1.

Quel lunedì mattina era solo un altro lunedì mattina di Febbraio. Mia madre stava preparando il pranzo che avrei mangiato a scuola, mio padre si stava sistemando la cravatta, pronto per avere un'altra giornata di lavoro nel suo ufficio. Come ogni mattina, si salutarono con un bacio sulla guancia.

La mia vita era monotona: andavo a scuola, tornavo, studiavo ed uscivo con i miei amici. Una normale vita, senza ombra di dubbio. Non che mi dispiacesse condurre quella vita, ma speravo in una svolta significativa, una ragazza, per esempio.

Sapete, non essere mai stati fidanzati a sedici anni era alquanto imbarazzante. Non mi interessava più di tanto, vivevo comunque la mia monotona vita alla grande.

Mia madre mi scaricò all'isolato prima di scuola alle 7.47. La prima campanella suonava alle 8.10, dunque avevo tempo per parlare con Michael: il mio migliore amico.

-Sei proprio sicuro di voler camminare fino a scuola da solo? Potrei portarti proprio davanti al canc...-

-No, mamma, no. Sarebbe un po' troppo umiliante non credi? Buona giornata!-

Mi domandai se mia madre avesse mai avuto sedici anni.

In un batter d'occhio ero già ai parcheggi di scuola mia e camminavo verso Michael.

-Hey fratello- urlò con enfasi.

-Hey Mich- farfugliai. Avevo ancora la voce addormentata.

-Okay, basta chiamarmi Mich, mi chiamo MICHAEL, non è complicato. Che problemi hai, amico?-

-Nessun problema, Mich.- lo mandai in bestia.

Ci conoscevamo da quando eravamo bambini, i nostri genitori si conoscevano di già per motivi di lavoro. Fu il mio primo vero amico, e tale rimase per tanto tempo.

Camminavamo a passo svelto verso l'ingresso, quando quella sventola di Jennifer Rother ci passò accanto. I suoi biondi capelli lunghi fino a metà della schiena ondeggiavano in tutta la loro bellezza. Quando Jennifer passava, chiunque nel raggio di venti metri si fermava a fissare la sua incommensurabile bellezza.

Fui ripreso da uno strattone di Mich.

-Non è merce per noi quella, Andrew-

Aveva ragione. Jennifer era la classica ragazza sono-bella-ma-faccio-finta-di-non-saperlo che passava tutto il suo tempo comprando vestiti, uscendo con ragazzi e scambiandosi messaggi con la sua migliore amica.

Passammo davanti a Jason Parsons.

-Che cazzo vi fissate, sfigati?- ci snobbò ad alta voce.

Jason era il classico giocatore di football, bello e muscoloso. Aspetti parecchio positivi, se considerati a parte dal suo quoziente intellettivo. Cosa ci trovavano le ragazze in un metro e ottanta di muscoli senza cervello?

Qualcuno all'improvviso mi prese il braccio. Rachel.

Possiamo definire Rachel come l'elemento che chiudeva il nostro piccolo cerchio di sfigati-non-sfigati. Io e Mich avevamo conosciuto Rachel cinque anni prima. Rachel aveva ogni qualità per essere popolare e bella, peccato però che non curasse il suo aspetto e avesse un cervello ben funzionante.

Era alta si e no un metro e settanta, slanciata e con dei graziosi capelli castani chiaro. I suoi occhi erano di un verde intenso che catturava. Si vestiva casual, forse troppo, e non curava mai più di tanto i suoi capelli. Sembrava trasandata e stanca di tutto. Il suo sorriso accecava come cento lampade al neon, e, senza accorgetene, rispondevi al suo sorriso con un sorriso ancora più grande. Era matematica la cosa.

Così ci dirigemmo verso una noiosa giornata scolastica di Febbraio, senza saper cosa il fato avesse in programma per me.









SALVE SALVINO GENTE! Ho iniziato questa nuova storia d'amore, tenete pronti pop corn e fazzoletti, perché sarà intensa e piena di avvenimenti. 
Ricordate di lasciare una recensione(costruttiva, possibilmente). BYE!