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Autore: LeoNerd    26/06/2014    1 recensioni
I pensieri di Saren Arterius poco prima dell'attacco alla Cittadella. Il suo tormento interiore sulle scelte fatte durante la storia di Mass Effect e la sua decisione finale.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo spazio.
Buio.
Freddo.
Sinistro.
Se esisteva un luogo dove le paure più antiche e inconsce della galassia potevano prendere forma e sostanza, di certo quello era il posto più adatto.
Per lo spettro Saren Arterius, eroe pluridecorato e venerato sulla Cittadella, odiato e temuto dall'Alleanza, le recenti vicende lo avevano nettamente cambiato sia esteriormente sia interiormente; il Turian adesso era ricercato da quelli che in passato erano stati suoi alleati con l'accusa di aver cospirato contro il Consiglio e la pace galattica.
Secondo la sua visione delle cose, il suo non era affatto un tradimento, ma una forma di adattamento per la sopravvivenza all'imminente ritorno dei Razziatori; la sottomissione e l'asservimento alla loro volontà.  
La Sovereign fluttuava nello spazio oscuro scortata dalle corazzate Geth, si muovevano intorno al Razziatore come fossero i suoi piccoli cuccioli devoti e lei la loro fedele madre pronta a proteggerli da qualsiasi pericolo incombesse su di loro. Dentro il ventre del mostro di metallo regnava un silenzio terribilmente pesante, interrotto solo ogni tanto dall’eco di qualche scricchiolio in lontananza. Il Turian se ne stava seduto sul suo sedile grigio tenendosi la mano organica sulla faccia; nella sua testa sentiva attraverso gli impianti innestati su buona parte del suo corpo, la voce potente e calma del suo padrone e aguzzino.
Il tuo corpo e la tua mente mi appartengono Saren.
Non opporti al mio controllo; accettalo e contribuisci alla nuova mietitura. Noi siamo l’ordine, loro il caos.
Ogni volta che la Sovereign scavava nella sua mente per assoggettarlo, era scosso da un dolore cosi insopportabile da farlo balzare in piedi e attaccare qualunque cosa fosse alla sua portata. Poi lentamente la presenza del Razziatore svaniva dando sollievo all’alieno dagli occhi glaciali.
Lei ha bisogno di me, non mi lascerò sopraffare.
Si diceva ogni volta che riacquistava il controllo di ogni fibra del suo essere. Tornato al suo posto, il suo sguardo gli cadde sul braccio artificiale donatogli dai Geth come segno della loro fedeltà allo spettro. Grazie ad esso ora poteva sollevare un essere umano e se lo avesse voluto spezzargli il collo senza la minima fatica.
Ora sono più forte, sono migliorato, perfezionato; la mia carne è in simbiosi con l’acciaio, ho la forza di entrambi e la debolezza di nessuno dei due.
Eppure qualcosa dal profondo lo riportava indietro nel tempo ogni volta che ripensava al suo attuale aspetto.
Come sono finito qui?
Come posso essermi ridotto cosi?
Come ho potuto tradire tutto quello in cui ho sempre creduto?
La visione della sonda Prothean gli aveva mostrato cose orribili, talmente orribili da fargli sembrare la Guerra del Primo Contatto una barzelletta da raccontare a una serata tra amici.
Amici.
Saren non ne aveva mai avuti molti durante la sua carriera da spettro, in parte per via del ruolo che ricopriva nella società galattica e ancor di più a causa del suo carattere schivo e cinico verso il prossimo.
Su Eden Prime si era ricongiunto a una vecchia conoscenza; Nihlus, l’unico che considerava un amico e un confidente.
Ed era stato lui a ucciderlo nel più vile dei modi.
Nihlus ti prego perdonami ma non avevo altra scelta, eri nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Per quanto si sforzasse di crederci, non poteva che pensare al suo amico steso a terra mentre lo fissava dicendogli: E’ tutta colpa tua.
Benezia.
La matriarca aveva tentato di salvarlo dal baratro oscuro in cui stava a poco a poco sprofondando. Lei era l'unica tra tutte le Asari che si era presa cura di lui.
E invece di accettare il suo aiuto l'aveva condannata a condividere con lui il suo destino.
Perché? Perché nessuno riesce a comprendere quanto sta per accadere? Perché sono cosi solo, solo in questa prigione galleggiante.
Poi si ricordò di quell'umano. Il comandante Shepard.
Lui aveva visto le visioni impresse nella sonda, lui era il solo che poteva capire il motivo delle sue azioni, il perché avesse fatto quelle determinate scelte.
Invece quell'uomo si era imbarcato in una strada che era l'esatto opposto della sua: la ribellione all'invasore con la lotta.
Tu avresti dovuto capirmi. Tu solo eri l'unico oltre a me ad aver visto le visioni della sonda Prothean; la loro perfezione, la loro diabolica precisione nel distruggere una civiltà grande e potente come quella dei primi esploratori delle stelle. Tu dovresti comprendere che non vi è altra possibilità di sopravvivere da un tale incubo tecnologico.
Mentre rifletteva sulle ultime vicende della sua vita, i suoi occhi caddero su una figura che aveva imparato a riconoscere solo dai suoni elettronici che emetteva: era un soldato Geth arrivato da qualche corridoio semi illuminato dell’astronave. Saren capì in un attimo il motivo della venuta di quella macchina guerriera, la Sovereign l’aveva mandata per informarlo che era giunto il momento.
<< Sì, ho capito. >> si limitò a dire lo spettro e con una rapidità sorprendente fu in piedi davanti al suo compagno robotico.
Nel percorso per raggiungere il portellone d’uscita dalla nave Saren sentì sulla guancia un lieve formicolio scendergli verso le labbra. Massaggiandosi la pelle cinerina si accorse di qualcosa di completamente inaspettato: era umida.
Dopo tanto tempo il Turian aveva ceduto a qualcosa che credeva di essersi lasciato alle spalle.
Come può essere?
 Io piangere?!
 No!
Io sono superiore a questo! Il dolore lo lasciato dietro di me, un difetto della carne che non dovrei più possedere. Possibile che la Sovereign abbia trascurato un particolare cosi importante?
Nel frattempo il Razziatore aveva oltrepassato le difese della Cittadella e si stava disponendo presso la torre del Consiglio. Saren rimase immobile assieme alla sua scorta di Geth in attesa.
Poi il portellone si apri trasformandosi in un grande rettangolo luminoso. Il ritorno dei Razziatori era ormai questione di poche ore.
Ormai è troppo tardi per i ripensamenti. Ho seguito la mia strada sicuro delle mie scelte e delle conseguenze che ne comporta; Nihlus mi dispiace ma giuro che onorerò il tuo sacrificio, Benezia avresti dovuto lasciarmi andare anziché tentare di salvarmi.
E tu Shepard, da dopo il nostro confronto su Virmine mi hai mostrato un percorso che non avevo mai considerato. Vedremo chi la spunterà alla fine, però di una cosa devi essere certo.
I Razziatori sono tornati.
Poco prima di oltrepassare la porta di luce gli parve di udire le voci di Nihlus e Benezia che gli sussurravano: Fermati, torna indietro, non è ancora troppo tardi.   
   
 
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