Teatro e Musical > Romeo e Giuletta - Ama e cambia il mondo
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Autore: Shirokuro    26/06/2014    0 recensioni
{ ladies centric; accenni lady capuleti/lady montecchi; possibile ooc | one-shot di 1680 parole circa | song-fic!l'odio; introspettivo; guerra? | what if? }
«Cambierò, diverrò una Capuleti in tutto e per tutto, non rimembrerò la ragion per la quale farò ciò, ma nonostante questo non dimenticherò mai quel che avrei voluto fare se questo orrido Destino non fosse toccato a noi. E ti vorrò il male peggiore, desidererò la tua rovina, ti riterrò la causa di quel che accadrà e perderemo qualcosa di a noi caro. Piangeremo lacrime e vorremmo ucciderci a vicenda ogni giorno della nostra vita.
«Ma quando finirà tutto, io desiderei, che potessimo porre il finale di questa guerra assurda, di questo orrore. Facciamo in modo che il dolore, l’odio, i sentimenti nefasti, l’odio e l’odio ancor peggiore si smarrissero nell’oscurità e nessuno rammenti tutto questo terrore».
Genere: Guerra, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ancora mi pare impossibile che io sia in grado di pubblicare qualcosa. Lo ripeterò all'infinito: siano lodati i cellulari, fin quando non si scaricherà la loro batteria. Mi presento in questo fandom come colei che l'ha inaugurato quel Dicembre freddoloso, ovviamente commettendo l'oscenità di non scrivere "Giulietta" al posto di quel che ora è "Giuletta"; tengo a chiedere scusa all'intera sezione se il nome che porta è erroneo. Ma siamo sinceri, dopotutto: quanti di noi amano Giulietta? Giulia Liuzi è meravigliosa e tutto, ha una voce bellissima, ma io davvero, davvero, non riesco ad amare il suo personaggio. Non che lo odi, giammai, però proprio non riesco ad amarlo come Mercuzio o le ladies. Ma non siete qui per sapere se amo o meno i personaggi del musical - che meritano -, ma per la storia che sto postando.
La tipetta nell'icon dovrebbe rappresentare Lady Montecchi nel suo essere indipendente e libera, in contrasto con Lady Capuleti che chiaramente non può permettersi tale libertà. Ovviamente il tutto è costellato da What If? che parla di taaante lotte continue e come si cerca, fra i più giovani, di trovare una ragione a tutto, chi ha ragione e come porre fine. Ho dato un'idea molto libertina dei Montecchi, basandomi sul trio canterino di Mercuzio, Romeo e Benvolio (gli ho toccato i pantalonih) e insomma, mi andava di scrivere una shojo-ai! Pace e amore, perdonate questa oscenità.
Mi sono molto divertita a scriverla, senza seguire un ordine cronologico fra un paragrafo e l'altro - vedrete voi stessi quanto sarà confusionaria la storia sotto questo punto di vista -, sulle note de "L'Odio". Sì, proprio divertente. Ammetto che all'inizio nemmeno doveva essere una shojo-ai, ma chi se ne fotte, su. Riguardo l'aspetto amoroso, noterete riferimenti ai matrimoni delle ragazze. Anche mettere questi è stato divertente, perché sono inseriti in maniera totalmente casuale nel testo, quello di lady Montecchi addirittura ha in dedica una sola frase di a malapena cinque parole mi pare. Ovviamente è tutto voluto, non preoccupatevi, non sono ammattita. Magari potrebbe darvi fastidio, tutto questo disordine, ma sappiate che nulla è dovuto al caso.
Sono particolarmente soddisfatta del risultato, con questo stile che confonde il lettore su chi agisce e che lo costringe a pensar (o magari è un difetto?) e la caratterizzazione veramente poco definita ma esistente (OOC? Spero di nuo). Insomma, sono felice. Buona lettura.
 
Quel Destino che crea solo futile Odio fra noi che ci combattiamo per suo capriccio
Dio, Padre mio
Guarda quaggiù
Piangi anche tu
Qui dentro noi
C’è un mostro che
Vuole anche te

   «Oh! Lady Capuleti, si allontani immediatamente» si sentì intimare una vecchia donna ad una candida fanciulla di rosso vestita. Questa era intenta a scambiare chiacchiere con damigelle dalle vesti oceaniche e sguardi rilassati e divertiti. Sussultò realizzando che la sua nutrice l’aveva scoperta ancora una volta a discuttere con l’altra schiera – seppur di argomenti stupidi o scontati, se non semplicemente di giovinastri del luogo. «Sapete che vostro padre e vostra madre non vogliono che abbiate contatti con i sostenitori di esseri lerci come i Montecchi!» proseguì, evidenziando l’ultima parola con una smorfia di disgusto sebbene davanti agli stessi; d’altronde che importava se la sentivano?
   «Nutrice, voi che siete nata in famiglia sostenitrice dei Volgari, avete il coraggio di impedirmi di conversare con fanciulle di inferior rango?» Le controbattute della giovane Capuleti riuscivano sempre a vincere colei che con amore l’aveva allattata, difatti questa sospirò e con immensa amarezza si distanziò per continuare le sue commissioni, donando un sorriso alla ragazza che ritornò al suo discutere.
   Non odiava la sua nutrice Rosolea, mai l’avrebbe pensato, ma la sua ostilità verso i propri genitori era arrivata al punto di farle detestare i Montecchi e tutta la loro schiera di simpatici ninfomani – secondo quanto le era stato insegnato – rendendola troppo poco indulgente con gli stessi. C’era da dire, inoltre, che i Signori del Rosso erano stati particolarmente colpiti dal comportamento dell’allora gravida trentenne e le concedettero il grande onore di badare alla futura genita.
   «Come? Scusa, ma quanti anni hai?» chiesero le ragazze dopo un’importante – quanto la conversazione stessa – conversazione sulla verginità della giovine dai capelli rossi. Accennò un sorriso con far furbastro e pronunziò la risposta con naturalità e spensieratezza, «Ne compirò sedici la prossima luna e la settimana che susseguirà sarò data in moglie ad un giovane uomo della mia casata, seppur non abbiamo legami di sangue stretti».
   Le due la fissarono abbastanza contrariate, fu solo quando la donna più vecchia ordinò alla dama di tornare al castello assieme a lei, si sbloccarono dalla loro assurda posa e salutarono bonariamente la Capuleti.
   «Vi consiglio di star lontano da quella feccia» iniziò Rosolea, continuando a fissare il punto davanti a lei, inespressivamente. Così assorta e seria, la donna la inquietava sempre. «Somigliate a quella peste di ragazza in campagna» continuò, riferendosi ad una fanciulla Rossa che non conosceva di preciso, ma ben certo era che le le somigliava.
   «La signorina Montecchi dice, invece, che è a Verona dove ci sono opportunità pe–».
   «Voi cosa...? Non avrete parlato alla figlia dei signori di quella gentaglia!» la interruppe. La lady sentì un’improvvisa scossa che spesso percepiva negli ultimi tempi, ma sapeva cos’era – nonostante avrebbe preferito così non fosse –: paura. Deglutì prima di mormorare qualcosa, che si poteva intuire come affermazione, altrimenti perché tutta quella pressione?
   «E cosa vi ha raccontato quell’infame?» chiese dopo un poco la donna, curiosa e divorata dalla voglia di sapere se gli esseri di quella divisione erano ancora tanto squallidi come ricordava e pensava.

 
Io, io per voi
Provo pietà e voluttà
Dio ma perchè
Ho sete anch’io
Del seme suo?

   «Solo qui a Verona troverai l’amore!» continuò gridando dallo scalino che aveva raggiunto, prima di lasciarsi cadere sul terreno serena e spavalda come sempre. Alle volte i Blu sembravano migliori dei Capuleti, almeno così pensava la lady degli stessi. 
   «Qui, proverai tutte le emozioni che esistono: belle o brutte chessiano. I fanciulli sono affascinanti e le gonne danzano al tempo delle donne, la passione invade l’aria mentre l’odio si fa strada nelle anime» continuava la mora, senza perdere l’aria spensierata. La rossa iniziò a sentirsi meno ad agio, per qualche ragione. Sgranò gli occhi alle ultime parole dell’altra.
   «E per qual assurda ragione dovrebbe essere un bene che continuino gli spargimenti di sangue?» le gridò rincorrendola.
   «Se non esistesse l’odio degli altri, forse non esiterebbe l’amor tuo, non credi, lady Capuleti?» Disse in tutta risposta, volteggiando leggermente per poi guardare maliziosa l’altra. Accentuò la sua ostilità verso la razza opposta, involontariamente.
   Sì, perché invero entrambe erano sangue di razze diverse. Ratti e topi non andranno mai d’accordo. Forse il paragone migliore per le due erano proprio i piccoli parassiti di fogne. Nonostante ambedue cercassero di interagire con i nemici, non potevano non provar risentimento l’un l’altra.
«E se i nostri cari spirassero? Allor dunque, quali sarebbero su di te, le ripercussioni?» domandò ancora mentre l’altra saltellava, divertendosi a farsi rincorrere dalla Rossa. Gli piaceva vedere lo sguardo stanco e determinato nell’inseguirla, mentre il gioco era nelle mani della più agile. Sogghignò.
   «Certo che fai delle belle domande, tu, ma son disposta a scommettere le mie amate damigelle che tu stessa non sai rispondere» disse fermandosi, per niente ansante, come invece si mostrava la lady che non comprendeva perché l’altra fosse tanto concentrata sul farla impazzire.
   «Parla chiaro, Montecchi».

 
Dannati voi senza pietà
Carogne in pasto agli avvoltoi
L’amore qui è morto già
E la pazzia vi acceca ormai

   Grida di rabbia, terrore, ma soprattutto di odio e disperazione. La piccola bimba si premeva le minuscole manine contro le orecchie, sperando che le lacrime si fermassero. Non poteva sapere che ad urlare, sotto la finestra, fossero gli abitanti che guerreggiavano tra loro. A volte, mentre le venivano raccontate le gesta degli eroi pareva tutto talmente superficiale, facile. Con poche parole, secoli di guerra venivano narrati e appariva meraviglioso quanto un singolo uomo potesse fermare tutto ciò, ma se solo avessero mai raccontato alla piccola bimba dai capelli color pece ogni singolo dettaglio di quelle sanguinose guerre, probabilmente ora non si chiederebbe se gli scontri fossero davvero tanto cruenti – non sarebbe cresciuta convinta del contrario.
   «Luridi bastardi vigliacchi!» Urla volgari assordavano la bambina, sebbene certe parole le avesse già udite, in tal ambito parevano spade affilate che la puntavano, pronte per infliggerle crudeli fendenti. Il terrore che si impossessava di lei, costringendola sotto le coperte – l’egoistico istinto di sopravvivenza unica personale –, chiedendo a qualcuno – ad un nessuno – che la sete di vittoria e sangue di combattenti improvvisati cessasse, che basti quel che già gli era stato donato – dolore, dolore, dolore.
   «Perché i Capuleti voglion ciò?!»

 
Poveri voi senza umiltà
Ma che puttana è l’avidità?
Poveri noi drogati ormai
Pupazzi vuoti in mano a lei

   Vesti che improvvisamente smettevano di danzare e sguardi impauriti, piedi che delicati e sfrontati pestavano il pavimento inseguiti da altri ancora – vittime prima e carnefici a susseguirsi. La paura si tingeva sempre più grave ed impertinente sui volti prima allegri e festosi; l’orrore divenne terrore e l’odore del sangue invase il Salone e gli sguardi di chi si trovava in alto erano pieni di disprezzo.
   Maledetti Montecchi!
   Cresciuti convinti di esser nel giusto, ambedue le fazioni si disprezzavano ed unicamente due fanciulle erano incerte e poco sicure di chi fosse nel giusto. Eppure, per quanto in quella mischia i loro sguardi s’incrociarono ancora ed ancora, per un’infinità di volte, non riuscirono a far altro che rincorrersi ed imitare i propri simili. Perché non potevano far altro.
   «Perché dobbiamo?» Urlò all’altra la giovine dai capelli rossi, mentre continuavano ad inseguirsi e fuggire – una dalla morte, l’altra dal tradimento. Gli occhi spalancati che lasciavano scorrere rade lacrime, portate via dall’aria che ostacolava la corsa. Se ne sarebbero dimenticate, dopotutto quante altre volte i Capuleti od i Montecchi stessi si sono intrufolati nella dimora dei Signori nemici? Senza badare al sesso di chi invadeva, all’età, alle motivazioni.
   «Questo odio non è sensato, non più dell’affetto che ci lega,» rispose «lo sai! Se perdessi qualcuno a cui tengo, Capuleti, se qualcuno di a me caro in questo conflitto morisse io credo che darei la colpa a te! Ti incolperei di essere mia complice e chiederei perdono al Signore, a te e porrei fine a tutto e tutti!»
   «Non dir sciocchezze» tuonò il futuro marito di lei.

 
Morire qui
Perché e per chi

  «Non siamo destinate, avantieri l’altro non è andata benissimo» sussurrò rammaricata la Blu. Nulla di più vero secondo l’altra, comunque, e strinse ancor di più la presa attorno alle spalle della ragazza, sentiva come se fosse suo preciso dovere starle accanto e più lo era, meglio sarebbe stato.
   «Io, ho preso la decisione di non ribellarmi, Capuleti» disse con un filo di voce la mora. L’orecchio dell’altra era dolente, come se le avessero inveito contro l’orecchio orride parole e le più infime maledizioni. Non era questo quello che aveva udito con sorpresa e rifiuto? Ma l’avrebbe seguita comunque, si sarebbe comportata come le era stato insegnato e come era doveroso facesse. Se la Blu lo voleva, allora così sarebbe stato.
   Ma allora perché le mie braccia stanno attorcigliandosi attorno alle tue spalle? Non riesco a fermarmi, le lacrime non cessano, ti prego mio Signore, io non voglio che mi veda in queste umili condizioni. Queste parole le picchiarono sulle pareti del cranio, più e più volte facendo eco fra loro. Non importava quanto la compagna di sventure cercasse di spingerla via delicatamente.
   Entrambe sapevano quanto la pioggia scrocciante che accompagnava le lacrime della Rossa non sarebbe mai riuscita a render ancora peggiore di quanto già fosse la situazione. Avrebbe solo potuto alleviare la situazione, con la sua atmosfera rilassante – il diluvio che tra poco si sarebbe abbattuto su loro sarebbe stato un leggero pioggerellare ed il cataclisma peggiore la salvezza. Singhiozzando, sapeva cosa avrebbe portato quella scelta. Sangue e odio; odio più grande di quello che avrebbero potuto allora chiamare amore.
   «Cambierò, diverrò una Capuleti in tutto e per tutto, non rimembrerò la ragion per la quale farò ciò, ma nonostante questo non dimenticherò mai quel che avrei voluto fare se questo orrido Destino non fosse toccato a noi. E ti vorrò il male peggiore, desidererò la tua rovina, ri riterrò la causa di quel che accadrà e perderemo qualcosa di a noi caro. Piangeremo lacrime e vorremmo ucciderci a vicenda ogni giorno della nostra vita.
   «Ma quando finirà tutto, io desiderei, che potessimo porre il finale di questa guerra assurda, di questo orrore. Facciamo in modo che il dolore, l’odio, i sentimenti nefasti, l’odio e l’odio ancor peggiore si smarrissero nell’oscurità e nessuno rammenti tutto questo terrore».
   «E se moriremo nel mezzo dello scempio?»
   «Allora, ci rivediamo all’Inferno, cara».
   E con quella che pareva una promessa solenne – che come da previsione, sarebbe stata perduta nelle membra più oscure – le due si staccarono e dopo essersi scambiate un sorriso in onore di quando si inseguivano a vicenda – o meglio, di quando una rincoresse disperatamente l’altra – si separarono, con la certezza che sarebbe stato il loro ultimo sorriso ricambiato.
   
 
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