Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
Segui la storia  |       
Autore: SynySterina    01/07/2014    0 recensioni
Ed è così che ci si sente in una sfera di cristallo: lontani dalla realtà. In quella lucente sfera Ishtar ci è nata e cresciuta, forse troppo, tanto che adesso batte i pugni contro le sue pareti con tutta la sua forza sperando di distruggerla e finalmente avvicinarsi al mondo. Paradossalmente chiunque vorrebbe essere al suo posto ammirando il suo finto sorriso: figlia unica e futura erede di una delle famiglie più ricche della California; eppure in quella villa da sogno si sente soffocare, schiacciata dalle aspettative della sua famiglia e dal peso di una vita che non sente di appartenere. Una giornata da passare sui libri del college nella Huntington Beach Public Library, un incontro/scontro ed ecco una crepa nella sua sfera e la luce che finalmente illumina il buio di una vita. Che sia arrivato finalmente il momento di vivere?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PROLOGO.



"Volevo dire che io la voglio, la vita, farei qualsiasi cosa per poter averla, tutta quella che c'è, tanta da impazzirne, non importa, posso anche impazzire ma la vita quella non voglio perdermela, io la voglio, davvero, dovesse anche fare un male da morire è vivere che voglio." (Alessandro Baricco)



Solo crescendo ho capito a cosa serve avere un letto a due piazze anche se si dorme da soli: a dimenarsi durante gli incubi e crogiolarsi nella propria solitudine senza fare del male a nessuno.
I miei respiri affannosi, nella notte, riempiono la stanza in cui passo gran parte del mio tempo già di per sé piena zeppa di cose che parlano di me: una chitarra adagiata sul pavimento, poster di band sulle pareti, scaffali che quasi cedono sotto il peso dei numerosi libri di narrativa e scolastici che ho collezionato per tutta la mia vita, una sontuosa bacheca dove sono esposti vari trofei che ho guadagnato durante la mia infanzia praticando vari sport, una grande scrivania dove studio e dove c'è il mio computer ovvero la mia finestra sul mondo, il plasma appeso al muro che occupa quasi un'intera parete e un'enorme cabina armadio che sta per esplodere per l'immensa quantità di scarpe, borse e vestiti che possiedo.
Tutte queste cose servono a riempire il vuoto che ho dentro, o almeno così ho sempre pensato vedendo i miei genitori gonfiare la mia stanza ad ogni mia piccola crisi, come se una cosa potesse sostituire un abbraccio, un sorriso, un litigio... Una qualsiasi emozione. 
L'ennesimo incubo mi ha fatto sussultare anche stanotte e delle goccioline di sudore bagnano la mia fronte e il mio viso sconvolto dai brutti pensieri che affollano la mia mente. Mi alzo dal letto scansando le lenzuola di seta che mi avvolgevano e mi dirigo nel mio bagno privato dove mi aspetta la brutta copia di me allo specchio. 


< Quando pensi di laurearti? Ci stai mettendo una vita! Hai 22 anni e dovresti pensare anche a trovarti qualcuno che ti stia accanto! Cosa credi che la gioventù duri per sempre? Hai già un carattere particolare, non ti vorrà nessuno se continui a comportarti così! Se non ci pensi tu lo sai che lo farò io! C'è quel Thomas che è tanto carino e i suoi genitori hanno quello yacht enorme... Sarebbe bello passarci l'estate tutti insieme!

Queste parole di mia madre risuonano a gran voce da troppo tempo sia durante il giorno che nella notte e i brividi di orrore percorrono inevitabilmente il mio corpo. Quella donna non fa altro che tormentarmi da quando sono nata, mi sta facendo vivere la vita che avrebbe voluto lei senza preoccuparsi di quello che voglio, come se fossi la sua Barbie. Non riesco a biasimarla nemmeno più di tanto, mio padre l'ha risollevata dalle rovine della sua famiglia e per quel poco mi hanno raccontato non ha passato un'infanzia felicissima.
Apro il rubinetto e mi bagno il viso quasi violentemente schiaffeggiandomi con l'acqua, mi riguardo nello specchio e i miei occhioni neri sono cerchiati dalle occhiaie segno delle notti tormentate dall'ansia e i lunghi capelli castani arruffati vengono subito domati in una coda, un ultimo sguardo alla triste e spaventata me e mi dirigo di nuovo verso il letto.



*IL MATTINO SEGUENTE*



<Signorina si svegli! Sono le 9 e i suoi genitori la stanno aspettando al piano di sotto per la colazione!> esclama a gran voce Esme mentre apre il balcone della mia camera per far entrare la luce del giorno, è la domestica con la quale sono cresciuta ma nonostante tutto continua a darmi del lei e non riesce a mostrarmi un briciolo di affetto.
Non riesco nemmeno a risponderle e ancora assonnata dopo essermi per un po' stiracchiata e strofinata gli occhi mi avvio verso l'uscita della mia camera. Mi aspetta la grande scala per accedere al piano inferiore e scalino dopo scalino sento le gambe tanto pesanti quanto la testa che ciondola da una parte all'altra, nemmeno il tempo di arrivare alla fine che la voce squillante di mia madre e la sua figura attirano la mia attenzione.
<
Ma sei ancora in pigiama??? Non dovevi andare in biblioteca oggi? Possibile che devo mandare sempre qualcuno a chiamarti? E in più ancora devi fare colazione!> punta il dito contro di me.
<
Buongiorno anche a te mamma.> borbotto, passandole accanto e sfiorandole la spalla, non riesco ad aggiungere altro.
Arrivo in sala a pranzo e trovo la figura di mio padre seduta a tavola e completamente coperta dal giornale.
<
Buongiorno papà> quasi sussurro, senza aspettarmi che si scomodi a guardarmi negli occhi.
<
Buongiorno tesoro> mi risponde senza muoversi di un millimetro, prevedibile.
Il lungo tavolo è apparecchiato non per tutta la sua lunghezza ma quel poco che basta per tre persone, un vassoio di pancakes e uno di frutta fresca, una caraffa di latte e una di spremuta d'arancia e del caffè. Nemmeno il tempo di sedermi che mi fiondo sul vassoio di pancakes afferrandone due e addentandoli come se non mangiassi da una vita, per poi versarmi della spremuta e riuscire a bagnarmi la mano e il viso. La scena è osservata da mia madre che mi fissa sulla soglia della sala.
<
Ma ti pare il modo di mangiare? Sei un camionista per caso? Mi sembra di averti insegnato le buone maniere.> il suo tono è duro e il suo sguardo quasi disgustato.
<
Hai ragione mamma, scusami.> il mio tono è stranamente dimesso, ma questo proprio perché stamattina non ho voglia di intavolare una discussione riguardo le buone maniere con mia madre. Non ho voglia di discutere con nessuno oggi. 
La mia colazione dura giusto il tempo di sentire lo stomaco pesante come la testa ed esco dalla sala da pranzo accompagnata dagli sguardi indecifrabili dei miei genitori.
Corro questa volta per le scale consapevole del mio ritardo e in un baleno mi ritrovo in camera mia completamente riordinata da Esme che adesso si troverà a fare pulizie in chissà quale altra stanza. Mi avvicino alla cabina armadio ed entrandovi il mio sguardo comincia a perdersi tra i vari capi e l'indecisione.
<
Oggi non fa particolarmente freddo...> dico tra me e me scorrendo con le mani tra i vestiti appesi, fino a che il mio sguardo si posa su di una camicia a quadri rossa e nera abbastanza lunga da poter essere indossata con dei leggings neri. 
<
Bingo!> esclamo, afferando la camicia, i leggings, la biancheria pulita e un paio di converse all star nere per poi dirigermi verso il mio bagno. Una doccia è proprio quello che mi serve per rigenerarmi e lavare via un po' di pensieri così mi lascio coccolare dal getto tiepido dell'acqua e dalla grande quantità di schiuma che cosparge il mio corpo. Canticchiando una stupida canzoncina di uno spot non ci metto molto a risciacquarmi, uscire dalla doccia e ad asciugarmi nel mio caldo e morbido accappatoio per poi cospargermi di borotalco e sentirmi più leggera. Indosso poi l'outifit che ho scelto e i capelli li asciugo alla meno peggio, tanto essendo ondulati non hanno bisogno di una gran cura, passo una mano sullo specchio appannato così da potermi truccare: eyeliner, matita nera, rimmel e niente più. 
Esco dal bagno come rimessa al mondo, mi guardo un'ultima volta al grande specchio della mia camera per poi afferrare la giacca di pelle con delle borchie sulle spalle e lo zaino nero contenente tutto l'occorrente per la giornata di studio, così lascio la mia camera. Scendendo di fretta le scale scorgo le figura di mio padre che passeggia nell'ingresso impegnato in una telefonata, sicuramente di lavoro.
<
Hey papà, sto andando in biblioteca... Riferisci alla mamma che forse non tornerò per pranzo.> lo guardo per poco aspettandomi un suo cenno e solo quando alza la mano capisco che ha ricevuto il messaggio, così posso finalmente varcare la soglia di questa enorme villa che piano piano mi sta risucchiando la vita.
Percorro in fretta il lungo viale che porta ai capannoni dove ci sono le auto e un sorriso fa capolino sul mio viso appena scorgo la mia Lamborghini nera, regalo fatto dai miei genitori per il diploma. Estraggo le chiavi dallo zaino e apro la macchina per poi metterla in moto e uscire dall'imponente cancello della villa che porta le iniziali di mio padre.
Una volta in strada apro il finestrino e l'aria quasi primaverile e pungente di Huntington Beach invade parte del mio viso e della mia chioma, lasciandomi un senso di libertà che riesco a provare solo quando varco la soglia di casa. Gli occhi li tengo fissi sulla strada e il piede preme forte sull'acceleratore, un po' perché amo la velocità e il senso di potenza che mi dà questa macchina, un po' perché sono davvero in ritardo. Solo quando la biblioteca compare sulla mia destra e scorgo un parcheggio vicino mi sento più tranquilla.
Parcheggiata la macchina ed essendomi controllata un'ultima volta attraverso lo specchietto, ripongo le chiavi in una taschina della camicia e percorro il viale per arrivare all'ingresso della biblioteca. Più avanti però, attirano la mia attenzione delle figure rumorose: operai. A quanto pare proprio oggi dovevano iniziare i lavori per sistemare il viale e l'esterno della biblioteca. Il martello pneumatico mi rimbomba nella testa così il mio passo aumenta di molto quasi stessi scappando e mi volto un'ultima volta verso quel gruppo per lanciare loro un'occhiataccia, infastidita da tutta questa situazione.
Finalmente arrivo alla porta di ingresso a spinta e mentre poso una mano su di essa mi accorgo che una estranea si è posata sulla mia spalla. Mi giro di scatto e sul volto si dipinge un'espressione spaventata.
<
Signorina si calmi, non sono un maniaco... è solo che poco fa le sono cadute queste!> un uomo con un caschetto giallo in testa e dei grandi guanti da lavoro tiene con la destra le chiavi della mia macchina che a quanto pare mi sono cadute dalla tasca senza nemmeno accorgermene. 
Guardo le chiavi per un attimo ma la mia attenzione viene subito catturata dal viso di quest'uomo dai lineamenti perfetti: zigomi marcati, naso dritto, labbra fini e così belle da sembrare disegnate nemmeno la polvere riesce a nascondere tanta bellezza. Il fisico che sembra allenato è nascosto da una tuta blu da lavoro impolverata anche essa, dove campeggia il logo dell'azienda e sulla sinistra quello che sembra essere il suo nome "Brian H."
Non riesco a proferire parola e non so cosa mi stia succedendo, è come se il fascino di quest'uomo mi avesse cementato la bocca e la testa sembra essere volata altrove.
<
Principessa, senza il suo cavallo non può andare da nessuna parte...> fa ciondolare le chiavi davanti ai miei occhi ed essendosi accorto della marca della mia auto un luccichio illumina i suoi occhi scuri, mi rivolge un sorriso che mi brucia... Di una bellezza devastante.
<
Grazie...Io...Io non so come sdebitarmi> riesco a dire balbettando dopo aver trovato queste parole chissà dove. In questo momento mi sento una tale idiota eppure io sono il tipo dalla risposta pronta e brillante, la ragazza che riesce sempre a cavarsela, ma adesso mi sento senza difese.
<
Che ne dice di offrirmi un caffè per iniziare?> chiede l'uomo con savoir faire e il sorriso stampato sul volto, lanciandomi un'ultima stoccata nella mia armatura. 
<
Volentieri.> rispondo, chiedendomi cosa ci sia nel mio stomaco in questo momento. Farfalle? No, sono panzer tedeschi.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold / Vai alla pagina dell'autore: SynySterina