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Autore: Liz    19/08/2008    3 recensioni
Il solito triangolo: Dalia, Davide, Edo.
E fin qui tutto bene.
Il problema è che Dalia ama Davide, Davide si barcamena tra le Gemelle Bianca e Azzurra, che filano entrambe Edo, il quale prova attrazione per Dalia... o forse per Davide?
Ma c’è anche il fratello strafigo di Dalia, Andrea, tremendamente geloso... forse fin troppo per un semplice amore fraterno.
E poi sua mamma, una psicologa assistente sociale con la fissa di salvare il mondo, che un bel giorno decide di portare in casa Raffaello, il ragazzo più angelico e problematico di questa terra.
Senza contare quello stupido pesce rosso, Martina la Morte con le sue premonizioni e una scommessa tra idioti di prim’ordine.
Tra concerti di band debuttanti, segreti e ricordi d’infanzia, la vita si Dalia non potrà mai essere come vuole lei...
Spero di avervi incuriosito abbastanza! ^_^ recensite pleease!
Shonen-ai leggerissimissimo XD
ULTIMO CAPITOLO!!... Grazie a tutti!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. Quando J.Ax dice che la vita non è un film si riferisce alla mia

 

Quando J.Ax dice che la vita non è un film si riferisce alla mia.

Dalia di Blasio 18 anni, molto piacere.

Il mio nome è da attribuire all’ossessione momentanea per il giardinaggio che colpiva mia madre mentre era incinta. Studio al liceo scientifico, ma avrei dovuto fare il classico.

Guido una panda bianca che ha più anni di me e ho un cacatua stitico di nome Yuppi.

Sono innamorata di un ragazzo, che in cinque anni nella stessa classe mi ha rivolto la parola solo alla fine della quarta. Le mie amicizie sono saltuarie e prive di un qualsivoglia spessore emotivo.

Anzi no, non è del tutto vero: c’è una persona che ritengo amica e, mio malgrado, si tratta di Edo, quel burino mammone che da me non si meriterebbe nulla.

Ma nonostante questo ho accettato di accompagnarlo in questo primo giorno di scuola.

Sono troppo gentile, lo so.

 

Schiaccio il bottoncino di fianco alla scritta a mano che recita “Lombardi”. Un trillo basso e smorzato esce dal citofono seguito subito da una voce femminile particolarmente acuta.

“Sii?”

Piego la schiena per avvicinarmi con la bocca all’apparecchio ed esordisco con tono noiosamente gentile “Buongiorno signora, sono Dalia. Sono venuta a prendere Edoardo.”

“OH! Dalia, che piacere! Dai sali, hai già fatto colazione?”

“A dire il vero sì…”

“Ma cara, ho fatto le zeppole giusto ieri sera…”

Il mio stomaco si svuota all’improvviso e un piccolo rivolo di bava scende fino al mento.

“Grazie, allora salgo!”

Per le zeppole della signora Lombardi sono disposta a qualsiasi cosa. Sia a salire 10 piani a piedi perché l’ascensore è un lusso troppo recente per quell’edificio da era glaciale, sia a torturare le mie orecchie con la voce da coccinella della signora, sia a sorbirmi le sicure battutacce acide del buon risveglio di Edo.

La signora Lombardi mi aspetta trionfale sulla soglia dell’appartamento dove vive col marito e coi due figli. È una signora buona e gentile e in cucina è un milione di anni luce avanti anche allo chef Tony.

Mi ricordo con nostalgia che anche quando ero piccola aveva gli stessi capelli biondi cotonati e gli stessi vestiti a fiori ornati da un grembiule macchiato di buono.

L’unico suo difetto era appunto quella sua vocetta acuta che urlava sempre e scandiva come un robot ogni parola, dato che le sue orecchie non ci sentivano più tanto bene.

“Buongiorno, piccola Dalia!”

“Buongiorno”

Arrivata stremata e senza fiato alla fine delle scale non pensavo avrei resistito all’abbraccio affettuoso, rigorosamente stritolante, della suddette signora.

Fortunatamente, forse mossa dalla pietà (o dallo schifo) per il mio viso rosso e sudato, questa volta mette da parte i tentacoli fatali e si limita a un bacio sulla guancia.

Mi fa entrare nell’appartamento che ancora non avevo mai visto: è minuscolo. Cucina e salotto sono un’unica cosa e sulla destra si intravede un piccolo corridoio con le stanze da letto. Rimango un attimo interdetta a pensare come una famiglia madre, padre, figlio e figlia potesse vivere in quei centimetri quadri. Sarebbe difficile persino per una famiglia di formiche.

Mi siedo sul divano e la signora Lombardi mi porge una zeppola calda e zuccherata in mano.

“Grazie signora”

“Oh, suvvia Dalia! Non ci si è visti per qualche anno ma puoi chiamarmi ancora Maria!

Non ti dico come mi sei mancata, piccola Dalia! Roma è una città molto bella, ma preferisco di gran lunga Milano… solo che non avevamo scelta col lavoro di Giorgio! Per fortuna è riuscito ad ottenere un trasferimento qui!”

Sono tentata di mettere dei pezzi di zeppola nelle orecchie, ma poi penso che sprecare tale sublime dolcezza sarebbe un sacrilegio, così sopporto volentieri quel suono da gabbiano strozzato agonizzante.

“Come sono stata felice di vedere che l’amicizia tra te e Edoardo è rimasta intatta!”

“Già… è una vera fortuna che siate potuti tornare a Milano…”

“E tu che ci fai già qui?!”

Una voce spruzzata di acido cloridrico arriva da un ragazzo alto, col fisico da lottatore di boxe avvolto in un’orrenda felpa nera larghissima. I suoi occhi nocciola mi sfiorano per qualche secondo per poi concentrarsi sulla zeppola ancora nelle mie mani. Si mette una mano tra i capelli biondi disordinati di natura, e con lo sguardo di chi ha appena trovato uno scarafaggio sotto le coperte del proprio letto si rivolge a sua madre, non senza piazzarmi davanti alla faccia un indice accusatore.

“Cosa ci fa questa qui con in mano la mia zeppola?!”

“La mangio. È davvero buona sai? Mmmm…” è bellissimo provocare Edo, perché a ogni mia parola la sua espressione cambia. Per esempio ora ha mostrato, in ordine di apparizione: ovvietà, invidia, ira, shock.

Soffoco una risata con un boccone di zeppola mentre sento il suo sguardo accusatore.

“Suvvia, Eddino! Ce ne sono tante altre…” e gli porge un piatto pieno di paste dalla forma arrotondata e ricoperte di zucchero. Proprio mentre ne sta per agguantare una però Maria sposta il piatto e lo guarda superiore. A bocca chiusa incute quasi timore.

“Ma devi promettere di non trattare più così la piccola Dalia! È gentilmente venuta per accompagnarti a scuola il primo giorno!”

Lui rotea gli occhi e annuisce con aria scocciata; finalmente prende una zeppola e se la ficca in bocca in un sol boccone.

“Fai schifo, Eddino” commento.

“Ha parlato miss bon jour finesse…”

“Bè intanto non mi presento con un pastrano nero orrendo il primo giorno in una nuova scuola…”

Edo si guarda il maglione nero (già sporco di zucchero) e si rivolge a me con due occhioni sconcertati che mi agitano un attimo. Solo un attimo, sia chiaro.

“Cos’ha che non va questa felpa…?”

Sbuffo e mi dirigo verso la sua stanza. Minuscola pure quella: solo letto, armadio e scrivania, più qualche poster di Nirvana e Metallica sopra il letto e qualche foto di famiglia sparsa sulle pareti. Annesso al letto c’è pure Birillo, un gatto arancione con manie suicide che dorme tutto il giorno e tenta di uccidersi tutta la notte.

Con decisione apro l’armadio e comincio a passare i capi, come se facessi tutte le mattine di andare in camera di un ragazzo e vestirlo.

Purtroppo davanti a me si presentava solo un’inesauribile colore nero.

“Tua mamma ha sbagliato qualche lavaggio o hai un buco nero nel cervello?”

“Mia mamma non sbaglia i bucati!”

Rido. Eddino bello è sempre stato un tremendo mammone.

“Quindi confermi la mia ipotesi del buco nero… interessante” annuisco seria.

Trovo una camicia a maniche corte, logicamente nera.

“Tò! Questa può andare bene”

Lui la prende al volo e si toglie il pastrano schifido rivelando degli addominali e dei pettorali che non avrei mai pensato addosso a lui. Lo fisso più per lo sbavo che per la sorpresa e lui se ne accorge compiaciuto.

“Eeh… vuoi fare tanto l’alternativa ma alla fine sei come le altre. Basta qualche mese in palestra…”

Rinsavisco ma non avendo afferrato le parole non so che rispondere. Opto per l’insulto, funziona sempre.

“Vaffanculo”

“Ehi, non incolpare me dei tuoi attacchi di beotismo avanzato!”

Ma il mio cervello si scollega un’altra volta. Merda, questa camicia gli sta davvero bene.

Lui sorride e sfiora col dorso della dita il mio braccio. Subito mi scosto e mi allontano il più possibile.

“Avrai anche un bell’aspetto ma non montarti la testa. Noi ragazze possiamo in qualsiasi momento eleggerti dio greco in terra o sfigato pallone gonfiato. Quale sei.”

Lui alza un sopracciglio e mi guarda dubbioso. Non sopportando il silenzio pesante come un macigno piombato sopra le nostre teste mi dirigo verso la porta di casa, salutando la signora Lombardi.

“Muoviti, Eddino, o faremo tardi”

***

“La smetti di mangiare nella mia macchina?!”

“Ma io ho fame” risponde lui con la bocca così piena di fette biscottate che non si capisce nulla.

“Se continui a mangiare tanto, i tuoi mesi in palestra verranno buttati nella cacca…”

“E smettila, Dà!” e insieme a questa affermazione, su di me arrivano anche delle briciole impastate e masticate.

Le pulisco via schifata da quell’animale.

“Non ti sodomizzo col cambio solo perché sei il mio migliore amico…”

“Oh, Deo grazias! Anche se sarebbe stata un’esperienza quantomeno curiosa…”

Mi viene da ridere ma mi trattengo, non posso dargliela vinta.

“Ecco siamo arrivati”

Appena scendo dalla macchina mi viene voglia di tornare a rifugiarmi nell’abitacolo: l’intera fauna femminile si è già girata verso Edo, che mi aspettava fermo davanti alla mia amata Panda bianca. Guardava col viso all’insù l’edificio che sarebbe stato la sua scuola per quest’ultimo anno di liceo. Con cautela mi avvicino a lui: mi aspetto di essere aggredita da un momento all’altro dalle oche polipose urlanti che vociano verso di noi, ma per grazia divina arrivo incolume fino al portone della scuola.

Lui si volta verso di me e mi sorride. Lo guardo interdetta.

“Da quando i tuoi denti sembrano brillare di luce propria?”

“Pasticcino non sono i denti, sono io ad essere radioso come un sole!”

Emetto un grugnito di disapprovazione e spingo con tutto il corpo le tonnellate di ferro battuto che compongono la porta d’entrata, riuscendoci solo con un evidente sforzo.

Camminiamo verso la nostra classe, mentre gli spiego dove trovare il bagno o la presidenza, ma la novità di un nuovo esemplare di giovane e attraente maschio per le ragazze della mia scuola è troppo: a ogni passo si sente un vociare sommesso ed estasiato che mi dà non poco sui nervi. È solo Edo, cosa ci sarà di così interessante da spettegolare su di lui…

“Sarai compiaciuto da tutti questi spifferi femminili nella tua direzione…”

“Che scherzi? Sembra di stare nella casa di Topolino durante una notte di vento!”

Svoltiamo nel corridoio e davanti a noi compare la schiena di Davide.

Senza esitare lo chiamo con tutta la voce e l’allegria che ho in corpo e lui si gira con un sorriso a 3219 denti.

“Ciao Dalia! Come stai? Hai passato bene le vacanze?”

Dio esiste.

Solo lui avrebbe potuto creare un essere tanto perfetto.

Guardo sognante i suoi occhi verdi e mi sembra di correre in un prato verde di montagna.

Heidiii… Heidiii… le caprette ti fanno ciaoooo… Sento di sottofondo nella mia testa. Metto il muto alle casse incorporate nei miei lobi cerebrali e continuo ad ascoltarlo mentre parla di un fattoria… fattoria, ma che centra? Boh… sono sicura che è bellissimo anche mentre munge le vacche o fa girare il latte da formaggio… magari a petto nudo… tutto sudato per lo sforzo…

Trattengo a stento la stimolazione salivare eccessiva e mi riconcentro sulle sue parole.

Mentre chiacchieriamo noto che è cresciuto in altezza pur rimanendo magrissimo, e che si è tagliato i capelli castani a spazzola.

“Non mi presenti il tuo amico?” dice all’improvviso, facendomi piombare dal mondo dell’iper uranio su questa nostra noiosa Terra.

Ah, già. C’è anche Edo, me ne sono scordata.

“Ehm… Sì! Si chiama Edoardo Lombardi, è tornato a Milano dopo aver vissuto per un po’ a Roma. Ah, comunque siamo amici d’infanzia e nulla più…” preciso subito la situazione. Un’insegna al neon sulla fronte che lampeggia “donna libera e disponibilissima” non sarebbe stata altrettanto efficace.

Edo lo guarda curioso e gli fa un cenno con la testa, mentre Davide risponde con un fugace sorriso.

Ci avviamo insieme verso la classe e quando entriamo c’è solo Alessandro Ferrari, il migliore amico di Davide. Un tipo anonimo quanto brutto, con dei capelli mossi orrendamente lunghi e la barba incolta da 40enne in precoce crisi di mezza età.

Dopo aver posato gli zaini, Edo mi prende per un braccio e comincia a sussurrarmi all’orecchio.

“E così ti arrapi per i bravi ragazzi…”

Gli morderei il braccio se Davide non fosse con noi. Per evitare l’accadere qualcosa di compromettente decido di starmene zitta.

Sento lo stupore di Edo guardarmi sconcertato.

“Bè, non ribatti?”

“Taci e fammi godere il fatto di essere sua vicina di banco, brutto buzzurro mammone!”

Lui mi lascia e ride.

“Accidenti, mi hai inondato di veleno!”

“E tu…?”

“…chi sei?”

Gli sguardi sorpresi delle Gemelle ci contagiano e anche noi le guardiamo come se avessero un piccione sulla testa.

“Edoardo, molto piacere” risponde prontamente lui. Le Gemelle continuano a guardarlo rapite, poi si scambiano uno sguardo e con sincronia perfetta gli corrono incontro.

“Edoardo! È un nome bellissimo!” dicono all’unisono.

Con gli occhi che mandavano luccichii intermittenti gli prendono le mani e cominciano a urlare.

“Io sono Azzurra Russo”“Io sono Bianca Ferlani” urlano ancora a una sola voce, mentre Edo le guarda sempre più inorridito.

Le Gemelle sono la mascotte della nostra scuola, anche se A dire il vero non sono affatto gemelle.

Sono solo due amiche coetanee che si sono conosciute in prima asilo e da allora non si sono più mollate. La cosa spaventosa è che queste due “gemelle” si assomigliano tantissimo, pensano insieme, finiscono l’una le frasi dell’altra e condividono anche l’unico neurone che hanno. Ogni volta che ci penso mi sento in un film dell’orrore.

Per carità, sono delle ragazze carine: entrambe con occhioni azzurri, boccoli biondo platino, corporatura, manco a dirlo, di un’acciuga secca. Qui sembra che nessuno abbia problemi di peso tranne me… comunque Bianca Ferlani e Azzurra Russo sono famose per il loro stile.

Azzurra è sempre quella nera e borchiata, Bianca è quella più pizzettata e cuoriciosa (definizione per altro davvero vomitevole, che sembra annoverarla come uno degli Orsetti del cuore).

Insomma, il cosiddetto Gothic lolita. Non capisco come facciano tutti ad ammirarle: quando vedo ai loro piedi quegli zepponi che neanche una porno diva si sogna, a me viene solo da ridere.

Credo che lo stesso effetto lo abbiano anche su Edo: sta letteralmente soffocando in mezzo a quel mare assalitore di merletti, pizzi e bullette. Si ritroverà sicuramente qualche livido e verrà a piangere da me. Evviva.

“D-Dal-ia… S-sal-va…miii”

D’istinto gli faccio la linguaccia. Così impara ad avere un fisico atletico e un viso bello.

“Povero Edoardo, sembra che le Gemelle lo abbiano preso in simpatia…”

Mi giro, già sapendo a chi apparteneva quella voce profonda e melodiosa: Davide.

“Davide! Macchè povero… si è vantato per ore della sua bellezza, ora bisogna farlo cuocere un po’ nel suo brodo…”

Le labbra rosa e invitanti di Davide si distendono in un sorriso dolce, quasi malinconico… ma lo guardo troppo rapita per accorgermi della gelosia nei suoi occhi.

D’un tratto si rivolge a me e mi guarda dritto nelle iridi.

“Sai, Dalia… i tuoi occhi hanno davvero un bel colore azzurro.”

Me lo sento, sto per svenire.

“…E devo ammettere che quest’estate ti ho pensata parecchio…” sussurra con voce vellutata.

Ok, è una certezza: sto svenendo. Sento il cuore in gola…

“Dove hai detto che sei stato quest’estate…?” riesco in qualche modo a spiccicare. Magari mi pensava guardando il mare al tramonto, o il paesaggio fiorito della montagna…

“Nella fattoria dei miei nonni… per di più coltivano ortaggi”

… o magari zappando cavoli attorniato da torte gentilmente offerte dalle signore mucche.

Bè non si può avere tutto dalla vita.

All’improvviso uno schiaffo mi arriva sulla nuca. Edo mi guarda adirato, col viso dai lineamenti scolpiti rosso come un peperone, il respiro affannato e segni di borchie qua e là sulle braccia. È parecchio ridicolo, mi piacerebbe avere con me la macchina fotografica e poi ricattarlo.

“Ehi, ti sono piaciuti i giochini sadomaso a tre?” dico ridendo.

“Dalia, tu… io ti…”

“Ah, Dalia.” La voce perfetta di Davide interrompe il discorso probabilmente senza senso di Edo “Domani sera io e la mia band suoniamo all’Anthrax cafè… ti aspetto.” E mi porge un biglietto dove sono indicati data e ora dell’inizio dei concerti. Guardo quel foglietto colorato con le lacrime agli occhi.

“Oh… certo che ci vengo!”

“Ehi, anche noi…”

“…vogliamo invitare qualcuno!”

Dietro le spalle di Edo già rattrappite per la paura, compaiono di nuovo Bianca e Azzurra che gli porgono un biglietto.

“Io sono vocalist” dice Bianca.

“Io sono bassista” aggiunge Azzurra.

“Mi raccomando non devi mancare!” concludono entrambe, minacciosamente avvolte da merletti e corpi contundenti.

 

 

 

 

 

 


 

commento poco serio - il ritorno

 

 

Olè, il primo capitolo *__*
Sia chiaro, io amo il gothic lolita con tutta me stessa!

Però per Dalia non poteva essere lo stesso, ha una personalità troppo semplice per poter apprezzare uno stile tanto particolare…

Non ho nulla in particolare da dire, se non che ci vorrà ancora un capitolo perché la storia cominci davvero… sorry <.<

Grazie a chi ha solamente letto, e a Kokky e SummerBreeze per i preferiti e le recensioni!

Mi fate sempre morire XDD
Kokky, sta tranquilla che non ci sei andata molto lontana nel predire le coppie XD

Summer, mi piacciono troppo i tuoi divagamenti XD Sono troppo contenta di sentirti ancora, e di sapere che apprezzi già un po’ questo delirio *_*

Aspettandomi un po’ di pareri…

Alla prossima! Cioè tra circa una settimana…

   
 
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