Teatro e Musical > Romeo e Giuletta - Ama e cambia il mondo
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Autore: The_Bennet    22/06/2014    3 recensioni
Ma poi arriva lui. La sua voce. I suoi occhi. La sua follia.
Lui, Mercuzio.
«Fredda! Vile! Disonorevole sottomissione! Tebaldo…» -il mio nome- «Acchiappatopi! Fatti avanti».
Faccio un passo verso di lui, i nostri occhi si incontrano, ma poi sfuggono via, incapaci di resistere ognuno allo sguardo dell’altro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Il duello 


 «Signori! Che la pace sia con voi». La parole mi escono dalle labbra prima ancora di averle pensate.
 «Una parola con uno di voi altri». Agito la mano un po’ a casaccio, poi lo vedo. «Oh, toh! Ecco il mio uomo… Rrromeeeoooo!!».
Sono stato cresciuto per questo, per attaccare.
È l’unico modo che ho per farmi notare dalla mia famiglia.
L’unico modo per essere l’orgoglio di mio zio.
Allargo le braccia verso il giovane Montecchi.
Negli occhi di Romeo leggo stupore e diffidenza, ma dopo un attimo di esitazione si avvicina.
Lo stringo in un abbraccio freddo, rigido, innaturale e appena prova a sciogliersi da questa stretta, lo blocco e gli sussurro, con i denti stretti, quasi con rabbia: «L’amore che ti porto non può permettersi termine migliore di questo: sei un vigliacco!».
Allento la presa e lui sfugge velocemente dalle mie braccia.
 «Vigliacco io non sono, tu non mi conosci!».
 «Ma questo non ripagherà delle tue offese» urlo con gli occhi ridotti ormai a due fessure.
 «Io non ti ho mai offeso!» esclama lui di rimando.
È vero, lui non ha fatto nulla.
È entrato nella nostra festa comportandosi da gentiluomo.
Ha rubato il cuore di mia cugina, senza, però, approfittarsi di lei.
Rimango per un attimo senza parole, con la paura di non saper controbattere.
Ma poi arriva lui. La sua voce. I suoi occhi. La sua follia.
Lui, Mercuzio.
 «Fredda! Vile! Disonorevole sottomissione! Tebaldo…» -il mio nome- «Acchiappatopi! Fatti avanti».
Faccio un passo verso di lui, i nostri occhi si incontrano, ma poi sfuggono via, incapaci di resistere ognuno allo sguardo dell’altro.
Riprende: «Che cos’è che angoscia l’uomo? Ah, davvero sai poi chi siamo? Cos’è che squarcia il cuore? E perché il sesso poi… ci fa godere?».
Sono come pugnalate per me, come tante piccole frecce che mi colpiscono dentro.
Continua a parlare. I suoi deliri, la sua follia, ma ormai non lo ascolto più. So quello che accadrà tra poco, dovremo combattere per difendere ognuno l’onore di qualcuno. Io il mio, lui quello di Romeo.
E questo non mi piace.
È la prima volta che mi trovo in una situazione del genere, di solito sono io quello che fa il primo passo in un duello, sono io quello che lancia la sfida, io quello che non si tira mai indietro.
Eppure oggi vorrei solo scappare.
Sappiamo tutti benissimo che sono più bravo di Mercuzio a tirare di spada e lui, sfidandomi, si è messo in serio pericolo.
Non ho neanche il tempo di parlare che lui mi salta addosso. Romeo cerca di dividerci, chiedendo pace, ma ormai la scintilla è scoppiata e nessuno si può tirare indietro.
Ci avventiamo l’uno sull’altro, sputandoci in faccia insulti e maledizioni, entrambi col sorriso, quasi come se fosse un gioco.
E io vorrei tanto che fosse così. 
Improvvisamente Mercuzio mi viene sopra e mi stringe tra le braccia, per bloccarmi.
E il mio cuore di ferma.
Non siamo mai stati così vicini.
Ho sempre avuto troppa paura, per il mio onore, e non mi sono mai accorto di cosa provassi a stargli accanto.
Mi sento bene, per un attimo.
Quell’attimo che avevo sempre sognato.
Ma io non sono nato per vivere nei sogni.
E alla fine accade.
È tutto così rapido, come un lampo che squarcia il cielo.
Romeo si mette tra noi, cercando di dividerci, mi getto su di lui, ma il mio pugnale incontra qualcun altro: Mercuzio.
Nessuno si accorge di nulla. Il giovane Montecchi mi spinge via ed io scappo, con il sudore sulla fronte e il terrore in viso.
Mi volto solo per un momento ed i miei occhi incontrano quelli di Mercuzio. Tutto intorno a me svanisce.
Mi perdo nel suo sguardo, così profondo e sfacciato al tempo stesso.
Non sono mai stato coraggioso come lui. Ho ucciso, insultato, ricevuto onore, solo per piegarmi a quella società che mi comanda, per sentirmi come gli altri volevano che fossi.
Ma lui no.
Lui parla di sogni, lui parla d’amore, anche andando contro tutti e tutto. Non si volta mai indietro, guarda avanti.
Sul suo volto si accende un sorriso, amaro: lui sa, sa che questa è la sua fine, ma continua ad essere forte.
Panico. Paura.
Provo solo questo e scappo, via, il più lontano possibile. Per lasciarmi dietro tutto il male che ho fatto.
Mi accorgo di tenere ancora in mano il pugnale, freddo, insanguinato. Lo getto a terra, lontano da me e nello stesso istante sento un urlo straziante che irrompe nel cielo di questa grigia giornata.
È Romeo. Il suo dolore esploso contro il mondo.
Mercuzio deve essere morto.
Presto il giovane Montecchi arriverà, pieno di rabbia, per vendicare l’amico.
Non so che fare, vorrei continuare a correre, ma le mie gambe non si muovono.
Sento l’arma entrare nella mia vita e strapparla via.
Incrocio lo sguardo del mio nemico. Nei suoi occhi c’è ira e follia, mentre nei miei solo dolore.
Dolore per una vita che sa di morte.
Dolore per una vita che non ha dato nulla.
Gli occhi chiusi, i denti stretti per non urlare. No, non posso farlo.
Avverto Romeo tremare vicino a me.
Lo guardo, un’ultima volta, consapevole di quello, che di lì a poco sarebbe successo.
Estrae il pugnale dal mio fianco e se ne va, corre via, lasciandomi in una pozza di sangue.
Mi accorgo di essere solo. Lo sono sempre stato, ma ora più che mai.
Solo, in un letto di morte.
Solo, in un mondo di odio.
Solo, perché prigioniero in una gabbia di rabbia.
Sento la vita scivolarmi tra le mani ed io, incapace di tenerla, la lascio volare via.
Le forze mi abbandonano e cado giù, le ginocchia tremanti.
E proprio quando penso che tutto è perduto rivedo i suoi occhi, due stelle luminose.
Mi allungo per raccoglierle, ma mi ritraggo: non importa, presto sarò da lui.
 
   
 
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