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Autore: Ambros    25/06/2014    5 recensioni
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Ian/Mickey
Dalla storia:
- “Non puoi farmi questo. Bastardo egoista, non puoi farmi questo, capisci?” Si avvicina al letto e tende una mano in avanti, come se fosse così semplice raggiungerlo, ma le sue dita si incurvano sull’aria e sbatte lentamente le palpebre – magari cambierebbe qualcosa.
“Non puoi costringermi ad uscire allo scoperto e poi lasciarmi fuori da solo, hai capito?” stringe i pugni sulle cosce, e gli bruciano i palmi per la mancanza.
Non sa cosa farsene di se stesso.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Note:
Wow, prima storia in un fandom sconosciuto °-°
Salve a tutti!

Non so bene csosa dire di questa OS; forse potrei definirla un Missing moment, ma sarebbe un'esagerazione. Mi farebbe molto piacere se mi diceste cosa ne pensate, anche se mi faceste sapere che ho fatto un disastro e sono andata completamente OOC e dovrei rinchiudermi in un bunker per la vergogna, davvero.
Buona lettura (spero)!

 


 

Stay with me.



Mickey si passa le mani tra i capelli e stringe forte, finché le sue dita non si contraggono sul cuoio capelluto e sa che dovrebbe fargli male – dovrebbe, ma non lo fa, perché non sente niente.
Si passa la lingua sulle labbra e si guarda attorno con un’espressione febbrile, ma non sa dove posare lo sguardo; i suoi occhi vagano sul salotto di casa sua, su quel casino, sulla fottuta culla, e pensa che quel silenzio gli stia esplodendo nella testa.
Non c’è nessuno in casa, e non riesce a decidere se lo preferisca; vorrebbe rumore, vorrebbe che tutto fosse soffocato, vorrebbe sentire la sua voce. Non solo un cazzo di mormorio spezzato che non sembra nemmeno un sospiro, vuole la sua voce e vuole il suo sorriso strafottente, e vuole passare le dita tra i suoi capelli e vuole toccare la sua pelle di marmo. Vuole sentirlo. Vuole vederlo ballare in quei dannati pantaloncini, vuole vederlo vivo.
Ha bisogno che lo porti via da quel silenzio.
Posso prendermi cura di lui.
Vuole prendersi cura di lui.
Dio, vuole solo averlo di nuovo con sé.
Sbatte velocemente le palpebre per far scomparire il velo di lacrime che gli ha inumidito gli occhi e prende un respiro profondo, ha quasi fisicamente bisogno di una sigaretta, ma mormora un fanculo e si preme l’indice e il pollice sulla radice del naso, chiude gli occhi e inspira di nuovo, forte.
Posso prendermi cura di lui.

Apre la porta della propria camera e deglutisce, e pensa che non ha mai avuto più paura di adesso. Nemmeno quando ha urlato a suo padre di essere gay, nemmeno con una pistola puntata addosso, nemmeno quando Ian se n’è andato e lui non è riuscito a trattenerlo.
Vorrebbe solo distogliere lo sguardo e andare via, chiudersi la porta alle spalle e correre, riempirsi di alcol e fumo finché i suoi polmoni e il suo fegato non esplodono, ma non lo fa. Non lo fa perché lo vede, e Ian è lì, davanti a lui, e questa volta sarà forte abbastanza da tenerlo con sé, da trascinarlo fuori dal baratro in cui sta precipitando.
È tutto sbagliato.
Vede la sua spalla bianca che risalta in maniera sbagliata contro la coperta, e ha voglia di affondare le dita nei palmi delle mani e urlare, sparire.
Non sa cosa farsene di quel silenzio, non sa cosa fare delle proprie mani e non sa cosa farsene della sua vita.
“Ian?”
Lui resta con me.
Non si aspetta che risponda, ma ha bisogno che lo faccia.
Vorrebbe davvero urlare.
Resta con me.
“Ian.” Si odia per quanto suoni debole la sua voce, per quanto tremi.
Nessuna risposta.
Potrebbe avere un disturbo bipolare.
“Cazzo, Ian. Ian.” Non sta parlando, muove solo le labbra attorno alle parole e spera che abbiano qualche senso.
“Non puoi farmi questo. Bastardo egoista, non puoi farmi questo, capisci?” Si avvicina al letto e tende una mano in avanti, come se fosse così semplice raggiungerlo, ma le sue dita si incurvano sull’aria e sbatte lentamente le palpebre – magari cambierebbe qualcosa.
“Non puoi costringermi ad uscire allo scoperto e poi lasciarmi fuori da solo, hai capito?” stringe i pugni sulle cosce, e gli bruciano i palmi per la mancanza.
Non sa cosa farsene di se stesso.
Si toglie le scarpe calciandole via e tira su col naso, passandosi una mano sul viso, sotto gli occhi. Lo trascinerà fuori da quel cazzo di posto, fosse l’ultima cosa che fa.
Gira attorno al letto e si inginocchia sul materasso; Ian ha gli occhi aperti, ma non lo guarda.
Deglutisce e si distende lentamente, come se un movimento brusco lo potesse disturbare; non ha idea di cosa stia facendo, deglutisce ancora e cerca di mandare giù anche la paura.
Si stende su un fianco e osserva il suo volto. Cerca qualcosa che sia familiare, una scintilla, qualunque cosa. Allunga una mano e lo sfiora con la punta delle dita sulla fronte, e quello è familiare. È Ian.
“Non osare fare stronzate, Gallagher.” Sussurra tra i denti, e le sue diventano carezze. “Tu rimani qui e continui ad affrontare questa merda con me. Ora che posso voglio baciarti davanti a tutti, scoparti davanti a tutti, se serve. Ma non osare.
Ian non si muove, non lo guarda.
Mickey ignora il dolore, perché è stupido ed egoista e non è lui, e gli passa un braccio dietro le spalle e lo tira verso di sé per poggiargli il meno sui capelli e alzare gli occhi verso il soffitto.
Non fare la checca, non adesso.
“Questa volta non te ne vai, Gallagher. Non mi interessa se è il fottuto esercito o Satana in persona, non andrai via da me. Capito? Io ti – ti …” Inspira bruscamente e vorrebbe riuscire a completare la frase, ma non vuole dirglielo adesso, sarebbe sbagliato.
Un tocco fantasma sul suo petto gli fa abbassare immediatamente lo sguardo, e ci sono le dita di Ian sulla sua maglia, leggere e bianche – direbbe fragili, se non lo conoscesse. Ma Ian è forte, più forte di qualsiasi cosa.
Respira bruscamente, velocemente, ma non parla; sposta lo sguardo e incrocia un paio di occhi limpidi e azzurri che sono puntati nei suoi e lo stanno guardando, lo vedono.
Poggia la fronte contro quella di Ian e continua a guardarlo negli occhi, portandoselo ancora più vicino con il braccio ancorato alla sua schiena. “Resta con me.” Sussurra, avvolgendolo. “Resta con me, Ian.”
Ian continua a guardarlo ancora per qualche secondo, prima che le palpebre si abbassino lentamente sui suoi occhi; il suo naso arriva a sfiorare delicatamente la gola di Mickey, si lascia andare tra le sue braccia e continua a pensare resta qui.
“Mi piace il tuo profumo.” Sussurra con l’unico filo di voce che gli è rimasto, e Mickey incurva le labbra in un sorriso che è amaro, incredulo e triste, lo stringe ancora più forte a sé e pensa che non c’è mai stato niente che gli abbia fatto più paura del ragazzo che è tra le sue braccia.

 
  
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