“certo
che sei strano forte, piccoletto”.
Non
era esattamente il pensiero più carino che si
potesse avere, specie se riferito al proprio fratello minore, ma in fin
dei
conti il quindicenne Michael Connors non si era mai distinto per
delicatezza e
sensibilità. E a sua discolpa c’era da dire che in
verità il piccolo
due-quasi-treenne Zachary non era esattamente un bambino normale.
Già
solo il fatto che fosse così pallido
gli era risultato sconcertante. Erano fratelli, ma Zachary
non somigliava nemmeno un po’a lui quando era piccolo.
Michael infatti aveva
pelle olivastra, occhi neri e capelli castani. Zachary invece era tutto
bianco.
Capelli bianchi, pelle bianca; un pupazzo di neve che camminava,
insomma.
E
poi c’erano gli occhi, uno azzurro ed uno marrone. Bah.
In vita sua non gli era mai capitato di vedere nessuno con gli occhi di
colore
diverso fino a quando non era spuntato
fuori lui.
Ciò
che lo meravigliava era che fosse stato il solo ad
essere rimasto veramente sorpreso da tutte quella faccende,
perché il resto dei
suoi parenti non si era stupito poi così tanto. Nonna
Isabèl in particolare
aveva detto che in fin dei conti in passato c’erano stati
casi di, come si
chiamava, ah si!... albinismo, in entrambi i rami della famiglia. Era
quindi un
qualcosa che “girava” in famiglia già da
un po’, e che si era solo manifestato.
Eppure
Michael continuava a trovarlo strano. Carino,
si, perché nonostante tutto aveva un’aria
dolcissima e voleva sempre essere
preso in braccio e coccolato. Ma strano!
Anche
se gli voleva bene, naturalmente.
Era
come avere a che fare con un bambolotto vivente,
visto che a quell’età non si era ancora degnato di
parlare -nonostante avesse
iniziato a camminare precocemente, così come estremamente
presto aveva iniziato a leggere, a contare e perfino a
scrivere parole semplici in stampatello; quando i suoi genitori
l’avevano
saputo l’avevano fatto sottoporre ad un test per verificare
l’attività
cerebrale e ta-dan! Era risultata molto
superiore alla media- un bambolotto che spesso lo seguiva
ovunque per casa
cercando di imitare quel che faceva.
Anche
adesso se ne stava lì ad osservarlo sorridendo, mentre
lui accendeva il fornello con uno di quei fiammiferi lunghi una
trentina di
centimetri. Finché i suoi non si fossero decisi a comprarne
uno nuovo sarebbe
stata quella solfa.
«uff»
sbuffò Michael. Voltandosi verso il fratello
minore notò che adesso non stava più guardando
lui, ma fissava il fiammifero
ancora acceso seguendolo con lo sguardo.
«ti
attira il fuoco, eh?» disse il ragazzo con una nota
quasi beffarda nella voce «mi spiace, ma tu sei troppo
piccolo per averci a che
fare. Finiresti per scottarti subito. E per la cronaca, scottarsi fa
male».
L’altro
non proferì parola. Si limitò a tornare ad
osservarlo…
E
gli sorrise.
«certo
che tu sorridi sempre» commentò il maggiore,
riempiendo d’acqua una pentola e mettendola sul fuoco, per
poi riporre la
scatola di fiammiferi in una credenza, in alto «ok. Mentre
aspettiamo che bolle
ce ne andiamo a vedere un po’ di tv, che dici?»
Il
piccolo però scosse la testa ed indicò il piano
superiore.
«ah.
Ok. Vuoi andare in camera tua. Come ti pare» disse
Michael, passando dalla cucina in salotto e mettendosi a guardare la tv
a tutto
volume. Erano le nove di sera, i loro genitori non erano ancora
tornati…il
ragazzo pensò che Zachary già da
quell’età fosse un tipo molto ligio alle
regole. Gli aveva dato da mangiare un’ora prima, e quella per
lui era l’ora
della nanna, e dunque agiva di conseguenza andando in camera sua.
Ma
che bravo bambino…
Non
era una cosa così complicata. Alla fine, era come
giocare a fare una torre con le formine.
Zachary
aveva messo dei giornali accanto ad una sedia,
la sedia accanto al ripiano sotto al quale c’era la credenza
che gli
interessava, era salito prima sui giornali, poi sulla sedia, poi sul
ripiano,
aveva preso la scatola di fiammiferi dalla credenza e poi era risceso.
E neppure
lentamente, rimettendo pure sedia e giornali a posto.
In
seguito aveva trotterellato tranquillamente dalla
cucina alla porta sul retro, aprendola piano piano per non farsi
sentire, ed
era uscito.
Il
fatto era che suo fratello aveva fatto il fuoco. Quindi
anche lui, non volendo essere da meno, voleva fare il fuoco. Il fuoco
era
colorato e si muoveva tutto…era tanto
carino!
Ma
cosa poteva usare per fare il fuoco? Anche perché lui
non voleva mica farne uno piccolo. Il fuoco era bello quindi voleva
vederne
tanto, e quindi doveva essere grande.
Il
capanno degli attezzi?...no, perché poi papà si
sarebbe arrabbiato.
I
fiori, il prato? No, perché poi invece si sarebbe
arrabbiata mamma.
La
motocicletta di suo fratello?...no, no, no! Non
voleva fare arrabbiare Michael. Voleva bene a Michael.
Ma
quindi con cosa poteva fare il fuoco…? Beh, si
faceva bene con il legno…e per far ardere bene le cose per
fare il fuoco
Zachary aveva visto suo padre usare una bottiglia di liquido rosato
-alcool- l’aveva
visto nell’ultimo barbecue insieme ai
vicini.
…i
vicini…
Il
garage del signor Wilson era di legno?, si chiese,
mentre andava da un giardino all’altro. Eh si, sembrava
proprio di legno, a
toccarlo, come il capanno degli attrezzi.
Ed
era anche aperto…oh! Il liquido rosato!
Adesso
si che poteva fare il fuoco!!!
(…)
L’acqua
doveva stare bollendo, quindi Michael andò in cucina
e buttò giù la pasta.
Ed
uscendo di nuovo dalla cucina rimase estremamente
sorpreso nel vedere Zachary davanti alla porta sul retro.
«tu
non dovresti essere in camera tua?!»
Il
piccoletto sorrise e per tutta risposta gli si
avvicinò, lo prese per mano e camminò con lui
verso la porta, aprendola con un
sorriso.
Il
ragazzo rimase a bocca aperta quando vide quella
scena. Il garage del signor Wilson in fiamme, ed il vicino -non ne
aveva
sentito le urla solo perché c’erano quelle del
programma tv che guardava prima a
coprirle- che urlava al telefono chiamando i pompieri.
«Michael».
Ancora
più attonito si voltò verso Zachary rendendosi
conto che quella vocina che lo aveva chiamato dicendo così
la sua prima parola
era proprio la sua, cosa che lì per lì lo fece
sorridere. Ma durò poco.
Il
tempo di rendersi conto che il suo fratellino aveva
in mano i fiammiferi, e li stava sventolando con una mano indicando
invece il
garage del signor Wilson con quella libera.
«fuoco!
È tanto
carino!!!»
Il
ragazzo guardò lui, guardò il garage del vicino e
guardò i fiammiferi, impallidendo sempre di più.
«cazzo,
ma non puoi essere stato tu a…! erano in
alto, maledizione!!!»
E
adesso che doveva fare?! Dire ai suoi che per una
sera, una, in cui nonna non era rimasta con loro perché
aveva avuto veramente
troppo da fare lui aveva lasciato che Zachary desse fuoco al garage del
vicino?! Ma non se ne parlava proprio! Che figura ci avrebbe fatto?!
«ok»
Michael trascinò in casa il fratello, gli tolse di
mano i fiammiferi e lo mise a sedere sul divano guardandolo tanto
duramente
quanto in modo allarmato «ok, senti, tu non hai fatto nessun
fuoco, hai capito?
Quel fuoco non l’hai appiccato tu!...non si appiccano fuochi
in giro!!! Merda!»
non si tratteneva col linguaggio, eeeh no «se solo potessi
capire come hai
fatto a prendere quei maledetti fiammiferi…ok,
ok…» si passò una mano sul volto
«tu non c’entri con
quell’incendio,
hai capito? Non dirlo a nessuno, o finiamo entrambi in un casino che
non ha più
fine».
In
particolare lui, visto che avrebbe dovuto badargli.
«
zitto su questa cosa del fuoco, e guai a te se lo
rifai!!! hai capito?!»
Zachary
annuì, sempre sorridendo. Aveva capito eccome…la
prossima volta che avesse dato fuoco a qualcosa, sarebbe stato zitto
con tutti.
chissà, se Michael avesse detto ai suoi della cosa Zachary oggi sarebbe un po'diverso xD
Ok, lo so che i due fratelli non sono esattamente amatissimi. Però l'idea di questa one shot mi frullava in testa da un pezzo, quindi eccovela, che vi piaccia o no :D