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Autore: lullublu    24/06/2014    2 recensioni
Quando ci si accorge che di non riuscire ad immaginare la propria vita senza la persona che si ha al proprio fianco, forse è meglio smettere.
Questo pensavano Kagami ed Aomine quando decisero di lasciarsi.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Nuovo personaggio, Taiga Kagami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La finta Quando ci si accorge che di non riuscire ad immaginare la propria vita senza la persona che si ha al proprio fianco, forse è meglio smettere.
Questo pensavano Kagami ed Aomine quando decisero di lasciarsi.
Non osarono dirselo ad alta voce, preferirono perdersi in un mare di scuse e cercarono di non danneggiare troppo il loro rapporto
Avevano paura di andare troppo avanti, di rendere troppo seria quella relazione nata un po' per gioco un po' per scommessa, basata sul basket e sul sesso.
Rimasero amici e rivali, non era facile, ma tentarono di andare avanti, fingendo di non avvertire quel vuoto rimasto in loro.
Quello che sarebbe riuscito a superarlo prima era sicuramente Kagami, perchè non mentiva.
Diceva chiaramente quanto Aomine gli mancasse e non aveva vergogna di fargli capire quanto ancora ci stesse male.
Daiki invece, continuava a dire a tutti, in particolare a Taiga, che stava bene, che non aveva più bisogno di lui.
Niente di più falso.
Passarono quasi due mesi, ormai non si vedevano più tanto spesso.
Era stato Kagami ad allontanarlo, aveva paura di dargli fastidio, ormai l'altro stava bene.
Si sentirono per telefono quel giorno, e la notizia che Aomine gli diede, gli fece male in un certo sento, e si stupì della propria reazione.
                                                                                                   ***

Aomine staccò la chiamata e si ritrovò a sorridere con aria un po' idiota, gli faceva sempre quell'effetto, la voce di Taiga.
Avrebbe voluto ritornarci insieme, ma lo spaventava tutta quella dipendenza.
Non capiva perchè il rosso si stesse allontanando, ma non aveva intenzione di chiederglielo, sarebbe stato un atto di debolezza.
Il suo sorriso si bloccò e gli occhi gli si spalancarono con plateale lentezza.
Aveva fatto una cazzata, l'ennesima in verità.
Riafferrò il cellulare, armeggiò con le dita sulla tastiera cercando nella rubrica un nome utile.
Scorse nell'elenco i vari numeri, Kise, Midorima-per quanto potesse servirgli il numero di quel ragazzo-, ed ecco, finalmente trovò ciò che gli serviva.
Con ansia, si ritrovò a premere il tasto verde e telefonò.
Un paio di squilli a vuoto, ma prima che potesse iniziare ad imprecare troppo, ebbe una risposta.
"Pronto, Mai-san".
"Aomine-kun?".
Era una ragazza che aveva conosciuto da poco, carina, ma troppo mingherlina per i suoi gusti, era stata una delle prime persone a cui aveva detto di aver lasciato il rosso, con lei era stato facile parlare, dato che non conosceva nessuno dei suoi amici, poteva raccontarle qualsiasi cosa senza preoccuparsi di un suo giudizio.
Tetsu e Satsuki lo erano venuti a sapere da Taiga, il primo ci era rimasto male e la seconda era indignata perchè non gliene aveva parlato lui.
Continuavano ad insistere che avevano sbagliato, e Daiki non li sopportava, non erano affari loro.
Con la ragazza in questione, anche se non totalmente di suo gradimento, ci aveva provato, ma aveva ricevuto un bel ceffone e da allora aveva deciso di tenere le mani a posto.
"Ho un problema" le disse.
"Dimmi".
"Ho detto a Kagami che ho la ragazza".
"Complimenti".
"E lui vuole conoscerla".
"Mi fa piacere".
"Ed io gli ho detto che non c'era alcun problema".
"...esattamente quale sarebbe il problema, Aomine-kun?" gli chiese esasperata, non lo conosceva da molto ma aveva già capito che il ragazzo aveva un carattere impossibile.
"Ma sei stupida allora? Io non ho la ragazza!".
"E si può sapere che gliel'hai detto a fare? Sei un idiota!" ponderò la probabilità di riattaccare immediatamente il telefono e non rispondergli mai più, prevedeva grane.
"Aiutami, fa finta di essere la mia ragazza!".
Sì, aveva proprio ragione, ogni volta che Daiki si faceva vivo era solo fonte di improponibili disastri.
Gli avrebbe risposto che non ne aveva la benchè minima intenzione, ma chissà come, il ragazzo riuscì a convincerla.
                                                                                                          ***

Arrivarono a casa del rosso con largo anticipo.
Dalla cucina proveniva un odore che faceva venire l'acquolina in bocca, di sicuro Kagami si era impegnato molto.
Aomine notò appena le occhiate gelosa che Taiga inviava alla ragazza, a quanto pare ci era rimasto male di saperlo fidanzato.
Mai lo notò, e notò anche il modo in cui Daiki si rivolgeva al rosso, un misto di amarezza e nostalgia.
Le aveva fermamente ripetuto che non c'era più niente tra loro e che non intendeva assolutamente riprovarci, ma era chiaro che mentiva.
Da quel che sapeva di lui, spontaneamente non avrebbe mai fatto il primo passo, quindi decise che avrebbe dato una spinta ai due ragazzi.
Dopo aver mangiato (non si sarebbe certo persa quel delizioso pranzetto, Taiga era bravissimo a cucinare), disse che aveva bisogno di usare il bagno e li lasciò soli.
Lasciarli soli, però, non sarebbe bastato, quindi decise di fare un ulteriore gesto.
Stavano bisticciando come al solito, quando Mai li chiuse a chiave nella cucina.

Sentendo il click della serratura, i due iniziarono ad insospettirsi.
Daiki si diresse verso la porta e constatò che era chiusa.
Un senso di claustrofobia lo invase al pensiero di essere rimasto solo con Taiga,  per un tempo indefinito.
La loro separazione non era stata per niente traumatica, Aomine l'aveva accettata senza litigare.
Avevano avuto paura entrambi di ciò che si stava venendo a creare tra loro, della dipendenza che provavano l'uno per l'altro.
Non sapevano come gestire una relazione seria, perciò avevano deciso di lasciarsi pacificamente, senza mandare tutto all'aria.
Ciò che era difficile da far scomparire, erano i sentimenti.
Kagami continuava a sentire la sua mancanza, continuava ad amarlo, non faceva nulla per nasconderlo, ma vedendo che Aomine stava bene (non sapendo quanta menzogna ci fosse nelle sue parole) aveva iniziato ad allontanarsi.
Ed ora erano lì, senza via di fuga, a doversi affrontare.
"Apri quella maledetta porta!" sbraitò Daiki agitando furiosamente la maniglia, tirandola e cercando insensatamente di scardinarla.
"No,adesso voi vi chiarite".
"APRI IMMEDIATAMENTE, BASTARDA!".
Taiga non disse nulla, ma trovava strano che il ragazzo imprecasse così tanto contro la propria fidanzata,certo, durante i loro litigi, Aomine si comportava anche peggio, ma il loro rapporto era diverso, poteva permetterselo.
Quando parve chiaro che lei non avrebbe aperto, e che a furia di trafficare a quel modo. Aomine avrebbe rotto la maniglia, il rosso intervenne.
"Piantala Aomine! Se rompi la serratura sul serio rimarremo bloccati qui dentro, e non mi pare il caso di trattare in questo modo la tua ragazza".
"Non è la mia ragazza" ammise Aomine.
Smise di provare ad aprire, rompere, la porta e poggiò la fronte  contro di essa.
Si sentiva in trappola.
L'altro gli si avvicinò, una serie di domande gli si presentarono alla mente e le relative risposte risultarono sempre più semplici da individuare.
Se quella non era la sua ragazza, Aomine gli aveva mentito.
Perchè gli aveva mentito?
Perchè non era vero che stava bene, ovvio.
Si diede dello stupido per non averlo capito prima, da quando in qua si poteva contare sulle parole di Daiki?
Il ragazzo era troppo orgoglioso per affrontare a viso aperto la realtà, lo sapeva da sempre.
Forse non aveva voluto vederlo.
"Aomine, perchè hai fatto tutto questo?" gli chiese.
Il ragazzo non rispose, si limitò a trasalire impercettibilmente, la mano ancora a stringere la maniglia, quasi fosse un'ancora di salvezza.
"Voglio riprovarci, con te, intendo" continuò Kagami.
"Non voglio, sarebbe inutile" gemette Aomine.
Taiga gli posò una mano sulla spalla ma lo sentì ritrarsi al suo tocco, come molte volte aveva fatto lui stesso tempo prima.
Cercò allora i suoi capelli e posò il palmo con un gesto deciso per non permettergli di sottrarsi al suo tocco.Strinse le dita e gli tirò i capelli, facendogli voltare la testa verso il proprio volto.
Vide la sua smorfia di dolore, ma soprattutto le sopracciglia aggrottate per la tensione e per la paura.
Anche Taiga aveva paura e glielo trasmise col tocco delle sue labbra.
Il bacio durò poco, un incontro veloce di labbra, prima che Aomine vi si sottraesse voltando di nuovo la testa verso la parete.
La sensazione di oppressione si era come triplicata.
"Questo non cambia nulla" disse Aomine.
Testardo, vigliacco, bugiardo. Soprattutto bugiardo.
Kagami si scostò di un passo, lo sguardo ferito dalle sue parole, dal suo rifiuto, ma ancora pieno di volontà di combattere.
"Aomine, io sono ancora...".
"Non dirlo!" si girò deciso Daiki fissandolo intensamente, senza nascondere la paura, l'altro lo fronteggiò.
"Ti amo ancora, e per te è lo stesso".
Avrebbe avuto ancora il coraggio di mentire?
"Si, è così. Ma fa male e non voglio, non possiamo riprovarci" costretto, stava finalmente affrontandolo, come non era riuscito a fare per tutti quei mesi.
Com'era stato maledettamente facile dirgli che stava bene, aveva persino avuto il fegato di dirgli che era felice che si fossero lasciati.
"Perchè non possiamo? Chi ce lo impedisce?".
"Non sapremmo farlo, non riusciremmo ad impegnarci sul serio, ed io non voglio perderti completamente".
Il messaggio era chiaro, se si fossero lasciati di nuovo, sarebbe stato per sempre. Non sarebbero riusciti ad essere ancora amici, non sarebbero stati nemmeno più in grado di rimanere rivali.
Una relazione seria, con tutto ciò che avrebbe comportato, sarebbe riuscita ad annientarli completamente.
"Io voglio farlo. Ci impegneremo, andremo fino in fondo, cazzo se ho paura, ma lo voglio, ne abbiamo bisogno entrambi, fidati di me".
Si guardarono ancora, gli occhi semilucidi, pieni di dubbi, timori ma anche speranza.
Kagami sapeva fargli vedere il mondo come nessun altro avrebbe saputo fare, riusciva a ridare colore anche alle notti più buie.
Era il suo faro nella nebbia, e quella, solo un'altra notte tempestosa.
Sarebbe passata.
"Mi sono sempre fidato di te, lo sai. Preferirei che mi dicessi di non aver paura perchè va tutto bene, che tutto sarà facile, e se fossi un tantino meno idiota l'avresti fatto, per convincere un codardo come me. Ma va bene lo stesso, proviamoci".
Nessuno dei due trovò il coraggio di sorridere, ma erano sicuri stavolta.
Sarebbero andati avanti lo stesso, o almeno, ne sarebbe valsa la pena provarci.


  
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