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Autore: La sposa di Ade    01/07/2014    4 recensioni
L’OOC l’ho inserito per sicurezza, se i personaggi diventeranno effettivamente OOC sappiate che non è voluto.
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“E Hisoka che significa?” L’uomo distolse lo sguardo dalla pioggia e puntò le sue pupille dorate in quelle blu di Amaya, per poi portarsi un dito alle labbra e sussurrare: “Segreto.”
La ragazza inclinò la testa di lato, non capendo se quello fosse l’effettivo significato del suo nome o se volesse semplicemente tenerglielo nascosto, come se fosse un qualche assurdo e importantissimo segreto… ah, quasi le venne da ridere, che altro si sarebbe dovuta aspettare da un pagliaccio?
“Perché sei vestito da pagliaccio?”
“Sono un prestigiatore, Amaya, non un pagliaccio.” Solo in quel momento la ragazza notò che la sua mano stava giocherellando con una carta da gioco.
“Allora fammi vedere qualche trucco.”
“Cosa mi darai in cambio?” Un sorriso spontaneo si dipinse sulle labbra della ragazza.
“Segreto.” Il pagliaccio, o prestigiatore, per Amaya non faceva alcuna differenza, le allungò il mazzo di carte sotto il volto, con un sorriso furbo appena accennato sulle labbra.
“Allora scegli una carta.”
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genei Ryodan, Hisoka, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Ammetto si non sapere quale follia mi abbia spinto a pubblicare qualcosa su questo fandom, ma una settimana passata a riguardarmi la vecchia e la nuova serie di HxH credo possa avermi influenzato un pochino.
Ho messo OOC tra gli avvertimenti, perché è da moltissimo che non scrivo qualcosa che non sia una originale, quindi non sono sicura di riuscire a mantenere le personalità dei personaggi, comunque, l’OOC non è assolutamente voluto, l’ho inserito per sicurezza. Sarà comunque una storia un po’ (molto) particolare, ma i dettagli ve li lascio in fondo al capitolo per evitare spoiler.

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Prologo. “Segreto”

[LORDE - Everybody Wants To Rule The World]

 
Welcome to your life
There's no turning back
Even while we sleep
We will find you
Acting on your best behaviour
Turn your back on mother nature
Everybody wants to rule the world

 

 
L’alba aveva il colore del sangue marcio. Strisciò fuori a oriente e chiazzò di rosso il cielo scuro, marchiando le nuvole di oro trafugato. Più in basso la strada serpeggiava lungo la montagna, verso la nuova base del Ragno. Un ammasso di torri aguzze e fatiscenti, scure come cenere contro i cieli piagati. L’alba era tinta di rosso, di nero e di oro.
I colori della loro professione.
“Sei particolarmente bella stamattina, Amaya.” Lei sospirò, quasi fosse un caso, come se non avesse perso un’ora davanti allo specchio.
“I fatti sono fatti. Constatarli non è un dono: stai solo dimostrando di non essere cieco.” E sbadigliò, stirandosi sulla sella, facendolo aspettare per un attimo. “Ma ascolterò il resto.”
Lui si schiarì rumorosamente la gola e sollevò una mano, come un pessimo attore che si prepara al sua gran discorso. “I tuoi capelli sono come… un manto scintillante di una volpe bianca!”
“Galletto pomposo. E ieri cos’erano? La candida neve invernale. Mi piaceva di più, aveva una qualche poesia. Cattiva, ma comunque poesia.”
“Merda” Lanciò un’occhiata di traverso alle nuvole, come in cerca del consiglio vincente. “Beh, i tuoi occhi, allora, brillano come accecanti zaffiri, inestimabili!”
“Adesso avrei delle pietre sulla faccia?”
“Labbra come petali di rosa?” Lei gli sputò addosso, ma lui era pronto e riuscì a schivare, rischiando comunque di cadere dalla sella.
“Questo è per far crescere le tue rose, idiota. Puoi fare di meglio.”
“Ogni giorno più difficile.” Borbottò lui. “Quel gioiello che ti ho comprato ti sta meravigliosamente bene.” Lei sollevò la destra per ammirarlo, era un rubino grande come una mandorla, che catturava i primi bagliori della luce del sole e sfavillava come una ferita aperta. “Che hai rubato, vorrai dire.”
“Si intona con la fierezza del tuo temperamento.”
Lei sbuffò. “E con la mia fottuta reputazione.”
“Fanculo la tua reputazione! Non sono altro che chiacchiere di idioti! Tu sei un sogno, una visione! Tu ricordi…” Schioccò le dita. “La Dea della Guerra in persona!”
“Dea, eh?”
“Della Guerra! Ti piace?”
“Funzionerà. Se riesci a baciare il culo del Capo ben la metà di come hai fatto ora, potremmo persino beccarci un premio.”
Frau sporse le labbra verso di lei. “Niente potrebbe essere più delizioso che passare la mattinata con la faccia tra le chiappe del Capo. Sanno di… potere.” Gli zoccoli scricchiolavano sul sentiero polveroso, le selle cigolavano e i finimenti sferragliavano. La strada si volse su se stessa e il resto del mondo scomparve. Il cielo orientale dissanguò il suo rosso in un rosa da macelleria.
“Sto aspettando.” Fece lui.
“Che cosa?”
“La mia parte di complimenti, è ovvio.”
“Se quella zucca del cazzo ti si gonfia ancora finirà per esplodere, e io non voglio il tuo cervello sulla mia camicia nuova.”
“Pugnalato” Frau si premette la mano sul petto “Proprio qui! È così che ripaghi i miei anni di devozione, sorella senza cuore?”
“Come osi presumere di essere devoto a me, zappatore che non sei altro? Sei come una zecca devota a una tigre!”
“Tigre? Ah! Quando paragonano te a un animale, di solito è la serpe che scelgono.”
“Sempre meglio di un verme.”
“Stronza.”
“Codardo.”
“Assassina.” Questo era difficile negarlo. Il silenzio calò nuovamente su di loro. Il cavallo di Frau si portò gradatamente a fianco di quello di lei, e altrettanto gentilmente lui le mormorò: “Sei particolarmente bella stamattina, Amaya.”
Ciò le fece accennare un sorriso all’angolo della bocca, quello che lui non poteva vedere. “Beh, i fatti sono fatti.”

 
Delle dodici zampe, in quel luogo, se ne trovavano sette, compresa la testa, Chrollo, i quel momento intento a leggere un grosso tomo. Neanche gli altri sembravano stare impiegando molta energia in una qualunque attività. Feitan, se solo si fosse trovato lì, di certo avrebbe definito quella giornata incredibilmente noiosa, non essendosi trovato nessuno sotto le mani da poter torturare.
“Ehi capo, si sta avvicinando qualcuno.” Chrollo rimase in silenzio, chiuse però il libro e si mise in piedi avvicinandosi all’ampia finestra. “Più o meno a settanta metri, appena dietro la curva.” Continuò Nobunaga, informando il capo di quello che poteva essere un pericolo, o forse solo una scocciatura. “Non hanno usato neanche l’Hatsu.”
“Quanti sono?”
“Due.” Rispose con sicurezza.
“Sono gli ospiti che stavamo aspettando.”
“Nuovi membri della brigata? Non ne sapevo nulla” Di nuovo, la smemoratezza di Shizuku non sorprese più di tanto il resto dei presenti, tuttavia la sua domanda non ottenne risposta, poiché il capo si stava già dirigendo verso l’atrio al piano di sotto, in attesa del loro arrivo. Aveva accennato al resto della Brigata che presto ci sarebbe stata una nuova aggiunta, un nuovo numero, per due persone. Fratello e sorella che combattevano insieme, due lati della stessa medaglia, che aveva conosciuto in una landa sperduta a ovest. Quando li aveva visti gli avevano ricordato il suo gruppo del
Ryūseigai, tanti stenti, tante difficoltà, ma anche tanto il desiderio di combattere e sopravvivere. E lui non aveva potuto fare a meno di invitare quei due a fare parte della Brigata.
Li vide avanzare lungo il sentiero in groppa a due cavalli, con la stessa andatura, con lo stesso sguardo, con lo stesso modo disinvolto di tenere le mani. Il loro incredibile legame era ciò che lo aveva colpito di più, tanto da rendere quei due elementi un numero unico.
“Frau. Amaya. Benvenuti nel Ragno.”

 
It's my own design
It's my own remorse
Help me to decide
Help me make the most
Of freedom and of pleasure
Nothing ever lasts forever
Everybody wants to rule the world

 
Quella notte pioveva, ed Amaya guardava fuori dalla finestra la tempesta che infuriava e l’acqua che colava sui vetri, trovando tutto quello molto rilassante, tanto che quasi senza accorgersene i suoi occhi iniziarono a farsi pesanti, il respiro lento e il corpo che iniziava ad avvertire la stanchezza della giornata. Si sarebbe concessa anche un sonnellino se una presenza non avesse ridestato gli allarmi nella sua testa. Di certo non era suo fratello, quindi ancora con la testa un po’ pesante voltò il corpo fino a osservare la strana figura dietro di lei. Un uomo alto dai capelli rossi e dallo strano trucco la stava osservando, con uno strano sorriso sulle labbra, lei non proferì parola, avvertendo però l’aura dell’individuo espandersi leziosamente per tutta la stanza, le formicolò la cute e un brivido le percorse la spina dorsale. Amaya solitamente trovava piacevoli le cose che alle persone normali facevano ribrezzo, per quello le sue labbra si stirarono in un lievissimo sorriso quando un altro brivido le percorse il corpo e l’uomo iniziò ad avvicinarsi lentamente alla finestra. O forse era solo il freddo, si disse poco dopo.
“Amaya; la pioggia notturna. Che poetica coincidenza.” Se fosse stato suo fratello a proferire una cosa del genere non avrebbe evitato ad insultarlo, probabilmente.
“E Hisoka che significa?”  L’uomo distolse lo sguardo dalla pioggia e puntò le sue pupille dorate in quelle blu di Amaya, per poi portarsi un dito alle labbra e sussurrare: “Segreto.”
La ragazza inclinò la testa di lato, non capendo se quello fosse l’effettivo significato del suo nome o se volesse semplicemente tenerglielo nascosto, come se fosse un qualche assurdo e importantissimo segreto… ah, quasi le venne da ridere, che altro si sarebbe dovuta aspettare da un pagliaccio?
“Perché sei vestito da pagliaccio?” Non riuscì a trattenersi, in quelle condizioni il suo cervello lavorava più lentamente della bocca, anche per quello avrebbe preferito mettersi a dormire, andare nell’altra stanza e rannicchiarsi accanto a suo fratello.
“Sono un prestigiatore, Amaya, non un pagliaccio.” Solo in quel momento la ragazza notò che la sua mano stava giocherellando con una carta da gioco.
“Allora fammi vedere qualche trucco.”
“Cosa mi darai in cambio?” Un sorriso spontaneo si dipinse sulle labbra della ragazza.
“Segreto.” Il pagliaccio, o prestigiatore, per Amaya non faceva alcuna differenza, le allungò il mazzo di carte sotto il volto, con un sorriso furbo appena accennato sulle labbra.
“Allora scegli una carta.”
 

“Che dobbiamo fare?” Frau era impaziente, una missione finalmente, il che significava soldi, per lui era quello che contava. Amaya si guardava distrattamente in giro, cercando di ricordare e memorizzare i nomi e vi volti della Brigata. Una missione da soli, da quanto aveva capito, non che le dispiacesse, ma Amaya era sospettosa per natura e temeva per suo fratello, costantemente, che potesse farsi del male, data la sua ingenuità. Eppure quando si voltò verso di lei con un sorriso immenso sul volto tutti i timori e i sospetti sparirono, certo, erano circondati da criminali, assassini e feccia, ma loro erano forse migliori?
 

Si coricò a letto, scostando lentamente le coperte, cercando di non svegliare il fratello. Le tenebre erano fitte, le tende tirate bloccavano completamente la luce, ma il suono della pioggia si sentiva forte e chiaro, come se stesse piovendo dentro la stanza. Si coprì, portandosi le ginocchia al petto, e fissò la schiena di suo fratello che si muoveva a un ritmo regolare e rassicurante e avvertì la tensione del corpo abbandonarla lentamente, il dolore alle gambe per la lunga cavalcata svanì in poco tempo, così come tutti gli altri dolori muscolari. Si lasciò cullare dal respiro profondo e rassicurante di Frau e dalla melodia della pioggia.
“Amaya.” Lo sentì sussurrare, la voce arrochita dal sonno.
“Cosa c’è?” Suo fratello si voltò e si avvicinò a lei, cingendola con le braccia. Amaya in altre situazioni non glielo avrebbe permesso, la faceva sentire piccola, le faceva percepire quel bisogno di protezione che pensava di aver superato, ma tutte le volte che finiva tra le braccia di suo fratello tornava tutto indietro; la paura di non superare il giorno e gli stenti che avevano combattuto all’ovest.
“Non tradirmi, non lasciarmi mai, ti prego.”
“Non lo farò.” Si strinse contro di lui, sentendo il calore del suo corpo scaldarla, mentre una strana sensazione di disagio le annodava lo stomaco; tra le mani teneva ancora quella carta da gioco.

 
There's a room where the light won't find you
Holding hands while the walls come tumbling down
When they do I'll be right behind you

 
“Capo, cosa vuoi fare?” Chiese Nobunaga; non si poteva dire che le cose erano andate peggiorando, la reputazione della Brigata attirava già molti nemici, i quali però non erano un grave pericolo per il gruppo, gli uomini dell’ovest erano un altro paio di maniche; lasciavano segnali, avvertimenti, cose a cui il Ragno non aveva mai assistito. Gli uomini dell’ovest non conoscevano il perdono.
“Non credevo sarebbero diventati un problema.” E non sarebbero dovuti diventarlo; quando aveva trovato Frau e Amaya li aveva visti come creature indifese, certo, con un grande potenziale, ma non poteva immaginare i nemici che si erano fatti, anzi, non credeva neanche che tali creature smarrite potessero avere dei nemici.
“Quindi? Non dovremmo liberarcene comunque? Rischiano di metterci in pericolo.” Pakunoda cercava spesso la strada più breve, così come riusciva a facilitarsi la vita leggendo nella mente altri, quella di prendere decisioni su due piedi, magari non sempre ben pensate, era la via che preferiva. E aveva letto nella mente dei nuovi arrivati, aveva allungato la mano verso di loro, con la semplice pretesa di presentarsi, e quello che aveva trovato nella loro mente non era molto di più di quello che già sapevano e un legame così forte tra i due da sorprenderla. 
“Da quando in qua il pericolo ti ha spaventato eh, Pakunoda?” La rimbeccò Nobunaga. La donna rimase in silenzio.
“A me non sembrano male.” Shizuku distolse lo sguardo dai due che continuavano a lanciarsi occhiatacce, per proferire con la sua voce da ragazzina.
“Non sono loro il problema.” Il Capo fissò la pioggia scrosciante fuori dalla finestra, in cerca di una soluzione che non li avrebbe danneggiati troppi, ma nonostante tutti i giri che faceva nella sua mente, il risultato era sempre lo stesso.
“Cosa allora?” Chiese ancora Shizuku.
“A quanto pare avevano parecchi nemici, rischiamo di ritrovarceli qui, ne avevamo già parlato, Shizuku.” Le fece notare Shalnark, per quanto potesse essere produttivo tentare di far ricordare qualcosa a Shizuku. Ma Chrollo sapeva il problema non era costituito semplicemente da quello.
“Come se non avessimo già il mondo contro.” Ad Hisoka non importava quanti nemici si potesse ritrovare contro, ma purtroppo lui sembrava essere l’unico ad avere la smania di combattere forti avversari, e doveva ammettere che quelle due figure lo incuriosivano parecchio, forse gli sarebbe dispiaciuto.
“Che facciamo, lanciamo una moneta?” Feitan si alzò, tirando fuori dall’abito la moneta del Ragno. “Capo?”
“Testa se ne vanno, croce muoiono.” Era inutile starci a pensare, se fossero rimasti con loro si sarebbero ritrovai con troppe lame al collo, ma sarebbe potuto succedere anche se se ne fossero andati, di certo non sarebbero tornati all’ovest, e con loro sarebbero rimasti anche i loro nemici, i loro problemi. C’era poco da decidere, da tirare a sorte, ma voleva comunque dare una possibilità all’errore che lui stesso aveva scommesso.

La moneta può cadere di taglio, se lo vuoi.
 

“Amaya, Amaya, ascoltami per favore.” Si aggrappò alla sua camicia, con un enorme sorriso sul volto che era un ritratto della gioia fanciullesca.
“Che vuoi?” Tutt’altro era la sorella, che già da un po’ mal sopportava i vaneggiamenti del fratello
“Ti immagini che bello? Saremmo ricchi, con una casa tutta nostra.” Lo disse come se quello fosse uno dei più grandi raggiungimenti ottenibili in vita, e non come se si trattasse di una cosa che quasi chiunque aveva. Ma per loro era così; per loro andare a vivere in quel luogo fatiscente con un’altra dozzina di persone era qualcosa di inimmaginabile. Ma in poco tempo Frau aveva iniziato a pensare a cose che per Amaya era superflue.
“Si, e magari con una grande fama.” Dire che non ci sperava era una sciocchezza, ma guardava quella specie di obbiettivo come un traguardo irraggiungibile. Quindi perché perdere tempo?
“Si! Perché no? Pensa a quando sarai tu a decidere…”
“Smettila di sognare Frau, è impossibile raggiungere una vetta cos alta, per noi.”
“Lo so, però…” L’entusiasmo di Frau si smorzò, e la sorella quasi si sentì in colpa.
“Si, sarebbe bello.” Sospirò pesantemente. “Ma a pensarci, non credo neanche che una cosa del genere potrebbe interessarmi più di tanto, mi trovo bene con il Ragno, non intendo andarmene per seguire sogni folli.” Erano folli, sì, Frau lo sapeva benissimo, ma lui avrebbe provato di tutto per realizzare ciò che credeva giusto, più per sua sorella che per se stesso.
Frau rimase in silenzio, con un nuovo sorriso sulle labbra.

 
So glad we've almost made it
So sad they had to fade it
Everybody wants to rule the world

 
La moneta non era caduta di taglio, Hisoka un po’ ci aveva sperato, ma non spettava a lui decidere. Aveva osservato la parabola del cerchio dorato lanciato in aria, aveva osservato ogni movimento a ancora prima che questa iniziasse a scendere sapeva già quale faccia si sarebbe mostrata ai membri del Ragno. Distolse lo sguardo ancora prima che questa finisse nelle mani di Feitan, sapendo già come sarebbe andata a finire, e si alzò, deciso ad allontanarsi da quel posto per un po’; era rimasto più del solito solo per quelle due nuove presenze, rimandando tutti gli impegni che avrebbe potuto avere, ma ora era il momento di allontanarsi, infondo non aveva trovato nulla di così interessante dall’ultima volta che si erano riuniti.
 

Al Covo si trovava solo metà del ragno, buona parte aveva da svolgere altre faccende altrove, una grande e importante missione, da quanto aveva capito la ragazza. La cosa che le pareva strana era l’assenza di Hisoka che, non essendo in missione con metà del Ragno, si sarebbe dovuto trovare lì.
“Non è possibile che quel bastardo dal sangue freddo sia bravo con la spada come dicono.”
“È una katana, e hai ragione, è più bravo di quello che dicono.” Frau ancora stentava a credere a quello che la sorella gli aveva detto poco prima.
“Mi prendi in giro Amaya?”
“No, ci siamo allenati un po’ insieme.” Si sistemò meglio sulla spalla il sacco umido. “Sai, anche tu dovresti esercitarti un po’, ti farebbe comodo.”
“Nah, non ne ho bisogno.” Frau era molto bravo nelle arti marziali, ma disdegnava completamente le lame, nonostante ne portasse una al fianco, Amaya, al contrario, era un’esperta nelle armi bianche.
Lungo la strada per raggiungere il covo si videro giungere incontro Shalnark, con la sua solita aria da ragazzino innocente, ad Amaya non andava molto a genio, Frau invece sembrava provare una certa simpatia per il biondino.“Ragazzi, il capo vuole parlarvi.”
“Ma siamo appena tornati…” Iniziò a lamentarsi Frau.
“Sta zitto Frau.” Suo fratello sbuffò, ma infondo era meglio liberarsi il prima possibile di certe faccende, così da andare a coricarsi e riposare il prima possibile.
“A proposito, come è andata la missione?”
“Sangue e divertimento, come al solito.”
“Avete recuperato il…” Amaya aveva già tirato fuori dalla tasca una pietra preziosa molto particolare appesa a una catenella in purissimo argento, e gliela sventolò sotto il naso. “E avete…” E gli buttò ai piedi il sacco che teneva in spalla. Cautamente Shalnark si chinò e lo aprì; sul suo volto apparve un’espressione accigliata. “Non c’era bisogno di portare la sua testa.”
“Da noi all’ovest si fa così.”
 

L’atrio era umido, e i pochi presenti stavano in silenzio, sprecando il proprio tempo.
“Shalnark mi ha detto che avete portato a termine la missione con successo.”
“È così, ed è stato piuttosto semplice.”
“E vi siete anche occupati di Alexander, non ve lo avevo chiesto.”
“Si è buttato in mezzo, si è fatto ammazzare. Beh, tanto meglio per voi, no? un nemico in meno.”
“Amaya, credo non sia quello il problema.” La sorella assunse un’espressione interrogativa.
“Non dovevamo portare la sua testa?” Chiese, quando il fratello imitò il gesto di uno sgozzamento.
“Siete un ottimo elemento nella Brigata, non vedevo combattere come lo fate da voi da anni, risoluti e rapidi. Tuttavia il vostro passato ci ha portato più problemi che benefici.” Prima ancora che potesse proferire parola Amaya vide il lieve baluginio di un movimento con la coda dell’occhio, abbastanza per farle sollevare la mano d’istinto. Il filo vi sibilò teso attorno, premendogliela sotto la guancia, schiacciandola contro la gola fino a soffocarla.
Frau balzò in avanti. “Ama…” Il metallo luccicò quando Nobunaga mirò un fendente al suo collo, mancò la gola segnando un taglio rosso appena sotto l’orecchio.
Chrollo indietreggiò cauto mentre il sangue schizzava sulle piastrelle. Amaya cercò di urlare, ma riuscì solo a farfugliare attraverso la trachea semichiusa. Con la mano libera cercò l’impugnatura di una delle sue lame, ma qualcuno gli afferrò il polso e glielo bloccò: Phinks, premuto stretto contro il suo fianco sinistro.
“Mi dispiace.” Le mormorò all’orecchio, estraendo la lama della ragazza e lanciandola dall’altra parte della sala.
Frau inciampò, gorgogliando bava rossastra, una mano premuta sul lato del viso, con il sangue nero che serpeggiava tra le dita bianche. L’altra mano cercava a tentoni la spada, mentre Shalnark lo guardava, raggelato. Frau sfilò maldestramente un dito d’acciaio prima che Nobunaga si avvicinasse e lo colpisse, tranquillo e preciso –una, due, tre volte. La lama sottile scivolò dentro e fuori il corpo di Frau, e l’unico suono fu il respiro lieve della sua bocca splancata. Il sangue schizzò sul pavimento a lunghi fiotti, cominciando ad allargarsi in cerchi scuri sulla camicia bianca. Barcollò in avanti, inciampando nei suoi stessi piedi fino a crollare a terra, la spada estratta che graffiava il marmo sotto di lui.
Amaya si dimenò, ogni muscolo fremeva, ma era bloccata ed inerme come una mosca nel miele. Sentiva Phinks che le grugniva all’orecchio per lo sforzo, l’esile corpo caldo di Machi che le premeva sulla schiena. Sentì il filo tagliarla lentamente ai lati del collo, conficcarsi nella mano, premere stretto contro la gola; avvertiva il sangue colarle caldo lungo l’avambraccio, fin dentro la manica della camicia.
Una delle mani di Frau strisciò sul pavimento, tendendosi verso la sua; si sollevò un paio di centimetri, le vene che spiccavamo sul collo. Nobunaga si fece avanti e, con calma, lo pugnalò al cuore di spalle. Ebbe uno spasmo, poi ricadde immobile, la guancia pallida chiazzata di rosso. Il sangue prese a scorrere sotto di lui, facendosi strada tra le fessure delle piastrelle.
“Bene.” Nobunaga si chinò e pulì la spada sulla schiena di Frau. “Ecco fatto.”
Feitan guardava, accigliato: leggermente perplesso, leggermente irritato, leggermente annoiato. Quasi esaminasse alcune cifre di un bottino che non facevano tornare i conti.
Chrollo indicò il corpo. “Sbarazzatene, Shalnark.”
“Io?” Le labbra del ragazzo si arricciarono.
“Si tu, e tuo puoi aiutarlo Shizuku. Dovete capire cosa bisogna far per tenere al sicuro la nostra famiglia”
“No!” Shalnark barcollò all’indietro. “Io non avrò parte in tutto ciò!” Si voltò e corse fuori dalla stanza.
Il Capo non sembrò dare troppo peso all’accaduto. “Nobunaga, aiutala tu.” Gli occhi strabuzzati di Amaya li seguirono mentre trascinavano il cadavere di Frau in terrazza. Sollevarono Frau al di sopra della balaustra e lo gettarono giù.
E così fu andato.
Chrollo rivolse uno sguardo accigliato ad Amaya, una vaga figura scura attraverso i suoi occhi umidi, i capelli arruffati sul viso. “È ancora viva? Che stai facendo Machi?”
“Questo filo del cazzo le sta premuto sulla mano.” Sibilò lei.
“Ci penso io.” Phinks estrasse dalla cintura della ragazza un altro pugnale, sempre tenendole il polso con l’altra. “Mi dispiace davvero.” La lama uscì dalla guaina, acciaio scintillante e letale. Amaya pestò con tutta la forza che le era rimasta il piede di Machi e questa perse la presa sul filo, così lei lo scostò via dal collo, ringhiando e contorcendosi mentre Phinks la pugnalava. La lama mancò di parecchio il bersaglio, scivolando sotto la costola inferiore: freddo metallo, ma lei lo sentì bruciare caldo, una linea di fuoco dallo stomaco alla schiena. Le affondò nella carne trapassandola da parte a parte, e la punta punzecchiò il petto di Machi.
“Ah!” Lei mollò il filo e Amaya balzò su, cominciando ad urlare senza senso, colpendola con il gomito e facendola barcollare. Phinks, colto alla sprovvista, traccheggiò col pugnale nell’estrarlo dalla carne di lei e lo gettò lungo il pavimento. Lei gli sferrò un calcio, mancando l’inguine e beccandolo sull’anca, e lui si piegò. Amaya afferrò un pugnale dalla cintura, ma la mano tagliata era goffa e lui le afferrò il polso prima che potesse infilzarlo con la lama. Lottarono per averlo, a denti scoperti, ansimando uno in faccia dell’altra, barcollando avanti e indietro, le mani appiccicose del sangue di lei.
“Ammazzala!” Ci fu uno scricchiolio e la testa di Amaya si riempì di luce, il pavimento si schiantò contro il suo cranio, schiaffeggiandole la schiena.
“Maledetta…” Il tacco dello stivale di Machi si abbatté di colpo sulla sua mano destra; il dolore le corse su per il braccio, strappandole un sussulto nauseato. Lo stivale calò di nuovo su tutte le nocche, poi le dita, e poi il polso. Allo stesso tempo il piede di Phinks le tempestava le costole, più e più volte, facendola tossire e rabbrividire. La sua mano distrutta si torse, mentre cercava di rialzarsi su un fianco. Il tacco di Machi si abbatté e la schiacciò sul marmo freddo frantumandole le ossa. Ricadde indietro, a malapena capace di respirare, la stanza che vorticava intorno a lei.
Il pugno di Phinks calò giù e sollevò Amaya per la gola. Lei cercò do afferrarlo con la mano sinistra, ma tutta la forza che era colata via attraverso il foro nel fianco e i tagli sul collo. Le sue dita maldestre lasciarono solo goffi segni rossi sul volto dell’uomo. Il braccio fu respinto e torto brutalmente dietro la schiena.
“Giù dalla terrazza e facciamola finita.” Lei si sentì trascinare, la testa ciondoloni. La luce del sole l’accoltellò. Venne sollevata, mentre gli stivali flosci raschiavano la pietra. Il cielo azzurro si ribaltò, ora era issata lungo la balaustra. L’aria le pizzicò il naso e le fece tremare il petto. Si contorse, scalciò: il suo corpo si dibatteva per rimanere in vita.
Sfocata, tra i capelli insanguinati sugli occhi scorse la figura di Chrollo. “Spero tu capisca, non posso mettere in pericolo il Ragno, e i demoni che tue tuo fratello vi siete portati dietro sono troppo grossi anche per noi.”
Amaya voleva sputagli in faccia, ma le uscì solo un filo di sangue lungo il mento. “Fotti…”
Poi stava cadendo.

 

 

 

NdA
 
Amaya significa ‘pioggia notturna’ per questo la frase di Hisoka.
Hisoka, da quanto ho capito, significa ‘segreto’.
 

Naturalmente le parti in corsivo sono eventi passati, spero di non aver creato troppa confusione.
La canzone che appare in mezzo al testo è quella riportata sotto il nome del capitolo, mi piacerebbe associare una canzone ad ogni capitolo, vediamo che si riesce a fare.
Ho qualcosa da dire sulla storia, come vi ho detto sopra; questa storia sarà abbastanza violenta, succederanno cose che fanno inorridire anche me, e basata sulla vendetta, come si può ben capire dal titolo. Ah, per la cronaca Weltschmerz è una parola tedesca praticamente intraducibile, che significa “dolore del mondo”.
 

So che l’ultima scena non è molto plausibile; niente Nen, lo so, ma altrimenti non riuscivo a risolverla.
Uhm, probabilmente vi starete chiedendo se sono solita uccidere così brutalmente i miei stessi personaggi… beh, sì, ma Amaya non è ancora morta, no?
Spero di riuscire ad aggiornare con un minimo di regolarità.

Grazie per aver letto fino a qui :)

  
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