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Autore: piperina    22/06/2014    2 recensioni
«Amici miei, di certo vi starete chiedendo il motivo di questo invito» disse Klaus, apparentemente felice come non mai di avere ospiti a cena e non per cena.
«Spara la proposta.»
Klaus continuò a sogghignare, forse divertito da ciò che stava per dire.
«Un legame.»
Stefan corrugò la fronte.
«Un legame magico, intendo. Certo, se lei avesse un fidanzato umano opterei per la procreazione adolescenziale, ma purtroppo non ho fortuna neanche con questa strada, quindi creerò un legame magico tra me ed Elena.»

Klaus/Katherine; Damon/Elena; Caroline/Tyler - Stefan, Bonnie, Matt, Elijah, Rebekah.
Genere: Angst, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Katherine Pierce, Klaus, Originari, Un po' tutti | Coppie: Caroline/Tyler, Damon/Elena
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Vampire Stories'
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*Act X*

This Is Not Gonna Help

 

 

 

 

Trovare Scary Mary non era stato troppo difficile. Il vero problema era che fosse già morta e in compagnia. Kol. Il più piccolo dei Mikaelson, l’adolescente ribelle con gli ormoni sballati e la voglia di fare a botte tutto il giorno.

Non era proprio l’accoglienza che si erano aspettati.

Nella mente di Elena frullava ancora la battuta infelice di Jeremy sulle sue intenzioni di pomiciare ancora con Damon quando apparve Kol davanti a loro, munito di mazza da baseball.

Damon cercò subito di proteggere la ragazza, che finì inevitabilmente per farsi male. A Kol non interessava chi fosse il suo avversario, intuì subito il vampiro e questo lo rendeva più pericoloso del previsto e meno maneggevole dei suoi fratelli.

Klaus finora si era limitato a qualche schiaffo, Elijah non aveva mai alzato le mani su una donna. In più, Kol era armato e più vecchio di troppi secoli. Sarebbe stato difficile metterlo ko, proteggere Elena e allo stesso tempo non farsi ammazzare.

Quando l’Antico si scagliò con violenza su di lui, la ragazza accorse nel tentativo di difenderlo e fece un volo di due metri. Sbatté con forza la schiena contro un mobile e sentì subito un rivolo di sangue colarle dalla tempia a sinistra.

Con la vista sfocata seguì Damon atterrare Kol per poi essere di nuovo atterrato da lui. Pochi minuti e molti pugni dopo, Kol annunciò che ne aveva avuto abbastanza e sparì così come era arrivato. Facendosi forza contro le vertigini, Elena si alzò da terra e aiutò Damon a fare lo stesso.

«Sei ferita» constatò lui guardandola in viso. «Perdi sangue.»

Elena sentì la guancia bruciare lì dove lui aveva delicatamente posato la mano. Era sempre lo stesso Damon, ma con una nota di dolcezza e confidenza in più rispetto al solito. Un folle senso di colpa la investì in pieno nel vedere quanto lui fosse preoccupato.

«Starò bene» abbassò lo sguardo e fece un passo indietro per allontanarsi da lui, voltandogli le spalle.

«Cosa stai facendo?»

«Di cosa parli?» chiese di rimando tornando a guardarlo. Damon aveva un’espressione sofferente e confusa in volto.

«Questo viaggio… avermi baciato… cosa diavolo significa?»

Mentire o dire la verità? Nei pochi secondi di silenzio che seguirono quella domanda, Elena decise di essere sincera. «Stefan pensa che io provi qualcosa per te.»

«Ed è vero?»

«Io non… non lo so…» Battere in ritirata, ecco cos’era la sua specialità: fare un passo indietro, al sicuro, in un territorio che conosceva e che non la spaventava.

Lo sguardo di Damon si indurì. «Questo viaggetto avrebbe dovuto aiutarti a capirlo, vero?» non c’era più la dolcezza di prima nella sua voce. «Speravi che combinassi qualcosa così che decidessi al posto tuo, vero?»

«È quello che fai, Damon!» sbottò la ragazza. «Tu rovini le cose, distruggi tutto. Ogni volta che salta fuori un imprevisto dai di matto.»

«E se non rovinassi niente? E se non ci fossero imprevisti?»

Nonostante tutto, continuava a sperare. Era la speranza, erano quei piccoli segni a tenerlo legato a lei, a pendere dalle sue labbra e aspettare che si accorgesse di lui. Ma lo sguardo che ricevette in risposta non era diverso dagli altri: Elena non si fidava, non gli credeva, aspettava che impazzisse per potergli dare la colpa.

«Mi dispiace, Elena, ma non ti renderò le cose così semplici. Questa volta dovrai capirlo da sola.»



 

Il viaggio in macchina fu, se possibile, ancora peggio di quello scambio. Jeremy stava tornando a casa con loro, mai al mondo Elena avrebbe acconsentito a riportarlo a Denver. Damon era arrabbiato, Elena si sentiva uno schifo.

Ripensò alle parole del vampiro, al suo sguardo, a ciò che aveva provato la sera precedente… gli era saltata addosso, l’aveva baciato di propria iniziativa. Era partita da sola con lui proprio per capire quali fossero i suoi sentimenti e come comportarsi con lui e suo fratello.

Se pensava a uno solo di loro due non aveva dubbi, ma quando guardava la situazione generale, ecco che il panico l’assaliva. Come ci era finita in un casino simile?

Di una cosa era certa: doveva parlarne con Stefan. E, chilometro dopo chilometro, la risposta a quei dubbi si fece sempre più chiara davanti ai suoi occhi.



 

Il mattino successivo, dopo un pesante sonno ristoratore, Elena aprì la porta di casa per far entrare Damon. Stefan sarebbe arrivato a breve e l’argomento del giorno verteva sugli aggiornamenti della missione a casa di Scary Mary.

Nella sua mente, però, era già delineato un piano d’azione: parlare da sola con Stefan e poi da sola con Damon. Doveva loro delle spiegazioni, delle risposte e pensava di aver preso la decisione giusta. Se non altro era la più onesta nei confronti dei fratelli Salvatore.

«Ho bisogno di una boccata d’aria» annunciò il vampiro aprendo la porta di casa.

Subito dopo, però, venne colpito da un sasso sulla spalla. Sul marciapiede davanti alla casa dei Gilbert c’era Kol. Di nuovo lui, dannato ragazzino.

Elena era così persa nei propri pensieri che non si accorse di nulla. Rifletteva su cosa dire, su come dirlo, immaginava le possibili reazioni di Stefan e Damon. Solo un paio di minuti dopo si rese conto che stava succedendo qualcosa.

Sentì rumori e imprecazioni. Aprì la porta e vide Kol, col naso sanguinante, sferrare un pugno e colpire Damon in pieno volto.

«Sei già stanco, Salvatore?» lo schernì l’Antico. «Ti credevo più combattivo.»

«Non gioco con i bambini» replicò l’altro raddrizzando la schiena.

«Damon!» Elena uscì di casa, spaventata da quel nuovo scontro.

Il vampiro sgranò gli occhi «Torna dentro!» gridò.

Kol, più veloce di lui, si parò davanti alla ragazza. «Ecco qua l’ultima doppelganger.»

Damon si scagliò contro di lui, ma Kol, con un gesto rapido, colpì Elena in pieno viso con tanta forza da farla cadere oltre le scale del porticato, con la schiena che strisciò per tre metri sull’erba.

Damon corse subito in soccorso di Elena, tramortita dalla violenza con cui era stata colpita. La prese tra le braccia e osservò la sua guancia già arrossata.

«Non c’è gusto così… troppo debole» sputò Kol con disgusto.

«È umana, idiota!»

L’altro sbuffò, come annoiato. «Troppo umana. E troppi guardiani al suo fianco.» Alle spalle di Damon era appena comparso Stefan. «Non ne vale proprio la pena. Questa doppelganger non mi piace più». Poi, un lampo maligno gli attraversò gli occhi. «Preferisco giocare con l’altra.»

Svanì in un lampo e i Salvatore ne approfittarono per portare Elena in casa. Stefan prese del ghiaccio per lenire il dolore e il gonfiore sul viso, Damon cercò la cassetta del pronto soccorso per via del sangue che le usciva dal naso e un graffio sulle labbra, oltre che controllarle la schiena.

«Come ti senti?»

Elena accettò volentieri il bicchiere di acqua e zucchero offertole da Stefan, avvertiva la testa girare e le gambe molli, quasi più per lo spavento che per il pugno ricevuto. Si sentì subito meglio e ripensò alle parole dell’Antico.

«Dove ha detto che andava, Kol?» chiese. «Mi è parso di sentire l’altra doppelganger

Stefan e Damon si scambiarono un’occhiata, scoprendo di avere entrambi lo stesso, brutto presentimento. «Katherine.»

«Chiamo Elijah.»

Elena, già preoccupata per la prigionia della vampira, si allarmò ancora di più: Kol non era pacato come Elijah e di certo non aveva la stessa mente lucida di Klaus, che qualche ceffone gliel’aveva tirato, sì, ma non andava in giro ad attaccar briga senza motivo. «Katherine è in pericolo» sussurrò, stanca. «Kol potrebbe non fermarsi.»



 

In quel momento Katherine stava preparando del caffè. Era sola in casa e si annoiava a morte: aveva già fatto una perfetta messa in piega ai capelli, manicure, pedicure e visto un paio di film romantici su un canale sperduto in TV.

Avvertì una presenza in casa.

«Eccola qui, la mia compagnia di giochi.»

Kol era una seccatura, aveva avuto poco a che fare con lui e non lo aveva affatto in simpatia. Sembrava uno di quegli adolescenti problematici che volevano fare casino e frequentare gente pericolosa solo per far indispettire mamma e papà.

Si voltò appena a guardarlo oltre la sua spalla «Kol.»

«Fai la casalinga?» iniziò a ronzarle attorno lui, con un sorriso sornione sulle labbra.

«Mi sono solo fatta un caffè» non si era accorta di quanto il cognato fosse su di giri, l’aveva sempre ignorato il più possibile proprio per non avere problemi con lui. «Per tutto il resto mi pare che abbiate uno staff numeroso.»

Kol si sentiva ignorato e non lo sopportava. Katherine non lo degnava mai di uno sguardo e da tempo aveva voglia di litigare con lei, la cara cognatina che aveva sempre messo se stessa davanti a chiunque altro: era una vampira con la quale valeva la pena ingaggiare uno scontro.

Era ancora gasato per la scazzottata con Damon, ma ne voleva ancora.

«Elena non è così interessante come sembra, non capisco come mai tutti le stiano dietro in quel modo.»

Katherine zuccherò il suo caffè. «Come mai sei andato da lei?»

«Klaus non c’è, Rebekah è in giro. Mi annoio. Non ho nessuno da prendere a botte» rispose lui alzando le spalle.

La vampira roteò gli occhi al cielo. «Che passatempo maturo.»

Ignorò l’occhiataccia che ricevette in risposta e sorpassò l’Antico, diretta in sala, ma gridò quando si sentì improvvisamente afferrare per i capelli. La tazza le cadde dalle mani.

Kol le strattonò di nuovo i capelli e la spinse a terra. Katherine non capì subito quello che stava succedendo, un momento prima si stava preparando del caffè, quello dopo era a terra, con Kol che le faceva peso sulla schiena e le tirava i capelli con forza.

«E tu nel tempo libero cosa fai, rovini le famiglie?»

«Lasciami!» gridò lei, divincolandosi. Riuscì a fargli mollare la presa e si voltò per sferrare un calcio, ma Kol fu più rapido e si sedette sulle sue gambe, bloccandole ogni movimento.

«Ho saputo che sei molto più disponibile di Elena.»

Per tutta risposta lei gli sputò in faccia.

«Io faccio quello che voglio con chi voglio» ringhiò di rabbia e frustrazione repressa.

Con una forte spinta riuscì a liberare le gambe, approfittando dell’attimo in cui l’Antico si passava la manica della maglia sul viso e si allontanò quel tanto che le bastava per rimettersi in piedi. La testa le faceva un gran male, quell’idiota le aveva quasi strappato un’intera ciocca di capelli.

«Cosa cavolo vuoi da me?»

«Divertirmi» rispose lui candidamente nel suo strano accento. «Sfogarmi. Non ho nessuno con cui giocare, mi annoio.»

«Io non sono il tuo giocattolo! Se vuoi fare a botte aspetta che torni tuo fratello e rompi le scatole a lui.»

Kol aveva lo sguardo di un pazzo, sembrava fuori controllo. In quel momento ricordava molto Ripper Stefan… e ciò non era affatto rassicurante.

«A proposito di mio fratello… com’è che continui a rifiutarlo?» decise di provocarla per farle abbassare la guardia. «Temi che con la vecchiaia le sue abilità abbiano perso qualche colpo?»

«Non sono affari tuoi.»

Se fosse stata umana sarebbe arrossita e avrebbe dato di matto allo stesso tempo. Cercò di calcolare quanto ci avrebbe messo a chiudersi a chiave nella prima stanza disponibile, ma erano tutte lontane e Kol era particolarmente veloce, oltre che più vecchio di lei di cinquecento anni. L’avrebbe raggiunta subito.

«Forse vuoi solo fargliela sudare.»

Un passo avanti lui, uno indietro lei.

«Non è quello il punto e ti ripeto che non sono affari tuoi!» sbottò la vampira.

«O magari stai cercando qualcuno che ci sappia fare meglio?»

«Sei disgustoso.»

«E tu sei davvero divertente.»

Le fu addosso in un attimo. Katherine lo colpì in pieno stomaco con un ginocchio, lui le fece sbattere la testa sul pavimento. Questo la stordì un istante e Kol ne approfittò per lacerarle la maglietta e infilare una mano dritto nel suo ventre.

La vampira si trovò a boccheggiare, incapace di muoversi. Aveva paura di morire, sentiva che lui non si sarebbe fermato, a costo di provocare le ire di suo fratello.

«È così che Klaus dovrebbe trattarti. Smetteresti subito di fare la principessina sui tacchi.»

Si chinò sul suo collo e la morse. Lo fece in modo brutale, atto solo a procurare quanto più dolore possibile. Kol era un predatore spietato, se Klaus viveva secondo le proprie regole, lui ne era totalmente privo.

Non si era mai trovata in una situazione simile: ogni volta che la sua vita era in pericolo aveva sempre una via d’uscita. Quasi nessuno, in cinquecento anni, era riuscito a metterle le mani addosso. Questa volta era diverso. Kol l’avrebbe uccisa.

Quando Katherine sentì di non poter sopportare oltre, una forza invisibile scagliò l’Antico dalla parte opposta del corridoio.

Elijah entrò in casa proprio in quell’istante. Udì un tonfo e, allarmato dalla telefonata di Stefan, si precipitò subito a vedere cosa stesse succedendo. Trovò Katherine a terra, priva di sensi, coperta di sangue dal collo al ventre e Kol, lontano da lei, incastrato in una porta ormai distrutta.

Per prima cosa prese la vampira tra le braccia e salì le scale, dirigendosi verso la sua stanza. L’adagiò con cautela sul letto ed esaminò le ferite al collo e al ventre, che si stavano rimarginando lentamente.

Controllò che non avesse altre ferite gravi, poi si morse il polso e glielo avvicinò alle labbra. Poche gocce – che lei bevve avidamente una volta riaperti gli occhi – furono sufficienti a rendere più rapida la guarigione, sebbene le due ferite principali avessero bisogno di molto più sangue per sparire del tutto.

«Tieni quello stronzo fuori dalla mia portata o giuro che gli stacco la testa con le unghie» furono le prime, rabbiose parole della vampira.

«È scappato poco fa.»

«Lo odio.»

«Sa rendersi antipatico.»

Elijah portò due sacche di sangue a Katherine, che lei svuotò in pochi istanti.

«Cos voleva Kol da me?»

«Litigare» rispose lui con un’alzata di spalle, seduto sul letto a una rispettosa distanza da lei. «Prima di venire qui è passato da Elena.»

«Ha aggredito anche lei?» finse di non essere curiosa, ma il tono della sua voce la tradì.

Elijah soppresse un risolino. «Le ha fatto fare un bel volo.»

La vampira scosse la testa. «Mandatelo in terapia.»

«Stai meglio?» rispose invece Elijah: provò l’istinto di allungarsi per stringerle la mano, ma non osò farlo.

«Sì, grazie.»

Reprimendo il suo desiderio romantico, l’uomo si alzò. «Klaus sarà qui in poco più di ventiquattr’ore. Credo che abbiate qualcosa di cui parlare.»



 

«…uscire di casa!»

«Non sono responsabile delle azioni di mio fratello.»

Klaus era tornato. Katherine si era ristabilita. E si erano messi subito a litigare, urlandosi addosso insulti e cattiverie come una coppia nel bel mezzo della crisi dei sette anni.

«Tuo fratello mi ha aggredita nonostante non gli abbia mai dato corda!» si lamentò la vampira.

«Si sarà sentito ispirato dalla tua reputazione.»

Elijah scosse la testa e chiuse gli occhi. Pessima uscita, fratello. Lo schiocco della mano di Katherine sulla guancia di Klaus si udì perfettamente in tutta la casa. Ed Elijah pensò che se lo fosse davvero meritato.

Come poteva pensare di ottenere il suo amore dandole della poco di buono dopo essere stata quasi fatta a pezzi dal cognato?

«Ho ucciso per molto meno.»

Ah, le solite, vecchie minacce. Ormai non facevano più effetto.

«Beh, non puoi uccidere me

Katherine, soddisfatta per quell’ultima battuta, voltò le spalle al marito e si incamminò sulle scale principali con l’intenzione di rintanarsi in camera a sbollire la rabbia, ma la sua voce la fermò.

«Il legame ti ha protetta.»

Lei gli concesse uno sguardo. Cercò di apparire il più sprezzante possibile per nascondere la grande delusione che provava. A Klaus importava davvero qualcosa di lei o i momenti che avevano condiviso erano solo finzione?

«Di certo non grazie a te.»

Pochi minuti dopo, nonostante lei avesse chiuso l’argomento, Klaus decise comunque di fare irruzione nella sua camera. Aveva riflettuto a lungo su quanto era successo dal momento in cui aveva ricevuto l’allarmante telefonata di Elijah, soprattutto sulla prima vera manifestazione del legame.

C’era qualcosa di strano in lei, era diversa rispetto al breve periodo vissuto nell’appartamento di Alaric Saltzman.

«A cosa devo questo atteggiamento?»

Lei incrociò le braccia al petto, già stanca di ritrovarselo sempre col fiato sul collo. Gli rifilò un’occhiataccia. «Sapere che non puoi uccidermi mi dà sicurezza» disse, sapendo già di cosa lui si stesse lamentando. «E questo atteggiamento fa parte del mio carattere, che ti piaccia o no.»

«Deduco che ci sia un ‘ma’» replicò avvicinandosi.

Le Petrova erano molto orgogliose. Così come le costava chiedere aiuto, le costava ammettere di avere paura.

«Sappi che non hai perso la tua aura malefica» rispose fuggendo il suo sguardo. Quello costituiva già un grande sforzo, il maledetto avrebbe dovuto accontentarsi senza pretendere altro. Nonostante tutto lei non aveva dimenticato quei folli cinquecento anni vissuti nel costante timore che lui potesse trovarla e ucciderla.

«Ti terrorizzo» constatò lui fissandola intensamente. Quando era arrabbiata era ancora più sensuale e avrebbe tanto voluto toccarla, ma sapeva che non era il momento adatto.

«È una reazione comune» replicò lei, e alzò il mento con fierezza. Doveva pur farsi forza in qualche modo.

Eppure il suo cuore…

Klaus continuava a guardarla in silenzio.

«Ecco, adesso sei inquietante.»

Fece un balzo indietro quando lo vide muovere un braccio nella sua direzione. L’ibrido si bloccò subito, mentre lei si dava mentalmente della stupida per aver agito spinta dalla paura.

A quel punto lui scosse la testa e rinunciò a qualsiasi proposito di chiudere quel litigio. Così non sarebbero andati da nessuna parte. In quel momento si sentiva parecchio pessimista e il grande passo avanti di due giorni prima gli sembrava già un ricordo lontano. Ebbe anche la sensazione di aver fatto un viaggio a vuoto, nonostante avesse creato con successo dieci ibridi.

 




***

 

 

Come ormai ogni giorno in quella nuova settimana, Katherine si era appropriata del salotto moderno. Aveva una gran voglia di vedere un film, soprattutto perché l'ultima volta che ci aveva provato era stata disturbata da Klaus.

Il problema era che Klaus la stava disturbando di nuovo: lui infatti si era già messo comodo sul divano, in attesa che lei scegliesse cosa guardare. Kol si era dato alla fuga dopo averla aggredita e dalla sera successiva il padrone di casa era stato particolarmente gentile con lei. Era il suo modo di scusarsi per averla trattata male.

«Cosa ci fanno delle commedie romantiche nella tua collezione?»

«Ho una sorella che sogna l'amore e il principe azzurro, ricordi?»

Katherine sorrise. «Secondo me sono tutti tuoi» lo prese in giro. Vide un titolo che, ammise, le piaceva molto, nonostante lei non fosse un tipo romantico.

Klaus la osservò inserire il dvd nel lettore, godendo della visione di lei fasciata in un paio di jeans aderenti e una camicia scollata. La guardava spesso, ma da quel primo bacio lei continuava a evitare il contatto fisico come la peste e, nonostante il desiderio di farlo, lui non aveva mai insistito. Anzi: più lei lo evitava, più lui voleva avvicinarla in modo onesto.

Katherine fece partire la riproduzione e si sedette con le gambe accavallate, fingendo di essere sola. Non si voltò verso di lui, che le sedeva accanto, e non parlò.

Fu Klaus a interrompere quell'ostinato silenzio. «Serendipity?» soffocò a fatica una risata. «Ti piace davvero?»

«Fossi in te farei meno il simpatico, il film è tuo» rispose acidamente la vampira.

«Mi stupisce solo che a te piaccia» scosse la testa, divertito. «Credi nel destino, love?»

«Credo che, se non stai zitto, spegnerò tutto e me ne andrò in camera.»

Non si era resa conto subito del modo in cui gli aveva risposto, così si girò verso di lui, aspettandosi di vedere fuoco e fiamme nei suoi occhi... invece, con grande sorpresa, Katherine scoprì che Klaus aveva piuttosto l'aria pensierosa.

A cosa stesse pensando non lo immaginava e neanche ci teneva a chiederlo. Fece finta di niente e riportò lo sguardo verso lo schermo. C'era ancora quel qualcosa che lui le nascondeva e che lei non era riuscita a scoprire. Non voleva inimicarselo, soprattutto non ora che era sempre così gentile con lei.

Klaus rimase straordinariamente in silenzio per un'ora. L'atmosfera tra loro non era né tesa né imbarazzante, stavano davvero guardando il film. Katherine si sorprese della determinazione dell'ibrido nel sorbirsi un film d'amore per restare accanto a lei. La cosa le fece fastidiosamente piacere.

A un tratto, Klaus allungò il braccio sinistro sulla spalliera e iniziò a giocare con i capelli di Katherine. Lo faceva di continuo, ogni scusa era buona per toccarli ed era un'abitudine che non aveva ancora perso dopo cinquecento anni.

«Se ti chiedessi di pagarmi ogni volta che mi tocchi i capelli sarei miliardaria.»

Lui rise sommessamente. «Posso scegliere il metodo di pagamento?»

«Vestiti» rispose subito lei. Non voleva dare il via a un altro scambio di battute farcite di doppi sensi.

Poco dopo, Klaus cambiò strategia. Mosse la mano verso il collo della vampira, che sentì irrigidirsi all'istante – si chiese se sarebbe mai tornata a sentirsi al sicuro vicino a lui. Con le dita iniziò a tracciare disegni astratti sulla sua pelle, sfiorandola delicatamente con i polpastrelli.

Katherine si sentì avvampare. Venne scossa da un lungo brivido di paura, eccitazione e aspettativa, ma rimase concentrata sul film. Era l’effetto che Klaus aveva su di lei.

«È toccante il modo in cui i due protagonisti si cercano. Non trovi, love?»

«Trovo» si limitò a rispondere lei. Se avesse tenuto la bocca aperta avrebbe di sicuro sospirato.

«Non riescono a non pensare al passato» continuò l'ibrido, senza spostare la mano, ma avvicinandosi col corpo. «Anche se è stato breve, ciò che hanno condiviso è stato così intenso da condizionare le loro vite.»

«Klaus...» un sospiro. «Smettila. Per favore. Mi...» si bloccò.

Lui adorava vederla in difficoltà e sapere di essere la causa del suo disagio. Alzò le sopracciglia in un'espressione curiosa, a pochi centimetri dal suo viso. «Sì?»

Katherine si morse la lingua. «Mi distrai.»

«A quanto pare accade spesso.»

«Accade anche che continui a prenderti gioco di me.»

«Oh, non lo farei mai.»

«Lo stai facendo anche adesso» stizzita, la vampira si voltò verso di lui per accusarlo di tutti i mali del mondo, ma si scontrò con le sue labbra.

La mano che Klaus teneva sul suo collo divenne rigida e le impedì di tirarsi indietro, spingendola invece verso di lui. Katherine, colta di sorpresa sia da lui che dalla propria debolezza – e dal desiderio di baciarlo che l’aveva accompagnata fin dal mattino – abbandonò subito l'idea di ribellarsi e si concesse di lasciarsi andare. Portò le mani sulle spalle dell'ibrido, artigliò la stoffa della maglietta tra le dita e lo attirò a sé.

Klaus, esaltato come un adolescente, approfondì quel bacio e si fece più avanti, spingendo la vampira di schiena sul divano. Godette del suo sospiro quando lasciò le sue labbra per baciarle la guancia e scendere verso il collo. Katerina profumava di fiori.

«Klaus…» disse lei in un soffio, mentre gli scompigliava i capelli con una mano e resisteva all'impulso di infilare l'altra sotto la maglia. Se l'avesse toccato non sarebbe più riuscita a fermarsi.

Klaus le strinse i fianchi, portando un braccio sotto il suo esile corpo, mentre l'altra scorreva lungo la sua gamba. Fece una leggera pressione con le dita sotto il ginocchio, che lei piegò d'istinto contro il suo fianco. Lui ne approfittò subito per bloccarla sotto di sé, ma l'ottimismo gli aveva fatto dimenticare con chi aveva a che fare.

Appena sentì i fianchi dell'ibrido contro i suoi e l'effetto che quella pomiciata stava avendo su di lui, Katherine pensò che fosse il caso di fingersi timida. Portò immediatamente le mani sul suo petto per allontanarlo ma lui, che sembrava volerla ricoprire di baci per l'eternità, risalì dalla scollatura della camicia fino al viso.

Al diavolo la timidezza. Gli permise di baciarla di nuovo con rinnovata passione e gemette contro le sue labbra quando lo sentì fare pressione sul suo bacino con il proprio.

«Santo cielo, prendetevi una stanza! »

Al sentire la voce disgustata di Rebekah, Katherine spinse via Klaus, che si mise seduto con un'espressione strafottente in viso, seppur visibilmente contrariato.

«Rebekah, sorellina, ti ho mai spiegato cos'è la privacy?»

«Sì, e non è sbaciucchiarsi dove tutti possono vedervi.»

Katherine non perse tempo e scappò alla velocità della luce. Si rintanò nella propria stanza e chiuse a chiave la porta.

Cosa diavolo le era preso? Non avrebbe dovuto permettere a Klaus di arrivare tanto in là. Finora era riuscita a tenere a bada sia lui che i propri sentimenti e desideri. Accidenti a lei, era troppo libidinosa e troppo succube di quel bastardo per poter resistere.

Dal loro primo bacio l'ibrido si era preso molta più confidenza, ma senza mai esagerare, soprattutto perché cercava di tenerlo lontano il più possibile. La sfiorava, la stringeva, le toccava un fianco o i capelli e le aveva rubato un paio di baci. Niente di più. Doveva essere lei a tenere alte le difese, ma era sempre più difficile ogni giorno che passava: la presenza di Klaus era intossicante, i ricordi non la lasciavano in pace e... e credeva di amarlo.

«Maledizione!» ringhiò tra i denti. Era arrabbiata, delusa, imbarazzata ed eccitata. Un mix poco gradevole.

Si diresse in bagno e aprì l'acqua bollente, versando poi un'abbondante manciata di sali profumati. Mentre si spogliava poteva ancora sentire il tocco delle sue mani sulla pelle. Gli lanciò terribili maledizioni con il pensiero, gettò rabbiosamente i vestiti a terra e si infilò nella vasca, con l'intenzione di restarci fino al mattino seguente.

Al piano di sotto, Klaus non godeva certo di un umore più allegro. Si alzò dal divano per spegnere la tv e riporre il dvd. «Potevi avvisarmi del tuo ritorno.»

«Così da evitarmi l'imbarazzo di vederti pomiciare in salotto con Katerina Petrova? Non me lo sarei perso per nulla al mondo» Rebekah posò la borsa e la giacca sul divano e incrociò le braccia al petto.

Il fratello si voltò verso di lei con un'espressione assassina in viso. «Non hai idea di quanto sia difficile avere a che fare con quella donna.»

Lei lo schernì con lo sguardo. Scosse la testa. «Ma guardati, sei eccitato come un ragazzino. Non vale neanche la pena prenderti in giro, lo fai già benissimo da solo.»

Se Klaus era in imbarazzo, di sicuro si stava impegnando moltissimo per non darlo a vedere. Osservò la sorella uscire e imprecò nella mente.

I pantaloni tiravano. Maledetta Katerina.

Aveva bisogno di una doccia fredda – anche se avrebbe di gran lunga preferito terminare ciò che aveva iniziato con la vampira.

 
 

Quando Bonnie sentì il campanello di casa suonare e andò ad aprire, si sarebbe aspettata chiunque tranne che lui.

«Klaus.»

«Buongiorno, Bonnie. Buona domenica.» L’educazione prima di tutto.

«Non ti inviterò a entrare» disse subito la ragazza. Non aveva bisogno di scuse per mostrare il disprezzo che provava nei confronti dell’ibrido. La sua natura di strega era un ottimo biglietto da visita. E, in un certo senso, sapeva che Klaus provava stima per lei.

«L’avevo immaginato» sorrise. «Vorrei sapere come procedono le tue ricerche. Hai trovato qualcosa di interessante?»

La giovane avrebbe tanto voluto ridergli in faccia. «Benissimo. La teoria va alla grande, è la pratica ad essere parecchio deludente.»

Klaus portò le mani dietro la schiena, in attesa di altre spiegazioni. In realtà, in quel momento appariva come un bambino capriccioso.

«Il legame può spezzarsi solo in un modo e non c’è niente che io possa fare, né ho cambiato idea sull’incantesimo per legare te ad Elena» sbuffò la strega, annoiata dalle continue insistenze di quell’essere irritante. «Ti consiglio di farti un bell’esame di coscienza.»

Non attese una risposta e chiuse la porta, sbattendogliela quasi sul naso. Non comprendeva quel comportamento infantile: Klaus conosceva meglio di chiunque altro la magia che lo legava a Katherine, eppure continuava a volere soluzioni da altri.

Probabilmente era ancora nella fase di negazione, ma scappare dalla realtà non l’avrebbe di certo aiutato.

 

 

 ***

 

 

Matty Blue Eyes

Katherine lo chiamava così e Rebekah si ritrovò d’accordo con lei: i grandi occhi blu di Matt erano una delle cose che adorava di lui. Lo facevano sembrare un angelo.

Era persa per lui, per un ragazzo umano che era sì stato buono con lei, ma che continuava a rifiutarla.

Quel giorno si trovava al Grill per tentare di nuovo la sorte: forse era di buon umore e non le avrebbe dato picche, sperava la ragazza guardandolo da lontano. Era anche un lavoratore serio e onesto. Insomma era l’uomo perfetto sotto ogni punto di vista.

Si avvicinò al bancone del bar senza sedersi né ordinare.

«Ciao Matt» gli disse con il suo sorriso migliore.

Lui la guardò appena e non si curò di mascherare il fastidio provocato da quell’ennesima visita. «Cosa prendi?»

«Un appuntamento.»

Matt aprì un cassetto da cui estrasse uno strofinaccio e iniziò a pulire il banco di lavoro.  «Non serviamo appuntamenti.»

Rebekah non si perse d’animo. «Non ti sto chiedendo niente di impegnativo, solo… un’uscita tra amici?»

Il ragazzo parve esitare per qualche istante, poi scosse la testa. «Ho detto no.»

Un altro buco nell’acqua. Matt era duro con lei nonostante i numerosi tentativi della vampira di ottenere un po’ del suo affetto. Era il caso di rinunciare? O poteva provarci ancora? Forse prima o poi avrebbe infranto le sue barriere, si disse; bisognava solo insistere ancora un poco.

«Sorella.»

Kol interruppe i sogni romantici e deprimenti di Rebekah. Sembrava agitato e guardingo. C’era qualcosa che non andava.

«Cosa succede?»

«Non posso restare qui.»

«Ma siamo appena tornati» protestò lei, «perché vuoi già andare via?»

L’altro si guardò le scarpe con un’espressione colpevole in viso. «Perché ho combinato un casino.»

Si allontanarono dal bancone e si appartarono in una zona più tranquilla del locale.

«Ho fatto rissa con Damon Salvatore. E preso a schiaffi la Gilbert.»

Rebekah sgranò gli occhi, sorpresa, ma aveva la sensazione che le brutte notizie non fossero finite. «Dimmi che non hai fatto arrabbiare Nik.»

Speranza vana.

«Ho quasi ucciso Katherine.»

Rebekah ebbe l’impulso di prenderlo a calci. «Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Katherine è intoccabile

«Ero su di giri e lei non abboccava… e poi mi sta antipatica.»

«E ti sembra un buon motivo per aggredirla? Non ci posso credere» scosse la testa. «Nik ti ucciderà.»

«Per questo devo partire subito, sono qui per salutarti» era sinceramente dispiaciuto di dover abbandonare la sorella. «Non voglio tornare in quella bara per chissà quanti secoli. Se faccio passare un bel po’ di tempo forse la rabbia di Niklaus si placherà.»

«Pregherò per la tua anima» sospirò rassegnata lei. «Hai bisogno di qualcosa?»

«Sono a posto, ho già fatto rifornimento di tutto.»

«Fatti sentire ogni tanto» Rebekah abbracciò quel disgraziato di suo fratello e lo guardò andare via. Probabilmente si sarebbero rivisti dopo un secolo o due.

Quella era proprio una giornata no, pensò tra sé e sé. Matt l’aveva rifiutata di nuovo e Kol era fuggito. Finn era nella tomba, quindi le restavano – come sempre, realizzò – solo Klaus ed Elijah come compagni. Che gioia.

Uno in meno.

Caroline Forbes non aveva perso il vizio di origliare qualunque cosa fosse alla sua portata – e quella di un vampiro era un portata parecchio estesa.

La defezione di Kol era un’ottima notizia, soprattutto perché era il più imprevedibile della famiglia, come una boma a orologeria pronta a esplodere da un momento all’altro. Le aggressioni a Elena, Damon e perfino Katherine parlavano chiaro.

Non avevano bisogno di altri problemi in quel momento, ne avevano già abbastanza: Klaus ci aveva provato di nuovo al ballo a casa sua e poi era sparito. La condizione di Katherine non era rosea per la protezione di Elena, senza contare quell’assurdo triangolo in cui si era infilata la sua amica.

«Caroline.»

Si voltò con un gran sorriso nel sentire la voce di Tyler. Gli allacciò le braccia al collo e lui la strinse forte a sé, ma aveva un’espressone molto seria in volto. Si preoccupò all’istante.

«Devo parlarti di una cosa importante.»

 

 

 

 

 

   
 
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