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Autore: Prince of Lies    30/06/2014    3 recensioni
Quanto sarebbe divino, essere un pensiero? Ci vantiamo di tutti i nostri poteri, ci definiamo superiori, ma alla fine non possiamo niente, siamo solo pedine sulla scacchiera del fato. Un pensiero, invece… Come un sogno può spaziare per tutti i nove regni, raggiungere chi più ci manca, chi vive e chi non respira. Un sogno ha ali d’argento. È l’angelo del nostro dolore, quello che ci lenisce le ferite e, per qualche ora, ci lascia abbracciare da chi non c’è.
[Thorki - Post Thor]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Briciole



Le stelle… Così luminose e splendide, mi tormentano; mi feriscono. Sarà che in esse rivedo i tuoi occhi. Ovunque guardo, in realtà, ti vedo. Sei sempre stato qui, ci sei sempre stato, e ora, per mio capriccio, sei andato via.

Per questo spesso mi domando fino a che punto le cose giuste lo siano davvero. Qual è il metro per giudicare? Come possiamo temperare una morale astratta con quello che noi riteniamo importante?

Perché tu per me lo eri e, da qualche parte, sapevo – e ancora so – che quanto facevamo non rientrava tra le cose giuste. Ciononostante, continuavi a essere tutto per me, il fratello e l’amante, il mio passato, presente e ciò che desideravo del mio futuro. Fino a ieri, quando ti ho visto lasciare la presa su quella lancia. Che cosa pensavi, in quell’istante? Che cosa cercavi? Perché sei voluto andare via? Anche se, ogni tanto, ci ripenso e mi convinco che, in fondo, te ne sei andato per causa mia. E quindi mi chiedo: chi è stato il più egoista?

Forse avrei dovuto pensarci prima. Un uomo non può avere tutto. E nemmeno un dio. Ora c’è spazio solo per i rimpianti; tempo infinito per sedere su ciò che resta di quel ponte, guardare il salto che ci divide – tu ed io – e piangere lacrime infuocate.

Le stelle mi guardano come se fossero i tuoi occhi. Splendevano allo stesso modo, la notte, quando mi abbracciavi e dicevi di amarmi.

La cascata mi ricorda il tuo corpo. Fresco e caldo, mi avvolgeva.

E l’universo intero, la volta celeste, il cosmo, è come il tuo viso. Bello, unico, qualcosa che tutti gli uomini, almeno una volta nella vita, dovrebbero soffermarsi a guardare. Una volta, dico, perché so bene che nessuno distoglierebbe più lo sguardo. Eri incantevole, Loki. Perché sei andato via?

È stato il fato, non è vero? Questa volta, anche i tuoi calcoli non sono stati esatti. È stato il fato. È invidioso; si burla di noi. Lo ripugnava vederci assieme. O avrebbe voluto per sé il tuo amore. Chi non l’avrebbe voluto?

Di sicuro avrei preferito separarmi da te in altro modo. Certo, avrebbe fatto male – più male –, ma non volevo che te ne andassi odiandomi, io che tanto ti ho amato.

Se guardo in basso, ancora ci vedo. Come un fantasma, fuori dal mio corpo, ci vedo uniti attraverso la lancia. E in quale altro modo, se no? Tu non riuscivi ad amarmi senza macchia. Volevi competere, ma a me non importava. Io ti amavo con tutto me stesso, amavo ogni tua sfumatura, il verde e l’oro, il bene e il male. Oh, Loki: albergavano in te così tanti contrasti… E forse era ciò che ti rendeva perfetto.

Ma che importanza ha ora? Mi hai lasciato solo con i miei demoni. Non posso affrontare un’eternità da solo. E allora che cosa mi trattiene da compiere il balzo? Forse ho paura. Di certo, tu sei più forte, Loki. Non hai avuto remore. Ti sei lasciato cadere.

Io, invece, resto qui a fissare il vuoto, combattuto tra il mondo di mio padre e l’ignoto, dove potrei rincontrarti. Saltare, gettarmi. Finché del mio corpo non rimangono briciole.

Briciole, sì. Perché in fondo non siamo altro che briciole. Piccoli frammenti di eternità che si perdono e trascorrono la loro esistenza su questo o quell’altro mondo in balìa dei sentimenti. Ad amarsi e odiarsi. Poi amarsi ancora.

Briciole. Piccoli frantumi di un cuore che ha sanguinato a lungo e che ancora non smette. Resto io solo a raccogliere i cocci di quest’animo distrutto, lacero; un arazzo strappato, fatto a pezzi dalle mani del destino stesso, invidioso, ora, di quanto in precedenza ha creato.

Briciole. Come gli avanzi di pane che beccano i corvi quando la guerra è stata clemente con gli uomini.

Ora siamo noi quei corpi, Loki. Ci è concessa un’immortalità subdola, che il tempo non corrompe. E restiamo qui, sopravviviamo, struggendoci di dolore per quelli che prendono il cammino verso i cancelli da cui non si fa ritorno.

Oh, fratello: perché tanto odio? Perché il tuo amore è così rapido a esaurirsi? Sei davvero il fuoco: una vampata di ardente calore, ma sfuggevole e mutevole. Come la fiamma riscaldi, ma al tempo stesso bruci. Come il fuoco illumini, ma getti ombre. E quelle ombre tremolano inquietanti. Io li amavo. Li amavo entrambi. Il tuo scaldarmi e il tuo bruciarmi. La tua luce e la tua ombra. Perché se c’eri tu, con me, che motivo avevo di temere? Tu eri il mondo, Loki. Eri il mio tutto. Quando stringevo te, stringevo l’universo, la terra e il cielo, l’aria e l’acqua, il caldo e il freddo, il Sole e la Luna.

E ora te ne sei andato via. Dove sei, fratello mio? Dove sei? E, se ci sei, se il tuo cuore batte ancora, dimmi una cosa: batte ancora per me?

 

~¤~

 

Quando il buio smette di avvolgermi e la mia mente esce da quel caldo torpore, non riesco a non pensarti. Quanto sarebbe divino, essere un pensiero? Ci vantiamo di tutti i nostri poteri, ci definiamo superiori, ma alla fine non possiamo niente, siamo solo pedine sulla scacchiera del fato. Un pensiero, invece… Come un sogno può spaziare per tutti i nove regni, raggiungere chi più ci manca, chi vive e chi non respira. Un sogno ha ali d’argento. È l’angelo del nostro dolore, quello che ci lenisce le ferite e, per qualche ora, ci lascia abbracciare da chi non c’è.

Dove mi trovo? Nemmeno io lo so. È buio, senza di te. È freddo.

Hanno ancora valore le mie scuse? Conta qualcosa dire che mi dispiace?

No, con tutta probabilità. Non mi crederesti. E, anche se fosse, ormai sono lontano. A che serve scusarsi, una volta che il danno è fatto? Ad addolcirne l’entità? Oh, questa volta ne occorrerebbe, di zucchero. Quello che coglievo dalle tue labbra, giorno e notte, e che ancora sento sulle mie. Il bene, come il male, resta impresso a fuoco nella mente e non c’è male più grande di rammentare il bene quando lo si è perso. Ed io ti avevo perso per sempre.

La mia unica speranza era attendere la notte. Da quel posto ti scorgevo. Che cos’era, quel posto, dopotutto? Un limbo dove le creature galleggiavano, circondate di stelle. Quale culla migliore se non un triangolo di universo da cui almeno potevo vederti?

Di certo, mi ferisce non poterti nemmeno toccare. Vorrei dirti che ti seguo, che ti veglio, che vorrei guidare i tuoi passi. Invece sono qui, distante, e tutto ciò che posso fare è vederti mentre ti lasci consumare dalla rabbia e dal dolore. Dunque era vero che mi amavi? Perché ho dubitato? Se c’era qualcosa di buono, ad Asgard, quello eri tu. Ed io, da sciocco, t’invidiavo. Ti odiavo, persino. Eri tutto ciò che non ero io. Solo ora che ti ho perso comprendo che, in realtà, eravamo così diversi solo perché ci completavamo l’un l’altro, perché soltanto assieme costituivamo una persona finita, intera. Felice.

Per questo non ho altra scelta. Ti vorrei felice. Vorrei poter rivedere il tuo sorriso. In sogno, ti sento. Faccio mia la notte, perché, un tempo, la notte era nostra. E, ogni volta, tu mi chiedi la stessa cosa. Sono reale?

Sì, lo sono, Thor. Sono reale. Sono tuo. Lo sai che mento. Ormai mi conosci: lo faccio sempre. Eppure vuoi credere a quella bugia, perché è dolce, perché ti nutre come fanno miele e rugiada. E allora mi baci; mi accarezzi e mi baci. Sei delicato, come se temessi di poter spezzare come cristallo l’illusione che in sogno riesci a toccare con mano.

E io piango. Piango a lungo. Piango tutte le lacrime che tu versi di giorno. È così triste e dolce al contempo. Le tue carezze sono morbide. Mi sfiorano il viso, mi solleticano il collo e mi lasciano nudo tra le tue braccia. Quelle braccia… Quando mi stringono, per un istante, credo anch’io alla mia bugia. Non sono più un sogno, sono lì. Con te e per te. Solo per te, Thor. Perché eri l’unica ragione che mi tratteneva in vita. E ora l’ho persa. Mi restano solo i tuoi sogni.

Sono calde le tue mani quando mi adagiano sul tuo letto. Quanti ricordi… Quante illecite unioni… Quante impudiche danze… Anche nei sogni mi vuoi comandare, forse perché davvero smetti di dare ascolto alla ragione per seguire il cuore e mi credi reale.

Ti sento accarezzarmi in ogni centimetro di pelle, come se non volessi perderti nulla di me. Probabilmente, hai accettato l’idea che presto me ne andrò.

Non è tanto l’unione carnale, la penetrazione, a darmi piacere. È vedere il tuo corpo che mi possiede, che prova gaudio nel farlo, a darmi gioia e godimento; istanti in cui credo davvero che la nostra unione sia eterna e comprendo a fondo quanto ti ho amato. Quanto ti amo. Quanto, vivo o morto, ti amerò sempre.

Resto, allora, immobile nel tuo sogno, un dipinto in una cornice. Mi lascio abbracciare, ti lascio giocare con me. Perché il nostro non era che un gioco andato troppo oltre; due correnti opposte di amore e odio che si scontravano, si abbracciavano e tornavano a combattere. E, come caldo e freddo, generavano il tifone. Un tifone di emozioni; un tifone di piacere, in quell’istante. Anche in sogno riesci a darmi il godimento più travolgente e ti abbandoni a me, svegliandoti, poi, nudo e sudato, a cercare tra le lenzuola quel corpo che tanto brami e che non potrai mai più far tuo.

Ed è tutto questo che ti fa piangere.

 

~¤~

 

Perché mi fai questo, Loki? Perché fai così? Quale dolore maggiore puoi infliggermi? Valgono forse quegl’istanti di piacere tutto il dolore che ne segue? Sei tu così sadico… ed io così masochista?

Il letto è vuoto. Vuoto, come tutte le mattine, da quando sei andato via. Non mi desto più osservando la serenità del tuo viso assopito, non mi addormento più fissando la tua schiena d’avorio che si adagia sul mio petto. Ed io non posso più sopportarlo. Forse era servito soltanto quell’ennesimo sogno per convincermi; a far sorgere in me un dolore che sormonta la paura.

Svuoto la mente. La svuoto di tutto, se non della tua immagine, del tuo viso che mi sorride. Quel tempo è andato. Ora resta l’amarezza. Corro. Non c’è bisogno che pensi ad altro. I miei piedi sanno dove devono andare. Hanno percorso quel sentiero ogni giorno e ogni notte per accompagnarmi lì, sul baratro dei mondi, sul ciglio dell’universo. Per piangerti, Loki. Quella è la tua tomba. Quel luogo è il tuo tempio. Perché non mi è stata concessa nemmeno una tua lapide su cui gemere; una tua pira da onorare. Questo… vuole forse dire che, da qualche parte, sei ancora vivo? O sono solo le patetiche speranze di un illuso?

Non m’importa. Corro. E, questa volta, non mi fermo. Salto. Nel vuoto. E non avverto nulla, non avverto più dolore. Mi sento vivo. So che sto per rincontrarti. So che sto per riabbracciarti. So che sto per baciarti un’altra volta, per non staccarmi mai più dalle tue labbra. E non m’importa di quanto mi sono lasciato alle spalle. Alla fine…

 

Di noi non resteranno che briciole, schiacciate dall’infinito.

 

Ma in questo mondo o nell’altro…

 

In questa vita o in un’altra…

 

Continueremo a camminare.

 

E la tua mano…

 

Sarà stretta nella mia.

 

Te lo prometto.

 

 





Note: Una parolina o due, giusto per... Cioè, io non volevo neanche scriverle ste note, uffa! Tolgono l'enfasi all'OS u.u Che, tra l'altro, comincio a chiedermi che mi sia successo, quando ho passato tutto l'anno scorso pubblicando porc  porn  cose di elevato contenuto culturale *annuisce. Forse ho messo troppo zucchero nel caffè. Forse non dovevo riguardare Thor per la quintilionesima volta. Forse lo sciroppo d'acero del discount fa male alla salute.
Comunque, spero abbiate apprezzato la prima e ultima fic a rating giallo che comparirà su questo account ^^
Un bacione,
Silver <3 

  
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