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Autore: Artemis00    24/08/2008    9 recensioni
Undicesimo compleanno di Near. Come sfuggire alle persecuzioni di Linda e degli altri pedanti festaioli?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dorian Gray

Dorian Gray

 

A Near le feste non piacevano.

Anzi, a dirla tutta le odiava.

Odiava avere tutti festanti attorno, odiava avere il pubblico mentre scartava i regali, gli “ohhh” “ahhh” “bello, vero?”. Piuttosto avrebbe rinunciato ai doni, pur di non essere circondato da scimmie sorridenti, sentendosi a disagio poiché moralmente costretto a sorridere per dimostrare gratitudine. Lui non sorrideva mai, ma ciò non significava che fosse sempre triste o che, appunto, un eventuale regalo gli fosse sgradito.

Insomma, non sapeva mai come comportarsi.

Il compleanno più bello era stato quello dei suoi dieci anni: l’aveva passato a letto, fingendosi ammalato, e tutti quelli che si interessavano a lui, ossia le maestre, Linda e Roger, gli avevano portato un regalo, entrando in punta di piedi per non disturbarlo e salutandolo con una carezza in fronte.

Geniale ma, purtroppo, non attuabile una seconda volta.

Almeno, non di seguito, ecco, dato che compiva gli anni a fine agosto e prendersi un raffreddore estivo era piuttosto inusuale, nonostante le estati inglesi fossero un bel po’ piovose.

Era appunto la radiosa mattina del 24, e Near stava seduto sul suo letto meditando un modo per evitare di essere coinvolto in assurde festicciole con tanto di bambini urlanti e maestre sdilinquite che tentano di tirargli le guance.

Erano quelli i momenti in cui malediva il suo aspetto così tenero e infantile.

Diamine, c’era un modo per sfuggire a tutto questo?

Beh, forse c’era: poteva girare per l’orfanotrofio furtivamente e andare a celarsi in luoghi dove Linda e i suoi scagnozzi non l’avrebbero mai trovato.

Bene.

Guardò l’orario: erano le sei del mattino.

A quell’ora tutti i bambini erano a letto, le maestre, ancora col pigiama, si lavavano e si vestivano, mentre Roger, secondo i suoi calcoli, stava bevendo il caffè nel suo ufficio.

Sarebbe bastato evitare i corridoi degli insegnanti e avrebbe avuto in mano la chiave.

Velocemente si lavò e si vestì, poi, furtivo, uscì dalla propria stanza, cercando di mimetizzarsi con l’ambiente circostante.

In pochi secondi si trovò in biblioteca. Aveva esattamente sette minuti per scegliere qualche libro con cui passare il tempo, prima che la stanza fosse invasa dalle maestre.

Scelse Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, una lettura piuttosto impegnativa, per tenerlo con la mente occupata.

Uscì velocemente in giardino, recandosi nell’appartato spazio fra la struttura del collegio e quella della palestra. Nessuno andava mai lì, era un luogo che faceva paura, anche se Near non capiva come potessero spaventare un paio di alberi e un sasso piuttosto comodo.

“Near, tu forse non lo sai, ma si dice che su quel salice si sia impiccato un orfano di questo istituto, alcuni anni fa, perché non voleva vivere senza la mamma e il papà. E il suo fantasma gira sempre da quelle parti, piangendo, cercando i suoi genitori” gli aveva detto una volta Mello, con scherno.

Fantasmi!

Che sciocchezze, e si aspettava anche che ci credesse! A suo parere, invece, tutti i bambini erano atterriti dalla somiglianza del tronco di quell’albero con la faccia del diavolo.

Near, alzando un sopracciglio scettico, il libro sotto il braccio, sedeva sul sasso, e guardava l’albero.

Solo qualche ruga di corteccia! Come potevano avere sul serio paura?

Sbuffò e si mise a leggere, dimenticando sé stesso, il suo compleanno, Linda e tutto il resto.

Fu catapultato nel mondo del bellissimo Dorian Gray, che posava per il suo amico Basil, intento a fargli il famoso ritratto. Gli parve quasi di vederlo, coi suoi capelli biondi, la sua bocca rossa, la sua pelle d’avorio, l’aria regale, fiera e stranamente familiare.

Il corpo pecca, ma una volta che ha peccato ha superato la sua colpa perché l'azione è una forma di purificazione: nulla più rimane se non il ricordo di un piacere o la voluttà di un rimpianto. L'unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi: resistete, e la vostra anima si ammalerà di nostalgia per le cose che si è vietata, di desiderio per ciò che le sue mostruose leggi hanno reso mostruoso e fuori legge

I suoi occhi sostarono un bel po’ su queste frasi, coltellate dritte al cuore, così semplici, così vere, così pregne di significato come mai erano state le proprie.

 

Aveva ragione, per tutta la mattina nessuno passò.

Fu risvegliato dai crampi della fame.

Non sentiva voci da nessuna parte, tutti dovevano essere a mensa, allora si arrischiò ad uscire dal suo nascondiglio per recarsi dentro l’orfanotrofio.

Sempre con circospezione arrivò alle macchinette del cibo, inserì le monete e cominciò a mangiare le merendine. Non il massimo del sano, ma per una volta si poteva fare… dopotutto era questione di vita o di morte.

- Ah-ha! Proprio te cercavo!

Si voltò di scatto, riconoscendo subito quella voce.

Mello lo guardava, sorridendo maligno, già sul punto di fargliene una delle sue.

- Per favore, Mello- sussurrò Near, portandosi un dito alle labbra, il gesto per avvertire di fare silenzio.

Il biondino parve stupito, e per qualche millesimo di secondo nella mente del più giovane riapparve Dorian e la sua sconfinata bellezza. Si riscosse.

- Perché?- domandò Mello – temi forse che qualcuno becchi il perfetto Near a rimpinzarsi di schifezze come una stupida adolescente?

Evidentemente l’altro non ricordava che era il suo compleanno. Meglio così.

Rimasero a fissarsi qualche secondo, Near era immobile, non sapeva come giustificarsi e invogliare l’altro a tenere nascosta la sua presenza, quando il biondo rinunciò a provocarlo.

- Volevo solo tornare nella mia stanza, mostriciattolo.

Era vero, le macchinette erano in effetti proprio davanti alla stanza del ragazzo!

Near stava per girarsi, sollevato per il pericolo scampato, quando:

- Hey, per caso hai visto Near?

La voce di Linda. Quella fastidiosa ragazza lo stava ancora cercando!

Prese Mello per il polso e s’imbucò nella sua stanza assieme a lui, chiudendo poi la porta di scatto.

Aveva reagito d’impulso, ma aveva fatto bene: Linda non apprezzava Mello, e di certo non sarebbe andata a cercarlo proprio da lui.

Il biondo, ripresosi dalla sorpresa, gli rivolse uno sguardo ironico.

- Ti cerca la tua ragazza, Near.

- Non è la mia ragazza.

Near si sedette sulla moquette, sentendo la mancanza dei suoi giocattoli. Il libro di Oscar Wilde giaceva accanto a lui.

- Perché Near evita la sua ragazza?- lo prese in giro l’altro.

- Linda è fastidiosa.- rispose asciutto.

- Forse avresti fatto meglio a seguirla, piuttosto che imbucarti nella tana del lupo.

Near guardò Mello scettico.

- Non credo che tu sia così pericoloso.

Questo bastò per far uscire il biondo dai gangheri: Near venne preso per la camicia e alzato quasi di peso.

- Questo lo credi tu, mostriciattolo. Hai idea del casino in cui ti sei messo?

No, Near non lo sapeva.

E questo silenzio calmò Mello, che lo lasciò andare sbuffando.

- Vedi cosa mi fai fare? Mi fai arrabbiare, mi fai perdere la ragione. Vattene.

Near stette fermo dov’era.

- Vattene, ho detto.

- Posso rimanere qui?

Silenzio.

- Che cosa?!

Forse il biondo non aveva sentito bene.

- Per favore, Mello. Posso rimanere in camera tua?

Lo disse con quel tono, supplicante, e quegli occhi luminosi. Un dito si era infantilmente posato sul labbro inferiore. Cioè, non solo infantilmente.

- E io che cosa ci guadagno?

- Se sono in camera tua non studio, e domani c’è un compito importante.

In effetti, sarebbe stato un bel vantaggio.

- Okay, Near- acconsentì Mello.

 

Near, sdraiato a terra, leggeva, mentre Mello era alla scrivania, chino sui libri.

La stanza era buia, con le persiane chiuse. Near lo sapeva, il biondo amava gli ambienti bui e le atmosfere dark, non a caso si vestiva sempre di nero.

E in effetti aleggiava attorno a loro una certa elettricità. Unica fonte di luce, la lampada da scrivania, puntata sui libri. Il più piccolo si arrangiava a raccattare i rimanenti pallidi fasci di luce.

Era a pancia in giù, rivolto anche lui verso la scrivania, il corpo seduto di Mello, o per meglio dire le sue gambe, a pochi centimetri.

“La bellezza è superiore al genio in quanto non ha bisogno di spiegazioni.”

Anche la bellezza di Mello era superiore al suo genio.

Lo guardava da sotto in su, con curiosità.

La pallida luce della lampada gli donava un colorito più dorato, le labbra, da rosse, erano diventate bronzee, i suoi capelli oro liquido.

Pensò che gli sarebbe piaciuto dipingerlo. Il suo genio gli permetteva calcoli, conclusioni, soluzioni a cui nessun altro aveva accesso. Ma la sua bellezza si poteva immortalare forse nelle sue equazioni? Cosa poteva fare il suo genio per la sua bellezza?

- Cazzo guardi?

 

Passarono tutto il pomeriggio e tutta la sera così.

Uno a studiare, l’altro a leggere e a riflettere.

Poi Mello, senza dire nulla, si era alzato ed era andato a cena, lasciandolo lì.

Era inutile sperare che lui gli portasse qualcosa da mangiare, così Near era uscito, tentando di nuovo la sorte, ed aveva comprato un’altra merendina.

Si sarebbe rovinato lo stomaco, di questo passo.

Rientrò in camera di Mello e tornò a leggere, finché non si addormentò.

Il biondo non era ancora tornato, ma non era una sorpresa: di sicuro stava giocando con i suoi amici, oppure facendo scherzi a qualcuno.

Passò qualche ora, quando fu svegliato dalla porta che si apriva e da una mano violenta che lo faceva alzare.

- Stronzetto, sai che ore sono?

- Uh?- fu l’assonnata risposta.

- È l’una, e tu te ne devi andare!

Ancora intontito si lasciò trascinare da Mello fino alla propria stanza.

Fortunatamente non c’era nessuno in giro.

Near stava aprendo la porta, quando l’altro lo fermò, spingendolo contro il muro.

- Mello, ma cosa…?

La voce gli si spezzò di colpo.

Il suo Dorian personale lo fissava negli occhi.

Il corridoio era buio e deserto, così silenzioso che si sentivano solo i loro respiri.

Era troppo vicino.

- Mello, smettila, non so cosa tu voglia fare ma…

Guardò le sue labbra rosse.

[“Il corpo pecca, ma una volta che ha peccato ha superato la sua colpa”]

Un richiamo su di lui, il suo respiro sul proprio viso, e quegli occhi azzurri così dannatamente vividi… no, erano due maschi, non  poteva

[“l'azione è una forma di purificazione”]

cedere, no. Chiuse gli occhi e si

[“L'unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi”]

abbandonò a quello che stava succedendo.

Le sue labbra umide e delicate sulle proprie, la sua bocca che sapeva di cioccolato, il suo calore, la sua pelle, il suo Dorian, il suo Mello, quei capelli biondi fra le proprie dita…

E poi una voce al suo orecchio:

- Tanti auguri, cretino.

 

No, forse non era stato il decimo, il suo miglior compleanno.

Ma, a partire dal dodicesimo, tutti quelli che seguirono.

I suoi regali di più belli, i baci che riceveva da Mello.

Solo una volta all’anno.

Baci ogni anno più lunghi, più sporchi.

Ogni 24 agosto.

Era forse quello, l’amore? La passione di una vita?

Sperava proprio di no.

“La sola differenza fra un capriccio e la passione di una vita è che il capriccio dura un po' più a lungo.”

 

 

  
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