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Autore: letitizia    03/07/2014    0 recensioni
"La mia vita? Intanto per iniziare mi chiamo Harabella, un normale ragazza di 16 anni che ha (quella che chiamo io) "dote", quella di aiutare i problemi di cuore delle persone una specie di psicologa che però non viene pagata...ma un giorno è cambiato tutto la mia vita è cambiata, da quando conobbi Calum un mio compagno di classe sconosciuto fino a quando non si sedette vicino a me..."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"Devi stare tranquilla, vedrai che tutto si risolverà. Devi solo parlargli e vedrai che ti capirà." Dissi a Cri, mentre si asciugava il viso tutto rigato dalle sue lacrime.
"È sempre così, Harabella. Mi fa sempre soffrire..." -fece una pausa per riuscire a prendere fiato.
"Gli ho sempre detto che non deve essere geloso, che io amo solo lui."
"Devi prenderlo da una parte e cercare di dirgli tutta la verità ovvero che ami solo lui, che non deve essere geloso se tu esci con i tuoi amici." La strinsi forte a me e lei ricambiò l'abbraccio, odiavo vederla soffrire...e non volevo che stesse male per un idiota come Sean.
"Farò come mi hai detto tu. Grazie, Harabella." Si asciugò una guancia con la manica della giacca e mi fece un enorme sorriso.
"Ehi, sei la mia migliore amica e farei di tutto pur di vederti felice." Le dissi con un tono dolce, accarezandole la bionda chioma.
"Grazie mille, ancora." E se ne andò, lasciandomi sola davanti al mio armadietto a pensare a tutto ciò che la vita mi ha offerto, fino ad oggi.
Con una grande dote (una delle tante che odio di me) quella di aiutare la gente con i loro problemi di cuore. Non mi dispiace aiutare le persone. Il problema è che nessuno mi aiuta con i miei. Tutti mi dicono che sono brava con i problemi delle persone, ed è per questo che ho deciso di intraprendere la carriera da psicologa.
Io rappresento "la psicologa di tutti, ma la paziente di nessuno". Non per lamentarmi o cosa, ma a volte mi piacerebbe che qualcuno mi aiutasse a risolvere i miei problemi. Già, ma non credo che qualcuno possa aiutarmi ad essere più bella oppure a trovarmi un fidanzato che mi ami. Non mi definisco la ragazza "secchiona", me la cavo a scuola, ho delle fantastiche amicizie. Sono quella ragazza che, se si arrabbia, con una parola può farti del male.
Inssomma una normale 16enne che ha avuto i suoi alti e bassi, con le sue delusioni. Vita normale come le altre ragazze, e forse era questo che mi rendeva triste: fare la stessa vita senza che nessuno me la migliorasse. A parte Christelle, la mia migliore amica, desidero che qualcuno mi sappia amare ed accettare.
La campanella mi fece tornare alla realtà, mi capitava spesso di pensare alla mia vita e a tutto ciò che non andava. Varcata la soglia della mia classe, vidi che il professore di lettere ancora non era arrivato e quindi mi presi tutta la calma di questo mondo per sistemarmi al mio posto. Per peggiorare la mia immagine da "sfigata" (il mio bellissimo soprannome affidato all'inizio dell'anno scolastico), mi toccò sedermi albanco davanti alla cattedra. Presa posizione, vidi che non tutti i banchi erano occupati, ma -man mano- gli alunni stavano entrando.
Tutti, tranne uno: quello di Calum, il più bello della classe. Intendiamoci, non il secchione di turno ma neanche il bullo della scuola. Un ragazzo come tanti, che però aveva la sua fama. Alto capelli tirati all'insù di un moro scuro, occhi verdi smeraldo che riusciva a far stregare tutte le ragazze, abbastanza magro per uno della sua età. Era bravo, i suoi voti erano alti. Si potrebbe definire un tipo "okay". Ci fu un banco vuoto proprio accanto al mio. E desideravo tanto che rimanesse tale fino alla fine della giornata, ma è ovvio che ciò non avvenne perchè, poverino, mica poteva rimanere in piedi per 5 ore.
Arrivò alla porta e alzò lo sguardo dal pavimento per vedere quale sarebbe stata la sua postazione per il resto della giornata. Quando si sedette accanto a me, rimase indifferente. Di solito, tutti evitavano di starmi accanto appunto, perchè sono la "secchiona" e fui solita a ricevere umiliazioni o cose del genere. Però a lui non gli importò dove si sedeva e soprattutto chi aveva accanto, basta che seguisse la lezione.
Intanto, riuscivo a sentire le voci dei nostri compagni che dicevano: "Cosa ci fa vicino a lei?" oppure "Come riesce a stare vicino alla secchiona?" o adddirittura "Vuole diventare un secchione anche lui?".
Ovviamente queste frasi mi facevano male, ma per due motivi non mi ribellavo 1) ormai chi ho fatto l'abitudine anche se ogni volta fa sempre male 2) non ne valeva la pena di sprecare la mia voce per questi simpaticoni dei miei compagni. Prima che il prof. entrasse in aula, mi lanciò uno di quei sguardi "questo è il mio territorio, non provarlo a superare o sei morta". Dopo quel avvertimento lanciato, cercai di non incrociare il suo sguardo per il resto della giornata.
Bene. Allora mi ritenni fortunata: con dei compagni di classe che mi deridono e un vicino di banco che mi minaccia con uno sguardo. Non poteva iniziare meglio questa giornata.





-Spazio autrice-
Chiedo scusa per i terribili errori che ho fatto ma con l'aiuto di una mia amica ho corretto a dovere tutto, ora spero che -con le dovute- correzioni vi piaccia e fatemelo sapere un bacione e al prossimo capitolo.
Lety

 

 

  
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