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Autore: Laylath    20/06/2014    2 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 68. Un anno per crescere.

 

Il nove settembre, lunedì, fu una giornata particolarmente serena: l’eccessivo caldo aveva iniziato a scemare e quel pomeriggio prometteva di essere perfetto per la festa di compleanno di Kain.
Gli ospiti dovevano arrivare verso le quattro e così, già da dopo pranzo, la famiglia si mise all’opera per sistemare i tavoli e le sedie nel cortile sul retro. Alla fine si era optato per quella soluzione considerato il numero di partecipanti e la comodità di accedere alla cucina.
“E se voi ragazzi avrete voglia di scatenarvi c’è tutta la pineta qui davanti – commentò Andrew mentre finiva di montare l’ultimo dei tavoli – bene, direi che con questo ho finito. Ellie, se vuoi tu e Riza potete iniziare a mettere le tovaglie e sistemare la roba da mangiare.”
Mentre si inginocchiava per controllare che una gamba di legno fosse fissata nel modo corretto, l’uomo venne abbracciato entusiasticamente dal figlio.
“Ehi, festeggiato – ridacchiò, alzandosi e tenendolo sollevato – siamo su di giri da stamattina.”
“Oh, papà, sarà una festa fantastica, me lo sento! Grazie per avermi permesso di invitare qui tutti i miei amici.”
“Ormai sono di casa, fa un enorme piacere pure a noi averli qui. Piuttosto, prima che inizino i festeggiamenti veri e propri, che ne dici di dare un’occhiata al regalo che ti abbiamo fatto io e la mamma?”
“Davvero posso guardarlo adesso?”
“Ovviamente, vado a prenderlo. Sentito, Ellie?”
“Oh! – la donna arrivò con le tovaglie tra le braccia e le posò sul tavolo – Splendido, spero che ti piacerà, pulcino, ma ho il vago sentore che non resterai deluso.”
“Voglio assistere pure io all’apertura! – Riza si accostò a loro, proprio mentre Andrew tornava con un pacco – Sono sicura che sarà un regalo speciale.”
“Anche il tuo album da disegno con i colori è stato speciale, Riza – commentò il bambino, sedendosi per terra e iniziando ad aprire la carta azzurra che avvolgeva il regalo – l’ho apprezzato tant… oh! Oh! Uao! Ma papà! E’ il libro di elettronica! Quello del negozio dei parenti di Elisa!”
Andrew scoppiò a ridere vedendo la smania con cui il figlio finiva di scartare il prezioso volume.
“Una piccola spia bionda mi ha raccontato del tuo entusiasmo quando l’hai visto qualche settimana fa. E così io e la mamma abbiamo pensato di farti questa sorpresa.”
“Ma ne stavamo parlando proprio ieri! – Kain sorrise alla madre, capendo di essere stato preso in giro – Grazie! E’ un regalo meraviglioso!”
Fu un abbraccio a tre molto complicato considerato che c’era un grosso volume in mezzo a loro, ma nonostante questo dettaglio l’entusiasmo fu assolutamente sincero. Riza osservava con felicità e, nell’arco di pochi secondi, venne inclusa pure lei.
Una volta terminato quel momento familiare, la ragazza si rimise di buona lena a sistemare i tavoli e a portare le pietanze. L’aspettativa e la gioia per quel giorno speciale le avevano persino fatto dimenticare quello che era successo con Roy il pomeriggio prima.
Ad un certo punto Ellie le si affiancò.
“Sono sicura che i vostri tortini avranno un grande successo.”
“Lo spero proprio, considerate tutte le peripezie che abbiamo passato per farli.”
“Ma da quanto ho capito l’attacco da parte dei maschi non è andato così male, vero?”
“Niente è andato sprecato, per fortuna: anche i tortini afflosciati sono stati mangiati.”
Il silenzio che ricevette in risposta la indusse ad alzare lo sguardo sulla madre: la fissava con gentilezza e anche con un pizzico di malizia e fu quest’ultimo particolare a farla arrossire lievemente. Possibile che avesse intuito quanto era successo?
“Ci tiene a te, si vede.” Ellie disse quella frase con estrema naturalezza: anche senza mettere un soggetto si capiva benissimo a chi si riferiva.
“Non l’ho mai messo in dubbio – Riza abbassò lo sguardo sui tortini impilati ad opera d’arte – è che…”
“Quando sarò grande e andrò via da qui, giuro che ti porterò con me.”
Era quella frase che la confondeva così tanto: era tipica di Roy, detta così all’improvviso, eppure con grande convinzione.
Se doveva essere sincera aveva iniziato da qualche settimana a chiedersi se le cose tra lei ed il suo miglior amico sarebbero sempre rimaste così. Ed era strano: alla festa del primo dicembre, quando sembrava in tutto e per tutto un appuntamento, nessuno di loro due aveva fatto dei sottintesi in merito. E adesso quella frase e quel bacio, così senza alcun preavviso e per un’occasione che certo non lo meritava: era stata altre volte arrabbiata con lui e non erano arrivati certo a questo.
Tuttavia… vedendo Elisa e Rebecca che andavano avanti nelle loro relazioni con Vato e Jean iniziava a chiedersi se non fosse arrivato anche per lei il momento di far evolvere la situazione. E non poteva essere che con Roy.
Ma se da una parte pensava questo, dall’altra quella frase l’aveva anche spaventata: di nuovo quell’esigenza di scappare, quel sentire stretto il paese con la sua calma e la sua placidità. Ma se per lui era una gabbia, per lei era invece un nido sicuro e caldo dove ormai aveva una famiglia che amava ed una vita felice: davvero era disposta ad abbandonare tutto questo che aveva guadagnato con tanta sofferenza e fatica?
Certo lei era in seconda superiore e dunque le mancavano altri tre anni per completare la scuola: in quell’arco di tempo molte cose potevano cambiare.
Ma c’era quel senso d’urgenza…
“Riza! Secondo te dove conviene che metta questi bicchieri?”
Girandosi di scatto vide Kain che avanzava con in mano un vassoio carico di bicchieri pericolosamente traballanti. Corse verso di lui per evitare il disastro ed incontrò il suo sorriso limpido e riconoscente.
Potrei mai abbandonarti, piccolo mio?
 
Circa un’ora dopo, mentre si sistemava i capelli davanti allo specchio, Roy continuava a ripetersi se era il caso di parlare con Riza a proposito di quello che era successo la sera prima. A scuola non c’era stato tempo di affrontare l’argomento e, se doveva essere sincero, lo preoccupava un po’ l’idea di farlo proprio alla festa di Kain. L’ultima cosa che voleva era che una parola sbagliata rovinasse la festa a lei e agli altri.
“Io vado, zia – disse, scendendo le scale – dovrei tornare verso l’ora di cena o poco più tardi.”
“Divertiti – salutò la donna, impegnata a controllare i libri dei conti – e fai tanti auguri al piumino.”
“Ovviamente.”
“Ehi, Roy!”
Il ragazzo si girò in tempo per vedere Lola scendere di corsa le scale e raggiungerlo.
“Che c’è?”
“Dallo a zuccherino – sorrise la ragazza porgendogli un pacchetto – è un pensierino per lui.”
“Non mancherò.”
Salito in sella alla bicicletta iniziò a pedalare verso l’uscita del paese: aveva preferito andare separatamente dal resto dei suoi amici e alle loro famiglie, riteneva che una pedalata solitaria l’avrebbe aiutato a riflettere sui grandi cambiamenti che nell’ultimo periodo erano avvenuti nella sua vita. Perché era veramente cambiato tanto: ora che Riza viveva con i Fury era come se si fosse concluso un capitolo della loro amicizia in cui si dovevano sostenere l’uno con l’altro per far fronte allo strano vuoto che pervadeva le loro vite. La ragazza si era finalmente affrancata da suo padre e anche da quella dipendenza emotiva che aveva nei suoi confronti: avere una famiglia stabile l’aveva resa più sicura e decisamente più grande.
E lui?
Mentre si poneva quella domanda quasi sgommò, ricordandosi all’ultimo di prendere la deviazione dal sentiero principale. Recuperando il controllo del suo mezzo rifletté anche sulla sua persona.
Poco più di un mese e avrebbe compiuto sedici anni: adesso era in quarta superiore e studiava anche per diventare alchimista. Quel pensiero l’avrebbe dovuto rendere veramente fiero di se stesso, del resto era qualcosa che voleva da tempo, tuttavia la sua attenzione si spostò su altri dettagli della sua vita.
A novembre dell’anno prima aveva promesso davanti a Vato che avrebbe creato un gruppo basato sull’amicizia e ci era pienamente riuscito: aveva stretto dei legami con dei ragazzi così diversi tra di loro eppure così complementari che sembravano nati per essere amici. Forse questo in parte lo sminuiva: non era più il solitario, quello a cui quel posto e quella gente non andavano a genio, ma…
I suoi amici e le loro famiglie gli andavano fin troppo a genio.
Riza ha trovato i Fury ed io in qualche modo i Falman… che è? Il complotto delle F?
Sogghignò pensando a tutto quello che aveva fatto passare al capitano e alla sua famiglia, ma si sentì pieno di felicità all’idea che poteva fare affidamento su tutti loro.
“Roy! – la vocetta allegra di Kain lo salutò, mentre arrivava in prossimità di casa Fury – Ciao! Sei il primo ad arrivare!”
“Io sono sempre il primo – rispose al saluto, fermandosi con la bici accanto al ragazzino – buon compleanno dodicenne e questo è un pensierino da parte di Lola.”
“Davvero? – il ragazzino prese il pacchetto tra le mani – Allora in settimana passerò a ringraziarla. Oh ma che bello! E’ un sacchettino: sicuramente si è ricordata di quando facevo confusione tra i miei attrezzi perché erano tutti mischiati nella tracolla. Qui ci posso mettere quelli più piccoli!”
“Ti conosce davvero bene, eh?”
“Ciao, Roy.” Riza apparve dal cortile del retro e si accostò a loro.
I due ragazzi più grandi si scambiarono solo un’occhiata prima che Kain attirasse l’attenzione di Riza sul regalo appena ricevuto.
 
Laura si guardava intorno con grande felicità, sentendosi elettrizzata come non le accadeva da tempo. Era la seconda festa a cui partecipava da quando era rimasta sola con i ragazzi, ma la prima si era svolta a casa sua. In quest’occasione invece era un’ospite e la cosa la faceva sentire bene, di nuovo accettata come non accadeva ormai da anni. Vedere tutte quelle persone che non la escludevano, anzi la coinvolgevano nei loro discorsi, le dava un nuovo senso di libertà.
Vedere inoltre i suoi figli che si divertivano assieme a tutti gli altri ragazzi la convinceva sempre di più che piano piano la situazione stava davvero migliorando, fino ad arrivare ad una nuova e meravigliosa normalità.
“Una fetta di torta per un’ospite particolarmente speciale.” disse una voce accanto a lei.
Laura si girò e sorrise quando vide Andrew che le porgeva un piatto con una grossa fetta di dolce.
“Quale onore – ridacchiò, mangiando il primo boccone – addirittura servita dal padrone di casa.”
“Negli ultimi quindici anni sei mancata a troppe feste, Laura Hevans, mi sembrava giusto concederti questo piccolo privilegio.”
I due amici si sorrisero complici e poi si misero a guardare tutti gli altri invitati che si godevano quel pomeriggio di svago. La loro attenzione andò istintivamente ad Henry che stava accarezzando Hayate e poi ad Heymans che chiacchierava con il nonno di Kain.
“E’ cresciuto tanto, eh?” fece Andrew.
“Non mi sembra vero – annuì Laura – quindici anni… e per la vita familiare che gli ho dato mi pare un miracolo che sia venuto su così bene. E’ stato il mio punto fermo per tutto questo tempo, ma ha pagato un prezzo così alto.”
“Poteva andare molto peggio: Gregor poteva condizionare la sua vita in maniera maggiormente pressante. Ma Heymans è forte, lo è sempre stato: c’è tanto di Henry in lui, vero?”
“Da gennaio a questa parte me ne rendo conto ogni giorno di più: l’incontro con te è stata la svolta che l’ha aiutato a crescere e a risolvere tutti i problemi. Ma del resto, che altro potevo aspettarmi da te?”
“Se la metti in questo modo mi fai sentire in colpa per non essere intervenuto prima – sospirò Andrew – quando Kain mi ha raccontato delle sue nuove amicizie ed ho capito che c’era anche Heymans… mi è sceso un brivido lungo la schiena. Ne ho avuto paura, lo confesso.”
“Di essere giudicato?”
Andrew si girò a guardarla, accorgendosi di quanto fosse diversa dalla sua amica spensierata delle scuole superiori, ma anche dalla donna spaventata che era stata la moglie di Gregor. Ma c’era sempre quella capacità di leggergli nel pensiero, dimostrando di conoscerlo meglio del previsto.
“Sì, di essere giudicato… e forse il giudizio di un ragazzino è più temibile di quello di un adulto.”
“Domani sono quindici anni, Andy. Credi che sia fiero di noi?”
“Estremamente fiero: non hai motivo di temere il suo giudizio.”
“Vorrei che fosse qui a vedere quanto sono belli i suoi nipoti… credo che li adorerebbe.”
Andrew sorrise nel vedere Kain ed Henry che parlavano tra di loro: suo figlio si toccò la gamba da cui si vedeva la lieve fasciatura e rise. I due protagonisti di quel tragico episodio sembravano in perfetta armonia tra di loro: dolore, trauma… la capacità dei bambini di superare tutto quanto non avrebbe mai smesso di sorprenderlo.
“Ehi, Laura – Angela, poco distante, fece cenno alla donna di raggiungere lei e Rosie – vieni che ti dobbiamo raccontare una novità troppo divertente!”
“Ti dispiace?” fece la rossa lanciando un’occhiata di scusa al suo amico.
“Vai pure, in fondo questa la considero anche un po’ la tua festa e sentiti autorizzata a fare tutto quello che vuoi.” sorrise l’uomo.
“Posso raccontare gli imbarazzanti episodi della tua infanzia?” scherzò lei.
“A patto che poi tu sia pronta a quelli che racconterò io su di te!” ritorse lui tirandole una ciocca di capelli.
Tuttavia come vide l’amica inserirsi perfettamente nella discussione tra le altre donne non poté fare a meno di sentirsi estremamente felice ed orgoglioso. Quell’anno gli aveva davvero ridato una parte della sua vita che, a volte, aveva creduto perduta per sempre.
“E’ felice, vero?” sorrise Ellie accostandosi a lui e cingendogli la vita con entrambe le braccia.
“E se lo merita dopo tanto tempo, amore mio – annuì lui, passandole un braccio attorno alle spalle – credo che le cose non potrebbero andare meglio di così. Heymans ed Henry si prenderanno sempre cura di lei, ne sono certo.”
“E tu ti prenderai sempre cura di me e dei ragazzi?” chiese lei con aria supplichevole.
“Ora e sempre, meraviglia – le sorrise – nutri ancora qualche dubbio in merito?”
“Ma no, è solo che mi piace sentirmelo dire. Piuttosto, come pensi di cavartela con una quattordicenne che fa i suoi primi ed esitanti passi nel mondo dell’amore?”
“Perché ritiri fuori la nostra storia? – le chiese lui sorpreso – Beh, è stato difficilino all’inizio lo ammetto, non sapevo come prenderti per paura di deluderti… eri oggettivamente troppo piccola e…”
“No no, non parlo di me – ridacchiò Ellie – ora c’è un’altra quattordicenne a cui pensare.”
“Riza? – lo sguardo dell’uomo cercò immediatamente la ragazzina che, in quel momento, parlava con le sue amiche – Non vorrai dirmi che…”
“Ma dai, ancora non l’avevi capito? Ahi ahi ahi, Andrew Fury, non sei un buon osservatore, non più.”
“Roy?”
“E chi altri? Non mi dire che ora ti metterai a fare il padre geloso, non è proprio il caso.”
Andrew spostò l’attenzione sul moro che in quel momento veniva preso per l’orecchio dal capitano Falman mentre un nuovo battibecco tra i due iniziava. Ovviamente sapeva che il legame tra i due ragazzi era molto forte e, a pensarci bene, segnali in quella direzione c’erano tutti. Però, oggettivamente, gli sembrava che Riza non fosse ancora pronta in quel senso e forse anche Roy: si fosse trattato di altri due ragazzi non avrebbe avuto problemi a vederci la nascita di una storia d’amore. Tuttavia…
“Non credo che succederà nell’immediato.”
“Perché dici questo?”
“Perché in qualche modo quei due sono diversi dal resto degli altri ragazzi e forse devono capire ancora molte cose di loro stessi – scrollò le spalle – ma non ho dubbi che, al momento giusto, sapranno essere felici. E quando Riza avrà bisogno di me o di te, saremo sempre pronti a sostenerla. Ma per ora la cosa più giusta da fare è goderci la festa, amore mio. Che dici? Andiamo a chiedere al festeggiato se vuole un’altra fetta di torta?”
“Ve benissimo, tanto sappiamo già che dirà di sì.”
 
“Ti stai proprio divertendo con quella macchina fotografica – commentò Vato, osservando Elisa che scattava l’ennesima foto – tuo cugino è stato davvero gentile a prestartela.”
“Non vedo l’ora che vengano sviluppate! – sorrise lei – Ne ho scattato alcune fantastiche, per esempio quella di Riza con tutta la sua famiglia o quella di Heymans con il fratello e la madre! Sono bellissimi ricordi: quando le guarderemo, fra molti anni, ci tornerà in mente questa giornata.”
“Però, effettivamente manca qualcosa – ammise Vato, prendendo la macchina fotografica – ehi, Heymans, posso chiederti un favore?”
“Dimmi pure.” fece il rosso, avvicinandosi.
“Scatteresti una foto a me ed Elisa?” chiese passandogli la macchina fotografica e abbracciando la fidanzata da dietro. Con un sorriso si accorse che lei si irrigidiva per la sorpresa, le guance che le si coloravano di rosso: quando mai lui, Vato Falman, aveva preso l’iniziativa per una cosa simile?
“Più che volentieri, amico – strizzò l’occhio Heymans indietreggiando di un passo – ehi, Elisa, rilassati, suvvia! Vogliamo che questa foto esca bene, no?”
“Decisamente – ridacchiò lei, posandosi contro il fidanzato e sorridendo felice – scatta pure.”
Rimasero immobili il tempo necessario per sentire il click e poi lei si girò per baciare il fidanzato.
“Grazie.” sussurrò.
“E di che – sorrise lui di rimando, mentre Heymans restituiva la macchina fotografica – del resto, quando guarderemo questa foto, ci tornerà in mente questa bellissima giornata, no? E’ più che giusto che ci sia un ricordo anche di noi due… il primo di tanti.”
“Oggi sei in vena di romanticherie: attento che potrei abituarmici.”
“E’ che oggi mi sento molto bene: sono felice che siamo tutti qui assieme… alla festa di compleanno di Heymans mancava Rebecca e poi Kain aveva ancora la stampella. Ma questa volta è tutto perfetto! Tu sei perfetta…”
“E pensare che un anno fa non eravamo ancora fidanzati: il nostro primo anniversario sarà il primo dicembre, non mi sembra vero. Come vola il tempo…”
“Già.”
“Uh, aspetta! Voglio assolutamente fotografare Hayate! Poverino, deve stare legato, ma credo che si stia godendo la festa pure lui.”
 
“Ahah! Guarda: Elisa sta andando a fotografare il cane! Perché poi quella foto non te la incornici e la metti nella scrivania?” Jean rise di gusto e diede una gomitata ad Heymans che l’aveva appena raggiunto.
“Spiritoso – lo guardò torvo lui – mi dispiace, ma ho molta più affinità con i gatti.”
“I gatti rossi, vorrei specificare: in una famiglia di rossi come voi non poteva che arrivare un gatto come Carota – continuò a prenderlo in giro l’amico – fosse stato grigio non l’avresti apprezzato, ne sono certo.”
“Oggi sei particolarmente fastidioso, hai perfino dato corda a tua sorella per la solita storia di imboccarmi quando hanno servito la torta. Per fortuna sono riuscito a deviarla su Kain come al solito: quel ragazzino è la mia ancora di salvezza in queste situazioni.”
“Prima o poi dovrai cedere alle insistenze di Janet – ridacchio il biondo – è solo questione di tempo e capitolerai.”
“Finiscila!” sbottò Heymans, lanciando una rapida occhiata alla bambina che stava seduta su una sedia mentre la madre le rifaceva una delle trecce. Si somigliavano davvero tanto e in qualche modo si poteva già intravedere un primo barlume della splendida ragazza che sarebbe stata tra una decina d’anni.
“E’ speciale, vero? – Jean assunse un tono di voce particolarmente dolce, così strano per lui – Ne vado dannatamente fiero, anche se non glielo dirò mai e poi mai.”
“Oh, ma lei lo capisce, fidati.”
“Senti, anche se avete otto anni di differenza…”
“Jean...”
“Sul serio, se un giorno vi sposerete io ne sarò più che felice: so di potermi fidare di te.”
“Adesso inizi a correre troppo, amico mio – Heymans gli diede un lieve pugno sul braccio – limitiamoci al presente e a goderci la vita. Ne ho proprio voglia dopo tutto quello che abbiamo passato: vedere mamma ed Henry così felici è l’unica cosa che mi importa in questo momento.”
“Prima ho visto che parlavi con il nonno di Kain… altri guai all’orizzonte?”
“No – scrollò le spalle lui – è che… ti confesso che da grande non mi dispiacerebbe lavorare nel mondo della giurisprudenza. Da quando mamma mi ha regalato la penna ho pensato diverse volte a quello che mi piacerebbe realizzare e vorrei aiutare le persone che si trovano in difficoltà come sono stato io. Non tutti hanno un Andrew Fury che ti tira fuori dai guai... o un Jean Havoc che li salva quando sembra tutto andare per il verso sbagliato.”
“Parlavamo di goderci il presente, suvvia.” disse il biondo, arrossendo lievemente.
“Hai ragione, che dici, andiamo da Kain? Non gli abbiamo ancora chiesto che regali ha ricevuto.”
“Ottima idea. I discorsi seri non vanno bene ad una festa… giusto per farti divertire, lo sai che i miei genitori poco fa mi hanno fatto quasi morire d’infarto con uno scherzo di pessimo gusto?”
“Ah sì?”
“Già, li stavo rimproverando di essersi baciati in pubblico, insomma, non sono più dei ragazzini…”
“Ma che moralista! Mi sorprendi, Jean!”
“… smettila. E comunque, mia madre se ne esce fuori con la solita storia che senza le effusioni io e Janet non saremmo mai nati, insomma i soliti discorsi imbarazzanti che sa fare solo lei. E poi se ne esce dicendo che è probabile che le effusioni abbiano fatto effetto di nuovo.”
A quelle parole Heymans si fermò e lo guardò con aria sconvolta.
“Un nuovo erede per la grande casata Havoc?”
“Fortunatamente era solo uno scherzo! – sospirò di sollievo il biondo – Ma ti giuro che per tre secondi il mio cuore ha smesso di battere… ti rendi conto del trauma di ricominciare tutto dall’inizio? Già mi è bastata Janet e sono sicuro che con la sfortuna che mi ritrovo sarebbe stata un’altra femmina.”
“Che burlona tua madre…”
“Fin troppo!”
 
“E’ una dannata festa, la pianti di essere così rigido, capitano!”
A quell’ennesima provocazione Rosie non poté far a meno di ridacchiare, nonostante l’occhiataccia che Vincent le lanciò. Poi l’uomo rivolse la sua attenzione a Roy.
“Smettila di usare quella parola con me, ragazzino – lo redarguì – proprio non riesci a portare rispetto per gli adulti, vero?”
“Per lei ne porto fin troppo – ribatté il giovane, mettendosi a braccia conserte e fissandolo con un sorriso strafottente – se fossi più grande e responsabile forse il mio atteggiamento sarebbe diverso, ma qualcuno vuole che mi goda appieno la mia adolescenza.”
“Non rigirare la frittata.”
“Coraggio, Roy – intervenne Rosie, mettendo le mani sulle spalle del ragazzo – non mi pare il caso di un nuovo litigio in quest’occasione, non credi?”
“Come preferisce, signora – annuì docilmente il ragazzo, godendo nel vedere il capitano rodersi per quel diverso atteggiamento – a lei non potrei mai dire di no.”
“Ma sentilo il ruffiano…” sbuffò Vincent, arruffandogli i capelli.
“Un vero adulatore – commentò Rosie, arrossendo lievemente – ma forse è meglio che usi simile galanteria con qualcuna di più vicino alla tua età, Roy.”
“Dice?” il giovane guardò di lato giusto in tempo per scorgere Riza che si addentrava fra i primi alberi della pineta.
Si era ripromesso di non parlarle in quest’occasione di festa…
Tuttavia…
 
Riza si stiracchiò con estrema soddisfazione, ascoltando il sottofondo delle risate che proveniva da poco lontano: la festa stava riuscendo davvero bene, proprio come aveva sperato, ed era felice che Kain fosse al centro di tutta quell’attenzione.
E poi, ora che ci pensava, era anche la sua prima festa come membro ufficiale della famiglia Fury e questo voleva dire tanto per lei. Non vedeva l’ora di vedere la foto che Elisa aveva fatto a loro quattro assieme: le sarebbe tanto piaciuto incorniciarla e metterla accanto a quella dove lei stava in braccio a sua madre.
“Qualcosa non va?”
Una voce da dietro la distolse da questi lieti pensieri e si irrigidì lievemente quando vide Roy che la raggiungeva: per un tacito accordo nessuno dei due aveva detto qualcosa riguardo a quanto era successo la sera prima, ma per una strana forma di intuito, Riza capiva che era arrivato il momento.
“No, niente: volevo solo godermi un po’ di tranquillità.”
“Se vuoi torno indietro – propose subito lui – non hai che da chiedere.”
“Ma no, resta pure. Del resto nel nostro rifugio personale abbiamo sempre spartito lo spazio senza alcun problema, no? Perché dovremmo iniziare proprio adesso?”
Roy accolse quell’invito con un sorriso e si accostò maggiormente a lei: si mise le mani in tasca e fissò la pineta con aria distratta, il suo gomito che sfiorava con noncuranza il braccio scoperto dell’amica.
“Riguardo quello che è successo ieri…” iniziò proprio lei dopo qualche minuto di silenzio.
“Ero serio – dichiarò subito lui – e sono ancora di quel proposito, ovviamente se ti va di seguirmi.”
Il silenzio cadde di nuovo tra di loro, tanto che Roy si chiese se aveva fatto bene ad essere così impulsivo.
Ma perché mentire? Riza era speciale ed era certo di volere lei accanto in tutte le gioie ed i dolori che la vita gli avrebbe riservato: più di qualsiasi altro era lei con cui voleva condividere la parte più intima di se stesso, certo che sarebbe stato capito.
“Ti sta ancora stretto questo posto, vero?” chiese lei con lo sguardo basso.
“Stretto… beh, è diverso.”
“Hai sempre l’esigenza di andare via da qui a scoprire il mondo, a fare qualcosa di grande – le mani di lei si congiunsero in grembo, le dita che si tormentavano tra di loro – qui proprio non ci vuoi stare.”
“No, non è così.” impiegò qualche secondo per dire questa frase, come se fosse l’ammissione di una piccola sconfitta personale.
“Che intendi dire?” questa volta Riza si voltò a guardarlo.
“E’ un piccolo e tranquillo angolo di mondo e mi sta stretto, è vero… tuttavia qui ci sono le persone migliori che conosca e sapere di avere un posto simile dove tornare, con la certezza di trovarle, mi dà un grandissimo sollievo.”
“Tornare…”
“Sì, tornare – annuì lui con serietà – non potrei mai abbandonare gli altri, soprattutto il piccolo gnomo. Del resto essere un leader vuol dire anche questo, no? Mi devo prendere cura di loro.”
“Ma ci vorrà ancora tempo.” Riza sorrise, felice di sentire tutte quelle rassicurazioni.
“Già, infatti: almeno due anni e poi dovrò andare all’Accademia militare… e nel frattempo tu finirai le scuole. Insomma ci sono tantissime cose che potranno accadere in quest’arco di tempo. Però mi piacerebbe che tu ci fossi, davvero.”
“Ci sono già, Roy, ci sono sempre stata – arrossì lei – e continuerò ad esserci, non avere dubbi.”
A quelle parole lui sorrise felice ed istintivamente le prese la mano.
Andava bene così per entrambi, si capiva.
Non ci sarebbe stato un primo bacio come invece era già successo per gli altri, ma c’era una consapevolezza molto più profonda: non erano più outsider, ma il loro legame non si sarebbe mai spezzato.
“Più che amici ma meno che fidanzati… mi pare che una volta Elisa abbia definito così se stessa e Vato. Vale lo stesso per noi?” chiese passandosi la mano libera tra i capelli neri con aria imbarazzata.
“Mi piace come idea – sorrise lei – e sono così felice. Abbiamo degli amici fantastici, degli adulti di cui fidarci… ed oggi è una giornata davvero speciale. Ci è bastato solo un anno per crescere così tanto, Roy.”
“Sul serio…”
Dei richiami li fecero girare e, sciogliendo quella stretta di mano con aria complice, tornarono nel cortile della festa.
“Eccovi qua! – sorrise Kain felice – non vi vedevamo più.”
“Tranquillo, gnomo – sorrise di rimando Roy, mentre Riza scambiava un’occhiata maliziosa con Elisa e Rebecca – quando mai andrei via dalla festa senza salutarti.”
“Piuttosto che ne dici di una nuova gara? – chiese Jean, avvicinandosi assieme ad Heymans – O sei stanco?”
“Ma quando mai! Vato, preparati, sei in squadra con me!”
“Certamente, Roy, però questa volta lascia che dica la mia sulla strategia da seguire e…”
“Oh ma che belli che siete così assieme! – commentò Elisa – I sei del gruppo originario! Stringetevi un po’ che vi faccio una foto: Kain tu mettiti al centro che sei più piccolo e sei anche il festeggiato!”
“Il  mio gruppo originario, eh? – Roy mormorò quella frase con uno strano sorriso, mentre gli altri si stringevano – Mi piace come definizione.”
E in un lampo d’intuizione capì che con quelle cinque persone si sarebbe ritrovato sempre.
Anche in un’altra vita con ruoli ed identità diverse, ne sono certo. Loro sono legati a me ed io a loro in maniera indissolubile.
“Sorridi, Roy, suvvia!” mormorò Riza.
“Pronti? – chiese Elisa, indietreggiando ancora di un passo per far entrare tutti nell’inquadratura – Scatto!”
 
 


E quando le foto vennero sviluppate qualche giorno dopo, tutti i ragazzi furono concordi nel confermare che quella era la migliore.
 
     

 

Il meravigliosissimo disegno (la seconda è un particolare) è di Mary
*______*

 
  
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