Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Madme94    30/06/2014    5 recensioni
I pensieri di Elsa mentre guarda il mare aspettando il ritorno dell'amata sorella a casa. Questa fanfction partecipa al contest "dolci e dolorosi ricordi" indetto da SignoraKing.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutto quel che ho
 


Un altro Autunno sta per lasciare spazio all’Inverno.

Nel regno di Arendelle questa stagione non rappresenta più un problema. I cittadini sono pronti ad indossare abiti pesanti e ad allacciarsi gli scarponi ai piedi, oppure un paio di pattini nuovi.

Si respira aria zampillante di allegria, freschezza e felicità, da quando le mie emozioni non rappresentano più un problema. Adesso sono felice. So che il popolo non mi teme, anzi, apprezza le mie cascate di fiocchi di neve sottile, quelli che per più di due secondi non puoi trattenerli perché di loro non rimane nulla. So che apprezzano gli enormi pavimenti di ghiaccio che dono per divertimento e che i bambini passano le giornate a creare il più stravagante pupazzo di neve prendendo spunto da Olaf.

Mia sorella Anna ha coronato il suo sogno d’amore con Kristoff e ancora mi sale un riso quando, dopo lo sposalizio, convinsero Sven a salire con loro su una barca, promettendogli un’immensa quantità di carote e sparirono all’orizzonte.

Sembra tutto perfetto, il palazzo brulica di persone, le finestre restano aperte per tutto il giorno, lasciando filtrare un lieve tepore. Il commercio è fiorito e grazie al mio aiuto nella raccolta del ghiaccio, siamo diventati molto importanti per la Scandinavia.

Ambasciatori e reali di altri paesi spesso vengono a farci visita, incuriositi dalla particolare sovrana di questo regno. Grazie al mio essere riservata e gentile, anche quando gli ospiti ci lasciano, continuano ad arrivare lettere di ringraziamenti e inviti a far loro visita nei rispettivi paesi. Anna ne è entusiasta. È sempre stata una ragazza alla ricerca di emozioni, curiosa e bramosa delle meraviglie che la vita può riservarle.

Spesso però, quando mi trovo vicina a lei sento ancora qualcosa che mi paralizza. Nei suoi occhi non leggo alcun tipo di sentimento nei miei confronti, se non amore. Mentre, se mi guardo nello specchio, nei miei vedo ancora l’ombra del mostro che posso diventare. È difficile sorriderle come se avessi abbandonato il rimorso per averla esposta ad enormi pericoli, per averle quasi fatto perdere la vita.

Sento un vuoto persistente dentro il petto ed ogni volta che un brutto ricordo mi sfiora, il mio cuore batte una sola volta, forte e sorda, giusto per ricordarmi che c’è. Per dirmi che il dolore ed il rimorso forse sono le cose che merito per averle occultato chi sono veramente, per non averle permesso di aiutarmi, per aver rifiutato quello che mi serviva: il sostegno di una sorella e il suo amore incondizionato.

Al contempo mi domando che cosa sarei senza di lei. Se ripenso alla mia infanzia non ricordo un sol momento in cui stesse ferma. Non riusciva a stare lontana da me neanche cinque minuti e vederla sorridere mi trasmetteva un’allegria incredibile. Ogni gioco che inventavo la entusiasmava. Per lei mettevo in scena centinaia di storie diverse dove io interpretavo tutti i personaggi, dalla strega cattiva al principe azzurro, mentre lei era sempre la protagonista, il più delle volte una principessa in pericolo. Poi riempivamo il castello di ghiaccio e giocavamo fino allo sfinimento.

Questi ricordi mi hanno dato forza durante l’adolescenza, quando tutto quel che conoscevo erano le mura della mia stanza ed il pericolo che rappresentavo. Ancor oggi mi rincuorano nei giorni più bui e continueranno a farlo sempre. Il dovere di una regina è risolvere i problemi, non cedere mai, andare avanti a testa alta ed è così che farò. Nessuno mi vedrà mai più crollare, inciampare nella mia stessa fossa. Nemmeno Anna, che mi tese la mano e mi tirò via dall’oblio senza indugi e senza poi giudicarmi per quel che avevo fatto. Sono passati venti giorni dalla sua partenza ma, sinceramente, mi sembra trascorso molto più tempo. Come mi comporterò quando tornerà? Dovrei abbracciarla? Forse no, l’aspetterò sull’uscio del portone e l’accoglierò con un sorriso facendole rivivere il castello come una casa calda e accogliente, qual era prima.

Con fare distratto mi avvicino ad una vetrata che affaccia sul tramonto e la apro. I deboli raggi del crepuscolo mi feriscono gli occhi, così li riduco a due fessure e resto rapita dai colori che scorgo all’orizzonte. La vegetazione sta iniziando a spogliarsi del suo marroncino autunnale e i sentieri, così come le strade, si ricoprono poco a poco di un fitto manto di foglie. La luce scivola delicata sul mare che ne riflette il bagliore sulle coste, creando meravigliosi giochi di colore. Le piccole onde che si frantumano sugli scogli mi fanno giungere una fresca brezza marina che mi riempie i polmoni. Il vento mi sfiora come una dolce carezza, sciogliendomi piccole ciocche dalla treccia e facendomele muovere armoniosamente sul viso. Chiudo gli occhi ed è come se per un momento mia madre si trovasse accanto a me. Un insolito calore mi pervade, rassicurante come solo un suo abbraccio poteva essere. Immaginandola accanto a me, direbbe che non devo preoccuparmi di nulla. Che lei e papà non se ne andranno mai, perché le persone che amiamo restano, nonostante tutte le avversità.

Forse ho paura di restare sola o di essere abbandonata. Nel profondo so che Anna potrebbe odiarmi, voltarmi le spalle e andare via. Lei è riuscita a trovare l’amore, avrà sempre qualcuno pronto a sostenerla. È riuscita ad avere la sua famiglia. Io sono sola. Senza di lei non sono nulla.

Asciugo una lacrima che non avevo sentito salire con il dorso della mano, poi torno a poggiarla sul cornicione e mi sporgo un po’ di più, in una ricerca assidua di quel calore.  Nel vento sembra risuonare il mio nome, come un grido in lontananza.

Mi chiedo, “chi è veramente Elsa?”.                             
                              
Ancora una volta. Due. Tre.

Una voce femminile mi chiama.

Apro gli occhi e, facendomi schermo dal sole con la mano, inizio ad indagare con lo sguardo verso il monte. Non c’è nessuno. Sarà stata la mia immaginazione. Muovo un passo indietro facendo attenzione a non calpestarmi la veste azzurra, poi afferro le ante della vetrata e lentamente la richiudo, come per lasciar fuori i pensieri che mi attanagliano la mente e la coscienza. Mentre mi volto scorgo una grande sagoma nera che aleggia in mezzo al mare. È un’imbarcazione. Due persone si sbracciano dalla prua.

È Anna!

Corro giù dalle scale dando ordini alla servitù di preparare due bagni caldi, stanze da letto e un’abbondante cena. Non so che fare, ma un impulso irrefrenabile mi spinge ad andare verso il porto. Esco dal castello, senza neppure indossare un mantello. Mi accorgo degli sguardi curiosi dei cittadini e delle dita dei bambini che puntano verso di me. Non posso scompormi troppo, quindi cerco di deambulare il più regalmente possibile, ma compiendo passi a grandi falcate mentre cerco di dare un aspetto presentabile alla mia capigliatura.

La barca si avvicina velocemente mentre raggiungo il molo. Alzo una mano in segno di saluto. Dai lati dell’imbarcazione scendono delle cime che vengono recuperate da alcuni marinai e legate saldamente alle bitte disponibili. Vedo Kristoff sporgersi dalla prua sulla mia testa e farmi un enorme sorriso, Sven è dietro di lui con una carota nella bocca e una decina conficcate nei palchi. Ricambio il saluto con gioia, ma con meno vigore, poi lascio che le braccia cadano morbide lungo il fianchi e intreccio le mani mentre altri addetti issano una scala per far scendere i regali passeggeri.

Mi sento nervosa, un tremolio impercettibile mi scuote il corpo. Anna si precipita verso di me, indossando un vestito verde che le lascia scoperti i piedi, regalatole da Kristoff dopo aver scoperto il livello della sua goffaggine. Raddrizzo la schiena, inspiro ed espiro, preparandomi mentalmente ai saluti. La distanza tra noi si fa minima, così inizio a esporre il mio copione.

-Ben tornata a ca...- ma non feci in tempo a concludere la frase perché Anna mi strinse le braccia intorno al petto, ed anche se la presa non era forte, sentii per un momento marcarmi il respiro.

Alzò la testa ricoperta da fini capelli ramati e mi guardò con i suoi occhi grandi, così simili e diversi dai miei, e disse: -sono felice di essere a casa!-

Io sorrisi in un modo che avevo dimenticato di saper fare e lo stesso calore che provai pensando a mia madre mi circondò. Solo che questa volta non era un’immaginazione. Era reale. In quel momenti capii che le braccia di mia sorella erano la mia famiglia. La mia casa.









Angolo di Madme94 

Salve a tutti :) grazie per aver letto fin qui! Questa è la mia prima fanfiction, spero che siate così gentili da dirmi cosa ne pensate XD
 
   
 
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