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Autore: caskett_merder    29/06/2014    8 recensioni
eravamo solo sconosciuti
eppure ci capivamo così bene.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Eravamo solo sconosciuti

 
eravamo solo sconosciuti
eppure ci capivamo così bene.
 
 
 
Il rumore della pioggia che si scontra sul finestrino accompagna  la mia dolce lettura.
Qualche lacrima mi riga il volto fino a cadere sul libro, disegnando un cerchio che piano piano scompare. Ogni tanto distolgo lo sguardo dalle pagine, mi asciugo le uniche lacrime che ho permesso di far uscire e guardo il panorama.
Forse sto scappando, scappando da quei grattacieli che me la ricordano continuamente. Vivere in quella città sta diventando insopportabile, oramai odio anche le persone che  ci vivono.
Tutte quelle persone corrotte, quelle persone crudeli, che mi hanno portato via l’unica a cui tenevo veramente. Un’altra lacrima mi riga il volto e finisce per scomparire dentro la mia camicetta. Sono passati solo sei mesi e mi sembra che il dolore non finirà mai, il dolore di non averla più con me.
Com’è possibile che perdendo lei ho perso tutti? Sono sola, completamente sola.
Torno sul libro.
Con la coda dell’occhio vedo un uomo sedersi davanti a me, spero vivamente che non cerchi di attaccare discorso che non è proprio il momento giusto.
Continuo a leggere quel libro, l’unico libro che mi aiuta a superarlo, quando ecco che arriva un momento di tensione.. Che sta succedendo?
Sfoglio pagine, voglio disperatamente sapere cosa succede quando una voce interrompe il mio gesto: “Sai non dovresti saltare quella parte, poi non ci capisci niente”.
Riconoscerei quella voce tra mille, era quel ragazzo ma non ci credo, devo vederlo per sapere se è davvero lui.
Alzo gli occhi.
 
 
Alza la testa dal libro e finalmente scorgo quegli occhi verdi con mille sfumature di marrone, occhi leggermente lucidi, sbarrati quasi a non credere che sia io.
Sussurra: “Richard Castle?’’
Io le sorrido: “Si sono io.”
Mi guarda ancora con quegli stupendi occhi sbarrati quasi a non crederci, è adorabile, con la bocca leggermente aperta e quel cappellino nero quasi a volersi nascondersi, quei boccoli lunghi che le incorniciano il volto e le guance rosse per l’imbarazzo. Mi chiedo cosa ci faccia una ragazza del genere in un treno per Philadelphia. Perché non è a qualche festa? Perché non sta con le amiche? Perché ha il mascara leggermente sbavato?
Decido di rompere quel momento di imbarazzo totale: “Scusa non volevo metterti a disagio.”
Lei chiude il libro e sposta un boccolo dietro l’orecchio , deglutisce. “No, tranquillo. È solo che ho fatto la peggior figura di merda che potevo fare davanti al mio scrittore preferito.” dice cercando di non balbettare.
Scrittore preferito, a sentirlo perdo un battito, sono il suo scrittore preferito. Non so come mai mi sento lo scrittore più fortunato dell’universo.
“Scrittore preferito dici?’’ dico cercando di non esagerare con il mio entusiasmo.
Ride, ha una risata stupenda, ma torna subito seria come se avesse fatto qualcosa di proibito. La guardo e spero che non sia mia la colpa di questo cambiamento d’umore.
 
 
L’avevo dimenticata, per un attimo. Non posso dimenticarla, mi sono promessa di ricordarla ogni istante. Ma poi arriva lui e riesce perfino a farmi ridere. Non posso, non sono pronta, è troppo presto per sorridere di nuovo.
Mi guarda preoccupato, smettila Richard Castle! Ti prego non ho voglia di parlare di me.
“Allora che ci fa uno scrittore di gialli in un treno per Philadelphia?’’ gli chiedo .
Mi guarda, vedo i suoi occhi così blu, non li avevo mai visti da così vicino e sono dannatamente perfetti.
“Devo consegnare il mio manoscritto alla mia editrice.” dice non proprio sincero, lo guardo stranita. Perché mentirmi? Scoppia a ridere, ridi?
Ridi di me?
Ma che hai?
Lo guardo quasi non riconoscendolo, non è Richard Castle, è un pazzo!
“Ehm. ti ho detto una balla.” mi dice dannatamente sincero, perché mentirmi?
“Vuoi la verità?” continua.
 
 
Le dico la verità? Gliela dico?
E se non le piace? E se la risposta che le do mi facesse sembrare troppo debole? Se la sua idea di me crollasse? Devo smetterla di mentire! Mento così tanto che non so più neanche io qual è la verità.
Lei mi guarda come se fossi un pazzo, forse lo sono.
“Tempo.”
“Tempo?” mi domanda ancora più sconvolta.
Sto facendo la figura dello scemo, quindi basta, ho deciso. Prendo dalla mia valigetta quel foglio maledetto e glielo do. Lei lo prende e inizia a leggerlo.
Non so se sto facendo bene, in fondo è un’estranea, ma alla fine siamo tutti estranei.
Lei mi guarda, ha capito. “Tempo per digerirla.”
Ha capito, annuisco.
“Mi dispiace” mi dice.
“Già, penso che viaggiare sia il modo migliore per passare un po’ di tempo da solo e riflettere. Sai non me lo aspettavo, l’ho sposata per dare a mia figlia una famiglia, pensavo che fosse felice e poi ieri mi arriva questa lettera, ma cosa dirò a mia figlia?” dico disperato, sono disperato perché quando tutto va bene poi il mondo ti crolla addosso.
“Non hai ancora firmato..” afferma guardando le firme per accertare il divorzio e mi ridà il foglio.
Lo so bene.. Ma non sono ancora pronto.
“Non sono ancora pronto.. Basta davvero una firma per chiudere una famiglia?” dico sincero.
Mi guarda, lei mi capisce? Davvero? Perché non mi sono mai confidato con nessuno in questo modo..
“Castle, mi dispiace. La vita ogni tanto fa davvero schifo” mi dice con gli occhi lucidi.
“E poi mi piace vedere il panorama. È rilassante, quasi poetico” dico cambiando discorso e guardando fuori dal finestrino.
Perché quella ragazza è riuscita a farmi esporre così? Non mi era successo con nessuna, neanche con Meredith. Meredith non ascoltava.. Non aveva tempo per me, non lo ha mai avuto.
“Grazie per avermi ascoltato. Penserai che ho tanti amici, tanta compagnia, ma in verità sono solo, non ho nessuno che ha tempo di ascoltarmi.”
Mi pento di averlo detto perché adesso mi guarda in un modo strano
“Che c’è?” le chiedo.
“Nulla, è solo che sei così diverso.. Nelle interviste sembri così superficiale e infantile e invece sei davvero profondo.”
La guardo e non so se sia una cosa bella o brutta..
“Ed è una cosa brutta?’’
“No, ma non capisco.” non riesce a finire che la interrompo, so cosa vuole dire.
“Non posso essere così con chiunque, alla stampa non piace un uomo debole che scappa da New York perché ha paura di dire a sua figlia che sua madre l’ha mollata, così devo mentire.”
 
 
Sto scoprendo un Richard Castle del tutto diverso, è davvero lui?
Perché mi sta piacendo sempre di più.
Costretto a tenersi tutto dentro per non sembrare debole, un po’ come me.
“Dai, basta parlare di me.. Allora qual è la tua storia?’’ mi chiede.
Ma che devo dirgli? Che mia madre è stata assassinata e non hanno trovato ancora il colpevole? Che sto andando a rivedere mio padre alcolista al centro di riabilitazione?
Sono pronta?
“Sono solo una ragazza in un treno.’’ faccio la misteriosa, non so se sono pronta a confidarmi, ho paura che se glielo dico mi vedrà in modo diverso, nel modo in cui tutti mi vedono e che non sopporto. Non voglio che anche lui mi guardi in quel modo.
“Impossibile, ognuno di noi ha una storia, una serie di eventi per cui si trova qui. Prendi te, una ragazza tanto bella non la troveresti mai in un treno diretto a Philadelphia, a meno che quel mascara sbavato sia opera di un ragazzo che ti ha spezzato il cuore, anche se dubito, c’è sotto molto di più.”
Centrato in pieno, mi sono dimenticata che sei uno scrittore. Decido di raccontargli una mezza verità.
“Vado a trovare mio padre in un centro di riabilitazione per alcolisti” dico seria.
Lui mi guarda, il suo modo di guardarmi non cambia, non si spaventa, non mi vede in modo diverso, mi capisce?
“Ah, mi dispiace.”
“Non esserlo, è sobrio da 2 mesi” dico donandogli un sorriso, non mi sento più così in colpa adesso.
“Dovresti sorridere più spesso sai?’’ è un complimento?
“Ma che dici?’’ gli chiedo cercando di capire cosa vuole dirmi.
“Dico che hai un sorriso davvero straordinario e mi basta vederlo per sentirmi meglio”.  Rimango senza parole.
“Ci stai provando con me?’’ dico spudoratamente.
“Perché non dovrei?” mi risponde sorridendo.
Anche il suo sorriso non è niente male, così sincero e dolce. Continuiamo a scambiarci sguardi, quando è di nuovo Rick a rompere il silenzio: “Non voglio essere troppo curioso ma come mai tuo padre è diventato un alcolista?”
Questa domanda non doveva farla, è ancora troppo presto per parlare di lei, troppo presto.
“Eh no Castle, questa è tutta un’altra storia , magari la prossima volta te la racconto” dico consapevole che non ci sarà una prossima volta.
Lui mi guarda e capisce, come fa a capirmi?
Come possono due estranei sentirsi così in confidenza a tal punto da raccontarsi qualcosa che non riescono ad accettare nemmeno loro stessi? Come posso sentirmi bene solo nel vedere il suo sorriso? Eppure un’ora fa Richard Castle era quello scrittore infantile che non avrei mai incontrato e che non si sarebbe ricordato di me.
“Allora ti piace il libro?” mi dice indicando il libro.
“Sì molto” rispondo sincera.
“Vuoi che ti scriva una bella dedica?”
Rido.
“Perché ridi?” continua osservandomi come se fossi pazza.
Prendo il libro e gli faccio vedere la dedica.
“A KATE
CASTLE”
Appena la legge scoppia a ridere: “No vabbè ma che cazzo di dedica, scommetto che mi avrai odiato per averti fatto una dedica del genere” ha ragione.
“Eh si, non sai quanto ci sono rimasta male dopo due ore di fila per queste tre parole” dico scherzando, grazie a lui sono tornata a sorridere.
“Devo rimediare assolutamente, ce l’hai una penna?”
 
 
Cerca nella borsa e mi porge una penna, mi sorride, devo farmi perdonare per quella dedica davvero orrenda, non ricordo proprio come mi è venuto in mente di scriverla.
Inizio a pensare a mille dediche ma devo fargliene una speciale perché lei è così, è speciale.
“A KATE,
RICORDA DI NON SMETTERE DI SORRIDERE PERCHÉ PENSO DI ESSERMI INNAMORATO DEL TUO SORRISO.
GRAZIE PER AVERMI ASCOLTATO E SPERO CHE UN GIORNO RIUSCIRAI A RACCONTARMI LA TUA STORIA.
 IL TUO SCRITTORE,
RICK.”
Mentre la scrivo penso a quanto sono fortunato ad averla incontrata, non sono pronto a lasciarla.
Finito di scrivere gli do il libro e lei legge la dedica. Un sorriso enorme le si forma sulle labbra, potrei vivere del suo sorriso.
“Grazie mille Castle’’ mi dice, sono felice di averla resa felice.
“Te lo dovevo Kate.”
 
 
Sento un brivido quando dice il mio nome, è possibile? È possibile che una persona ti faccia venire i brividi quando ripete il tuo nome?
Lo guardo , glielo vorrei dire, vorrei dirgli che è un uomo speciale e ringraziarlo. Ma non faccio in tempo che la vocina che temevo di più parla: “Siamo arrivati alla stazione di Philadelphia”
Forse è meglio così.
“Allora che fai tu? Torni a New York?” dico cercando di non sperare troppo.
“Ho il treno per New York tra dieci minuti” dice triste.
Ci guardiamo, ma cosa stiamo facendo?
Ci siamo conosciuti adesso e già non vogliamo separarci.
Scendiamo dal treno insieme.
Lo accompagno fino al binario e aspettiamo il treno quando lui mi guarda e dice: “Non ci vedremo mai più, vero?”
“Possibile” rispondo cercando di essere più distaccata, devo smetterla di affezionarmi alle persone che poi potrei perdere perché fa troppo male, ho gia perso troppo.
“Non se non lo vuoi, potremmo frequentarci, potremmo stare insieme” mi dice prendendomi le mie mani e stringendole. Io le ritiro subito e divento rigida.
Non posso, devo guarire. Non sono ancora pronta per amare non uomo, sono ancora troppo debole.
“Mi dispiace, ma devo ancora guarire e devi farlo anche tu’’ mi guarda e capisce.
Siamo estranei eppure siamo così simili.  Abbiamo vissuto, abbiamo sofferto e ora dobbiamo guarire.
Mi alzo sulle punte e gli stampo un bacio sulla guancia. Riesco a sentire il suo odore che mi rimane dentro, spero di non dimenticarlo.
“Grazie.” gli sussurro all’orecchio. Ci guardiamo negli occhi come se riuscissimo a vedere le nostre anime.
Mi incammino, con ancora i suoi occhi impressi sulla mente, è riuscito a non farmi sentire sola e anche ora che me ne sto andando penso di non essere più così tanto sola perché so che lui ogni tanto penserà a me come io penserò a lui.
“Questo è un addio?” mi domanda urlando.
Mi giro, lo guardo e gli rispondo: “È un arrivederci.”
“Allora arrivederci Kate.”
E io gli sorrido. In fondo lo so che è un addio ma voglio che lo prenda come un arrivederci perché non si sa mai..
“Arrivederci Castle.”
 
 
La guardo andare via, vorrei solo correrle dietro e baciarla, vorrei davvero. Ma c’è qualcosa che mi ferma, forse è vero.. Devo prima guarire.
Respiro a pieni polmoni, sono felice?
Quella donna mi ha reso felice e anche se so che durerà per poco me lo godo. Prendo i fogli del divorzio.
Leggo inserire qua la firma:
E firmo.. Questo è un passo in avanti , sto guarendo.. e spero che questo mi renda più forte.
 
 
3 anni dopo
 
 
Sto firmando i libri.
Ora lo faccio in modo diverso, guardo negli occhi la ragazza e poi scrivo una piccola dedica. Anche se è stancante almeno rendo felice ognuna di loro e questo fa stare meglio anche me.
“A chi posso dedicarlo?’’ dico come una routine, alzo lo sguardo e rimango senza parole.
“A Kate’’ risponde quella ragazza che non ho mai dimenticato , quella ragazza che mi aveva fatto guarire.

 
 Frutto di ore e ore in treno per tornare a casa
(MA CHE CAVOLO DI FILM MENTALI MI FACCIO IN TRENO)
Un ringrazio ad Ari che continua a sopportare i miei problemi con la punteggiatura.
Un ringrazio anche voi che l'avete letta e che spero vivamente vi sia piaciuta .


 
  
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