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Autore: Nia_chan    19/08/2008    0 recensioni
Sei eroi, una battaglia più grande di loro ... il destino d'essere un guerriero rimesto alle difficoltà dell'adolescenza. Una storia che vi farà appassionare sin dall'inizio. Ps. Ho diviso il prologo in più parti per rendere più scorrevole la lettura essendo in realtà molto lungo di per sè [Non fate caso all'inizio che potrebbe sembrare una cosa di fantascienza, vi assicuro che è tutt'altro ;)]
Genere: Romantico, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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The fighters of elements and the light Crystal.

Prologo

Prima Parte

 

 

‘Abbiamo mandato uomini sulla Luna,laboratori automatici su Marte e sonde spaziali fino ai confini del Sistema Solare…abbiamo misurato distanze,calcolato orbite e scattato milioni di fotografie dei più remoti “angoli” del cielo…;eppure siamo ancora lontani da una conoscenza precisa dell’universo:esso ci appare popolato di misteri e segreti  ed essi, sono la sua origine e il suo destino…’

 

Nero. Tra l’oscurità e gli sprazzi luminescenti ad est , scivolando giù per  conformazioni astrali delle più bizzarre dimensioni ci si avvicina ad una nuova concezione di spazio ; non più racchiuso nella superficie orbitale della terra – non più nel raggio del sistema solare bensì, nell’universo vacuo – aperto ad una moltitudine astrale assai più ricca delle abituali conoscenze umani. S’apre dunque il mistero astrale. Laddove sorgono remote costellazioni e galassie. Tra esse, v’è un avvilupparsi continuo di fenomeni concentrici che a tratti svettano in vere e proprie esplosioni galattiche, all’origine di tali conformazioni luminose si proiettano due galassie ; l’una è l’antitesi dell’altra.

L’overcast dimension nasce sottoforma di buco nero, alle pendici dell’universo stesso . Non v’è altro se non l’oscurità ad abitarvi, al suo interno vengono confinate le cosiddette stelle maligne – i corpi celesti che perdendo luminosità vengono relegate ai confini dell’universo per evitare che espandano ulteriormente energia negativa. L’Eien dimension – è la controparte dell’altra, essa è fulgida di luce propria e s’interseca tra le costellazioni di Doragon ed Hebi ; rispettivamente della serpe e del dragone. Dicesi in antichità che tali insiemi di stelle, costituissero il tetto dell’universo stesso – la galassia d’Eien nasce al centro esatto delle due catene stellari [un po’ come le antiche colonne d’ercole] delimitando – sempre secondo leggende – la fine del cosmo. La stella più luminosa d’Eien viene denominata Hikari [o Genkai] – perché, per l’appunto sorge nel punto nel quale lo spazio diviene ‘limite’. Il pianeta , com’è conformato ogni tratto d’esso – è situato perpendicolarmente rispetto agli altri pianeta, risultandone centrale.  Funge da orbita luminosa, un po’ come il sole per la nostra terra ed al contrario d’esso è abitabile, perché non esposto a radiazioni. Attorno ad Hikari – coesistono altri sei pianeti che assieme al primo vanno a conformare il sistema astrale : Mizu, Kaze, Hi, Ha, Yoru e Denki. Essi fungono per lo più da orbitali per il pianeta centrale e solamente alcuni di essi sono abitabili. Eppure è su Hikari che comincia la leggenda […] quella dei Fighters of elements.

[…] Giorno – Interno Palazzo Reale.

Una figura alta, slanciata ed ornata di broccati avanzava silenziosa  tra i corridoi alti .  Passo quieto all’apparenza. Scivolava smorto, sotto il braccio destro un tomo stretto e sul naso dei buffi occhiali tondi. “Ahem, Vostra Altezza […] smettetela di giocare, sapete benissimo a quali oneri siete obbligato” puntiglioso nel tono, quasi marziale.

“Babbeo, figuriamoci se mi lascio prendere anche oggi” ed eccolo, giù, nascosto dietro d’una delle tende scure ed alte con le mani appigliate alla stoffa, in ginocchio, al buio . Al sicuro, almeno per lui. L’iridi cobalte che prendevano a sfrecciare di lato, prima a destra poi a sinistra. “Via libera, adieu struzzo con gli occhiali” e quando pareva che tutto fosse taciturno ed immobile, eccolo afferrato per la collottola come un felino reietto.

“Dannaz… Aka lasciami” ed eccolo a dimenarsi come una trota tra le spire del fratello che l’osservava dall’alto al basso , scuotendo silenziosamente il capo . “Mi spiace Mizu-kun ma, oggi non posso permetterti di saltare la lezione, te la sei svignata sin troppe volte” . Un ringhio basso proveniente dal moretto, in basso, trascinato per i corridoi del salone come un galeotto pronto all’esecuzione. “Chikusho, lasciami maledetto! Perché vuoi farmi questo?” ed il tono sin troppo altezzoso del fuggitivo s’era abbassato, oh se s’era abbassato, divenendo piagnucolante. Più si dimenava e più la stretta dell’altro diveniva autoritaria. “Ti rendi conto che mi stai condannando a morte?” sputava sentenziatore continuando a cercare nel frattempo una via di fuga alternativa. L’altro rimaneva impassibile, fermo – quasi nemmeno lo sfiorassero i commenti dell’altro. Erano sempre stati differenti. Mizuiro – era sin troppo libertino, in tutti i sensi – odiava i cerimoniali di corte ed invece, preferiva quando ve ne fosse l’occasione , d’evadere dai doveri e permettersi qualche scappatella al di fuori del palazzo. Cocciuto, testardo e altamente indisciplinato. Tutto il contrario del quieto Aka, decisamente un principe a tutti gli effetti, sempre consapevole dei propri doveri e strettamente professionale. L’uno l’antitesi dell’altro. “Su alzati fratellino, un’ora solamente – nulla di più – sai bene che diverrai Re un giorno e di certo un re con il tuo atteggiamento non s’addice affatto al nostro regno” lo rirprese, inarcando le sopracciglia chiare. “Beh, allora sai che ti dico? Fallo tu il re, sei più adatto” sbuffò l’altro sollevandosi in piedi. Eccoli, l’uno di fronte all’altro. Cobalto contro Smeraldo. Bianco e Nero. Aka tirò un sospiro d’arresa, sarebbe mai cambiato? Decisamente no.

“Vostra Altezza, eccovi. Vi prego non fuggite più – sapete che sono vecchio” si lamentava l’anziano precettore di corte, ed era ben comprensibile, nonostante i suoi acciacchi era sempre costretto a rincorrere quello scansafatiche di Mizuiro per i corridoi quando si trattava di ‘quelle sue noiose lezioni’ come usava chiamarle il moro. “Grazie Principe Aka, senza di Voi non so come farei” . Mizuiro fulminò il fratello all’istante che trattenne un risolino dietro la mancina.

“Ci vediamo dopo Mizu-kun”  e mentre l’altro veniva trascinato via, blaterando tutti i colpi esistenti al mondo contro l’altro, Aka se ne tornava nelle sue stanze, dove preferiva passare maggiorparte del tempo.

 

[…] Due ore dopo – Corridoio Centrale.

 

“MALEDETTO SE TI PRENDO IO ... TI DIVIDO IN QUATTRO” ed era routine ormai, Aka corridore, inseguito dal fratello con una schiera di paggetti di corte al seguito che disperati ‘sussurravano’ coperti dal gran chiasso degli altri due – di non gridare.

“M…Mizuiro, sai che non possiamo correre nei corridoiiiii” replicava Aka, respirando ormai a fatica dietro la furia assassina del principe ereditario. Oramai se l’aspettava, quando faceva del bene al fratello era quasi una condanna essere inseguito per mezzo palazzo. Si fermarono infine, stremati – dinanzi alle stanze di Aka.

“S…Sai che…anf… me la pagherai ve…vero?” proferì Mizuiro in un soffio, reggendosi sulle ginocchia per riprendere fiato – il fratello dal canto suo rimase muto, lasciandosi cadere tra le stoffe del letto a quattro di spade. “Quando la smetterai di essere così ?” sorrise lui, mentre sollevava il capo ad osservare il fratello. “Qua…quando tu la smetterai di costringermi ad essere ciò che non voglio” . Il principe disteso sul letto sollevò ulteriormente il busto, osservando l’altro con tristezza. “Non ti piace la nostra vita? Perché?” Mizuiro si sedette a bordo letto, osservando al di fuori della finestra, notando che oramai la volta aveva principiato ad assumere le tonalità notturne. “ … La parola libertà ti dice niente? Hai mai sentito dire di un principe libero? – Io adoro la mia indipendenza , non voglio derivare da stupide regole di corte”. Le parole del fratello colpirono ed affondarono Aka in un colpo soltanto –  il timbro guizzante col quale l’altro parlava di libertà, non poteva che sott’intendere la città, della quale aveva sentito parlare solamente da lui. “Com’è fuori?” esordì, lasciando Mizuiro interdetto ad osservarlo. Lo sguardo di Aka era spesso triste, recluso come un animale domestico tra le mura del palazzo giorno e notte – a loro non era permesso lasciare le mura del castello , se non per stretta necessità ed anche in quel caso, scortati da una moltitudine di guardie reali.

“Meraviglioso” esclamò il primogenito schizzando in piedi per poi affiancarsi all’ampio finestrone centrale. “Non hai idea delle luci, delle feste e soprattutto – delle ragazze” un'altra piccola pecca di Mizuiro era quella d’andare a ‘donne’ – non nel senso dispregiativo del termine ma, non poteva farci nulla, quando si trattava di gentil sesso era capace di voler sedurre anche le dame di corte.

“Ragazze ?!” chiese interrogativo l’altro. Già, quanto ne sapeva Aka di donne? Zero. Infondo l’unica donna della sua vita era stata la madre  e nessun’altra, da sedici anni a quella parte. Certo, erano molte le nobildonne che fluivano a palazzo solamente per conoscere i principi ma – erano tutte come loro, ovvero – avevano quel gusto di ‘sangue-blu’ con la puzza sotto il naso. Oche, in poche parole.

“Le ragazze di Gin sono diverse da quelle che conosci a palazzo, sono – diciamo – più saporite.” Ah, avrebbe potuto di certo trovare un aggettivo differente. Aka lo guardò inclinando il capo verso destra, in realtà ci aveva capito poco e nulla. “Dunque, mettiamola così – in città la verginità si perde molto più facilmente!” ammise trionfante indicando ‘certe parti basse’ . “M…Mizuiro – shhh, non dire certe cose, se ti sentissero?” esclamò l’altro divenendo d’un cremisi acceso.

“Oh, quanto la fai lunga fratellino, cosa c’è di male se si parla di sesso?” e continuava a parlarne come se fosse una cosa scontata, ad alta voce e smanettando con entrambe le braccia dall’alto in basso. “MIZU!” finalmente anche Aka sbottò finalmente, sollevandosi in piedi e gettandosi sopra il fratello per tappargli la bocca. “Mhhhh…ah! Quando parlavo di perdere la verginità, non ti ho chiesto né proposto di volerla perdere con me – Aka, sai distinguere un maschio da una femmina vero?” lo osservò preoccupato.

“Cretino! Certo che lo so – n…non dire certe cose davanti a me però,sai che – mi mettono in imbarazzo” Mizuiro sollevò gli occhi al cielo, finchè non emise un risolino-sogghignante che prevedeva nulla di buono. Aka lo osservò deglutendo “N…non mi piaci quando fai quella faccia, cos’hai in mente eh?”  si sollevò dalla sua posizione indietreggiando d’un passo.

“Stasera ti porto con me e non ammetto storie” proruppe malizioso. No, no, non era possibile era contro qualsiasi etica e morale quel comportamento , non avrebbe mai seguito il fratello in una delle sue scappatelle notturne, nemmeno se fosse stato minacciato di morte. “Non contare su di me” promosse, volgendosi di spalle per abbandonare la sua stessa stanza.

“Oppure, vuoi che spifferi ciò che fai di notte solo soletto in camera tua?” profuse l’altro ancora più malizioso, sfiorando le lenzuola del letto “Che schifo, almeno cambia le coperte dopo i tuoi auto-amplessi notturni” rise e di gusto anche.

“T-tu … Mizu…” divenne di mille colori e se, non fosse stato sul punto di svenire avrebbe preso a cazzotti quella faccia da schiaffi del fratello. “Va bene. Va bene mi hai convinto, ba…basta che tu non dica nulla” lo pregò con gli occhi lucidi, si, anche lui aveva i suoi segreti infondo – un uomo non poteva concedersi qualche piccola soddisfazione ogni tanto? Era di carne anche lui eh. “Perfetto” saltò in piedi l’altro, decisamente euforico. “Cambiati e togli quei cosi – se venissi con me in quello stato saprebbero subito chi sei, un ragazzo normale non indossa simili sfarzi.” Ciancicò osservando il fratello dall’alto in basso. “E … come dovrei vestirmi scusa?” il sorrisetto di Mizuiro arrivò ad aprirsi in modo assassino . [Perché non conto sino a mille prima di chiedere?] fu l’ultimo pensiero di Aka, prima d’essere trascinato in camera dell’altro.

“Perfetto” sibilò Mizuiro osservando il suo operato. “N…non mi sento molto a mio agio” – lo style ‘attillato’ non era esattamente il genere di Aka che si sentiva leggermente ‘scomodo’ in quelli che erano abiti comunissimi. “Svignamocela” proferì l’altro al settimo cielo. Un fremito corse lungo la spina dorsale di Aka che deglutì appena osservando la stanza alle sue spalle “Sento che ci metteremo nei guai” ma non fece in tempo a concludere la frase che Mizuiro lo tirò con sé sino al finestrone centrale.

“E NOI DOVREMMO CALARCI DA QUI? DICO MA SEI PAZZO? NO E POI NO, TORNO IN CAMERA … non ho così tanta voglia di uscire stasera , oh, penso che mi stia anche venendo la febbre” sussultò il secondo genito osservando la corda e i cinque piani sotto di lui. Mizuiro portò indice e medio alle tempie massaggiandosele innervosito. “Stai calmo, Dei, è solamente una discesina” mormorò quasi fosse una cosa del tutto naturale.

“La fai facile, tu lo fai spesso. Io soffro di vertig…” uno spintone mozzò la frase di Aka a metà ed esso si ritrovò con la testa fuori dalla finestra ed il resto del corpo in bilico. Lo sentiva, stava per svenire.

“MIZUIRO! TIRAMI SU, TIRAMI SU” continuava a strillare come un ossesso, finchè la sua richiesta non venne esaudita.

 “Bene, ora che hai provato l’ebrezza dell’altezza, SCENDI! E mi raccomando …ssshh!” Lo canzonò l’altro ridendosela tra i denti. Aka emise un broncio fanciullesco prima di cominciare – per così dire – la discesa.

“Ho paura […]” continuava a ripetere ad ogni pezzo di corda, più scivolava giù e più il muscolo cardiaco mancava di un battito. “Mizuirrrroooo…ho pauraaa!”

L’altro ancora fermo ad osservarlo sulla balconata sbuffò alzando gli occhi al cielo, principe un corno. “Smettila di fare il bambino e di piagnucolare … fai come me” e le labbra scivolarono in un mezzo sogghignetto trionfante prima che s’attaccasse alla corda con una mano sola lasciandosi scivolare sino infondo. Aka rimase immoto nella sua posizione a penzolare come un salame , mentre sbiancava poco a poco.

Chiuse gli occhi, eseguendo le stesse mosse dell’altro. [Paura,paura,paura,paura]. “Ecco, ci voleva tanto?” lo esortò l’altro battendo il piede per terra. “N…no eheh, era fa…cilissimo” rispose di rimando mentre pareva che il mondo avesse cominciato a vorticare pericolosamente attorno alla testa.

“Riprenditi, ancora è presto per svenire … aspetta di vedere il resto” lo prese per un braccio, la serata era appena cominciata infondo.

  
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