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Autore: Seagullgirl    30/06/2014    0 recensioni
" Mi era bastato guardarla per capire che Jenny non era come le altre.
O perlomeno, io ero convinto che non lo fosse. Non apparteneva a nessuna categoria, perché non aveva regole fisse. Non si poteva dire “ è così “, perché lei cambiava ogni giorno, pur rimanendo sempre uguale "

Lui non aveva mai capito cosa mancasse alla sua vita, finchè non ci si è scontrato.
Sembrava tutto perfetto, ma non si era mai sentito così completo come dal giorno in cui aveva conosciuto lei.
E sarà nel donare un pò di se stesso, che capirà quanto invece sta ricevendo, senza neanche accorgersene.
" Il dono è quello che ottieni dando più di quel che ricevi "
                             
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sbattei violentemente la porta, imprecando a bassa voce. Sentivo gli occhi pungermi, ma la rabbia cresceva in maniera direttamente proporzionale rispetto al dolore.
Mi passai le dita tra i capelli, nervoso, e mi buttai sul divano, tenendo la testa tra le mani. Stupido, continuavo a ripetermi, stupido, stupido
« Ehi » la voce di David mi richiamò, facendomi voltare per un istante.
« Che succede? » domandò preoccupato mettendosi a sedere sul divano accanto a me.
« Se ne va » mormorai, come se lo stessi dicendo a me stesso, più che a lui.
« Chi se ne va? » fu la sua domanda istintiva.
Lasciai cadere le mani sulle gambe, mentre il mio sguardo fissava un punto indistinto nel vuoto. « Jennifer »
Pronunciai il suo nome con lo stesso tono con cui si dice che una persona è malata di cancro, come se stesse per morire. E in effetti, era un po’ quello che significava per me. Se ne sarebbe andata, lasciandomi morire e lasciando morire tutto quello che avevamo, senza nemmeno scusarsi.
« E dove va? » chiese ancora Dave, senza capire.
« A Vancouver. Per tre anni » spiegai, stringendo i pugni sulle ginocchia. « è stata presa per un tirocinio, e vuole andarci. Ha già deciso. »
Dissi l’ultima frase con celato rancore, come a sottolineare che aveva deciso senza nemmeno chiedermi cosa ne pensassi. « Oh » mormorò, « e quando te l’ha detto? »
« Oggi » risposi secco, affilando sempre di più il tono. « Così, come se nulla fosse. Tutta allegra… come se non mi stesse lasciando » rincarai la dose, sempre più deluso.
« Ti ha lasciato? » sgranò gli occhi lui con aria un po’ sorpresa e un po’ confusa.
« È come se l’avesse fatto » ribattei senza voltarmi.
Tutto quello che avevamo era perso, perso per sempre. E pensare che avevo creduto davvero che lei fosse diversa… ero solo un povero illuso.
« E perché mai? È vero, il Canada è lontano, ma ci sono un sacco di mezzi per vedersi e sentirsi. Dopotutto hai detto che lei ci teneva molto a questa cosa, no? »
Sorrisi amareggiato « già », confermai, « così tanto da non preoccuparsi nemmeno di come avrei potuto prenderla »
« Beh, Matt… capisco che tu ci sia rimasto male, ma che fine ha fatto il vero amore che tanto osannavi? Non dovrebbe resistere a tutto? Al dolore, alla distanza… »
Sbattei il pugno sul tavolo, voltandomi improvvisamente verso di lui.
« Proprio non vuoi capire, eh? » esplosi, « questo è solo l’inizio. Prima se ne andrà, poi ci vedremo sempre meno e infine lei si farà una nuova vita, dimenticandosi di me. Esattamente come hanno fatto tutti quelli prima di lei » mormorai infine.
Uno strano silenzio calò nella stanza, mentre i miei occhi e quelli del mio migliore amico si incrociavano per un breve momento. In quei momenti sentivo che riusciva a capirmi come nessun altro. Nonostante fossimo diversi, Dave sapeva leggermi dentro.
Sapeva capire il mio dolore e la mia rabbia e condividerli.
« Lei non è tuo padre » dichiarò dal nulla, fissandomi intensamente.
Qualcosa si ruppe, dentro di me. Ancora una volta. Esattamente come aveva fatto al cafè poche ore prima. Mi sentivo come se una freccia mi avesse colpito diritto al petto, senza avvisarmi.
« Non è che perché va a studiare in un’altra città lontana da qui vuol dire che ti lascerà. Io non la conosco, ma conosco te. E da quando la conosci sei un altro. E non nel senso che lei ti ha cambiato, ma nel senso che è come se lei avesse aggiornato l’applicazione  » ridacchiò, scherzando.
Le mie labbra si incurvarono leggermente per la battuta, ma avevo capito cosa intendeva. E per quanto detestassi ammetterlo in quel momento, aveva ragione.
« So bene che sei troppo testardo per essere convinto, ma pensaci bene prima di fare un colpo di testa del genere. Io probabilmente non so nulla sul vero amore, ma una cosa la so: non è una cosa che si trova dietro l’angolo »
Sorrisi sghembo, guardandolo di sbieco. « Ma tu non eri quello che diceva che il vero amore non esiste? Che la vita è breve e va goduta, e che non c’è tempo per affaticarsi a cercare qualcosa di idilliaco e irreale? »
Sentirsi fare la predica da David era davvero strano, in quel momento. Proprio lui, che pochi mesi prima mi sfotteva per il mio essere costantemente sulle nuvole da quando conoscevo Jenny, divertendosi a prendermi in giro dicendo che la verità era solo che non riuscivo a portarmela a letto, adesso mi stava incoraggiando a riflettere. Ridacchiai a quel ricordo. Il ragazzo che mi parlava in quel momento era molto diverso da quello di qualche mese prima, eppure sempre lo stesso. E proprio per quello era forse l’unica persona al mondo in grado di farmi ragionare in quel frangente. Perché se era lui a dirlo, dovevo crederci per forza.
« So di aver sempre detto che non credo a queste cavolate… il “ vero amore” e tutte queste robe da film romantici…ma il fatto che non ci creda per me stesso non significa che non possa valere per qualcun altro » sorrise, costringendomi a fare altrettanto.
« Chiamala »
Abbassai lo sguardo, colpevole. « Non credo sia il caso, Dave. Non sono stato molto carino con lei » ammisi.
« A maggior ragione. Chiamala »
Lo fissai qualche secondo, esitando. Poi infilai la mano in tasca ed estrassi il telefono.
Composi il numero che ormai conoscevo a memoria da mesi e attesi.
Una serie interminabili di “ tuu” si susseguirono senza sosta, fino a che non si attivò la segreteria telefonica. « Non risponde »
« Dalle un po’ di tempo. Riprova più tardi »
Annuii, ma dentro di me avevo la terribile sensazione di aver fatto qualcosa di irrimediabilmente stupido.
Provai a chiamarla ancora e ancora, per tutta la sera e anche durante la notte, ma non rispose mai. Il telefono squillava, facendomi stare terribilmente in ansia per dei secondi interminabili, ma alla fine lei non rispondeva mai. Ormai era chiaro che mi odiava.  « Esagerato. Sarà un po’ arrabbiata… dopotutto l’hai detto anche tu che ti sei comportato un po’ da stronzo »
Abbassai la testa, ma se avessi potuto avrei abbassato le orecchie come i cani.
Mi sentivo stupido. E stavolta non perché Jenny se ne sarebbe andata, ma perché mi ero reso conto di essere saltato troppo velocemente alle conclusioni.
Ero così abituato ad essere abbandonato da tutti coloro che amavo che non riuscivo ad immaginarmi un finale diverso. Ma come aveva detto David, lei non era mio padre. Lei non mi stava abbandonando, e avrei dovuto capirlo prima.
« Quando hai detto che parte? »
« Non l’ho detto… »
Un bip si sovrappose appena alle mie parole, facendomi scattare.
Era un messaggio da parte di Jennifer.
« Dave, mi ha scritto! » esclamai, agitando la mano verso di lui per richiamarlo.
« Che dice? »
 Aprii il messaggio mentre lui si sedeva accanto a me, curioso. « Allora? »
Non appena lo aprii, però, il mio sorriso si trasformò in una smorfia.
« Che succede? »
Silenzio. Il sangue mi si gelò nelle vene. « Matt? Mattie? Ehi, mi vuoi dire che succede? » cercai di parlare, ma non era semplice.
« Parte tra mezz’ora » mormorai con un filo di voce.
Adesso sì che stavo morendo.
 
                                                              ***
 
Provai.
Provai a correre, davvero.
Non appena realizzai cosa diceva il messaggio mi catapultai per strada, inforcai il motorino sgangherato di Dave e mi precipitai in direzione dell’aeroporto senza nemmeno mettermi il casco.
Corsi a perdifiato, esattamente come in una di quelle stupidissime scene da film d’amore di bassa lega, ma non servì a nulla.
Quando arrivai al suo gate, l’aereo era già decollato.
Mi misi a sedere ad uno dei tavolini che si trovavano nella zona ristoro, guardando fuori attraverso l’immensa vetrata, e rilessi quell’sms almeno una decina di volte, chiedendomi come avessi potuto essere così stupido da farmela scappare.
 
“ Parto tra mezz’ora. Mi dispiace, ma sei stato tu ad insegnarmi che bisogna sempre inseguire i propri sogni.
Sarai sempre con me, in ogni caso.
                                                           Jenny “
 
Non so quanto tempo passai lì, immobile, a fissare la pista d’atterraggio semideserta.
Quando una mano mi si posò sulla spalla, sapevo già che era Dave, ancora prima di voltarmi. « Mi dispiace » mormorò sedendosi davanti a me.
« Sono stato proprio un cretino » ribattei, tornando a guardare fuori.
« Purtroppo devo darti ragione stavolta, amico mio » mi prese in giro, cercando di sdrammatizzare come faceva sempre.
« Matt, tu la ami? » mi domandò dopo una lunga pausa.
Era una domanda semplice, eppure il modo in cui me la pose aveva qualcosa di strano. In tutti quegli anni che lo conoscevo, non gli avevo mai visto quell’espressione in volto. Seria, determinata, come se stesse per salvare una vita. Annuii, senza dire nulla.
« Allora vattela a prendere » disse semplicemente, con una nonchalance che non gli apparteneva. Almeno non in questo campo.
« A prendere? » domandai confuso.
« Sì. Sali sul primo aereo per Vancouver e seguila. Dille cosa provi e soprattutto non lasciartela scappare. Se davvero pensi che sia quella giusta, non arrenderti »
Per la seconda volta nell’arco di pochi giorni rimasi sorpreso dalle parole del mio migliore amico.
« Dove l’hai presa tutta questa saggezza, si può sapere? » domandai curioso.
« Sai, una volta ho letto che l’amore è quello che ottieni dando più di quello che ricevi. Sai… amare senza chiedere nulla in cambio. Senza aspettarti nulla. »
Aggrottai le sopracciglia « perché la frase non mi suona nuova? »
Lui ridacchiò sotto i baffi « era una tua canzone » spiegò.
« Mi sembrava troppo per te » lo presi in giro, guadagnandomi un bel pugno sulla spalla.
Ci guardammo negli occhi per qualche istante, senza dire nulla.
« Vancouver? » chiesi cercando approvazione.
David mi sorrise deciso e annuì. « Vancouver »







_Note d'autore_

Salve a tutti. 
So che questo capitolo può sembrare un po' frettoloso, come forse il precedente, ma non è perché ho voluto " tirare via ". E' vero, voglio finire la storia, ma non tirerei mai via per questo. Il motivo dell'apparente frettolosità è che questo racconto è nato nella mia testa come focus sui sentimenti di Matt, di conseguenza il " movimento " ( necessario ) è in secondo piano rispetto all'introspezione. Motivo per cui abbiamo interi capitoli di introspezione e descrizione e altri molto striminziti che raccontano " cosa succede ".
Il prossimo capitolo, quello finale, sarà probabilmente il più lungo, perchè ci sono davvero tante cose da dire, e spero vi piacerà ( forse più di questi ) e che l'effetto " tralasciato " non si senta troppo.
Alla prossima :)

 
   
 
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