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Autore: valeriaspanu    30/06/2014    10 recensioni
Aveva freddo, Katniss Everdeen, ma non voleva svegliare l’uomo che dormiva nella poltrona accanto al suo letto d’ospedale, la mano stretta intorno alla sua, i riccioli ormai bianchi che gli ricadevano scomposti sulla fronte. L’ha amato tanto, quell’uomo, la ragazza di fuoco. Anche se, forse, non gliel’ha saputo dimostrare in modo adeguato, anche se forse non l’ha meritato sino in fondo. Perché, un vecchio ubriacone che le aveva fatto da padre per anni, le aveva detto che non avrebbe meritato quel ragazzo neanche se avesse vissuto cento vite. Però l’ha amato ogni giorno dei suoi settant’anni, tutti i loro cinquant’anni passati insieme: ricorda tutto, Katniss.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Before going to sleep Jen and I used to ask each other what the best and worst part of the day was. Usually the best part was something like, "When you walked by me and ran your fingers through my hair," or, "When we were at the hospital and you held my hand." The day after we found out Jen's liver was failing we came home with Hospice Care and spent the evening with family and friends. That night, as we lay next to each other for possibly the last time, I asked Jen what she loved the most about that day. Jen thought for a minute then turned and, looking deeper into my eyes than ever before, Jen said, "I Loved it all."

Angelo Merendino

 

 

 

Erano passati anni dalla fine della rivoluzione.

Il prato era rifiorito, alimentato dalle anime delle persone che riposavano lì sotto, le loro vite spezzate all’improvviso, volate via, quasi di soppiatto. In quel prato i bambini di Peeta Mellark e Katniss Everdeen avevano giocato per anni, rincorrendosi, non temendo ciò che li circondava, non temendo il bosco che si apriva davanti a loro.

Loro erano cresciuti senza paura.

Li avevano protetti, avevano salvato inconsapevolmente i loro figli e quelli di molte altre persone, sconosciute, Peeta Mellark e Katniss Everdeen. E lei, quella ragazza alla quale era stato tolto tutto, quella ragazza con gli occhi del cielo in tempesta e i capelli scuri sempre stretti in una treccia, quella bambina che aveva cantato la canzone della Valle, giaceva lì, coperta con un plaid, a guardare il prato in cui i suoi bambini, i suoi nipoti, avevano giocato. Il prato dove aveva raccolto denti di leone con la sua sorellina, la sua paperella. Il prato dove lui le aveva chiesto di sposarla e lei aveva annuito, incapace di parlare.

Aveva freddo, Katniss Everdeen, ma non voleva svegliare l’uomo che dormiva nella poltrona accanto al suo letto d’ospedale, la mano stretta intorno alla sua, i riccioli ormai bianchi che gli ricadevano scomposti sulla fronte. L’ha amato tanto, quell’uomo, la ragazza di fuoco. Anche se, forse, non gliel’ha saputo dimostrare in modo adeguato, anche se forse non l’ha meritato sino in fondo. Perché, un vecchio ubriacone che le aveva fatto da padre per anni, le aveva detto che non avrebbe meritato quel ragazzo neanche se avesse vissuto cento vite. Però l’ha amato ogni giorno dei suoi settant’anni, tutti i loro cinquant’anni passati insieme: ricorda tutto, Katniss.

Ricorda le urla e le lacrime provocate dagli incubi, dai ricordi degli amici morti perché lei era stata troppo sciocca, troppo lenta per poterli salvare. Quanto aveva sofferto per loro, quanto si era sentita in colpa. Ma poi, con l’età l’aveva capito: era solo una ragazzina. Era solo una ragazzina e non aveva nessuna colpa, se non quella di aver fatto soffrire il suo Peeta. Il suo Peeta che è sempre tornato da lei, lottando conto un depistaggio che non si fa più sentire da anni, ormai. A volte le manca il gioco del Vero Falso, il gioco con cui lei gli aveva finalmente rivelato i suoi sentimenti, la prima volta che avevano fatto l’amore.

Peeta sospira e, poco dopo, apre gli occhi azzurri, gli occhi che per lei sono sempre stati un’ancora di salvezza nei giorni in cui non riusciva ad alzarsi da letto: le avrebbero potuto portare via ogni cosa, persino lui. E lei non poteva permetterselo. Lui le sorride e un paio di rughe gli disegnano sulla bocca mentre le bacia la mano.

-Come stai, Kat?-

La sua voce è più matura, profonda rispetto a quella da ragazzo: eppure la ama ancora così tanto, c’è una straordinaria dolcezza in essa.

-Vorrei andare a casa oggi, Peeta.- rispose lei, flebilmente. –Mi puoi portare a casa nostra?-

Lui la guarda per un attimo e la tristezza getta un velo sui suoi occhi blu: no, amore mio, non aver paura. Non essere triste. Lui inghiottisce il magone che non lo fa parlare, mormorando “Ne sei sicura, tesoro?”. Ha iniziato a chiamarla così dopo la nascita di Dandelion. Lei annuisce e gli stringe la mano, più forte che può, con tutta la poca forza che gli è rimasta.

-Chiamo i ragazzi.-

 

Sono sul letto che condividono da sempre, scacciando uno gli incubi dell’altro. Il vecchio ragazzo del pane bacia la moglie sulla testa, respirando il suo profumo di foresta e vaniglia, un profumo naturale, che è sempre stato suo. Lei si stringe a lui, la stanchezza che prende il sopravvento su di lei: ma deve resistere, perché gli deve dire ancora tante cose e perché lui le deve porre la solita domanda.

La casa è ancora piena delle risate dei loro nipotini e Rye che stringe la piccola Primrose, appena nata, è una visione che la fa ancora sorridere, a distanza di ore. Daniel e Lily, i figli di Delion, sono sempre più furbi. E chiassosi. E movimentati.

E’ stanca, Katniss Everdeen.

-Allora, Peeta?- gli dice lei, sorridendo e stringendosi di più al marito.- Non mi fai la domanda? Sono stanca, vorrei dormire.-

Ma Peeta non parla e lei si alza e soffre, vedendo delle lacrime che rigano il suo volto. Le asciuga con dei baci, come fa da anni e gli sorride, cercando di incoraggiarlo anche se sa bene che lui non è debole, non lo è mai stato.

-Allora te la faccio io la domanda, oggi… che dici?- mormora lei, posandogli una carezza sul viso mentre lui annuisce. –Qual è stata la parte più bella della giornata?-

L’uomo cerca di parlare ma un suono strozzato gli esce dalle labbra e lei stringe ancora di più la sua mano. Coraggio, amore mio.

-Il tuo sguardo quando hai visto arrivare Delion e Rye.- mormora lui, la voce che trema. Ma la schiarisce, per far forza alla moglie, accanto a lui. - Qual è stata la parte più bella della giornata?-

Katniss Everdeen sorride e, Peeta Mellark non può fare a meno di pensare, a quanto sia bella, come quando era una ragazza. Come quando, dopo aver fatto l’amore, rimanevano a letto per ore, ridendo e giocando o solamente stando in silenzio, a guardarsi.

La Ghiandaia Imitatrice vorrebbe chiudere gli occhi per pensare, per ripercorrere quella giornata, quella vita con il ragazzo del pane: ma non lo fa perché lui si potrebbe spaventare. Ripensa al giorno delle sue nozze o quando Peeta ha piantato le primule nel loro giardino. Ripensa a quando ha sentito per la prima volta sua figlia muoversi dentro di sé ed ha avuto il terrore, il terrore che gliela portassero via, che morisse. Ripensa al giorno in cui aveva capito di amare il ragazzo del pane. Ripensa alle lacrime e paure condivise con quell’uomo.

Ripensa alla vita avuta con lui.

Lo guarda di nuovo, per un’ultima volta, e sussurra, con le labbra dell’uomo che si posano sulla sua fronte: -Tutto. Ho amato tutto.-

 

 

 

Non so perché l’ho fatto ma, a quanto pare, ho ucciso Katniss Everdeen.
Ho letto la frase all’inizio del capitolo e ho pianto per mezzora e la mia mente ha partorito questa OS.

Vi prego, non uccidetemi.

Con tanto amore,

V.

  
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