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Autore: _eco    01/07/2014    7 recensioni
[(child!)Stydia] [Accenni Jydia] [Post-Claudia Stilinski's death] [Post Allison's death]
La maestra, la signorina Sullivan, ha detto che Stiles ha perso la mamma. Dall’alto dei suoi quasi dieci anni – come si ostina a puntualizzare lei – Lydia pensa che, per quanto disordinato e imbranato, Stiles non può aver perso sua madre. E nemmeno pensa che la signora Stilinski, con i suoi grandi occhi d’ambra e i capelli corti sulle spalle, si sia nascosta così, per divertimento.
Sua madre le ha spiegato che è volata via, ma, per quanto fervida sia la sua immaginazione, Lydia proprio non ce la vede la mamma di Stiles a spiccare il volo e balzare su, verso il cielo.
Scott le ha detto che è morta. Allora Lydia ha capito davvero. Gliel’ha detto durante l’intervallo, mentre sgranocchiavano la merenda in cortile.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allison Argent, Jackson Whittemore, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Simple, che l'ha letta in anteprima e mi ha supportata mentre la scrivevo. ♥

Roots - All I have.

[Post Claudia Stilinski's death]
 
Il banco di Stiles Stilinski era vuoto, stamattina a scuola.
Scott McCall non ha cercato un nuovo posto, ma è rimasto dove siede di solito, gettando ogni tanto occhiate tristi ai raggi di sole che accarezzavano l’ombra immaginaria del suo amico.
La maestra, la signorina Sullivan, ha detto che Stiles ha perso la mamma. Dall’alto dei suoi quasi dieci anni – come si ostina a puntualizzare lei – Lydia pensa che, per quanto disordinato e imbranato, Stiles non può aver perso sua madre. E nemmeno pensa che la signora Stilinski, con i suoi grandi occhi d’ambra e i capelli corti sulle spalle, si sia nascosta così, per divertimento.
Sua madre le ha spiegato che è volata via, ma, per quanto fervida sia la sua immaginazione, Lydia proprio non ce la vede la mamma di Stiles a spiccare il volo e balzare su, verso il cielo.
Scott le ha detto che è morta. Allora Lydia ha capito davvero. Gliel’ha detto durante l’intervallo, mentre sgranocchiavano la merenda in cortile.
A Lydia piace Scott: non è poi così male. Le piace che abbia pronunciato quel termine di cui i grandi sembrano sempre aver paura, le piace che l’abbia articolato a denti stretti, lo sguardo basso, la voce ferma; le piace che le abbia svelato, come se si trattasse di un importante segreto di stato, quale sarà il suo regalo per Stiles: un soldatino di plastica. Lydia gli ha domandato perché. Lui ha risposto che, se gli avesse donato il suo soldatino preferito, forse Stiles avrebbe di nuovo giocato alla guerra con lui, forse avrebbe smesso di pensare che sua mamma urlava e piangeva e si premeva i palmi contro le tempie perché facevano troppo rumore, loro due, mentre simulavano esplosioni e spari.
A Lydia piace anche Jackson, ma in maniera diversa.
I bambini dicono che Jackson sia cattivo, ma Lydia è sicura che non sia così. È solo un po’ prepotente, ogni tanto.
A Lydia piace Jackson. Le piace che si sia chiuso nelle spalle, come una piccola lumaca nel guscio, quando la signorina Sullivan ha detto che Claudia Stilinski era morta, le piace che abbia deciso di fare anche lui un disegno per Stiles, sebbene non siano poi tanto amici, loro due.
Spesso, Jackson lo chiama “scemo”. Ogni tanto, anche Lydia lo fa, perché così Jackson le sorride. La maggior parte delle volte, però, non lo pensa davvero. E Stiles non sembra offendersi.
A Lydia piace Jackson, perché ha due mamme e due papà, ma conosce solo una mamma e un papà, e le ha detto che da grande girerà il mondo con la mazza di lacrosse in mano per trovare i genitori mancanti e far vedere loro quanto è bravo a giocare.
A Lydia piace Jackson, anche se non è tanto bravo a colorare senza uscire dai margini, anche se la mazza da lacrosse che ha disegnato per Stiles non somigliava tanto a una vera.
Anche lei dovrebbe fare qualcosa per Stiles.
La signorina Sullivan ha detto che un aereoplanino di carta, una letterina, un disegnino, qualsiasi cosa potrebbero tirar su di morale Stiles.
Lydia non ne è poi tanto sicura.
 
Seduta davanti alla scrivania, la matita ben temperata che dondola fra indice e pollice, Lydia si chiede se sia davvero necessario disegnare qualcosa – cosa? – per Stiles Stilinski che, a detta della maestra, deve essersi distratto un attimo e aver perso sua madre.
Che poi, si chiede Lydia, chi è Stiles?
Ogni mattina, lo trova appostato davanti al cancello della scuola. Stiles è il primo, o al massimo il secondo, a salutarla con un cenno impacciato della mano. Ogni giorno, da che Lydia ne ha memoria.
Stiles legge quegli stupidi fumetti in cui i protagonisti, tra l’altro orribilmente disegnati, si raccontano barzellette squallide e poco divertenti.
Stiles soffre di balbuzie, il che è un problema anche quando deve pronunciare il suo nome, quello di Lydia, la bimba dai grandi occhi verde foglia e i capelli biondo fragola. E Lydia, chissà per quale ragione, trova sempre un modo per non andare via prima che Stiles abbia articolato per bene il suo nome, il che prende almeno cinque secondi.
Scott le ha spiegato che la balbuzie passa col tempo, ma per adesso Lydia proprio non lo immagina uno Stiles che non balbetti.
Stiles le ha detto di volersi tingere i capelli come lei, così, se saranno in due ad averli dello stesso colore, tutti gli altri bambini si ricorderanno che Lydia non ha i capelli semplicemente biondi, ma biondo fragola, come lei si ostina a precisare. A Lydia è sfuggita una risata.
Non la fanno mica una tinta come la mia, gli ha spiegato, perché la sua mamma le ha detto così.
Oh, ha risposto Stiles, un po’ deluso.
Stiles le offre sempre un po’ della sua pagnotta con scaglie di cioccolato, ma Lydia declina quasi ogni volta l’offerta, perché la mamma le ha fatto notare che il cioccolato non è salutare e fa ingrassare. Ma a Lydia Stiles non sembra per niente grasso, anzi, è magro come uno stecco. Eppure ingurgita cioccolata in quantità industriali.
Stiles non ascolta mai le spiegazioni degli insegnanti, perché troppo impegnato a giocherellare e a stracciare le pagine dei quaderni per farne palline da lanciare agli altri bambini. Stiles non ascolta mai, a scuola, tranne quando è Lydia a leggere, parlare o ripetere storia, geografia e scienze della terra.
Stiles si arrampica sulla quercia che s’innalza nel cortile della scuola e, dall’intrico di rami e foglie, spara spruzzi d’acqua con pistole giocattolo, bagnando i passanti e soprattutto gli insegnanti.
A Lydia sfugge sempre una risata, anche se pensa che Stiles sia un po’ idiota.
A Lydia piace anche Stiles, ma in maniera diversa.
Ecco perché si è accorta che nemmeno balbetta più per chiamarla e salutarla al mattino: Stiles non apre bocca da una settimana e più, né le offre la sua merenda, né se ne esce con battute e proposte assurde, né si arrampica sulla quercia per spruzzare gli insegnanti.
Lydia pensa che acconsentirebbe a dare un morso alla focaccina al cioccolato di Stiles, se solo lui glielo chiedesse.
 
Lydia ha disegnato un albero, perché è molto brava a farlo e perché ha letto una bella leggenda che ha che fare con le radici e il ricordo delle persone che volano via, come dice la sua mamma.
Lydia ha disegnato un albero, perché tante volte ha osservato la quercia che si staglia nel cortile della scuola, e, mentre tratteggiava i rami che s’intrecciavano fra loro, avrebbe quasi voluto definire i contorni della figura mingherlina di Stiles, appollaiato in cima con una pistola ad acqua in mano.
Lydia ha disegnato un albero, un albero e nient’altro, perché pensa che Kate Richmond sia stata un po’ scema a raffigurare Stiles, la sua mamma e il suo papà in un foglio di carta da regalargli. E lei non voleva essere scema come lei.
Lydia ha disegnato un albero, perché ha una bella storia da raccontare a Stiles, anche se lui non legge poi così tanto, se si eccettuano le vignette che lo fanno inspiegabilmente sbellicare dalle risate.
Lydia trascrive la leggenda che tanto le piace sul retro del foglio, perché Stiles le ha detto che ha una bella grafia e perché, dentro di sé, sa che lui la leggerà.
 
John Stilinski spinge appena la porta ed entra nella camera di suo figlio, che giace steso di profilo sul letto, illuminato dalla luce argentea della luna.
Con cautela, strisciando i piedi sul pavimento, si china in avanti per sfilargli le scarpe nere, lucide, che Stiles avrebbe volentieri barattato per un paio di tennis consunte.
Nel silenzio di una casa che sembra ormai troppo grande, troppo vuota, John sente quasi la voce di Claudia, che gli suggerisce di allentare il nodo della cravattina di Stiles, per farlo respirare meglio.
Ha ancora il viso umidiccio di lacrime, Stiles, e le labbra screpolate per tutte le volte in cui vi ha affondato i denti da latte. Come se temesse che qualcuno possa portarglielo via, stringe forte fra le dita un soldatino di plastica.
Stiles gli ha raccontato che gliel’hanno regalato. John è quasi sicuro che suo figlio gli abbia anche detto chi sia stato il benefattore, ma crede di non avergli dato ascolto. Dal modo in cui il bambino lo stringe, John immagina che possa essere stato Scott McCall, il suo miglior amico, a donarglielo.
Con l’altra mano, paffuta e appiccicaticcia – John ha perso il conto di quanti lecca-lecca ha sgranocchiato nel corso della giornata –, Stiles preme contro il petto un foglio di carta, i bordi un po’ stropicciati.
Facendo attenzione a non destarlo da un sonno che non sembra comunque autentico, ma piuttosto tormentato, il signor Stilinski sfila dalle dita del figlio il disegno.
I suoi occhi accarezzano il profilo di un albero fronzuto e flessuoso, le radici robuste ancorate al terreno e sfiorate da soffici fili d’erba, i rami che s’intrecciano in complicati giochi geometrici. Chiunque l’abbia realizzato, deve avere un talento innato per il disegno.
Alcuni segni solcano il foglio qua e là.
John Stilinski volta il rettangolo di carta. Sul retro, vi sono circa dieci righe scritte in bella grafia, ordinata e nitida, senza nessuna sbavatura. La punteggiatura è un po’ vaga, non sempre corretta, ma John nemmeno ci fa caso.
 
 
Un’antica leggenda racconta che dentro ognuno di noi c’è un albero.
Il nostro albero può essere di qualsiasi tipo.
Io ho deciso che il mio è un salice ma va bene anche una quercia, come quella su cui
ti arrampichi a scuola.
La parte più importante dell’albero sono le radici perché sono quelle che lo reggono in piedi e ben dritto, per questo le ho disegnate così grosse.
Le radici hanno un significato molto importante, perché simboleggiano le persone che più amiamo.
Questa antica leggenda dice che il nostro albero è più forte di quanto crediamo e che la radici non si spezzano nemmeno quando le persone a cui vogliamo bene muoiono.
In qualche modo rimangono dentro di noi.
 
Io penso che la tua mamma è ancora dentro di te, Stiles.
 
Perché non torni a spruzzare la maestra con la pistola ad acqua? Era divertente.
Lydia.
 [Post Allison's death]
 
Stiles apre un cassetto della scrivania e ci fruga dentro in fretta e furia. Se non fosse troppo impegnata a combattere contro la voce di Allison che le ottura le orecchie, probabilmente Lydia si sentirebbe male per i poveri fogli che Stiles sta letteralmente martoriando alla ricerca di… cosa?
Circa dieci minuti fa, all’improvviso, Stiles ha avuto la felice idea di trascinarla di peso sino a casa sua, del tutto immune ai suoi borbottii infastiditi.
Okay, basta così, le ha detto. Devi vedere una cosa.
Lydia gli ha mugugnato dietro che sperava solo che quel qualcosa valesse il suo tempo. In caso contrario, l’avrebbe stritolato.
Adesso Stiles le siede accanto, sul bordo del letto. Si schiarisce la gola, tenendo ancora stretto al petto un foglio con i bordi spiegazzati, prova incontestabile del passaggio di Stiles Stilinski nella vita di quel povero pezzo di carta.
Le dita gli tremano un po’, mentre glielo porge in silenzio.
Lydia quasi perde un battito, quasi rivede le proprie mani, più piccole e paffute di adesso, tratteggiare i contorni di un albero – che non è per niente male, pensa con orgoglio – e dei suoi rami sottili e nodosi. Rivede i propri occhi, affamati e curiosi, scorrere le righe di un vecchio libro di antiche leggende trovato nello studio di sua madre. E avverte ciò che rimane del suo cuore galopparle in petto, come impazzito.
- Sì, me la cavavo anche allora. E la mia fissa per gli alberi è davvero spaventosa – è tutto ciò che riesce a dire, ma sa fin troppo bene dove Stiles vuole andare a parare.
Tutta quella stupida storia dell’albero, delle radici, del ricordo delle persone che rimane incastrato dentro di noi e non va mai via.
Oh, Lydia lo sa fin troppo bene. Lo sa, perché ogni giorno, ogni singolo minuto di ogni singola ora, immagina continuamente cosa direbbe Allison, cosa farebbe, come si comporterebbe.
Pensava di non aver ascoltato la sua voce abbastanza volte da registrarla, indelebile, nella memoria. Si sbagliava.
La voce di Allison riaffiora incessantemente in quel tripudio di ricordi che vorrebbe tanto cancellare. Riaffiorano anche la sua risata di cristallo, gli occhi scuri e profondi, le sue braccia ossute che le davano conforto e i capelli morbidi che le scendevano eleganti lungo la schiena, prima che li tagliasse.
C’è Allison, che la spinge con foga giù per un precipizio senza fine né inizio, le cui pareti rocciose non sono che il teatro degli ultimi, interminabili istanti in cui il mondo ha ospitato l’anima di Allison Argent.
Lydia sente le urla, sente la propria voce che grida il nome della sua migliore amica, sente il rimpianto di non averle stretto la mano un’ultima volta, di non averle mai confessato che era davvero la sua unica amica.
Vuole soltanto chiuderla fuori, vuole squarciarsi il petto e sradicarla dal suo cuore, vuole che tutti capiscano che averla incastrata dentro è la peggior sorte a cui potesse essere condannata, e che no, non c’è proprio niente di cui essere contenti se Allison continua a vivere dentro di lei.
 - Avevo dieci anni, Stiles! – sbotta lei, la frustrazione che pervade ogni nota della sua voce.
- Quasi dieci. – le ricorda Stiles, imitando la voce di una Lydia bambina. – E comunque anche io avevo quasi dieci anni, Lydia! E non ti dirò che, da quando ho visto il tuo disegno, tutto è andato per il verso giusto. Non ti dirò che non sento ancora la mancanza di mia madre e che la notte non mi alzo in preda al panico, sicuro, sicuro che lei arriverà. Perché sarebbero un mucchio di frottole! Ma ti dirò che sì, avevo dieci anni, ed ero spaventato, ero terrorizzato, ma questa assurda leggenda dell'albero mi ha aiutato sentirmi meno solo. –
Che è esattamente ciò che Lydia vorrebbe.
Sentire la voce del silenzio, non quella di una ragazza che in un tempo lontano un’eternità deve essere stata la sua migliore amica.
Passeggiare per il parco e non vederla nel volto di qualsiasi ragazza alta un metro e settanta con una chioma di capelli castani.
Guardare un arco e non collegarlo alle sue braccia tese, al suo volto concentrato e alla sua mira infallibile.
Ridere e non sentire l’eco della sua, di risata.
Piangere e non sentire il suono dei suoi singhiozzi.
Andare avanti pensando che Allison viva ancora con lei, e non in lei.
Essere forte. Lydia vorrebbe soltanto essere forte.
Ma Allison, da qualche parte dentro di lei, le dice che va bene se piange anche solo un po’.
Così Lydia lo fa, portandosi le mani sul viso e tirando su col naso.
- Non devi sempre nasconderti quando piangi. –
Stiles le sfiora il dorso della mano e le scopre il volto.
- Lasciami indovinare – riesce a mugolare lei. – Perché quando piango sarei bellissima?–
Stiles gliel’ha detto una sera, mentre singhiozzava in macchina. E, in tutta sincerità, Lydia ha pensato – e pensa ancora – che fosse il tentativo più stupido di flirtare con lei.
- È una fortuna che abbia usato un mascara waterproof, altrimenti ti ricrederesti, Stiles Stilinski. -
Il viso di Stiles si accartoccia in una smorfia, che tradisce imbarazzo, ma anche sorpresa. Lo riempie di uno strano, confortante tepore, il fatto che Lydia ricordi così bene ciò che lui le ha detto. E no, non è sicuro di voler sapere cosa sia un mascara waterproof. In ogni caso, ha la sensazione che non gli tornerebbe utile.
- No. Cioè, anche. Ma ti preferisco quando sorridi e non mi guardi come se volessi uccidermi. Cosa che stai facendo esattamente ora.
- Se solo avessi lasciato le mie mani sulla mia faccia, non avrei desiderato strangolarti. Cosa che sto facendo esattamente ora.
La voce di Lydia non è ferma. Freme, vibra, vacilla come se le sue corde vocali si trovassero sospese nel vuoto e cercassero un appiglio che non c’è, o che i suoi occhi, appannati da una cortina salata, non riescono a individuare.
Stiles, ammutolito, si ritrae un po’ e  lo spazio che li divide aumenta.
- Allison mi lancerebbe un cuscino in faccia. – dice lei, per rompere l’imbarazzante silenzio che li ha avvolti.
- Tipo così? – la provoca Stiles, colpendola con il guanciale senza il quale non riuscirebbe a prendere sonno.
Lydia si lascia sfuggire una risata isterica e, successivamente, un verso disgustato.
- Stiles, - lo apostrofa, stizzita, - mi hai lanciato addosso il cuscino su cui sbavi ogni notte. –
- Ne sono consapevole. – la liquida lui, con un’espressione ovvia che fa innervosire Lydia.
Ma che, inspiegabilmente, la fa anche un po’ ridere.
- Dovrò sciacquarmi la faccia con il disinfettante. – mugugna, ma Stiles sa che sta scherzando.
Così come sapeva che, quando lo chiamava “scemo”, non lo pensava sul serio.
- Lydia, posso chiederti una cosa senza rischiare di essere strangolato? -
Lei annuisce, soffiandosi il naso con il fazzoletto che Stiles le ha appena passato.
- Farò del mio meglio per resistere a questa tentazione. -
- Quando hai detto che Allison ti avrebbe lanciato un cuscino in faccia, perché l'hai fatto? Voglio dire, da dove l'hai tirato fuori? -
- Stiles, ti prego... so dove vuoi andare a parare. – s’incupisce lei.
Stiles sembra deciso a non desistere, e anzi le si avvicina di più, si volta verso di lei e la fissa dritto negli occhi.
- No, ascolta. Ogni tanto, immagino ancora che mia madre mi dia uno scappellotto per uno dei miei casini. E questo perché, in qualche modo che non riesco a spiegare… e sì, sei spaventosa mentre mi guardi in quel modo, quindi, per favore, smettila o penso che mi verrà un infarto… comunque, in un modo che non riesco a spiegare, è ancora dentro di me. È ancora... come dire... una radice del mio albero? –
Lydia sgrana gli occhi e corruga la fronte.
- Stai parlando come il tizio di uno di quegli inutili gruppi di supporto morale per shock post-traumatico, te ne rendi conto, vero? –
Un velo di delusione adombra il viso scavato di Stiles, le cui difese sembrano ormai sul punto di sgretolarsi.
- Ascolta, Stiles, tutta questa storia dell'albero, le radici e la leggenda... È tutto molto romantico e fiabesco, ma… quando sei un bambino credi più facilmente a queste cose. -
- Stai dicendo che ero scemo. E che lo sono ancora. -
- Sto dicendo che ero solo una bambina e la signorina Sullivan aveva detto che avevi perso tua madre e volevo soltanto fare uno stupido disegno per te che non ti raffigurasse con tua madre, tuo padre e una bella casetta sullo sfondo! – gracchia Lydia, un lancinante bruciore che le attanaglia la gola.
Le parole ruzzolano giù dalla sua bocca come i detriti trainati dalle acque burrascose di un torrente, detriti che colpiscono Stiles in pieno, scheggiandogli gli occhi e ferendogli il cuore.  – Oh, andiamo, Stiles… sul serio ci credi? –
Lydia cerca di addolcire il tono, perché ha capito che qualcosa in Stiles si è improvvisamente incrinato.
- Sul serio, Lydia. –
E non sembra mentire. Affatto.
- È una favoletta, Stiles, lo capisci? Per quanto possa sembrare commovente, è una storiella e Allison non è la radice del mio albero. Non lo è Jackson e non lo è Aiden. È un'utopia pensare che sia meraviglioso quando qualcuno che muore ti rimane dentro. –
Lydia ci sta provando. Ci sta provando davvero a non essere sgarbata o troppo brusca, perché anche Stiles ci sta provando, ci sta provando fin troppo a farla star meglio.
- Giuro che so cosa vuole dire utopia. – le assicura lui, con un sorriso che lascia trasparire un malcelato sarcasmo.
Lydia rischia di scoppiare a ridere. Dio, ma si può fare un discorso serio con questo?
- Sì. Comunque, non posso… non posso continuare a combattere la mancanza di Allison nascondendomi dietro questa storiella. Mi ha affascinata quando avevo dieci anni. Ti ha dato speranza. Forza, forse. E davvero, ne sono contenta, perché in quel momento volevo solo aiutarti, credo. Ma non posso credere a una cosa del genere. –
Stiles annuisce. Con cautela, le sfila dalle mani il disegno, lo piega in due e lo adagia sul copriletto blu.
Forse sta per mollare. Forse.
- Bene. Puoi ignorare tutta la storiella dell'albero, ma non puoi ignorare il fatto che Allison, in qualche modo, poco fa è emersa. E sei stata tu a farla venire fuori. –
Le punta un dito contro, quasi la stesse accusando.
Parla con trasporto, Stiles.
Forse ci crede davvero.
Del resto, Lydia l’ha sempre pensato che fosse un po’ idiota.
- Non voglio continuare così. Pensare a cosa farebbe, a cosa direbbe... non voglio che crediate di darmi conforto quando mi dite che va tutto bene, Lydia, perché lei rimarrà sempre dentro di te. No, Stiles. È la cosa peggiore, questa. –
Esplode. Ogni sentimento, ogni emozione, ogni singhiozzo che ha cercato ostinatamente di soffocare in questi giorni, tutto affiora. Una forza disumana sembra aprirla in due, solleticarle la pelle e arderle tutto intorno.
- Ti svelerò una cosa, Lydia. – replica Stiles, che adesso non sembra più intenzionato ad arrendersi.  – Vuoi cacciare via il ricordo di Allison? Vuoi liberartene per sempre? Perfetto. Fa' pure. Ma non ci riesci. Io non ci riesco. Non ci sono mai riuscito e sono passati otto anni! –
L’ultima frase Stiles la urla come se, una volta conclusa, non dovesse parlare più.
La urla perché è vera e fa male, fa dannatamente male, mentre gli scorre lungo la gola, gli sfiora la lingua e gli vibra in mezzo alle labbra.
Adesso anche i suoi occhi sono velati da una cortina di acqua e sale, che gli pizzica le iridi e gli accarezza le ciglia lunghe.
Un macigno si deposita sul petto di Lydia, che adesso si sente terribilmente in colpa.
Cos’ha combinato? Non poteva semplicemente prendere con sé il disegno, ringraziare Stiles, fare finta che la storiella dell’albero l’avesse fatta sentire meglio, e rimandare al giorno del mai il momento in cui sarebbe esplosa così irruentemente?
Non poteva, per una volta, fargli capire che apprezza, in qualche modo, la sua costante preoccupazione nei suoi confronti?
- Il mio albero sta cedendo, Stiles. – sussurra, lo sguardo fisso sulla punta delle sue ballerine blu chiaro.
Nel momento in cui cessa di parlare, il respiro le si blocca in gola, sostituito da un nodo stretto, che si avvinghia sempre di più intorno alle sue corde vocali e diminuisce di secondo in secondo le sue capacità di sopravvivenza.
- Lydia? –
Non balbetta più, Stiles. Lydia non ricorda quando ha smesso.
- Si? -
- Cerca almeno di aggrapparti alle radici che ti restano, d'accordo? –
Una lacrima s’incastra nelle ciglia di Lydia, che adesso è riuscita a deglutire. L’impulso di stringere la mano di Stiles è troppo potente per essere previsto, figurarsi per essere contrastato.
Lydia si stupisce di se stessa, nel momento in cui capisce che nemmeno ci sta provando a combatterlo.
Mentre Stiles… Stiles non si stupisce affatto di se stesso, nel momento in cui sente i peli rizzarsi sulla nuca e i palmi iniziare a sudare.
- D'accordo. –
 
Il giorno seguente, su una pagina di quaderno, Stiles trova un appunto scritto in una grafia che distinguerebbe fra mille. Chiara, nitida, ordinata, senza alcuna sbavatura.
 
Utopia: aspirazione o speranza generosa ma spesso irrealizzabile.
Giusto perché tu lo sappia.
Lydia.
 
E pensa, Stiles, che forse, se nel corso degli anni avesse detto qualcosa di arguto come “Oh, Lydia, lo so che stare insieme sarebbe un’utopia…”, lei avrebbe capito decisamente prima.
 

 
Se siete sopravvissuti a più di otto pagine di shot, vi faccio i miei complimenti.
Questo è quello che, a casa mia, si definisce un mattone. 
È stata una fic-parto, davvero, lunghissima, difficile e piena di angst. Il dialogo Stydia mi ha letteralmente fatta impazzire.
Non sapevo cosa fosse meglio scrivere, se i personaggi fossero IC.... insomma, sarete voi a dirmelo, spero. :)
La leggenda dell'albero è una mia invenzione, anche abbastanza scema, ma vabbé. Dovevo scrivere questa shot, perché da quando mi è entrata in mente l'idea non ho potuto cacciarla. 
Spero di non aver scritto strafalcioni, e che soprattutto vi sia piaciuta almeno un po' e non vi abbia appallati.
Ci tenevo a dire che, rileggendola, ho notato che in un passo c'è una somiglianza con una shot Stydia da poco pubblicata da Mary DB, che vi consiglio di leggere (s'intitola "a mali estremi estremi rimedi"). Il passo in questione è quello in cui Stiles è sorpreso dal fatto che Lydia ricordi bene ciò che gli ha detto.
Bacioni. ♥
S.
*: Stiles dice "ne sono consapevole" almeno due volte nel corso delle tre stagioni, non solo a Lydia. xD
 
 
 
 
 
 
 

 
  
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