Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: _eco    25/06/2014    3 recensioni
[Rumpelstiltskin/Belle] ♥
Nella sua testa riecheggiano le parole di Belle, che gradualmente assumono un’intonazione più cupa, profonda, leggermente gutturale. La voce di suo padre. Credeva di averla dimenticata.
Voleva crederlo, almeno.
- Cosa dici, dearie? –
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il colore del vento
 Neverland used to be a place where children go in their dreams.

I grandi non le hanno mai viste - almeno la maggior parte di loro. 
Belle sostiene che sia tutta una questione di giusti punti di vista. Se solo ci si acquatta con cautela e si aguzzano un po’ gli occhi, se si sta in religioso silenzio e si ha un pizzico di pazienza, allora le vedrai, stanne certo.
I grandi non le hanno mai viste, ma Belle ci scommetterebbe tutta la sua collezione di libri di fiabe, quelli che sua madre le leggeva in un sussurro prima di andare a dormire, sì, ci scommetterebbe tutta la sua collezione che i bambini, se solo i grandi non mettessero loro tanta fretta, saprebbero scorgerle, le leggere vesti di cui il vento si ammanta, gli svolazzi che sfiorano l’erba scossa dalla brezza e s’insinuano fra i petali dei fiori, facendo loro il solletico.
La voce del vento somiglia tanto a quella della sua mamma, quando leggeva in un soffio le mirabolanti storie che tanto l’appassionavano. Forse è per questo, perché è tanto familiare, che Belle la riconosce subito. E, oserebbe dire, le sembra che, ogni tanto, l’angelo in cui sua madre si è trasformata si serva del vento per comunicare con lei.
Belle si china sulle ginocchia, non curandosi del fatto che la sua camicia da notte color avorio possa sgualcirsi o sporcarsi. In cuor suo, non aspetta altro che vedere il viso della sua educatrice tingersi di rabbia e indignazione nel vederla tutta macchiata come una piccola selvaggia.
Questo luogo la incuriosisce. C’era uno strano ragazzino dai capelli riccioluti e biondi, prima, vestito in maniera tanto buffa – ma, oh, come sarebbe comodo indossare degli abiti la cui funzione sembra soltanto quella di essere imbrattati e sfilacciati!
Belle è quasi sicura, anzi assolutamente certa che il Piccolo Selvaggio le abbia svelato il nome di quel posto, ma lei era troppo intenta a spalancare la bocca e strabuzzare gli occhi davanti alla distesa verde e puntellata di rose. Deve aver incamerato quella informazione nel cervello, ma l’ha sepolta nel sostrato della sua memoria prima ancora di assorbirla del tutto.
Poco male, pensa. Anche se le chiedessero dov’è stata e perché è scomparsa dal suo lettino, non le crederebbero se raccontasse di essere stata catapultata in un posto del tutto ignoto ma tanto meraviglioso. Dovrà inventarsi qualcosa di più plausibile per accontentare la sua educatrice e suo padre. Sempre che si accorgano di qualcosa, poi.
La piccola Belle adora il suo papà. Tuttavia, da qualche tempo a questa parte, le volte in cui la stringe a sé con tenerezza hanno ceduto il posto a quelle in cui, invece, l’abbraccia distrattamente o le sfiora le guance paffute con le labbra, in tutta fretta, per augurarle la buonanotte. A volte, Belle si ritrova a essere sperduta nella sua stessa vita.
Sa soltanto che si sente incredibilmente sollevata mentre affonda i piedini nell’erba fresca, e sorpresa, sì, nel momento in cui accidentalmente sfiora la spina di una rosa e non sente alcun dolore.
Rose magiche, dipinte di un rosso vivo e luminoso, si disperdono tutte attorno a lei, come se volessero renderle omaggio.
Belle inizia a volteggiare su se stessa, la camicia da notte orlata che svolazza intorno alla sua graziosa figura, le braccia che si lasciano schiaffare dalla fresca brezza estiva, i capelli sferzati dall’aria pulita. Ogni tanto le sembra di perdere l’equilibrio, anche se pare piuttosto che sia lei stessa a volersi destabilizzare per riprendersi un secondo prima di rovinare per terra.
Avverte un formicolio alle dita dei piedi, quasi una felicità primordiale si dipanasse da ogni singolo filo d’erba e la percorresse nervo dopo nervo. Le gambe tremano di contentezza, le dita danzano al ritmo del vento, il petto a stento contiene la gioia che vi ribolle dentro, fino a quando una risata liberatoria non le gorgoglia in gola e risuona nel prato deserto.
Da quanto tempo non volteggiava senza curarsi di perdere l’equilibrio e risultare goffa?
Belle ha soltanto otto anni, ma deve già fare i conti con il fardello che le grava inevitabilmente addosso. Una principessa deve essere regale e aggraziata in ogni cosa. Così dicono, ma non è che lei ne sia pienamente convinta.
Ricorda che, quando era ancora alta poco meno di un metro, si immergeva nel fitto del boschetto vicino al Palazzo Reale insieme a sua madre, che per l’occasione faceva a meno dei suoi lunghi vestiti con lo strascico.
Insieme, si acquattavano all’ombra di un’imponente quercia e ascoltavano il vento. Una volta, sua madre le aveva insegnato a scovarne le vesti e i movimenti sinuosi, pedinandone il cammino grazie al flettersi dell’erba e al vorticare delle foglie secche. 
Belle aveva pensato che sua madre fosse l’unica eccezione fra i grandi. Belle aveva pensato che la quercia imponente, i ricci d’ebano di sua madre, il suo sorriso incoraggiante, le sue braccia sottili e un po’ ossute, fossero la sua vera casa.
Mentre continua a girare su se stessa, la voce del Piccolo Selvaggio le riecheggia in testa.
- Torna quando vuoi. Seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino. È la casa di chi casa non ha, questa. A me piace chiamarla Neverland. E tu, Belle, che nome le daresti?  –
 
Rumpelstiltskin non sa nemmeno perché gliel’ha chiesto, a esser sinceri. Spiega a se stesso – un momento, da quando ha bisogno di giustificarsi con se stesso? – che ha buttato lì la questione per ammazzare la noia, anche se – e questo lo preoccupa – filare non lo ha mai tediato.
Se solo fosse ancora un uomo, saprebbe che ha interpellato Belle giusto per il gusto di sentirla parlare. Ma è chiaro che non lo è nemmeno lontanamente.
- Quale posto mi piacerebbe visitare… cosa c’è, adesso vi mettete a fare dell’ironia sulla mia condizione da reclusa? – sbotta Belle, allargando le braccia e sferzando l’aria con una pezza imbevuta d’acqua e sapone.
- Non tutte le prigioniere hanno i lussi di cui godi tu, dearie. – la rimbrotta Rumpelstiltskin, puntandole un dito contro in tono di accusa.
- Perché vi interessa saperlo? – insiste la ragazza, strofinando il canovaccio sul tavolo con aria distratta.
Rumpelstiltskin emette una sorta di grugnito di disappunto. L’ostinazione di quella fanciulla impertinente lo coglie sempre in contropiede.
- Per ridurlo in cenere, dearie, che domande! – risponde, condendo la sua battuta con un risolino malefico e facendo vibrare le dita in un’espressione diabolica.
Belle solleva lo sguardo dal tavolo e lo punta su quello di Rumpelstiltskin, per un attimo sconcertata dalla freddezza del folletto.
- Sto scherzando, dearie. Come siamo sensibili! Allora, rispondi o no? –
Belle abbandona il canovaccio e si accarezza il dorso della mano destra con le sottili dita di cera.
- Non vorrei essere banale, perciò non vi dirò che voglio visitare Avonlea. – premette, sedendosi sul bordo del tavolo e facendo dondolare le gambe nel vuoto come una scolaretta. – In realtà, - esordisce dopo una pausa di qualche secondo – c’è un posto, ma non ne ricordo il nome. Ero molto piccola quando lo visitai per la prima e ultima volta. C’era un prato infinito cosparso di meravigliose rose rosse e profumate, i miei fiori preferiti, e si respirava aria pulita e fresca. Si poteva vedere… si poteva vedere addirittura il vento. – si lascia sfuggire questa imbarazzante e intima confessione, subito pentendosene.
Rumpelstiltskin la guarda perplesso.
- Il vento. Vedere il vento. – la apostrofa.
- Bè, sì. È una cosa strana. Insomma, non mi aspetto che capiate. – lo rassicura con una punta di malinconia, mordendosi il labbro inferiore.
Cala un silenzio che li avvolge in una cappa di aria pesante, quasi tossica. Rumpelstiltskin lo spezza mettendo in moto il filatoio, rasserenando inconsapevolmente  Belle.
- La mia domestica mi sta forse dando dello scemo? – la stuzzica lui, fingendo di essere offeso.
- Niente affatto. – si appresta a dire Belle. – A ogni modo, - riprende – era un luogo meraviglioso, fuori dal mondo, oserei dire. Ma non ne ricordo il nome. – confessò infine, non senza un po’ di afflizione.
- Ammettilo, dearie, è una tattica per impedirmi di distruggerlo. – la provoca Rumpelstiltskin, che sembra aver preso gusto nel farla irritare.
- No, davvero. – risponde Belle in automatico, assorta nel vortice di ricordi che la trasportano indietro nel tempo, nel prato immenso e profumato.
Rumpelstiltskin giura a se stesso che non capirà mai che cosa le frulla per la testa nei momenti in cui si zittisce all’improvviso e rimane muta per minuti interi. Non è nemmeno certo di volerlo sapere.
Riprende a filare, cullato dal cigolio della ruota, il viso attraversato da lampi di compiacimento nell’ammirare la lucentezza della paglia dorata.
- Seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino. – mormora Belle, più a se stessa che a Rumpelstiltskin.
Il folletto si irrigidisce, come se fosse stato percorso da una scarica elettrica. La ruota si immobilizza, la paglia scivola nel cesto riccamente decorato e abbandonato per terra, ai piedi del filatoio.
Nella sua testa riecheggiano le parole di Belle, che gradualmente assumono un’intonazione più cupa, profonda, leggermente gutturale. La voce di suo padre. Credeva di averla dimenticata.
Voleva crederlo, almeno.
- Cosa dici, dearie? –
Rumpelstiltskin ha sentito bene, ma per la prima volta in vita sua vorrebbe essersi sbagliato.
Belle è scossa dal tono della sua voce, così freddo, distaccato, fuori dal mondo, oserebbe dire.
- Solo una filastrocca, immagino. Devo averne dimenticato il resto. – butta lì, perché nemmeno lei sa bene da dove sia uscito fuori ciò che ha detto. – Sapete una cosa? Credo che quel posto non esista nemmeno. Dev’essere stato un sogno. Avevo una fervida immaginazione, da bambina. –
Rumpelstilskin non emette una sola parola, e Belle si rassegna al fatto che rimarrà in silenzio per un po’.
Perché, poi? Si trattiene dal fare domande, perché qualcosa, nel modo in cui il folletto non osserva il vorticare rilassante della ruota, le suggerisce che è meglio tacere.
 
Stringeva lo strano fantoccio di paglia e stracci, Rumpelstiltskin. Lo stringeva perché suo padre gli aveva promesso che, finché lo avesse tenuto con sé, lui sarebbe rimasto.
Ecco perché, si sarebbe spiegato a posteriori, suo padre lo aveva abbandonato. Non era stato abbastanza forte. Non era riuscito a tenere il pupazzo.
 
Rumpelstilstkin chiude gli occhi lentamente e pensa che sì, ridurrà in cenere quel posto.
- Non preoccupatevi, non mi offendo se mi prendete per pazza. Non sareste il primo a dirlo. –
Belle squarcia l’imbarazzante silenzio, perché non riesce mai a star muta per troppo tempo, soprattutto in situazioni come questa.
- Mi auguro che il Castello Oscuro possa ospitarne due, dearie.
 
Il giorno seguente, un cavaliere tutto tronfio e privo di senno bussa alla porta, puntando la spada affilata contro il petto di Rumpelstiltskin. Ha detto di chiamarsi…. di chiamarsi… - aspetta, com’è che ha detto?  
Gaston, sì. Gaston.
Rumpelstiltskin lo trasforma in una rosa.
La regalerà a Belle. Non ha forse detto che sono i suoi fiori preferiti?

No vabbé, vado a nascondermi.
È una shot assurda, ma ho sempre pensato che anche Belle, in un certo momento della sua infanzia, sia stata una bimba sperduta, almeno per una notte. E siccome i bambini raggiungono Neverland attraverso i loro sogni, ho ipotizzato questo...
Riconosco che è una shot abbastanza particolare, ma morivo dalla voglia di sperimentare qualcosa di diverso e un po' più stravangante rispetto al solito. 
Spero possiate apprezzarla. 
Ah, e grazie a LokiSoldier  (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=77952), che mi ha aiutata a scegliere quale shot pubblicare prima. xD
Baci ♥♥
S.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: _eco