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Autore: Inheritance    30/06/2014    2 recensioni
E' passata una settimana da quando Mary è morta e John non ha ancora parlato con Sherlock.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E' una cosa piccolissima e boh, non so da dove venga fuori. Non so neanche se abbia senso. Buonanotte <3




Loss. 



Passi silenziosi e fruscii leggeri. 

Sapeva passare inosservato, quando era necessario, e sapeva, in alternativa, rendere la propria presenza fin troppo nota, sebbene spesso non fosse affatto necessario. 

Sapeva, anche, quando era il caso di informare della sua presenza, ma di farlo senza parole e senza rumori. Sapeva quando era il caso che fosse mantenuta la pace e la tranquillità di un momento. 

Perciò, passi silenziosi e fruscii leggeri. John non sentì altro quando Sherlock entrò nella stanza, e non avrebbe sopportato nè un suono di più, nè uno di meno. 

Sospirò e si prese la testa fra le mani, scuotendola delicatamente, temendo che se avesse usato  più forza, probablmente il suo già fin troppo frequente mal di testa sarebbe tornato a tenergli compagnia. 

Non aveva pianto, neppure un  istante. Non aveva pianto quando aveva ricevuto la notizia, non lo aveva fatto all'ospedale, nè dopo all'obitorio. Non aveva pianto alla veglia e neppure in chiesa. Non aveva pianto per le lunghe e solitarie ore seguenti, non aveva pianto per i lunghi e solitari giorni seguenti. 
Alla fine, si trovò a non aver pianto per circa una settimana. Una settimana in cui si era occupato di tutto quanto fosse necessario per il funerale, una settimana in cui aveva accolto ogni giorno decine di parenti ed amici venuti a porgere le proprie condoglianze. Una settimana in cui aveva accuratamente rimosso tutti gli oggetti appartenenti a Mary dal proprio posto, per poi incartarli e depositarli in anonime scatole di cartone. 

Sherlock sollevò una mano con la chiara intenzione di adagiarla sulla sua spalla in un tentativo di conforto. Poi tentennò qualche secondo e la mano corse a ritrovare il proprio posto sul suo grembo. Infine tornò, non proprio sulla spalla, un po' più in basso e un po' più al centro.
Ad occhi chiusi e con tutto quel silenzio, John avrebbe giurato di aver avvertito quella mano muoversi appena, una inavvertibile carezza. 

Le labbra di John si dischiusero involontariamente, non era sicuro di cosa avrebbe detto se fosse riuscito ad articolare qualche parola e, in ogni caso, non era il caso di preoccuparsi, perchè dubitava che sarebbe riuscito ad articolare correttamente anche solo una sillaba. 

Si sistemò sul divano in modo che la schiena poggiasse sui cuscini ed esalò un sospiro di sollievo alla seppur minima tensione scaricata con quel gesto. 
Sherlock, accanto a lui, sollevò le ginocchia al petto e si sentì per un secondo inadeguato nel poggiare le scarpe sul divano di qualcun altro, poi ragionò che John non era qualcun altro e che, in fondo, avevano già condiviso un divano. Scrollò le spalle ed affondò i talloni nel tessuto morbido. Poi girò il capo in direzione di John ed affondò lo sguardo sul suo viso. 

Stava per parlare, per dirgli quanto sembrasse stanco, e serrò le labbra perchè non era il caso di dire qualcosa di simile. Poi decise che, nonostante tutta quella stanchezza, John era comunque bellissimo, e strinse le labbra un po' di più perchè sicuramente non era il momento adatto per dire neppure questo. 

Non disse niente, alla fine, perchè la sua mano era ancora sulla schiena di John - ora lievemente intrappolata contro il retro del divano - e si muoveva appena, in maniera quasi impercettibile, e in qualche modo essa esprimeva tutto

Passarono secondi all'inizio, e poi minuti e forse anche un'ora, gli occhi di John chiusi e le mani intrecciate in grembo, le scarpe di Sherlock ora abbandonate sul tappeto e il lungo cappotto ora abbandonato su una sedia. 
John, a un certo punto, disse: 

-Quando...quando eri tu..- si schiarì la gola, due volte -Quando ho creduto che tu fossi morto, Sherlock, ho pensato di non aver mai provato un dolore pià forte prima. Non a casa mia, non in ospedale, e neppure in guerra. 

Sherlock aprì la bocca, ma John scossee la testa e le sue labbra si chiusero nuovamente. 

-Ho pensato anche, però, che mai più avrei provato qualcosa di simile. Ho pensato che, se anche mi fossi legato a qualcun altro, non sarebbe mai stata la stessa cosa perchè...perchè nessuno può soffrire tanto in una vita sola. 

La mano di Sherlock, ora sul suo braccio, strinse la presa fino quasi a far male. 
John accolse il dolore fisico quasi con sollievo. 

-Quando Mary è entrata nella mia vita e tu ancora non c'eri, non ho mai pensato alla possibilità di perderla. - Deglutì. - Poi però...tu sei tornato, e io... io ho pensato a tutto quello che avevo passato e non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa- 

Si fermò all'improvviso e chiuse gli occhi, sembrava avere difficoltà a respirare, ma Sherlock non gli chiese quale fosse il problema. Rimase in silenzio, finchè John non parlò ancora. 

-Non potevo fare a meno di chiedermi cosa sarebbe successo se avessi perso anche lei, come era successo con te, e se il dolore che avrei provato sarebbe stato lo stesso. Non volevo che fosse lo stesso. 

Si fermò ancora. Due grandi respiri stavolta, poi continuò. 

-La verità è che non volevo perderla, perchè l'amavo e perchè era l'unica persona che mi era stata accanto nel periodo peggiore della mia vita. Non volevo perderla perchè era dolce e forte e sicura, spontanea e affettuosa. Non volevo perderla perchè mi aveva donato quella normalità e quei sentimenti sereni che cercavo da tempo. 
Ma la verità è anche, Sherlock, che non volevo perderla per non provare di nuovo quella sensazione. Per non sentirmi mai più come mi sono sentito quando...quando ho perso te. 

Si voltò di scatto e si prese la testa fra le mani, con i gomiti sulle giocchia e i denti a torturare il labbro inferiore. Quando parlò, la voce era arrabbiata. Verso chi, Sherlock non avrebbe saputo dirlo. 

-E non ho la minima idea di dove ciò mi ponga nei suoi confronti! Non so se è irrispettoso, se significa che non ci tenevo abbastanza o che non l'amavo abbastanza. Non so se è da egoista, da opportunista o da insensibile. Non so cosa avrebbe pensato lei se lo avesse saputo e non so se avrei mai avuto il coraggio di dirglielo. Non so nemmeno cosa significhi questo per noi e questa è la cosa che più mi fa arrabbiare! Non so cosa provo e non so cosa pensare e non so cosa dire e io dovrei essere abituato a non sapere le cose, non tutti siamo Sherlock Holmes, ma qualche volta non sapere diventa troppo e tu semplicemente senti di trovarti in bilico sull'orlo della pazzia vera e propria senza niente a cui aggrapparti e...e.. 

Aveva il fiatone quando trovò la lucidità necessaria a concludere quel discorso. 
Perciò disse solo:

-Fa male, Sherlock. Non sapere, qualche volta, fa male. 

Stavolta, la mano di Sherlock non indugiò neppure un attimo nel trovare la sua strada attorno alle spalle di John. Afferrò la sua spalla e strinse con tutte le dita, tranne che con il pollice con il quale invece iniziò a massaggiargli lievemente la scapola. 
John lasciò scivolare la testa sul suo petto e chiuse nuovamente gli occhi quando lo sentì pronunciare:

-Lo so. 

Alla fine, si trovò a non aver pianto per circa una settimana. 
Una settimana in cui Sherlock non si era presentato neppure una volta, perchè non si sentiva in diritto di consolare John quando lui stesso tempo prima gli aveva volontariamente inflitto un dolore ugualmente straziante. Una settimana in cui John aveva pensato a Mary e a tutto quello che aveva perso assieme a lei. Una settimana in cui John si era trovato faccia a faccia col proprio dolore e coi ricordi di quel periodo in cui il dolore era sembrato essere l'unica cosa rimasta. 
Una settimana in cui John era riuscito ad odiarsi perchè non riusciva a piangere sua moglie senza sentire il bisogno di stringere il suo migliore amico e sentirlo vivo e reale sotto la propria presa. 

Alla fine, si trovò a non aver pianto per circa una settimana. Ma quando Sherlock circondò le sue spalle e quando sentì il proprio viso a contatto con la pelle del suo collo, allora John pianse. 
Pianse per Mary e per quello che avevano passato, per quello che non aveva potuto darle e per quello che non aveva voluto darle, per l'amore che entrambi meritavano e che erano andati a cercare in posti sbagliati. 
Pianse per Sherlock e per tutto quello che avrebbero potuto avere se le cose fossero andate diversamente, e poi pianse per tutto quello che avrebbero avuto in futuro. Pianse perchè forse tutto quel dolore e forse la morte avevano un significato, dopotutto. 

E pianse perchè non aveva la più pallida idea di quale quel significato potesse essere, ma neppure Sherlock ce l'aveva, quindi forse l'avrebbero capito insieme. 



 
  
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