I
personaggi famosi citati in questa
storia non mi appartengono; tutto ciò che dicono o fanno non
vuole in nessun
modo descrivere la realtà, è tutto frutto della
mia fantasia. Questa FanFiction
non è a scopo di lucro e non vuole offendere o diffamare
nessuno.
Wherever
you are
Che
Calum Hood non stesse bene, ormai se ne erano
accorti pure i muri. Se ne era accorto Luke, Micheal, Ashton e tutta la
scuola.
Gli stavano tutti vicino, a modo loro, gli facevano capire che loro
c’erano, in
silenzio, ogni giorno. E Calum lo sapeva che poteva contare sui suoi
amici,
sapeva che loro erano lì, sempre. Maybell se n’era
accorta prima di tutti,
infondo Calum era il suo migliore amico di sempre, lo conosceva meglio
di tutti
e di lui aveva imparato a captare ogni singola abitudine. Maybell era
parte
della quotidianità di Calum, che da quando aveva perso i
suoi genitori, della
sua vita non sapeva proprio che farsene. E Maybell si era fatta carico
di quel
dolore, se l’era preso in spalle e se l’era tenuto.
Lo condividevano, quel
dolore, perché Anne e Tim mancavano ad entrambi. E
allora Maybell si era
abituata ai lunghi silenzi dell’amico, ai singhiozzi
sommessi, alle notti
insonni. Agli incubi, agli attacchi di panico, ai ‘non ce la
faccio più’
sussurrati. Aveva quasi dimenticato la voce di Calum, nessuno la
sentiva più.
Tutti gli stavano vicino come potevano, ma le loro vite andavano
avanti. La
vita di Luke andava avanti, la vita di Ash andava avanti e la vita di
Michael
lo stesso, ma la vita di Calum no. La sua era ferma, immobile, ma il
tempo
scorreva. E lui restava indietro, a guardare gli altri andare avanti,
mentre
lui restava fermo. Maybell non andava avanti neanche lei, che di
lasciare il
suo migliore amico indietro proprio non ne voleva sapere. Gli stava
accanto
sempre, dimenticandosi della sua vecchia vita, quella dove era
circondata dagli
amici, dalle persone che le volevano bene. Faceva come poteva per non
cadere
nell’oblio più totale, studiava quando Calum
dormiva, mangiava mentre lui la
stava a guardare, tirava avanti e si trascinava dietro Calum. Non
piangeva,
Maybell, non piangeva mai. Piangeva Cal, per entrambi. Era forte,
perché lei ne
aveva passate tante e le aveva superate tutte. Aveva perso il conto
delle
persone che se n’erano andate dalla sua vita, chi morendo, chi
per spontanea
volontà. Aveva imparato a non farci caso, a lasciare che
andassero e venissero
come gli pareva, perché a lei, ormai, importava solo di
Calum. Luke diceva che
si stava completamente annullando per Cal, e che stava sbagliando. Ma
come si
abbandona una persona che ha già perso tutto? Come si
abbandona una persona che
si è aggrappata a te per non cadere? Non si può.
Perché finisci per
aggrappartici anche tu a quella mano, alla fine. Ti fai carico del
dolore
dell’altro, e vi fate forza a vicenda. Se si ferma lui, ti
fermi tu. Maybell lo
sapeva che Luke aveva ragione, ma a lei restava solo più
Calum. La sua famiglia
era da qualche parte nel mondo, se n’era andata per spontanea
volontà, l’aveva
lasciata indietro, lei non poteva fare lo stesso con il suo migliore
amico. Non
l’avrebbe fatto mai, neanche se lo avesse voluto. Alla fine a
Maybell stava
bene tutto così. Quella piccola routine che ormai era
diventata la sua vita, a
lei stava bene. Le calzava giusta, non le dispiaceva, le faceva
piacere. Dava
un senso a tutto. Così, stava accanto a Calum come un ombra,
lo teneva per
mano, lo abbracciava, lo cullava, lo afferrava quando stava per cadere.
Gli
impediva di sprofondare nel niente, era la luce alla fine di un tunnel
che
Calum non sapeva percorrere. Lo guidava, gli diceva dove andare, era li
per lui
e non aveva bisogno di dirlo.
Glielo
provava, ogni singolo giorno. Perché quando perdi
qualcuno ti rendi conto che non lo rivedrai mai più, e ti
chiedi come farai ad
andare avanti. Come potrà la tua vita continuare quando
quella della persona
che hai appena perso è finita. Si è fermata, ed
automaticamente in qualche modo
si ferma anche la tua. Non riesci più ad andare avanti da
solo perché tutto è
uno strazio, tutto fa male, tutto uccide e tu non sai più
proteggerti. Perdi le
forze, la voglia, sei nudo davanti al dolore che ti trafigge ogni
secondo. E
non sai a cosa aggrapparti, non sai come fare, vorresti solo che tutto
smettesse di farti così male. Finché non trovi
l’appiglio, la luce che ti mette
in salvo, il porto sicuro. Maybell era il porto sicuro di Calum, che
aveva
accettato solo quell’aiuto, solo da lei, solo lei. Non voleva
nessun’altro
accanto, solo Maybell. Maybell che lo prendeva per mano ogni mattina e
lo
faceva andare a scuola, alle volte lo aiutava a vestirsi, quando la sua
voglia
di vivere scendeva ancora, lei c’era. Costantemente, sempre,
lei c’era. E
restava, anche quando Calum le urlava di andarsene, preso dalla rabbia
e dal
male che abitava dentro di lui, lei restava. Gli posava una mano sulla
spalla,
lo faceva sedere e si sedeva sulle sue ginocchia. Si appoggiava al suo
petto,
ascoltando i suoi battiti irregolari e gli accarezzava la pancia,
calmandolo.
Sussurrandogli che sarebbe andato tutto bene, che lei era li e mai se
ne
sarebbe andata. Ed ogni volta Calum si addormentava, con una mano sui
suoi
capelli e le parole incise nel cuore. Vivevano in una bolla, Calum e
Maybell.
Stavano in silenzio, eppure parlavano. Si completavano, era sempre
stato così.
Tutti li avevano sempre invidiati, anche prima della tragedia, non
avevano mai
visto nessuno così. Forse perché qualcuno come
loro non esisteva. Arrivavano a
scuola ogni giorno mano nella mano, avevano i primi due corsi insieme e
si
sedevano vicini. La mano di Maybell era appoggiata per tutta la durata
della
lezione sul ginocchio di Calum, a disegnargli piccoli cerchi sulla
stoffa dei
jeans che aveva scelto per lui quella mattina. Alla terza ora si
dividevano, e
davvero, per Calum non c’era ora peggiore di quella in tutta
la giornata. Per
tutta la lezione non faceva che respirare affannosamente, battere
nervosamente
il piede a terra e controllare l’orologio costantemente. A
metà dell’ora
Maybell gli mandava un messaggio, sempre lo stesso. “Calum,
ti voglio bene.
Fingi che io sia vicino a te”. Lui sorrideva, o meglio
provava a fare una
qualsiasi cosa si avvicinasse di più ad un sorriso. Poi la
campanella suonava e
lui si precipitava fuori più velocemente possibile,
cercandola con gli occhi.
Quando la trovava, era come tornare a respirare dopo essere rimasto
sott’acqua
per troppo tempo. Le si avvicinava e la stringeva a sé
–o meglio, si stringeva
a lei- come se non si vedessero da anni. Nessuno ci faceva
più caso ormai, a
quei due che si abbracciavano forte forte in mezzo al corridoio, chiusi
nella
loro bolla che teneva fuori il mondo. Ogni tanto qualche matricola
domandava “Hey,
chi sono quei due?” e la risposta di qualche junior che
passava arrivava
prontamente assieme ad una pacca sulla schiena: “Sono Calum e
Maybell, ma
lascia perdere, un amore come il loro non lo avrai mai”. Ma a
loro due alla
fine poco importava delle persone. Si bastavano. Alle volte
c’era bisogno di
Luke, Micheal e Ashton, ma poi arrivava la sera e l’unica a
rimanere era lei. Era
malsano, direte, il loro rapporto. Non puoi vivere della presenza di
qualcuno,
devi farcela da solo, non puoi annullare la vita di qualcuno. E invece
puoi,
puoi perché le vite di entrambi erano sempre dipese
l’una dall’altra. Era sempre
stato così, ovunque ci fosse Calum c’era Maybell,
ovunque ci fosse Maybell c’era
Calum. Non era mai importato avere tanti amici, andare alle feste, fare
quelle
cose che gli adolescenti fanno, loro non erano mai stati
così. A loro bastava
stare insieme, seduti sul divano abbracciati così stretti
che non capivi dove
finisse uno e cominciasse l’altro, a guardare Cattivissimo Me
per l’ennesima
volta perché Calum di vedere altri film non ne voleva
sapere. Andavano bene
solo l’uno con l’altra, due pezzi di un puzzle che
non aveva posto per loro. Stavano
bene insieme, tra abbracci e mani intrecciate. Tra tacite promesse che
si
facevano ogni giorno: “Io ti tengo per mano ma tu rimani al
mio fianco”. E nessuno
avrebbe mai capito un rapporto del genere, forse neanche voi che lo
state
leggendo, forse neanch’io che lo sto descrivendo.
Perché infondo come può
bastarti una persona sola? “Accettiamo l’amore che
pensiamo di meritare”, vero.
Dannatamente vero. Nessuno a parte Maybell merita l’amore che
Calum può dare, e
nessuno a parte Calum merita l’amore che Maybell
può dare. Niente potrà mai
cambiare le cose, perché poi quando trovi la persona
plasmata apposta per te
non la lasci andare mai. E lei non lascia andare te. E così,
in mezzo al
corridoio, tra schiamazzi, risate e urla, loro tornavano a respirare.
Hey
(or hi?) mi leggi?
BENEE,
deprimiamoci proprioo. Vabe ma lo
sapete che a me non piace scrivere cose troppo felici e nelle mie
storie va
tutto troppo bene quindi ho dovuto rimediare su questa mini mini one
shot su
Calum. Ovviamente è TUTTO frutto della mia fantasia a parte
i 5sos che non mi
appartengono. Anche i nomi dei genitori di Cal sono inventati. Lo so
che un
rapporto così non ha senso perché è
troppo da accettare per una persona, ma è
una storia, è fantasia quindi non prendetelo troppo sul
serio. L’ho scritta
così, per tirare fuori certe emozioni da me, mi rendo conto
perfettamente che
una roba così non è assolutamente normale.
È fantasia.
Boh
spero vi sia piaciuta e spero abbiate
pianto ahahahahaah no. Davvero se vi è piaciuta scrivetemi
una recensione, se
vi ha fatto schifo scrivetemela lo stesso. (più di 10
paroline che i messaggi
in posta non li leggo ahah)
Ok
me ne vado a fare francese!
Baci
baci
Sempre
vostra,
gossipgirl.