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Autore: Zick    21/06/2014    3 recensioni
Faceva male. Faceva proprio male ad Antonio vederli insieme.
Ed in qualche modo, faceva male anche a loro.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diavolo se faceva male...
Antonio si morse il labbro inferiore, forzando lo sguardo ad allontanarsi da Romano. Romano. Seduto accanto a Prussia.
Faceva tanto male.
Sorrise leggermente, lo sguardo fisso su Germania, che stava rimproverando Veneziano per qualcosa che francamente Spagna non aveva capito cosa fosse. E pensò che quei due sembravano fatti l’uno per l’altro. Si portò le braccia dietro la nuca e si sistemò meglio sulla sedia, chiudendo gli occhi con uno sbadiglio.
Rifiutandosi di guardare oltre, faceva male.
Si addormentò in poco tempo, assolutamente rilassato e senza che nessuno lo disturbasse mai.
A quello pensarono i suoi ricordi.
 
~~~
 
“Io e Romano usciamo insieme.”
Il bicchiere rimase a mezz’aria, la mano che lo stava avvicinando alle labbra dello spagnolo improvvisamente bloccata. Antonio sentì il respiro uscirgli a forza dai denti stretti mentre gli occhi gli si spalancarono. Lentamente si voltò verso l’albino alla sua destra. Gilbert stava ancora parlando, ma le sue parole parevano essere mute in quel momento.
 
Accadde tutto in un secondo: Spagna lasciò cadere il bicchiere e si avventò sul suo migliore amico, scagliandogli un pugno in pieno volto. Il tedesco cadde a terra con un grugnito, reggendosi il naso dal quale colò un rivolo di sangue.
Non rimase un istante di più, uscendo dal bar per appoggiarsi al muro, portandosi una mano strofinarsi gli occhi e afferrando i capelli che ricadevano sulla fronte. Prese un respiro e lasciò andare un grido di frustrazione, voltandosi per dare un pugno alla parete dietro di lui. Lo sentì immediatamente dolere, come sentì distintamente i bisbigli sospettosi della gente che passava. Ignorò tutto e tutti e ne scagliò altri due, incurante delle sue nocche supplicanti, per poi portarsi le mani al volto, a coprirsi gli occhi, mentre si voltava e appoggiava nuovamente la schiena al muro, scivolando lungo esso e sedersi sui talloni, tutto accompagnato da un grugnito.
Ora era tutto più chiaro, come aveva potuto essere così stupido? Gilbert che lo veniva a prendere per andare a bere, senza Francis, il comportamento di tutta la sera, così strano, così colpevole...
Non si mosse finché non sentì dei passi avvicinarsi.
 
Senza nemmeno preoccuparsi di accertarsi che fosse Gilbert, scoccò uno sguardo di puro odio a colui che aveva osato tanto. Il prussiano stava evitando in tutti i modi possibili di guardarlo negli occhi puntandoli sul vialetto, le ultime tracce dell’epitassi di poco prima ancora presenti sul suo volto. Antonio si alzò in piedi velocemente, dandogli le spalle e dirigendosi verso il parcheggio.
“Verdamnit, Antonio, aspetta!”
“Fottiti Gilbert. Non mi parlare.”
“Ti ho detto di aspettare!” L’albino l’afferrò per le spalle, costringendolo a voltarsi e a guardarlo negli occhi. Per un secondo si scambiarono uno sguardo e Antonio sorrise sarcastico.
“Cosa c’è? Vuoi la mia benedizione? Beh, per quel che mi riguarda puoi anche smettere di parlarmi perché...”
“Ma si può sapere che ti prende?”
Quello fu quasi troppo. Antonio sputò il fiato che ancora aveva in gola, scioccato.
“Che cosa prende a me? CHE COSA PRENDE A ME? MI PRENDE CHE IL MIO MIGLIORE AMICO MI HA APPENA PUGNALATO ALLE SPALLE!!!”
“Non ci hai messo il marchio, Antonio, né hai mai detto una parola, quindi...”
“NON HO MAI DETTO UNA PAROLA? FOTTITI GILBERT, VAI PURE A QUEL PAESE, PERCHÉ TU CON ME HAI CHIUSO!”
Si voltò e se ne andò a passo spedito. Non aveva mai detto una parola? Ma se aveva speso sere intere a parlare con loro di Lovino! È vero, forse non aveva mai dichiarato apertamente il suo amore per lui... ma si rifiutava di credere che proprio Gilbert tra tutti non l’avesse capito. Doveva saperlo più o meno tutto il mondo quanto lui dipendesse da Romano. Persino Ighilterra lo sapeva, e non si poteva dire che loro due fossero migliori amici. Eppure Gilbert...
Un senso di tradimento lo pervase mentre entrava in macchina e lasciava quel bar maledetto.
 
Aveva rifiutato qualunque visita per un mese dopo quegli avvenimenti. Finché finalmente non si decise.
Andò a casa di Germania, bussando e attendendo. Ad aprirgli fu proprio l’albino.
Si osservarono per un istante. In un tacito accordo, Gilbert chiuse la porta alle sue spalle, ed entrambi lasciarono la veranda, per appoggiarsi ad essa appena usciti. A rompere il silenzio fu Spagna.
“Ci ho pensato.” Sospirò il meridionale. “E non posso incolparti per essertene innamorato. Hai tanto diritto quanto me.” Quelle furono possibilmente le parole più difficili della sua vita. Forse seconde solo a quell’ ‘Accetto’ Che era stato costretto a proferire riguardo al trattato di Utrecht.
 
Gilbert lo osservò, per poi sospirare e passarsi una mano fra i capelli.
“Tonio, io...”
“No. Non una parola.” Si voltò a guardarlo, una furia sorda a riempirgli lo sguardo. “Ho messo tutto in lui, mi capisci Gilbert?” Chiese, stringendo gli occhi.
“Ci ho messo l’anima nel crescerlo. E ci ho messo l’anima nell’amarlo, ma non importa, perché lui non mi ama allo stesso modo e va bene così. Lo accetterò, in qualche modo.” Se lo era giurato molto tempo prima: Lovino era il suo assoluto, la sola cosa che non poteva ottenere, se non provando. Mai avrebbe forzato qualcosa su di lui, né il suo odio... né il suo amore.
“Ma se osi fargli del male, se osi solo far scendere una lacrima dai suoi occhi... sei morto, Gilbert.” Con quell’ultima minaccia gli diede le spalle, lasciandolo solo.
 
~~~~
 
Venne improvvisamente svegliato dai suoi mesti ricordi da un colpo di fogli arrotolati sulla testa. Aprì un occhio e si imbronciò, squadrando Olanda, che sbuffò sonoramente.
“Farai meglio a svegliarti, la riunione è finita da dieci minuti ormai.”
Antonio si guardò attorno e notò che tutte le altre nazioni se ne erano già andate. Sospirò, radunando le sue cose.
Ma faceva ancora male.
 
~~~~
 
Aprì gli occhi quando sentì il chiarore del sole ferirgli le palpebre. Li richiuse con un grugnito, tentando di voltarsi nel letto e portare le lenzuola a coprirgli gli occhi. Ma sobbalzò nel sentire due braccia forti tenerlo immobile per i fianchi.
Non osò sperare, non permise al suo cuore di accelerargli in petto, il respiro non gli tremò in gola mentre un nome si formava nella sua mente.
Anto...
Abbassò lo sguardo. E si maledisse mille volte.
Perché faceva male.
Le braccia pallide che era ormai abituato a trovare intorno a sé giorno dopo giorno, erano molto, troppo chiare per essere quelle che avrebbe desiderato avere a circondarli il torso. Chiuse gli occhi, cercando di illudersi ancora per un dolcissimo momento che quello fosse tutto un sogno, che magari se si fosse svegliato...
Sbuffò. Sì, figurarsi.
 
Senza troppe cerimonie, spostò i bicipiti che lo abbracciavano e si alzò a sedere con un grugnito causato dal dolore al basso ventre, abbassandosi per afferrare una camicia.
“Hai chiamato il suo nome, ieri notte.” Alzò gli occhi al cielo.
“Davvero?” Chiese, annoiato mentre si alzava, senza nemmeno disturbarsi ad allacciare i bottoni mentre si dirigeva, lievemente zoppicante, verso il bagno, per potersi finalmente concedere una doccia.
“Quando te lo toglierai dalla testa?” A quella domanda sibilata sbuffò in risposta, osservando l’uomo nel letto da sopra la spalla mentre assottigliava lo sguardo.
“Abbiamo già fatto questo discorso, non ti pare?” Con uno sbuffo si appoggiò allo stipite della porta. “Sei venuto da me e ti ho rifiutato. Ti ho spiegato ma non ti sei voluto arrendere. Tu hai scelto questo, bastardo. Se non ti sta bene, quella è la porta.” Disse freddo, alzando le spalle e finalmente entrando in bagno.
 
Gilbert strinse i denti. Anche quando erano insieme così, Romano non faceva che pensare a lui. E non ci poteva credere che ancora chiamasse il suo nome quando...
Grugnì lasciandosi cadere sul materasso.
Era vero, Lovino aveva subito messo in chiaro le cose. Aveva subito detto che lo amava e non lo avrebbe mai dimenticato. Quindi non ci sarebbe stato niente di cui stupirsi.
Eppure faceva male.
 
 
 
Mio Angolino! MIO!
 
Lo so. Non va bene. Per niente. Assolutamente. Ma l’ho scritta, e quindi ho deciso di pubblicarla.
Non mangiatemi.
Ci starebbe un seguito, forse?
 
Bye
Zick.
  
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