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Autore: Exairesis    26/06/2014    3 recensioni
Il sogno di Aubrey era sempre stato accedere al meet&greet dopo il concerto degli R5 ed incontrarli per la prima volta, e finalmente quel giorno ci riuscì. Ma una frase impressa da Ross nel suo block notes attira inevitabilmente la sua attenzione, facendo credere alla ragazza che forse non era ancora tempo di svegliarsi completamente..
"Alla mia non-solo-fan, Aubrey.
Con affetto, e curiosità.
Ross Lynch."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ross Lynch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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From a meet&great.



Non era un momento come gli altri. Il concerto era, sì, una delle esperienze più belle che le fossero mai capitate, ma addirittura incontrarli! Mentre i primi accenni di batteria di I want you bad si presentarono, lei sorrise: sapeva come sarebbe andata a finire. Ed eccoli lì, mezzo minuto dopo, a ripetere ancora quel movimento di bacino terribilmente eccitante, che provocava i gridolini della maggior parte delle ragazze ai piedi del palco. Non che lei ne fosse indifferente, al contrario, era stata stregata fin da subito da quei movimenti, apparentemente innocenti, che sembravano volessero sfogare tutto ciò che erano costretti a tenersi dentro i ragazzi.
In quel momento tutto cambiava. Fin dallo sbucare dalle quinte. Potevano anche urlare a pieni polmoni, essere loro stessi, chi li conosceva bene sapeva che erano fatti così, ed era ciò che contava. Non che volessero ballare con modelle mezze nude o nuotare in piscine piene di soldi, ma era quella libertà di espressione repressa, quel "non va bene" sussurrato, dopo una notte di Riker e Rocky che si scervellano per rendere quel testo semplicemente perfetto, per i loro fan.. Non lo potevano sopportare.
E lei lo sapeva bene. Lei lo capiva. Dal momento che, mentre avrebbero dovuto sempre tenere un profilo cordiale ed ordinato in qualsiasi intervista pubblica, in concerti ed R5tv lasciavano che tutto accadesse con spontaneità, semplice amore per la musica e per lo stare insieme, con i propri fratelli, con i propri migliori amici.
Loud ne era la prova vivente. La canzone si tramutava dai tre ai sette minuti, tanta l'introduzione di batteria e chitarra, ma meglio così. Minuti in più per vederli, vederli felici, a dimostrare chi e cosa fossero. Quei sette minuti per loro valevano davvero tanto. E lei era lì, consapevole, col sorriso sulle labbra, ad imitarne ogni singola variazione, risata o sospiro. Li conosceva. Sapeva anche che i tre fratelli non avrebbero esitato a togliersi la maglietta rimanendo a petto nudo, mentre un timido Ratliff sarebbe rimasto lì, accanto al suo elemento: la batteria, senza invidia, rimorso o insicurezza. Era quello che li rendeva maledettamente speciali.
Inchino finale. Agitazione al culmine. Poco dopo, Ryland salì sul palco sorridente, intimando a chiunque avesse il bracciale del vip upgrade di aspettare, formando una fila magari. E così si posizionò dopo una decina di persone, in attesa, tremando quasi, attendendo quel momento, che pensava sarebbe stato il più bello della sua vita. Come ogni suo singolo sogno, fantasia o quel che era. Il suo turno non si fece attendere e quando ebbe la consapevolezza di trovarsi davvero davanti alla propria band preferita, non poté più crederci. Ma il momento di impanicarsi sarebbe venuto dopo, insieme alle urla, alla nostalgia ed alle lacrime, in quel momento, bastava un foglio, una penna ed un sorriso alla macchina fotografica.
"A chi lo dedico?"
Ross. Quanto hai fatto impazzire quella ragazza. Quanto spazio hanno occupato le tue foto nella memoria di ogni suo dispositivo elettronico. Quante volte hai preso parte ai suoi più bei sogni. Quante volte la tua voce ha costituito un suo pomeriggio sostituendosi ai libri di scuola. E quante volte aveva già immaginato te, in quel momento, trovandoti mille volte meglio di qualsiasi fantasia.
"Non sei loquace, vero? Ti svelo un segreto.." le sue labbra all'orecchio di lei non fecero altro che far triplicare i battiti cardiaci. "So essere timido anch'io."
"Non sembra, sai?"
"Questo perché non sono solo un cantante strepitoso, ma anche un fantastico attore." La sua risata di rimando echeggiò nella stanza, e lui non avvertì mai un suono talmente meraviglioso.
"Un po' egocentrico, non credi?" lui scosse la testa, assumendo un volto falsamente offeso. Lei gli tese la mano, senza dare importanza al contesto propriamente inappropriato. "Aubrey." Lui la accettò titubante, lievemente sorpreso. "Che succede, grande attore? Mai stretto una mano prima?" lo canzonò lei, facendolo ridere.
"Mai ad una fan."
"Ma io non sono solo una fan."
"Forse hai ragione." sorrise, abbassando lo sguardo verso il block notes, scrivendo - calcando su ogni lettera - la fantomatica dedica.

Alla mia non-solo-fan, Aubrey.
Con affetto, e curiosità.

Ross Lynch.


Lei arricciò il naso a quel soprannome, per poi arrossire al secondo verso.
"Non è un po' strano da far firmare anche agli altri?"
"Allora faremo così: questa sarà la mia dedica personale per te, mentre qui." girò la pagina, dopo essersi umidito il pollice con la lingua. "Ci saranno i nostri autografi." E firmò una seconda volta, col sorriso sulle labbra, passando il block notes a Rydel affianco a lui, occupata a conversare affabilmente con Ellington.
Quando tutti firmarono, fu l'ora della fotografia. Nessuna faccia strana, oggetti in mano dalla dubbia provenienza, posizioni sconvenevoli o altro.. La R5family sapeva essere unica nei vip upgrade! Ma mancava davvero pochissimo, poi un'altra fan avrebbe realizzato il suo sogno. Un'altra dedica, un altro sorriso sghembo. Tutto si ripeteva e conferiva a chi riceveva l'autografo un vulcano di emozioni, difficile da dimenticare, mentre per chi firmava, un esperienza solita, già fatta e vissuta, ma di cui è impossibile stancarsi. Ogni fan. Ognuno di loro contava qualcosa, e per loro avrebbero fatto di tutto.
"Grazie Ross, ti assicuro che non lo dimenticherò mai. E neanche quei quattro pazzi."
L'involontario dargli del tu. Di parlargli come un fratello, un amico, un conoscente. Qualsiasi cosa, ma non un estraneo. Perché come ogni membro della R5family era amico dell'altro dalla nascita della propria attività di fangirl, anche loro, i diretti interessati, facevano parte di quella grande famiglia.
"Sai, credo che non lo farai. Rileggi la mia dedica, ma solo dopo essere uscita da qui." di nuovo le labbra pericolosamente vicine al lobo. E battiti che si perdevano, stavolta.
Salutò cordialmente tutti, uscendo dalla stanza e ritrovandosi di nuovo nella sala del concerto, da un'angolazione semplicemente diversa. Rivolse uno sguardo alla fila, e fu felice per ogni singola persona che sarebbe entrata di lì a poco. Persino chi chiamava Ross con l'appellativo di "Austin". Strinse forte al petto il block notes, annusando quel poco odore di cui era impregnato. Spiaggia, sabbia, mare.. Solo a quello riusciva a pensare, e solo quello Ross le ricordava.
Uscì dall'edificio, trovando - in quel momento - strano ciò che c'era fuori. Dopo circa due ore, in cui aveva avuto la possibilità di stare talmente in contatto con persone così affini a lei, la realtà sembrava infinitamente monotona ed odiarla le sembrò più che giustificato. Intanto, fremeva per scoprire cosa intendesse il biondino, con quel "rileggi la mia dedica". Aprì la pagina indicata, scorrendo le parole, come ad accertarsi che non avesse perso qualcosa, leggendola per la seconda volta.

Alla mia non-solo-fan, Aubrey.
Con affetto, e curiosità.

Ross Lynch.

P.s.
Ti aspetto al bar qui affianco tra mezz'ora, alla fine del meet&great.


Un flash le inondò la mente: quando Ross, girando la pagina, aveva leggermente scostato il braccio da una frase, scritta proprio sull'ultimo rigo, alla quale lì per lì non fece proprio caso. Inutile descrivere la sua reazione, tra il divertimento e la sorpresa, nel leggere quelle parole seppur poche e precise, così piene di altro al di là di esse. Poi riprese un minimo di logica, appurando che una mezz'ora per un meet&great di così tante persone con foto e dedica incluse non sarebbe stata assolutamente possibile.
Ma avrebbe aspettato, anche mesi interi, in quel bar popolato e pieno di vita, spostando lo sguardo e voltandosi alla porta ad ogni singola persona che sarebbe entrata. Per lui. Solo ed unicamente per lui.

"Era l'ultimo. Ragazzi, ottimo lavoro come al solito."
Ross sorrise entusiasta. Quella sensazione di completezza, di aver fatto nascere così tanti sorrisi, nel suo piccolo, lo soddisfava pienamente. Un altro motivo per amare pazzamente ciò che facevano. Dopo una rapida occhiata al display del cellulare, ed una un po' meno rapida dopo essersi reso conto che ora segnasse, imprecò contro se stesso più volte, riposando il cellulare in tasca e salutando tutti, liquidandoli con un "Non posso spiegare, a dopo!"
La fretta nel cambiarsi, sembrava non così visibile davanti allo specchio, al quale aveva riservato tempo in più per auto-incoraggiarsi e - diciamolo - anche farsi complimenti da solo. Quando fu lievemente più presentabile, sbattè decine di porte dietro di sé fino alla decisiva. Quella del locale. Adesso era tutto un inspira ed espira, la mano sulla maniglia, l'insicurezza di non vederla, la consapevolezza di non poter rimanere in quella posizione. E lei era lì. Ad aspettare, con sguardo basso. Al cellulare probabilmente.
"Due cioccolate, grazie."
Era impressionante il modo in cui i capelli le incorniciavano il viso, risaltandolo e senza coprirne alcun particolare. Che il biondo si affrettò subito a memorizzare. Le labbra erano continuamente inumidite dalla lingua, in quel gesto involontario e disarmante. Il naso, all insù, appena pronunciato, piccolo e comodo in quel non essere eccessivamente notato. Gli occhi grandi, luminosi, curiosi, indagatori, una scintilla che li accendeva, incapaci di adeguarsi al castano chiaro dei capelli, si mantenevano su una tonalità chiara di verde alternata a pagliuzze marroni. Un minuscolo neo al lato del viso. E poi semplici imperfezioni, frequenti nell'adolescenza, della ragazza come della sua. Ordine pronto. Tempo di agire.
"Aubrey."
Proprio nel momento in cui sperare risultava invano, accompagnato alla consapevolezza di quanto fosse insensato vivere nella propria fantasia, ma con la continua e masochista voglia di farlo. Ross era impegnato. Sempre lo era stato e lo sarebbe stato ugualmente. Non era una colpa, né una giustificazione. Era la sua vita. E a lei questo bastava.
"Mi dispiace, i fan erano tanti ed il tempo è volato." appoggiò i drink sul tavolo, prendendo posto di fronte a lei. "Ti ho preso una cioccolata. Ti piace?"
"Sì, molto, grazie." annuì, sorridendo timidamente.
"Credo sia il minimo dopo averti fatto aspettare quasi due ore qui." fece spallucce, porgendole la tazza fumante.
"Non preoccuparti, avevo capito anch'io che una mezz'ora fosse troppo poco tempo per così tante persone. Tutto okay.." quegli occhi, quel sorriso accennato, quella voce quasi sussurrata, ma lievemente acuta, quelle labbra che il ragazzo non si era accorto di bramare. "Ross.." la quiete fu rotta dopo poco, attirando l'attenzione del biondino. "Perchè mi hai chiesto di vederci qui?"
"Non lo so, in realtà, so che tu non sei solo una fan ed avrei voluto il modo giusto per dimostrarlo."
"Solo questo?"
E poi sei tremendamente bella e riesci a tenermi testa come nessun'altro, avrebbe voluto dire. Ma qualcosa gli suggerì che fosse meglio tenere quel commento per sé, o almeno non dirlo in quel modo.
"Mi hai sorpreso, Aubrey."
"Sorpreso?"
"Sei la prima che mi abbia mai trattato come una persona, e non solo una star. Mi hai dato del tu, hai scherzato con noi, sei riuscita ad impressionarmi, ed in quanto? Tre minuti?"
"Cosa intendi dire, Ross?" gli chiese, cercando di nascondere l'entusiasmo che la stava attraversando, date quelle parole pronunciate proprio da lui.
"Che se tu mi vorrai concedere questo onore, vorrei chiederti un'altra uscita. Una seria, questa volta."
"Okay, con molto piacere."
Le sorrise, prendendole la mano nella sua e continuando a sorseggiare. L'argomento della serata si spostò poche volte su Ross, di cui lei già conosceva minuziosi particolari, mentre di lei egli scoprì le cose più disparate - e talvolta stupide - che le venissero in mente. Non si sa quando, né come, si lasciarono quella sera. Ma da essa, non si lasciarono mai più.


 
The End Beginning


6 anni dopo.

Aubrey aggiunse un'ultima orchidea al suo capolavoro floreale e ne sorrise soddisfatta. Un altro punto della sua lista, rigorosamente compiuto. Prese quest'ultima dalla borsa, segnando una V sulla casella "fiori". Cosa mancava ancora? La chiesa era stata perfettamente decorata con ghirlande di fiori rosa e bianchi, le sedie erano state coperte da teli bianchi, così come quelle nella sala del ricevimento e così come i tavoli. La richiesta di una scala da cui sarebbe dovuta scendere la sposa era stata un po' più complicata, ma lei non volle sentir ragioni, nella chiesa ci voleva la scala! Così, anche quel piccolo - mica tanto - capriccio era stato esaudito.
Già la immaginava, nel suo vestito dalla gonna di tull enorme ricoperto, nel corpetto ed a volte anche su essa, di brillantini ed altre decorazioni che le piacevano talmente tanto, mentre scendeva ogni singolo gradino di quella scala, come una principessa che saluta il proprio popolo. E lui sarebbe stato lì, ad ammirarla per poi finalmente celebrare con lei quell'unione che li avrebbe legati a vita.
Non era gelosa. Era felice. Felice per la sua nuova migliore amica, che meritava questo ed altro e, proprio per lei, tutto sarebbe stato esattamente come lo voleva. Non le importava che il vestito che avrebbe dovuto indossare fosse di un rosa schocking da ferire gli occhi, le sarebbe stata accanto anche in quelle strane vesti. Così come Ross, che le aveva fatto il sacrosanto piacere di mettersi una cravatta per la prima volta nella sua vita ed un completo che non consistesse in jeans strappati e maglietta. Ma cosa aveva fatto furbamente il ragazzo? Aveva sostituito quelle splendide ed eleganti scarpe laccate di nero, con un paio di converse decisamente più nel suo stile. Non cambierà mai, pensò Aubrey.
"Allora, sono finiti i preparativi?"
Parli del diavolo.. E ti spunta uno stupendo angelo biondo, che ti arriva alle spalle, per giunta.
"Sì, credo che non ci sia più niente da fare." lui si avvicinò circondandole la vita con le braccia. "Ma tu." gli puntò un dito sul petto. "Potresti vestirti normalmente, fallo per lei."
"Hey, avevamo detto che era un compromesso farmi tenere almeno le converse." si sporse sul suo collo lasciandole candidi baci, fino alla mascella, per poi riscendere.
"Lo so.. ma sai quanto ci tiene.. sei il testimone dello sposo e forse.." lo stava facendo apposta. Distrarla per poter mettere quelle sue stupide scarpe. E lei non doveva cedere a quelle labbra, troppo morbide e ammalianti.
"Rilassati." la sua mano questa volta le stringeva avidamente il fianco mentre quelle di lei si facevano spazio tra la sua chioma bionda.
"Ti odio, lo sai, vero?"
"So che mi ami. Il resto lo ignoro." le labbra pericolosamente vicino all'orecchio, scesero prima alla guancia su cui posò un tenero bacio e poi all'angolo della bocca, dove non ottenne ciò che sperava, quando lei voltò la testa dall'altro lato.
"Troppo semplice, ti pare?" e di nuovo, uno si sporge, l'altro arretra, uno si allontana, l'altro lo raggiunge.
"Per un paio di scarpe?" domandò, con una smorfia.
"Per un matrimonio!" precisò lei. "Sai che deve essere tutto perfetto e.. rosa."
"La cravatta fucsia non è già abbastanza?"
"Comportati come Riker, una volta tanto."
"Ma per lui è facile: ci dorme in camicia e cravatta."
"Niente "ma", anche quando ti sposerai tu indosserai un paio di converse?"
"Beh, dipende, me lo lascerai fare?"
"C-che cosa?"
"Abbiamo tempo."
"Mi ami?" annuì.
"Più di ogni altra cosa."
"Allora farai questo sacrificio." gli lasciò un bacio a stampo, allontanandosi, e lui sorrise come un ebete, poco dopo la strinse di nuovo a lui, colmando la distanza inconsistente tra le loro labbra ancora una volta, più a lungo, con più passione.
Non ne avrebbero mai avuto abbastanza. Non si sarebbero mai stancati. Quel modo di provocarsi, ridere, scherzare, sfidarsi a chi si sarebbe arreso per primo, non riuscire a stare troppo a lungo separati. Sensazioni senza tempo. Ogni volta sentire le labbra a contatto li faceva semplicemente stare bene. Nessun lato negativo, amore, tanto amore. Per questo, se qualcuno osava interromperli ne sarebbe conseguita la perdita di un arto del suddetto.
Come qualche mese prima, quando Riker e Ratliff entrarono in camera, con Ross e Aubrey intenti a scambiarsi effusioni sul divano, dapprima ignorandoli completamente, dopo infastidendoli per chiedere a Ross di venire a giocare a rugby con loro poiché mancava un membro in squadra. Il ragazzo aveva provato a lanciar loro un qualsiasi oggetto contundente, ma, trovandosi sul divano, l'unica cosa che riuscì ad afferrare fu un cuscino, che non colpì neanche il bersaglio. Ma bastò quello per far ridere i ragazzi, e rispedirli al piano di sotto.
"Hey, piccioncini."
Aubrey pensò bene di staccarsi quella volta, alla vista di Stormie, la madre del suo amato ragazzo. La donna all'inizio non fu entusiasta di quella relazione: Ross, insieme a Ryland, era il più giovane, e si sa che le madri sono sempre apprensive con i più piccoli. Poi scoprì che la ragazza in questione non era affatto una qualunque e ne fu prontamente felice, vista la probabile voglia di conversarne con sua figlia, come loro nuovo argomento di gossip. Eh sì, quella donna rimaneva una ragazza come loro, nell'animo.
"Mamma.."
"Siamo pronti!" la donna fece un mezzo sorriso, abbassando lo sguardo per asciugarsi una lacrima. Ross le sorrise, abbracciandola.
"Andiamo, sù."
Così porse il braccio alle due donne più importanti della sua vita ed insieme lasciarono il gazebo dove, poco prima, Aubrey stava finendo la composizione dei fiori. Arrivati fuori, videro tutti gli altri avvicinarsi alla macchina, mentre i due innamorati sorridevano al pensiero del domani. Che giorno che sarebbe stato, lo aspettavano da troppo ormai! Dieci anni insieme. Cinque nel completo senso della parola. E tanti altri ancora, nel loro futuro.
Stormie lasciò il braccio di Ross per prendere posto affianco alla postazione del giudatore, ovvero Mark. I sette ragazzi vennero distribuiti tra i posti avanti ed indietro nell'auto gigantesca che li contenne. Il solito casino inevitabile, tra Rocky che sparava stupidaggini e Ryland che elogiava il suo nuovo cappello, Aubrey era l'unica a discutere di qualcosa di leggermente più intelligente: il matrimonio.
Li separava una notte. Notte in cui avrebbero fatto di tutto fuorché dormire. Lei sarebbe stata troppo agitata, lui troppo occupato a cercare di placare la sua agitazione. Perché, nonostante lui fosse non poco emozionato all'idea di sposare la donna che amava in meno di ventiquattr'ore, il nervosismo compulsivo faceva parte del suo carattere, ed amava essere l'unico a sapere come tranquillizzarla.
Quando la macchina arrivò a destinazione: casa Lynch, era appena scesa la sera. La giornata era stata sfiancante, tutti gli ultimi accorgimenti per rendere quel matrimonio davvero perfetto erano stati fatti. La grande famiglia si riunì in cortile, ed ognuno mangiò in modo piuttosto scombinato, alcuni saltarono anche la cena pur di buttarsi su un letto, Aubrey e Ross presero un piatto e si sedettero a bordo piscina.
"Nervosa per domani?" chiese il biondo.
"Abbastanza.. Non so ancora perché abbia scelto proprio me, tra tante ragazza fantastiche come Kel-" venne interrotta.
"Non dirlo nemmeno, lo ha fatto perché si fida di te e ti vuole davvero bene."
"Anch'io le voglio bene, ma lei sa quanto sono negata in queste cose." borbottò, stringendosi nelle spalle.
"Ci sarà sicuramente un motivo, la conosci, non lascia nulla al caso."
"Eh già.." sospirò, senza pensare.
Ross le circondò la vita, stringendola a sé e lasciandole un bacio sulla tempia. Sperò di infonderle la sicurezza che le mancava. Quando si fece più tardi ed entrambi ebbero finito la cena da un bel po', pensarono bene di andare a dormire. Ma fu un momento, nel quale un alticcio Rocky, venuto lì barcollando, senza rendersene conto, fece perdere l'equilibrio ad Aubrey che cadde in piscina. 
A Ross ci vollero circa cinque secondi per: nell'ordine, imprecare contro quell'idiota di suo fratello, levarsi con un sol gesto la maglietta lasciando scoperti i meravigliosi addominali e finalmente raggiungere la sua amata, nella propria piscina, per giunta. Una volta vicino a lei, la strinse per i fianchi temendo che sarebbe salita su a dare un pugno a Rocky, anche se ubriaco, anche perché il volto sadico presagiva esattamente quello.
Entrambi stavano gelando, tutti bagnati, in una notte cupamente buia, e cosa facevano? Ridevano. Verrebbe da dire che si sono proprio trovati. Ma viste le condizioni pessime di entrambi possiamo anche lasciar correre per questa volta. Dopo essersi scambiati baci per diversi minuti, battendo il record dei posti più strani e svariati dove baciarsi, finalmente nuotarono verso il bordo e risalirono. Si fecero un secondo bagno per lavare via il cloro, nella vasca di casa propria stavolta, e dopo, finalmente, andarono a letto.

"Sei sicura che vada bene? Non ti sembra esagerato? Dovremmo rimandare il matrimonio di un paio di mesi e scegliere per bene un nuovo abito." balbettava Rydel, vistosamente agitata.
"Calma, Rydel, il vestito ti sta benissimo, abbiamo impiegato così tanto tempo per organizzare questo matrimonio proprio per non darti opportunità di criticare qualcosa, e devi ammettere che è davvero un ottimo lavoro."
"Lo so, Aubrey, ma ho paura." sospirò la bionda, sconsolata.
"Di cosa, ad esempio?"
"Di non trovare nessuno ad aspettarmi all'altare, di strappare il vestito a metà navata, di inciampare nel vestito prima di finire di percorrer-"
"Non dire sciocchezze, per quanto tu voglia negarlo, non potrebbe mai succedere: sei più aggraziata di una principessa. E, fidati, quel ragazzo ti aspetta all'altare da cinque anni ormai."
Quando una lacrima solcò il volto di Rydel, le due si abbracciarono, in un abbraccio che esprimeva gratitudine e allegria allo stesso tempo. Quelle parole, dette da Aubrey, erano riuscite a tranquillizzarla, ed adesso si sentiva davvero pronta a correre quei rischi pensando che non sarebbero comunque avvenuti. Si sentirono passi pesanti, come di corsa, e poi il viso amichevole di Stormie spuntò dalla porta:
"E' ora!"
Rydel cercò la mano di Aubrey, che trovò subito nella sua.
"Sono pronta!"

La chiesa fu riempita presto di decine e decine di invitati, conoscendo Rydel, niente era mai troppo. Ross spiò dalla sua posizione Kelly Woosen a braccetto con il suo ragazzo, ed i suoi genitori a fianco, tutti nelle file di centro. Nelle prime, ovviamente, c'erano i ragazzi, insieme a Stormie, mentre Mark, più bello che mai, nel suo smocking, attendeva la sua meravigliosa figlia all'inizio della navata, cercando ancora di concretizzare se tutto quello fosse reale o meno.
Fu un attimo. L'uomo al pianoforte cominciò la marcia nuziale e, dal gradino più alto di un imponente scala in marmo, Rydel, bella come mai lo era stata prima, si apprestaò a scendere. Con quel diadema incastonato di brillanti a reggere il velo, la sua ascesa sembrava il passaggio dalla principessa di casa ad una vera e propria regina.
A scale terminate, diede il braccio a suo padre, nel quale colse un'emozione mai manifestata, ed occhi lucidi che fecero subito inumidire anche i suoi. Percorse la navata senza inciampare o strappare alcun vestito, con portamento ed eleganza, esaltando ancora di più la sua magnifica figura. Poi lo vide, la frangetta spettinata quasi sugli occhi, quegli stessi occhi, che la rapirono fin dal primo istante, le fecero dimenticare qualsiasi timore.
Arrivati all'altare, entrambi sorrisero ai rispettivi testimoni, che, guardandoli, non riuscivano a non pensare a quanto amore riuscissero a trasmettere, come se si trovassero isolati da tutti gli altri, in piccoli, ma significativi sguardi. Il prete, sorridente, cominciò a parlare, facendo sedere tutti i presenti.
Allo scambio delle promesse, Rydel si sentiva un po' nervosa: non aveva davvero preparato qualcosa, pensava che l'unico modo per dimostrare davvero tutto il suo amore fosse parlare con il cuore.
"Non mi sono mai sentita perfetta. A diciannove anni non avevo ancora ricevuto un primo bacio. Non sapevo neanche cosa significasse amare, e non sono mai stata circondata da altri che non fossero i miei alti e protettivi fratelli." si levarono leggere risate tra gli invitati. "E nessuno avrebbe mai creduto che proprio io avrei compiuto quei piccoli passi, quindi, figuriamoci sposarmi. Ma anche se io so di essere piena di capricci e difetti, tu li sopporti e mi ami allo stesso modo, con o senza di essi. Quindi ti amo, e voglio sposarti." un'altra lacrima scese involontaria, e lui si prestò ad asciugarla intenerito, per poi prendere la parola.
"E' vero, Rydel ha dei fratelli davvero fuori dal comune, che per me sono sempre stati fratelli allo stesso modo, nonché i miei migliori amici. Mi sono sentito parte della grande famiglia che è quella dei Lynch fin da subito, e nessuno mi ha mai fatto avvertire il contrario. Rydel, puoi avere tutti i difetti che tu credi di avere, ma di qualsiasi cosa tu voglia lamentarti, io sarò sempre qui, pronto a prenderti la mano, ed ascoltarti, e non vedo l'ora di farlo per il resto della mia vita. Ti amo, principessa."
Rydel ormai in lacrime, non resistette a buttarsi tra le sue braccia e tutti quanti intorno a loro applaudirono. Lo scambio delle fedi finalmente avvenne, ed ognuno fremeva per sentire quella frase.
"Rydel Mary Lynch." cominciò il prete. "Vuoi tu prendere Ellington Lee Ratliff come tuo marito, finché morte non vi separi?"
"Lo voglio." annuì, la voce incrinata da lacrime di gioia.
"Ellington Lee Ratliff, vuoi tu prendere Rydel Mary Lynch com-"
"Assolutamente sì." tutti risero di nuovo.
"Con il potere conferitomi, vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa!"
Senza farselo ripetere due volte, i due azzerarono ogni distanza posando le proprie labbra su quelle dell'altro, in un bacio che siggillava un amore duratuto, che sarebbe rimasto e continuato, perchè non ammetteva un finale diverso.

Aubrey stava passeggiando tra i tavoli. Il ricevimento era terminato da circa mezz'ora, ma si era divertita davvero molto e il ballo dei due sposi era stato quanto di più dolce avesse mai visto. Mentre camminava per i tavoli, si fermava a riflettere, o semplicemente pensare, ed un sorriso nasceva inevitabilmente sul suo volto. Quella serata l'aveva resa davvero felice.
"Finalmente ti ho trovata." un Ross con i capelli arruffati e un evidente bisogno di dormire percorse la sala fino ad affiancarla.
"Sei stanco?" prese la sua mano e gli lasciò un bacio sulla guancia, sfiorandola appena.
"Abbastanza, e tu?" le rivolse un mezzo sorriso.
"Per niente." si allontanò, visibilmente inquieta.
"Avrei una cosa da chiederti." sussurrò, e lei si frenò.
"Lo sai che è sinonimo di "dobbiamo parlare", vero?" piegò la testa di lato, e lui rise.
"Meno tragico, immagino." percorse la distanza tra di loro e si inginocchiò.
"Woho, ne sei sicuro?" chiese, con tanto d'occhi.
"Fammi parlare, che dici?"
"Okay.." acconsentì, un po' stranita.
"Aubrey Jhonson, vuoi.. promettermi che sarò io la persona che - un giorno - sposerai?"
"Ti sembra una degna proposta?" chiese, fintamente offesa.
"E' una promessa, me la concedi?"
"Sempre." sussurrò, prima di posare le proprie labbra sulla sue.
E in quel momento poco importava del futuro o del presente, dell'opinione altrui e dei pregiudizi, degli anni che sarebbero passati, dei litigi, delle crisi e delle porte sbattute in faccia. Sarebbero arrivati così come gli abbracci, i baci fino a perdere il fiato, le giornate intere insieme e le migliaia di risate, le parole sussurrate nella notte, le promesse che verranno mantenute.
Per sempre.



 
Ehm, salve!
Well, è la prima storia che pubblico in assoluto quindi.. ansia, yeee!
E' diciamo nata dal concerto del 1 Luglio a Parigi, a cui sono andata, e rimasta nel mio computer per un sacco di tempo. Alla fine, penso sia carino caricarla, personalmente amo il pairing Rydellington ed è così che li vedo in futuro.
Comunque, spero vi sia piaciuta, io non ne sono completamente convinta, sooo..
Mi farebbe davvero piacere se voi mi faceste sapere il vostro parere con una piccola recensione. Giusto per capire se è meglio che non scriva più nulla lol
Un bacio,

Exairesis
  
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