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Autore: Alexel_Sid    01/07/2014    1 recensioni
Quando aprii gli occhi mi resi conto di essere al buio, con il pavimento freddo e umido alle mie spalle. Avevo la nausea e il dolore la testa e l'odore di marcio non fecero altro che farmi sentire peggio. Cercai di respirare piano e provai a mettermi a sedere, ma con scarsi risultati, non riuscivo a muovermi senza sentire dolore avunque, quindi mi lasciai ricadere sul pavimento e rimasi fermo, in attesa.
Genere: Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Risveglio.


Quando aprii gli occhi mi resi conto di essere al buio, con il pavimento freddo e umido contro le spalle. Avevo la nausea e il dolore alla testa e l’odore di marcio non fecero altro che farmi sentire peggio. Cercai di respirare piano e provai a mettermi a sedere, ma con scarsi risultati, non riuscivo a muovermi senza sentire dolore ovunque, quindi mi lasciai ricadere sul pavimento e rimasi fermo, in attesa.
Dove mi avevano portato? Perché ero lì? L’ultima cosa che ricordavo era di essere uscito dalla casa di mia zia per tornare a casa mia. Avevo fatto molto tardi, ero rimasto ad assisterla per molto tempo, aiutandola a coricarsi, fuori era già notte quando avevo messo piede fuori e, appena oltre il vialetto, prima di poter salire sulla mia bici, qualcuno mi aveva colpito facendomi perdere i sensi. Gli occhi, man mano che si abituavano al buio del luogo in cui mi avevano portato, andarono a scorgere nuovi elementi della stanza in cui ero disteso, le lastre di pietra fuoriuscivano dall’ombra per assorbire i flebili raggi lunari che vi sbattevano sopra. un’ondata di un odore nauseante mi assalì, costringendomi a stringere una mano sul naso, nonostante il dolore che quell’atto mi provocò. Sembrava esserci qualcosa che stava marcendo, non molto lontano da me, potevo sentire il brusio delle ali degli insetti che vi svolazzavano sopra.
Mi girai piano, ruotando su me stesso, fino a mettermi su un fianco, in modo da poter guardare meglio attorno a me. Mi trovavo in una camera circolare, non c’erano finestre, solo un paio di feritoie, e una porta piccola e stretta aperta anch’essa sul buio della notte. Al centro della stanza si innalzava un rettangolo di pietra, sul quale era distesa una figura della stessa materia. Ruotai ancora su me stesso, cadendo sulla pancia e cominciai a strisciare verso quella figura, tirandomi con la sola forza delle braccia. Non era molto lontana da me, ma impiegai un tempo interminabile a raggiungerla. Allungai le mani verso la sommità del rialzo e mi issai, stringendo i denti per non urlare dal dolore e, quando fui alla sua altezza, vidi che la figura scolpita nella pietra era il ritratto di un giovane uomo che teneva le mani congiunte in preghiera sul proprio petto, allora capii di cosa si trattava: mi avevano portato in una tomba.
Mi aggrappai alle pieghe scolpite dei vestiti del giovane, tirandomi a sedere sul margine della cornice che concludeva il coperchio del sarcofago, cercando di riprendere un po’ le forze necessarie per uscire da lì. Quando cercai di mettermi in piedi, posando il mio peso sulle gambe trattenni a stento un conato di vomito. Ero troppo debole, mi sentivo svuotato.
Dei passi lievi accarezzarono la pietra del pavimento, avvicinandosi al sarcofago sul quale avevo trovato sostegno. Non sembravano i passi di un essere umano, erano troppo delicati per esserlo, ricordavano vagamente lo zampettare dei gatti sul parquet. Volsi lo sguardo verso la porta, ma non vidi nessuno. Che avessi immaginato tutto? Che quei passi fossero l’illusione di una mente confusa?
Non dovevo abbandonarmi al panico, dovevo reagire in qualche modo. Dovevo andare via! Provai una seconda volta a mettermi in piedi sulle mie gambe e trascinai i piedi in piccoli passi. Qualcuno rise alle mie spalle, facendomi trasalire, ma non mi fermai, continuai a trascinare i piedi, poi cominciai a sollevarli, facendo passi più ampi. Non avevo percorso molto spazio quando venni afferrato e premuto a terra, il viso contro la pietra gelida del pavimento. Un peso enorme mi schiacciava la schiena, qualcosa di ancor più freddo del pavimento mi stringeva le spalle. Sentii una fitta appena sopra la spalla destra, un liquido caldo che mi scorreva addosso per poi riversarsi a terra e bagnarmi una guancia, l’odore acre del sangue che mi arrivava fino in gola. Mi resi conto troppo tardi di essere stato sollevato e che adesso qualcosa mi stava sostenendo, riversandomi in bocca qualcosa di fluido e metallico, ma non lottai. Ormai era finita.
 
   
 
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