intero gruppo di ragazzi che avevano condiviso emozioni e
sentimenti, giorno dopo giorno in una routine che avevano odiato e che
avrebbero amato soltanto quando le prime rughe sarebbero comparse e i capelli
avrebbero iniziato a farsi grigi. O forse, chissà, non appena varcata la soglia
dell’università.
Lei
camminava in disparte, permettendo all’acqua di sfiorarle i piedi nudi, da
sola, come spesso le capitava di perdersi nei suoi pensieri; lei che da quel
mondo non era spesso stata capita e si era trovata ad essere un enigma e,
peggio ancora, un reietto da allontanare, una ragazza con qualche chilo di
troppo e passioni non troppo normali per dei giovani della loro età.
Lei,
però, era andata avanti per la sua strada, seguendo lo specchio di ciò che
realmente desiderava, e vedendo quell’immagine che spesso non le piaceva, ma
che la natura le aveva dato, e avanzava, con orgoglio e con un sorriso sulle
labbra, un sorriso ed un aiuto per tutti, persino per chi aveva sempre riso di
lei.
L’acqua
continuava a rinfrescarle la pelle e il corpo e la sensazione che presto si
sarebbe lasciata alle spalle tutto quello, la fece sorridere anche in quel
momento, con l’acqua che si ritirava sotto i suoi piedi per poi tornare ad
accarezzarli.
Sì
allontanò sempre di più, con la musica che si perdeva e il suo vestito sottile che
si muoveva leggero, come le onde, lei che aveva sempre avuto paura
di mostrare il suo corpo, lei che mai si sarebbe fatta vedere da nessuno di
loro.
Eppure
la Maturità si era portata via anche quello, e adesso non le importava più
nulla perché la sua vita si sarebbe staccata dalla loro, come un masso franato
dalla parete di una montagna, sarebbe venuto giù e nessuna rete o protezione
avrebbe potuto riattaccarlo. E a lei andava bene così.
Però…
C’era
lui, e lui non voleva lasciarselo alle spalle, ma doveva.
Era
dannatamente ingiusto che dovesse abbandonare l’unica cosa bella che la vita le
aveva concesso fino a quel momento, l’unica isola che le aveva dato del cibo
quando era naufragata nell’immensità della vita.
Continuava
a camminare sulla sabbia bagnata dalle tenui onde colorate appena dalla luna,
un passo dietro l’altro mentre il ricordo di quanto si sentiva bella davanti ai
suoi occhi le tornò prepotente tra i pensieri e di quanto si era vergognata la
prima volta che l’aveva vista nuda.
E
l’aveva guardata con amore, con quell’amore che non avrebbe mai potuto darle e
che, forse, non le aveva mai dato, schiavo di una condizione sociale e di una
fede che non gli permetteva di donarle quei sentimenti.
E
lei ci aveva creduto, ci aveva creduto veramente e si era lasciata trasportare
dopo aver cercato di remare con tutte le sue forze contro la marea che la
trascinava verso di lui, ci aveva provato e aveva fallito miseramente.
Quello,
la Maturità, non se l’era portato via.
Si
gettò a terra, sulla sabbia, cercando di ascoltare i rumori del mare, pregando
quelle onde affinché si facessero alte e forti e le portassero via il ricordo
del suo sorriso, e di quelle labbra che l’avevano trasformata in una donna e di
quelle braccia che l’avevano stretta nei silenzi che nascevano tra di loro,
quando non voleva parlare e tutto ciò di cui aveva bisogno, era il calore di un
abbraccio.
«Hai
deciso cosa farai?» ma le onde le avevano portato solamente la sua voce, troppo
vicina e nitida per essere un’impalpabile eco.
«Ho
deciso che me ne vado da qui.»
«Da
me.»
«Non
dovresti stare qui, potrebbero vederci, potrebbero pensare che abbiamo una
relazione.»
«Ma
noi abbiamo una relazione.»
«Avevamo»
precisò mentre le sue preghiere rimanevano aria portata via dal vento che le
avrebbe condotte su quella distesa di mare, lontano, e chissà,
magari qualcuno al di là dell’orizzonte le avrebbe ascoltate e avrebbe sentito
i patetici lamenti di una ragazza che aveva appena chiuso i libri che l’avevano
accompagnata per tutto il liceo, chiusi ad un tempo che non sarebbe tornato più.
E
con quella Maturità aveva detto addio ad un mondo che l’aveva accompagnata per
cinque anni.
«Non
mi ricordo di aver troncato.»
«Ma
lo farai» e affondò le dita sulla sabbia, fresca della notte e si beò del suo profumo,
del profumo del mare e della vita. «E se non lo farai tu, lo farò io.»
«Io
non lo farò.»
«Non
è giusto se non lo fai.»
Lei
si alzò, guardando quella piccola porzione di luna che le illuminava il viso,
quel volto che adesso vedeva più bello, quel corpo che era riuscita ad
accettare e che aveva modificato soltanto per se stessa e non per stupidi
canoni di bellezza o stupide chiacchiere tra oche acide la cui massima
preoccupazione era il colore di smalto da mettersi alle unghie.
Si
avvicinò all’acqua, ancora e ancora, sentendo il vestito che si alzava per
lasciarsi cullare dal soffio del mare e lo vide giocare con essa, muoversi come
mani che agitavano la superficie in modo casuale, e vide i colori farsi scuri.
E
l’acqua sciabordava intorno alle sue gambe, alle sue dita, a quel vestito che
continuava ad innalzarsi scoprendo ogni centimetro della sua pelle.
«Vorrei
fare l’amore con te. Qui. Adesso.» Altro sciabordio di passi nel mare e un
respiro che lento le scivolava addosso, «ma non posso» per poi svanire nel buio
della notte insieme al suo corpo e alla sua voce.
Insieme
ai suoi passi che lentamente si perdevano nel mare e nello sguardo della luna.
***
L'acqua era calma, fresca, e
sembrava portarsi via ogni cosa, giù fino al fondale che la notte rendeva
oscuro, e prese a nuotare, bracciata dopo bracciata, verso il luogo dove si
trovavano i suoi compagni, i suoi amici, e quell'unica persona dalla quale
voleva allontanarsi, ma che desiderava rivedere, ancora e ancora.
Ricordava pochi giorni prima,
quando aveva sostenuto la prova orale della Maturità e lo aveva guardato con
freddezza, come se mai l'avesse sfiorata o le fosse entrato dentro, come se il
suo respiro sulle labbra non fosse stato solo che un vago sogno.
Un sogno che presto si sarebbe
spezzato, svanito in ogni suo frammento tra le acque buie del mare di notte.
E
mentre l’eco delle voci tornava nella sua testa insieme alle canzoni che tutti
insieme cercavano di intonare, lei continuava a farsi cullare dall’acqua,
ricordando con quanta difficoltà aveva scelto la traccia per la prova
d’italiano mentre tra le parole scritte si perdeva in quegli occhi che si
avvicinavano e si allontanavano; e rise all’urlo che avrebbe voluto espellere
dalla sua gola quando i suoi, di occhi, si erano posati sugli esercizi di
matematica da svolgere, lei che non aveva avuto mai alcun problema con quella
materia.
E
rise anche a quelle ultime domande cui aveva dovuto rispondere per poi chiudere
tutto prima di lasciarsi andare solamente alla voce e agli ultimi ripassi
frenetici per preparare al meglio la tesina che aveva presentato.
E
ricordava ancora lo scetticismo di molti quando aveva mostrato quanto tutte
quelle materie s’incastrassero perfettamente con la parola “cinema”, uno dei
suoi grandi amori, quello che le prendeva il cuore e le strappava l’anima.
Anche se era niente al
confronto di quell’uomo.
E
i ricordi si persero a quelle serate rubate alla vita mentre in silenzio
riuscivano a guardare appena un film prima di tornare alla normalità della loro
esistenza, aspettando una scusa nei giorni successivi per discutere di ciò che
avevano visto; una scusa per vedersi e basta, e guardarsi come due persone
innamorate che desideravano l’uno il corpo dell’altra, il desiderio di un cuore
che batteva nel petto sfiorato.
La
Maturità si era portata via anche tutto quello e non rimanevano che le memorie
felici e amare di ciò che non sarebbe più esistito, di oggetti troppo
pericolosi da dover essere messi in quarantena per sempre.
E
lei si sentiva esattamente come se una parte della sua anima le fosse stata
strappata a morsi e gettata in un abisso che non avrebbe mai potuto
raggiungere. Mai più.
Sapeva,
però, che era in quel modo che doveva andare.
I
libri, lo studio, i compagni, le cazzate,
la Maturità, tutto lasciato a quelle spalle ancora immerse nell’acqua,
scivolato su quella pelle che iniziava a raggrinzirsi e il freddo ad insinuarsi
dentro.
La
ragazza uscì dall’acqua mentre i suoi amici intonavano Vado al massimo di Vasco Rossi e rise ripensando alle battutine che
le faceva il suo amico su quella canzone e su quante volte gliela canticchiava
sperando di prendersi gioco di lei, ma ignorando quanto in realtà il suo gioco
era nient’altro che la realtà.
Le
era dispiaciuto e le dispiaceva mentirgli, ma d’altronde come poteva dirgli una
cosa simile? Come poteva confessargli che la sua relazione era sbagliata su tutti i fronti.
«Sì,
sei innamorata, si vede a chilometri di distanza. Quando me lo presenti?» le
aveva detto un giorno, trascinandola all’improvviso nella piccola saletta
ricavata da un’intercapedine di un’ala della scuola, in quella dannata sala in
cui sbatteva la testa ogni volta che ci metteva piede.
E
lei non aveva fatto che ripetergli «presto», ma quell’ora sapeva che non poteva
mai giungere e si sentiva sporca, sbagliata, e meschina per mentirgli ancora e
ancora.
«Bene,
ragazzi, io vado, devo ancora finire di sistemare le valigie prima di partire.»
«Ma
no, ma di già? È ancora presto!» urlarono alcuni dei suoi amici, ma doveva
davvero andare, le rimanevano realmente poche ore per preparare i bagagli e
sistemare le ultime cose, sarebbe voluta rimanere ancora, ma quel viaggio lo
aspettava da tutta una vita.
«Ecco,
che mi daresti uno strappo giacché mi avete costretto a venire qui e a lasciare
la macchina al parcheggio della scuola?»
“No.
No. No. No. No.”
«E
su, prof, si è divertito no, gli esami sono finiti, può anche rimanere un altro
po’!»
“Sì,
rimani. Per favore, rimani.”
«Per
voi la scuola potrà anche essere finita, ma gli scrutini non si fanno da soli,
quindi, se volete scusarmi.»
A
lei non importava di sapere quale voto avesse preso, non voleva aspettare,
voleva soltanto sfiorare la sabbia egiziana e respirare il suo dolce profumo.
Voleva vivere quel sogno che l’abbracciava da quando era piccola e s’immaginava
una specie di Indiana Jones al femminile alla scoperta dei tesori nascosti di
quella terra meravigliosa e misteriosa.
«Eddai!» protestarono ancora tutti gli
studenti che amavano il loro insegnante come se fosse un padre, e, in effetti,
era stato davvero un padre per loro, non solo un professore – non per lei – ed
era uno dei pochi con il quale andavano molto d’accordo, tanto che lo avevano
prelevato a forza e lo avevano trascinato al mare con loro.
«Sono
troppo vecchio per queste cose» replicò l’uomo ridendo, mentre i ragazzi, poco
educatamente, iniziarono a tirargli dell’acqua o dei residui di birra rimasti
nelle bottiglie.
«Mi
raccomando, non lasciate un porcile sulla spiaggia, vi ho addestrato meglio di così» e si alzò, ridacchiando, per
allontanarsi dalla spiaggia e seguirla.
“Perché
non sei rimasto, dannato stupido!”
«Saresti
dovuto rimanere» gli disse non appena si furono allontanati abbastanza dagli
altri che avevano ripreso a cantare, questa volta si erano gettati sulle
canzoni di Lucio Battisti, le classiche canzoni da spiaggia, davanti al fuoco
suonate da una chitarra, anche se la loro chitarra se n’era appena andata.
«Sì,
sarei potuto rimanere, ma ho del lavoro da fare, gli esami non si sistemano per
magia. E poi…»
L’uomo
salì in macchina e si pulì i piedi dalla sabbia prima di infilarsi le scarpe e
chiudere la portiera, sul suo viso aleggiava un sorriso che gli aveva visto
fare soltanto quando aveva in mente qualcosa, qualcosa di stupido il più delle
volte.
«E
poi cosa?»
«Devo
anche correre all’agenzia di viaggi a prenotarne uno.»
La
ragazza non rispose, si limitò ad inserire la chiave e a mettere in moto,
accese la radio e i Rammstein avevano iniziato a cantare “senza te conto le ore senza te, con te si fermano i secondi, non hanno
valore” e fu come se qualcuno le avesse dato uno schiaffo in pieno volto:
perché doveva mettere canzoni così balorde
che potevano colpirla così a fondo?
«Non
mi chiedi dove vado?»
«Dovrebbe
interessarmi dove andate lei e sua moglie in vacanza?»
«Sì,
dovrebbe» replicò l’uomo, sbuffando sconsolato, era sempre stata una ragazza
testarda, troppo testarda a volte, e spesso era difficile anche solo dirle una
sillaba quando si trincerava dietro silenzi e sguardi di fuoco.
E
in quei momenti aveva soltanto voglia di sbatterla sul primo ripiano che avesse
trovato e strapparle i vestiti che indossava e baciarla, baciarla senza farla
respirare, almeno avrebbe avuto una buona ragione per rimanere in silenzio.
«E
dove va di bello, professore?» ma il
suo tono aveva più il sapore dell’ironia e dell’asprezza che di un sincero
interesse.
«Potrei
anche non dirtelo più.»
«Affari
tuoi» il suo cambiare così repentinamente dal dargli del “tu” al “lei” e
viceversa, era sintomo di un enorme turbamento, lo sapeva, ormai la conosceva
perfettamente, così come sapeva che lo faceva a posta, per farlo arrabbiare e
farlo sentire ancora più idiota.
«Bene,
come vuoi, ma te lo dico lo stesso che andrò in Egitto.»
Lei
rimase ancora in silenzio, ma strinse con rabbia il volante, le sue mani si
fecero d’improvviso più bianche e sentì un brivido salirle lungo la schiena,
avrebbe voluto fermarsi lì, in mezzo alla strada, incurante di chi sarebbe
passato, e urlargli contro ogni dannata imprecazione che le veniva in mente.
«No»
si limitò a dirgli, senza neppure guardarlo anche solo un momento, ma
continuando a fissare la strada davanti a lei.
«No?»
chiese stupito. «Non puoi mica impedirmi di entrare in un altro paese.»
«No,
non posso e non ne ho nessuna intenzione.»
«Potremmo
vederci.»
«No.
Questo è il mio viaggio, il mio sogno, quello che aspetto da tutta
la vita e non lo sprecherò facendo la tua l’amante.»
Stavolta
fu l’uomo a rimanere in silenzio, colpito da quel rifiuto così netto che la
ragazza gli aveva appena tirato addosso come dell’acqua bollente.
«Che
cosa dovrei fare, secondo te?» le chiese mentre guardava fuori dal finestrino,
con la fronte poggiata al vetro e le dita a giocare coi riflessi, come spesso
faceva lei quand’era bambina.
«Non
lo so» fu una risposta che gli lasciò comunque una vana speranza nel cuore, non
gli aveva detto di andare a farsi fottere lontano da lei, o che non le
importava nulla di ciò che avrebbe fatto, o, peggio, di sparire dalla sua vita.
No,
gli aveva detto che non sapeva cosa avrebbe dovuto fare, e nemmeno lei sapeva
cosa fare, percepiva il suo essere dibattuta dai propri sentimenti e dalla
ragione.
Lei
era giovane, aveva tutta la vita davanti a sé, e lui cosa mai poteva darle?
Amore, passione, sesso.
E ancora amore.
Amore nascosto,
sbagliato. Impossibile.
All’improvviso
svoltò verso una stradina sulla destra, nascosta da una miriade di alberi che
ne rendeva la vista piuttosto difficoltosa, avanzò alcuni minuti e, altrettanto
bruscamente si fermò, spegnando la macchina.
Si
sentivano i rumori della natura che nelle notti d’estate si facevano dolce
musica nell’aria, ma lei non riuscì a sentire nient’altro che il proprio cuore
accelerare ad ogni minuto che passava, e spingersi contro il petto ogni volta
che i suoi occhi incontravano quelli dell’uomo che conosceva a memoria e quel
buio non le avrebbe proibito di scorgere le sue sfumature blu.
«Baciami
un’ultima volta. Stringimi un’ultima volta. Fai l’amore con me un’ultima volta»
soffiò fuori tutto d’un fiato, con rabbia e frustrazione, con le lacrime che
fece fatica a ricacciare indietro. E con dolore, con il dolore profondo della
perdita.
La
Maturità, però, non si sarebbe portata via il sapore amaro di quell’amore.