Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: felsah    02/07/2014    6 recensioni
“Sei mia zia!” quasi urlò Henrik, “ sei tu vero? Sei tu la regina che mio padre ha esiliato? La storia parlava di te…e di mia madre”. Elsa lo guardò, senza dire né sì né no. Il ragazzo aspettò una risposta per qualche minuto, prima di continuare il suo morboso interrogatorio.
“Prometti di rispondere, se ti domando una cosa?”. Elsa fece un piccolo cenno di assenso.
“Tu hai detto che mio padre ti ha bandito, proibendoti di tornare dopo che avevi scongelato il regno, ma a casa, ad Arendelle, tutti ti credono morta”.
“Morta?”.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Hans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cose da re e regine





2
La regina cattiva




 
L'amore ha diritto di essere disonesto e bugiardo. Se è sincero.
Marcello Marchesi



 
“Oh ancora, ancora!”.
Henrik batté le mani, esaltato. I capelli rossicci gli svolazzarono sulla fronte ricoperta di lentiggini e per qualche minuto, Elsa riuscì a vedere sua sorella. Con la gioia entusiasta che è tipica dei bambini, il ragazzino si guardava intorno, gli occhi pieni di meraviglia, in attesa di vedere cos’avrebbe fatto con le sue dita magiche la donna seduta accanto a lui. Sembrava così semplice: bastava che lei facesse un piccolo movimento e dalle sue mani schioccavano pagliuzze e fiocchi, tormente e pupazzi di neve.

“Come si dice?”.
“Oh, per favore, fatelo di nuovo!”.

La regina sorrise dolcemente, fece svolazzare le mani su e giù ed eccolo lì, un altro soldatino di neve, completo di uniforme e armi. Le tremò il cuore ascoltando la risatina infantile che gli usciva dalle labbra ogni volta che qualcosa lo compiaceva.
Anch’io, anche per me avrebbe dovuto essere così. Tutto semplice, tutto bello. Non lo era stato. Giocarono ancora, crearono ancora mille altre cose che rimasero lì, proprio dove erano nate.
Elsa non era mai riuscita a sciogliere qualcosa di ciò che aveva plasmato dopo Quel giorno e le poche volte che ne aveva sentito il bisogno, aveva soffiato neve fresca su ciò che voleva distruggere e ciò, qualunque cosa fosse, si era sempre dispersa in piccoli fiocchi, l’unica cosa che con il tempo riusciva a scomparire.

Era tutto lì, nel teatro dei loro giochi: un soldatino, un pupazzo, tutto ciò che Henrik le aveva chiesto. Nonostante fosse ormai nel palazzo da diversi giorni, avevano cominciato a parlare dopo la favola, o così era come avevano deciso di chiamarla, che Elsa aveva raccontato.

“E’ così bello!” urlò il ragazzo, correndo nella neve fresca, spargendola qui e là con le mani. “Mia madre dev’essere stata così fortunata!”.
“Sì…fortunata” mugugnò Elsa sospirando, mentre volgeva lo sguardo altrove. Se solo avesse saputo quanto assomigliava ad Anna.
“Non lo è stata?” domandò lui, quasi deluso, “non creavate anche per lei tutte queste cose, quando eravate bambine?”.
“Oh sì, lo facevo” sorrise, “ma abbiamo avuto poche occasioni di stare insieme e…”.
“Come mai?”.
Nella sua folle corsa, Henrik si fermò accanto a lei, accovacciandosi ai suoi piedi, come se si stesse preparando ad ascoltare una bella storia. Il peso di quella domanda si fece sentire nell’animo della regina come un macigno insormontabile. Per colpa di tutte queste belle cose che tu ora ammiri, era la risposta, e che non sono altro che una stupida maledizione.
“Beh, io sarei dovuta diventare regina, avevo obblighi e impegni” si limitò così a rispondere, troppo disgustata dalla verità per potervi anche solo accennare.

“Sapete, io credo che mia madre pensi ancora spesso a voi, non ha mai voluto che staccassero il vostro ritratto dalla parete, né che lo coprissero, è ancora dove l’avevano messo quando siete stata incoronata. Quello con lei e mio padre è in una parte più interna del castello, e diciamo che lui non approva proprio”, rise gaio, ricordando le infinite discussioni che c’erano state a proposito di quel ritratto.

Ora che la guardava, Henrik pensò che non le rendesse abbastanza giustizia: lei era davvero la donna più bella che avesse mai visto. E proprio mentre la guardava, notò che si era irrigidita e fissava il pavimento con uno sguardo così velenoso che per un attimo gli fece quasi paura. Osservò le sue mani stringersi attorno ai braccioli del suo trono di ghiaccio e spezzarsi sotto tutta quella pressione.

“Ce l’avete con lei perché ha preso il vostro posto?” chiese il ragazzino, fissandola intensamente, “con mia madre?”.
“No” rispose la regina dopo qualche attimo, “io…non penso potrei mai…odiare Anna, mai”. Guardò il nipote dolcemente e gli sorrise, “Le somigli molto, sai?”.
Henrik sorrise di rimando, “Somiglio molto anche a mio padre” disse orgoglioso, “e spero di essere come lui un giorno”.
“Ed io spero proprio che tu non sarai affatto come lui” ribatté Elsa, pervasa da un moto di disgusto.
“Allora è con lui, è con mio padre che siete arrabbiata”.
“Arrabbiata” gli fece il verso “non è abbastanza, ragazzino”.
“Perché?”. Silenzio. “ Ne parlate sempre male. E’ perché vi ha scacciata? Eppure, siete ancora una regina qui. Lo ha fatto per il suo paese, perché l’inverno finisse, voi avevate maledetto…”.
“Arendelle è il mio paese, non il suo e io non ho maledetto proprio niente. E’ stato un incidente” s’impuntò Elsa.
“Lui è diventato re in modo giusto, ha sposato mia madre”.
La donna si spazientì. “Tuo padre ha sedotto,  ingannato e ucciso. L’ha sposata per avere il mio trono, mi ha allontanata e ha mentito a tutti, lei compresa, dicendo che ero morta. Ti sembra giusto questo?! Ti sembra un comportamento degno di un re impossessarsi di un regno quando il legittimo sovrano è ancora in vita? E’ solo un modo di agire perverso e malvagio, così come lo è lui”. E

lsa provò un brivido ripensando a quegli ultimi momenti della sua vita ad Arendelle e provò pena per se stessa: si era ripromessa che avrebbe dimenticato quel che era successo, che avrebbe provato a credere che lui sarebbe cambiato e Anna sarebbe stata felice. Non ci era ancora riuscita.
Henrik si tappò le orecchie con le mani, scuotendo la testa e stringendo gli occhi. “
No, non ci credo, non ci credo! Sono bugie, solo bugie. Voi perché non avete fatto niente in tutti questi anni se ciò che dite è vero?”.
Non potevo.
Il silenzio portò con sé un nuovo gelo, ma nulla aveva preparato Elsa per tutto il dolore pungente che venne dopo.  “ Non avete nemmeno il coraggio di rispondermi! Parlate male di persone che non conoscete –“.
“Henrik….”. Era la prima volta che lo chiamava per nome.
“No! Siete una codarda e avete paura, siete cattiva, una donna mille volte più malvagia di lui!”. Il ragazzo prese la rincorsa con le lacrime agli occhi, scomparendo dietro una delle numerose porte della sala del trono.
“Ragazzino…!” tentò di fermarlo lei. Poi sorrise, riappoggiandosi placidamente alla sua sedia ghiacciata: non sarebbe andato lontano.

Non c’era via d’uscita e quando entravi nel castello, a meno che non fossi la proprietaria, non esisteva un modo per uscire dal labirinto di stanze e corridoi che Elsa aveva creato. Rimase lì impalata e il suo sorriso si spense non appena ricordò le parole che il ragazzino aveva pronunciato: una donna mille volte più malvagia di lui…quelle parole bruciarono a lungo nel suo cuore, mentre contemplava in silenzio i ricami del suo abito, composto da mille piccole schegge di ghiaccio.
Era davvero così? si chiese, era cattiva? lo era stata? O aveva semplicemente avuto troppa, troppa paura?
Si disperò, prendendosi la testa fra le mani. Ecco i cari, vecchi problemi che quel ragazzino dall’aria vivace aveva riportato a galla, uno ad uno.
Era un mostro?
Eppure, ricordava che qualcosa di buono aveva fatto nel corso della sua vita. “Olaf” sussurrò, quasi a volerlo evocare, e poco dopo eccolo lì, che nasceva dalla punta delle sue dita. Si era sciolto anche lui quasi dieci anni fa, e Elsa aveva voluto dimenticarlo, come tutte le cose che potevano ricordargli tutto quello che si stava lasciando alle spalle. Si chinò sul pupazzo e lo abbracciò, come fosse una cosa viva.
“Tu eri una cosa buona”.



 
~
 


Non sapeva quanto a lungo aveva camminato e nemmeno le importava. Era la prima volta dopo tanto tempo che Anna rivedeva il villaggio. Le casette colorate e allineate lungo il fiordo le parevano un sogno lontano fino a qualche ora prima.
Trovò la porta che stava cercando dopo qualche tempo e bussò energicamente, sperando che qualcuno la sentisse. Venne ad aprire proprio chi si aspettava che fosse, solo un po’ invecchiata, modellata dal tempo come una bambola di creta.
La vecchia Gerda si portò le mani alle labbra, e dopo qualche mormorio di sorpresa la invitò ad entrare e la fece accomodare.
“Bambina mia, cosa ci fai qui, tutta sola?”. Quel dolce appellativo con cui l’anziana donna non aveva mai smesso di chiamarla placò un po’ il suo dolore e la fece sentire di nuovo a casa, tra visi amici.
“Ho bisogno…di informazioni” sussurrò lei in modo furtivo, come se qualcuno all’infuori del nulla attorno a loro avesse potuto sentirle. “Ho bisogno…che tu sia sincera con me, come lo sei sempre stata”. La giovane sorrise, cercando di essere convincente.

“Tutto quello che volete, princip- “.
L’appellativo che un tempo era stato della fanciulla le si bloccò in gola e Gerda fissò Anna con evidente imbarazza.
“Dimmi, lo sono ancora, sono ancora solo la principessa?”.
“Cosa volete dire?” la vecchia governate sembrò essersi risvegliata da un sogno. Batté le palpebre numerose volte. Anna si guardò intorno sospirando prima di parlare ancora.
“Temo…no anzi, sono terrorizzata. Io penso, che il re mi nasconda qualcosa” sputò infine, lasciando che tutte quelle preoccupazioni fluissero e aleggiassero nella stanzetta dove sedevano. Magari fosse stato così facile annullarle tutte! “Penso che riguardi…la morte di mia sorella, o peggio, il paese…e…e sono venuta da te perché so che puoi aiutarmi. Tu e Kai avete sempre aiutato i miei genitori e poi Elsa e se lui sapeva qualcosa…”.
La sua voce disperata scorreva come un fiume in piena in quella stanza stretta e angusta.
Gerda la fermò appena in tempo, prima che impazzisse.
“ Lui forse sapeva, o forse no” mormorò l’anziana. I suoi occhi assunsero un’aura quasi mistica allo scoppiettare del fuoco nel camino, “ quando abbiamo lasciato il palazzo, credetemi, non l’abbiamo fatto per cattiveria. Vi amavamo, così come abbiamo sempre fatto e non desideravamo abbandonarvi altezza.
In verità, fu proprio Kai a convincermi ad andarcene. Lui provava un profondo affetto per vostra sorella, e dopo la promessa che aveva fatto a vostro padre di proteggerla, mi confidò che non se la sentiva di servire la famiglia reale dopo che aveva fallito”.
Ci fu una pausa, piena di attese e speranze. “ Mi disse che non voleva credere che tua sorella si fosse uccisa…l’aveva vista soffrire per lunghi anni ma mai arrivare a…insomma…”. Anna annuì e non ci fu bisogno di proseguire.

“Tu pensi che sia ancora viva quindi, pensi sia questo che mi nasconde Hans?”.

 “Oh altezza” sussurrò la governante, voltandosi e dandole le spalle, nonostante non le fosse permesso. “Voi mi avete chiesto di essere sincera e io senz’altro lo sarò ma…vedete, è spiacevole, ciò che ho da dirvi. Beh, quando lasciammo il castello, Kai aveva un’opinione tutta sua, un po’…diversa”.

“Cioè?” fece la fanciulla, spostandosi vicino a Gerda.
“Lui pensava che il principe avesse ucciso vostra sorella. E’ un uomo ambizioso, lo sapete meglio di me, e ipotizzò che avesse fatto tutto per avere la corona”.
La frase uscì dalle sue labbra tutta d’un fiato e il suo corpo attese rigido la reazione della ragazza.
“NO!” esplose quella, camminando a piccoli passi per allontanarsi dall’anziana signora. Si portò le mani alle labbra, incredula, e scosse la testa in modo deciso. “Scusate, scusate…ma non posso credervi. Lui…noi…non lo farebbe mai”.
“Certo che no, altezza”.




 
~
 

Era da quasi un’ora che la regina passeggiava avanti e indietro, cercando di decidere cosa fosse meglio fare.
Sapeva esattamente dov’era il ragazzo e sarebbe stato un giochetto per lei farsi perdonare per il piccolo affronto, ma ancora non era sicura di volerlo fare in quel modo. Gli ricordava così tanto Anna che era nauseata al solo pensiero di mentirgli pur sapendo che era necessario, e non avrebbe voluto in alcun modo incantarlo con qualche stregoneria o qualche altro gelato.
Voleva un perdono sincero, qualcosa che potesse scaldarle il cuore. Si era affezionata al ragazzino per tutto il tempo durante il quale l’aveva tenuto lì, e voleva disperatamente che lui ricambiasse. E sapeva di avere ragione.
Fu questo pensiero che la spinse a procedere a passo spedito nella stanza dove il ragazzo si era addormentato, lasciandosi andare sfinito sul pavimento di ghiaccio, dove aveva  tentato mille e mille volte di trovare l’uscita. Lo sistemò nel letto che gli aveva preparato, e fece in modo che fosse ben al caldo.
Passò molto tempo prima che aprisse gli occhi, tutto il tempo che occorreva ad Elsa per pensare ancora.
“Sei qui” mormorò non appena la vide.
“Sono qui” asserì Elsa, sorridendogli amorevolmente.
 Henrik la guardò per un po’ e pigolò, “Ho freddo”.
“Lo so”.
“Voglio mia madre”.
“Lo so”.
Ci fu silenzio per un tempo che parve infinito a entrambi, mentre Elsa meditava per l’ultima volta. Passò una mano tra i capelli bronzei del nipote e sussurrò dolcemente al suo orecchio, “Anch’io voglio rivedere mia sorella, lo vorrei così tanto. Perciò, ho deciso che ti farò un regalo: che ne dici, ti andrebbe se ti accompagnassi a casa?”.
A riprendermi la mia casa, a riprendermi il mio trono, a riprendermi mia sorella.
Tutto ciò che è mio e che quel damerino mi ha rubato
.
Per la corona.
La vendetta, la vendetta…
tutte quelle parole le ronzavano in testa in modo confuso, all’interno di un piano che era stato nel cassetto per troppo tempo.
“Mi sa che dovrai trovare degli altri vestiti se vuoi davvero accompagnarmi” mormorò Henrik con una risatina.
“Non ti preoccupare, li sistemerò” lo rassicurò Elsa, dando una fugace occhiata ai piccoli fiocchi di neve che li componevano. “Ma vorresti?”.
“Certo! Certo che sì!”. Lo colse uno sbadiglio mentre pronunciava quelle parole, “ma ora ho davvero troppo sonno”.
Elsa sorrise, “Vorrà dire che partiremo quando sarai pronto allora”. E poi avrò la mia vendetta.
“Va bene”.
“Ora riposa”. Dormi dormi bel bambino, che forse domani non sarai più un principino.
 Il bambino chiuse gli occhi, sorridendo beato. Li riaprì quando Elsa era a pochi passi dalla porta, pronta ad andarsene.
“Zia!” la chiamò, “lo sapevo che non eri cattiva”.




Et voilà! Rieccomi con il secondo capitolo. Diciamo che ancora non succede granché, sarà dal prossimo capitolo in poi che ci sarà la vera azione. Volevo ringraziarvi tanto tanto per come avete reagito all'idea e sono felicissima che vi sia piaciuta. Io ero così tanto spaventata delle possibili reazioni che mi sono tormentata tutto il giorno, pensando che forse sarebbe stato meglio se l'avessi tenuta solo per me...quindi davvero, grazie di tutto cuore, mi avete colmato di gioia! *-* Spero di non deludere nessuno. Per chi non lo sapesse, (ma dubito che ormai qualcuno non lo sappia eheheh ^^) Gerda e Kai sono due personaggi che sono realmente presenti all'interno del fim, e sono presumibilmente uno una specie di maggiordomo (?) e l'altra la governante delle due bambine, così ho deciso di utilizzarli anche nella mia storia. Vi ringrazio se siete arrivati fino a qui e spero di non avervi annoiato troppo!
Un bacio,
felsah
  
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