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Autore: CowgirlSara    25/08/2008    22 recensioni
Un imprevisto può capitare, durante un lungo tour. Anche due. E non c'è due senza tre. Soprattutto se hai una band di elementi nati apposta per creare il caos. Ma forse è giunto il momento di fargli capire che nella vita bisogna stare un po' più attenti...
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia di capelli, docce e ingorghi
Questa storia, vi avverto, è una cavolata suprema, per cui mi dovrete perdonare alla fine della lettura. Il fatto è che, tempo fa, ho fatto un sogno, dove i Tokio erano precisi come li ho conciati alla fine della ff, da lì è partito tutto. E questo la dice lunga sulla mia sanità mentale.

La fanfiction è scritta con il massimo rispetto per i Tokio Hotel, per gli altri personaggi reali citati, il loro lavoro e la loro vita privata. Quanto scritto è una storia di pura fantasia, i fatti narrati non vogliono dare rappresentazione della realtà. Non ha alcun scopo di lucro.
I Tokio Hotel non mi appartengono (ma guai a chi mi tocca i’ mi’ bambini!), così come gli altri personaggi reali.

Un ringraziamento particolare a Moon che mi ha suggerito il titolo e a RubyChubb che invece me ne ha suggerita una piccola modifica. E grazie anche per quel paio di giorni che abbiamo passato insieme a Ferragosto, i migliori della vacanza!

Buona lettura e aspetto i vostri commenti!
Baci
Sara


- Storia di capelli, docce e ingorghi -


Gustav fissava ipnotizzato i cereali ruotare nella tazza piena di latte al ritmo del cucchiaio che lui stava girando. Il giorno prima, tra concerto, after show e preparativi per la partenza, avevano praticamente tirato dritto, dormendo solo poche ore sul pullman. E quella sera c’era una nuova data. Il batterista buttò un altro cucchiaio di zucchero nel latte, meglio darsi un carico d’energia.

Il ragazzo stava cercando la coordinazione necessaria per infilare il primo cucchiaio di cereali in bocca, quando un grido d’orrore riempì il silenzio ovattato del tour bus.

“Oddio!” Esclamò una voce disgustata e piena di sdegno. “Dio! Cheschifocheschifocheschifo!!!” Continuò, acutizzandosi sempre di più.

Gustav sollevò il capo, spostando la mano che gli sorreggeva malamente la testa e guardò perplesso in direzione del bagno, da cui chiaramente proveniva il rumore.

Lo schianto della porta scorrevole che si apriva di botto fece sobbalzare il batterista, ancora mezzo addormentato; ma fu quando Bill saltò fuori nudo come un verme, coi capelli gocciolanti e un’espressione di puro raccapriccio dipinta sul volto, che Gustav non ebbe più bisogno di una doccia fredda per svegliarsi del tutto.

Gli occhi gli si spalancarono e il cucchiaio cadde nella tazza tintinnando.

“Cazzo, che schifo! Che schifissimo! Che atomico, assurdo, mostruoso schifo!” Blaterava nel frattempo Bill, saltellando con gli occhi serrati e la faccia accartocciata in una smorfia inorridita.

“È quello che dico io!” Sbottò burbero Gustav. “Per l’amor del cielo, Bill, copriti, di prima mattina non posso farcela…” Aggiunse torvo, prima di mettersi a mangiare.

“Che cazzo succede?” Intervenne a quel punto Georg, affacciandosi dal piano di superiore. “Mi avete svegliato con tutto sto ca…” E si bloccò, quando vide in che condizioni era Bill.

“Si è intasata la doccia!” Berciò però il cantante, affranto e disperato. “Mi sono ritrovato con i piedi immersi in centimetri di acqua putrida e puzzolente, capisci?! Uno schifo assurdo!”

Georg era ancora impietrito davanti alla scena di Bill nudo e isterico, mentre Gustav mangiava ignorandoli entrambi, quando alle spalle del bassista comparve Tom.

“Ma la smettete di fare casino!” Esclamò il chitarrista. “È l’alba!” Ed erano le undici passate.

“Si è intasata la doccia, Tomi!” Ribatté Bill, rivolgendosi direttamene a lui.

“Bill, sei nudo.” Gli fece notare il gemello con una discreta nonchalance.

“Come te lo devo dire che lo scarico della doccia è otturato?!” Replicò l’altro, pestando i piedi sulla moquette, come se il suo non potersi lavare fosse la tragedia mondiale più grande dopo lo scioglimento dei ghiacci polari.

“Magari se ce lo dici con addosso un paio di mutande, ci distraiamo di meno!” Gli disse arrabbiato Georg, con la faccia di uno che ha appena assistito ad una cruenta esecuzione.

“Copriti.” Ordinò allora Gustav, senza guardare, porgendo a Bill la scatola dei cereali, che il cantante osservò stranito.

“Adesso basta!” Sbottò Bill, agitando la confezione colorata con sguardo adirato e le sopracciglia aggrottate. “Che devo fare per farvi capire che siamo nel bel mezzo di una crisi gravissima?!”  Gridò quindi, indignato.

E fu così che tre quarti dei Tokio Hotel iniziarono un’assurda discussione, resa ancora più surreale dagli argomenti che portavano e dalle condizioni in cui erano.

Bill, sempre nudo e bagnaticcio, blaterava di scarichi e docce, di schiuma e pulizie e deodoranti, sventolando una scatola di cornflakes.

Georg, maglietta stropicciata e capelli arruffati in modo indicibile, cercava di convincerlo a vestirsi con urla che cadevano inascoltate.

Tom, con in testa il cuffione verde marcio con cui proteggeva i dreads durante la notte, si sgolava per cercare di capire di che cazzo parlassero gli altri due.

Gustav, in mezzo a tutto quel casino, continuava a mangiare assorto, non minimamente toccato da ciò che accadeva intorno a lui.

“Ma si può sapere che cazzo sta succedendo?!” Domandò poco dopo una voce autoritaria, interrompendoli.

I tre ragazzi si voltarono di scatto, verso la cabina di guida. Il batterista non si degnò nemmeno di alzare la testa, masticando compostamente.

David Jost, manager della band, era spuntato alle loro spalle, attirato dai toni concitati della discussione. I ragazzi lo fissarono sorpresi e intimoriti. Gli occhi dell’uomo si fermarono su Bill, scesero, si allargarono stupiti, poi tornarono a guardarlo in faccia con espressione di rimprovero. Il cantante arrossì violentemente, come accorgendosi per la prima volta di essere in tenuta adamitica, poi si portò la scatola a coprire le sue bionde vergogne e abbassò imbarazzato gli occhi.

“Allora, che cazzo succede?” Domandò di nuovo il manager.

*****

I ragazzi, per prima cosa, si coalizzarono per convincere Bill ad andare a vestirsi: era uno spettacolo indecente e, inoltre, stavano per arrivare a destinazione. Le proteste non mancarono, ma alla fine intervenne Tom, gli fece due moine e riuscì a trascinarlo di sopra a vestirsi.

Gli altri, nel frattempo, spiegarono a David cosa era successo. Il manager s’incavolò notevolmente, perché non era la prima volta che capitavano contrattempi del genere e sempre per colpa dei ragazzi.

Una volta si era intasato il water, perché “qualcuno” aveva buttato nello scarico delle salviette struccanti.

Nel tour precedente era esplosa la macchina del caffè, perché qualche genio l’aveva accesa senza metterci l’acqua.

Poi c’era stato un principio d’incendio, sempre per colpa di uno dei quattro dèi dell’intelligenza, che si era addormentato con la sigaretta accesa. Per non parlare del casino successivo, quando l’ultimo dei supremi cervelli aveva ricoperto il colpevole con la schiuma dell’estintore.

La pazienza di David era decisamente esaurita. Li minacciò di prendere provvedimenti estremi, se fosse stata di nuovo colpa loro. Gli assicurarono che non era così.

L’uomo, ad ogni modo, chiamò il luogo del concerto di quella sera, dove già li aspettavano Benjamin, Dunja ed altri collaboratori, per fare in modo che venisse convocato un tecnico a sistemare il problema della doccia.

Quando Bill gli chiese, con voce piagnucolosa, come doveva fare lui per lavarsi, David gli rispose che c’erano sempre le docce dei camionisti negli autogrill, bastava stare col culo contro il muro, perché due belle chiappette sode come quelle del cantante erano merce apprezzata da quelle parti. Bill non poté far altro che rifugiarsi in un silenzio attonito, mentre gli altri lo sfottevano a morte.

*****

Fu nel tardo pomeriggio, dopo il sound check, che David convocò i quattro membri della band. Quando i ragazzi arrivarono nello spiazzo protetto dove era parcheggiato il tour bus, trovarono ad aspettarli il manager, accompagnato da un ometto basso e pelato con addosso una tuta grigia.

“Ragazzi, questo è il signor Braun, il quale ha riparato la vostra doccia.” Lo presentò David; i musicisti lo salutarono imbarazzati, ringraziando. “Signor Braun, questi sono i Tokio Hotel.” Continuò il manager. “Vuole, per favore, dirgli quale è stata la causa del guasto?” Invitò quindi, spronando l’idraulico a parlare, con l’espressione compiaciuta di chi sa già tutto.

“Ehm, beh…” Esitò l’altro, guardando i quattro ragazzi con aria perplessa, poi fece un mezzo sorrisino beffardo. “La doccia si è intasata a causa… dei capelli.” Affermò infine, quindi diede un’altra occhiata divertita ai musicisti. “E ora capisco perché…” Ironizzò poi.

“Dei… capelli?” Esalò Georg aggrottando la fronte, mentre Bill faceva una smorfia preoccupata, arricciandosi nervosamente una ciocca corvina tra le dita.

“Eh, sì.” Annuì Braun. “Erano talmente tanti che hanno formato una specie di tappo.” Spiegò poi.

Bill fece una risatina rigida, sotto lo sguardo retorico e sarcasticamente divertito di David. Il cantante tremava al pensiero di quale sadica punizione stesse macchinando il loro manager.

“La ringrazio per i suoi preziosi servizi, signor Braun.” Riprese David, rivolgendosi all’idraulico, sempre con quel suo insopportabile tono compiaciuto. “La signorina Dunja provvederà al suo pagamento.” Gli disse poi, indicandogli la ragazza in disparte. “Siamo a posto, non è vero?” Chiese poi.

“Direi di sì.” Rispose l’uomo. “Anche se…” Aggiunse titubante.

“Mi dica tutto!” Esclamò disponibile David.

“Mi chiedevo se i ragazzi, gentilmente, potevano farmi un autografo per mia figlia.” Si decise a dire Braun, con una notevole faccia di bronzo.

I quattro ragazzi scrollarono la testa all’unisono, se fosse stato un cartone animato avrebbero avuto un enorme gocciolone disegnato sulla testa.

“Certamente…” Mormorò infine Bill, sollevando uno sguardo affranto. “…non c’è problema…”

*****

“Ho qualcosa per voi.” Annunciò allegramente David, entrando nel camerino della band circa una mezz’ora prima dell’inizio del concerto.

“Oh, che bello!” Esclamò ingenuamente Bill, alzandosi pimpante dal divano e saltellando verso il manager. “Che cos’è? Pasticcini? Una torta?” Chiese poi, tutto sorridente, battendo le mani. David sollevò la cosa che portava, mettendola sotto il naso del cantante. “Una… valigia?!”

David annuì compiaciuto, mentre posava la grande valigia metallica su un tavolo, sotto lo sguardo perplesso dei quattro musicisti.

“Vieni Billino, vieni, aprila.” Invitò quindi l’uomo.

Bill, con un’espressione preoccupatissima, si avvicinò timoroso alla tavola, poi guardò il manager di sbieco, esitando.

“Devo proprio?” Chiese titubante, David annuì convinto. “Non è che dentro ci sono degli insetti bavosi o roba simile?” Tentò ancora il cantante.

“Assolutamente no.” Negò il manager. “C’è solo qualcosa che vi servirà per lo spettacolo di stasera.” Aggiunse, prima di fare un sorrisetto poco rassicurante.

Bill, allora, anche se sempre con un certo timore, si decise a sganciare le due chiusure della valigia, ai lati della maniglia. Prima di aprire, però, si girò verso il gemello con sguardo allarmato.

“Tomi…” Chiamò supplicante, allungando una mano verso di lui.

Il chitarrista, rassegnato, abbandonò nel piatto l’ottimo panino che stava mangiando, si pulì le mani, si alzò e raggiunse il fratello accanto alla valigia, quindi lo spronò ad aprirla con un cenno distratto del capo.

“Io vado, allora…” Dichiarò Bill, impavido come un coniglio della brughiera, tenendo il gemello per un lembo della maglia.

“E vai, cazzo!” Sbottò Tom, dandogli una spinta.

Il cantante borbottò qualche protesta per il trattamento ricevuto, ma poi si decise a sollevare il coperchio della valigia. Lui e Tom osservarono per qualche secondo il contenuto, poi spalancarono all’unisono i loro occhi gemelli.

“Scordatelo!” Fu la prima affermazione di Bill, mentre si allontanava inorridito dalla valigia a mani alzate.

“Non lo farò mai!” Rincarò Tom scuotendo il capo.

“Certo che lo farai.” Ribatté David calmo e convinto. “Ce n’è per tutti e quattro.”

“Ma di che si tratta?” Chiese Georg alzandosi per andare a vedere.

“Vediamo.” Soggiunse Gustav seguendolo.

Tre passi e uno sguardo, perché anche loro due si ritrovassero con gli occhi spalancati e le teste neganti, mentre invece il manager annuiva.

“Ma David, che cazzo c’entro io?!” Protestava nello stesso momento Tom. “Ho i rasta, non perdo i capelli!”

“A te si staccherà tutta quella testa bacata, prima o poi.” Replicò il manager. “E di cazzate ne hai fatte tante anche tu, quindi la devi scontare…”

“No, assolutamente no! È una questione di principio! Io non c’entro un cazzo con questa storia, prenditela con Bill e Georg!” Sbraitò allora il chitarrista gesticolando. “Ti sfido a provare che uno solo di quei capelli è mio!”

“Non dire minchiate, Tom! Lo sai perfettamente che non è possibile, tu e Bill avete lo stesso dna!” Sbottò infastidito il manager, mentre cercava di andarsene, dopo l’entrata dell’addetto ai microfoni.

“E allora, stasera, io sul palco non ci salgo!” Proclamò allora Tom, con tono solenne. “Suonatela da solo la chitarra!” Continuò incrociando le braccia.

“Falla finita, Tom, è divertente in fondo!” Esclamò annoiato David, uscendo dalla stanza, accompagnato dagli sguardi per niente divertiti del resto della band.

“No, no e no!” Berciava nel frattempo il chitarrista, mentre gli mettevano addosso l’auricolare. “Dovrete trascinarmi sul palco a forza! Io non mi faccio sfottere da nessuno!”

*****

“Io non ce la posso fare…” Proclamò Georg, prima di scoppiare di nuovo a ridere come un pazzo, davanti all’espressione altamente scazzata di Tom.

“Smettila.” Borbottò il chitarrista, mentre stritolava il suo strumento tra le mani.

Erano nel backstage, pronti per entrare sul palco, le urla del pubblico già li raggiungevano, ma stavolta non era l’adrenalina a renderli nervosi. La punizione di David pesava sulle loro teste…

“Cazzo, Tom, dovresti vederti!” Riprese Georg, senza smettere di ridere. “Sei una cosa… oh, Dio, non ce la faccio!” E giù con quella sua risata sguaiata.

“Senti, pensa per te, eh!” Sbottò offeso l’amico. “Sembri più idiota di quanto tu non sia di solito!”

“Sì, ma almeno io l’ho presa con filosofia.” Ribatté allegro il bassista.

“Ah, bravo, complimenti!” Esclamò sarcastico l’altro. “Invece a me girano come turbine a reazione, se vuoi saperlo.” Aggiunse abbassando il capo.

“Pronti?” Domandò Gustav, arrivato alle loro spalle.

Tom si limitò ad annuire, mentre Georg, dato uno sguardo al batterista, scoppiò nuovamente in una risata incontrollabile, mentre quest’ultimo roteava gli occhi.

“Tu come ti senti, Gus?” Gli chiese quindi il chitarrista, senza guardarlo, con gli occhi fissi sul palco.

“Facciamo quello che dobbiamo fare e leviamoci il pensiero.” Affermò serio e compunto il batterista. “Ho un prurito che crepo!” Aggiunse poi, prima di grattarsi violentemente con una delle sue bacchette.

“Allora, si va a rockeggiare?” Fece Bill, quando raggiunse gli altri nel retro palco; i compagni lo guardarono e spalancarono gli occhi stupiti.

“Cosa c’è?” Li interrogò il cantante. “Siete meravigliati perché anche conciato così sono incredibilmente figo, vero?” Gongolò, col microfono posato su una spalla.

Agli altri tre crollò la testa tra le spalle. La vanità di Bill era in grado di raggiungere vette stupefacenti e, anche se aveva ragione, poteva fare a meno di rimarcarlo, per una volta.
 
“Uno di questi giorni il tuo ego, Bill, farà un botto talmente grosso, che lo spostamento d’aria butterà giù la cattedrale di Magdeburg…” Commentò Gustav scuotendo il capo.

“Tutta invidia.” Lo liquidò il cantante con un gesto distratto, prima di aggiustarsi un ciuffo ribelle.

“Adesso basta, è ora di andare.” Intervenne Tom, mettendo fine alla discussione.

“Sì, andiamo.” Annuì Georg.

“E caviamoci questo dente.” Rincarò Gustav.

“Wahhh!” Gridò a sproposito un troppo eccitato Bill, mentre gli altri tre guadagnavano la ribalta maledicendolo.

*****

Quando le luci si accesero sui quattro musicisti, il pubblico, dapprima, delirò eccitato, alzando i decibel fino all’impossibile, poi, gradatamente, si ammutolì incredulo.

I Tokio Hotel indossavano delle parrucche.

Sgargianti, coloratissime, punkeggianti parrucche fosforescenti.

Blu elettrico e verde evidenziatore per Tom.

Verde fluo con inserti fucsia per Georg.

Biondo platino con frangia rossa per Gustav.

Rosa confetto con ciuffi azzurri e argento per Bill.

Un brusio crescente si levò dalle fans, partendo dalle prime file, fino all’ultima delle gradinate, sull’anello più alto dello stadio. Che cavolo stava succedendo?!

Vedendo la perplessità del pubblico, Bill decise di prendere in mano la situazione. Salì sul palco e, con le sue lunghe falcate saltellanti, raggiunse il centro della passerella, dove tutti potevano vederlo e sentirlo bene.

“Salve, ragazzi!” Salutò. Urlo e applauso del pubblico. “Siete un po’ stupiti, vero?” Risposta affermativa del palazzetto. “Beh, è che stasera abbiamo voluto farvi una colorata sorpresa speciale, solo per voi!” Mentì allegramente. “Non pensate che stiamo benissimo?!”

“Sììì!” Rispose il pubblico.

Bill, allora, saltellò verso Tom e lo prese per le spalle.

“Guardate il mio fratellino, non è meraviglioso!” Proclamò entusiasta.

“Sìììììì!” Ulularono le fans.

“Visto, sei meraviglioso.” Sussurrò quindi Bill al gemello, facendogli un sorriso rassicurante, a cui l’altro non poté che rispondere con una mezza pieghina delle labbra.

Il cantante, quindi, si diresse verso Georg e fece la stessa cosa, prendendolo per le spalle.

“Guardate Georg!” Esclamò scuotendolo. “Non è assolutamente… stupoloso!” Il bassista, a quella battuta, non poté trattenersi e scoppiò di nuovo a ridere.

“Sìììììì!” Gridò entusiasta la gente in sala.

“E che ne dite di Gustav?” Chiese poi, girandosi verso la batteria, ma poi fece una smorfia poco convinta, piantandosi un pugno sul fianco sottile. “No, lui era biondo anche prima, non vale…”

Risata generale e Gustav che si grattava di nuovo sotto la parrucca.

Bill, a quel punto, trotterellò di nuovo verso la passerella e ne percorse quasi metà, mettendosi poi a fare un po’ di scene da diva.

“Allora… di me cosa ne pensate?” Domandò alla platea. “Mi dona il rosa, non è vero?” Rincarò quindi.

“Sììììììììììììì!”

“Non vi ho sentito…” Fece, mettendosi una mano dietro l’orecchio. “MI DONA IL ROSA?!”

“SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!”

Bill sorrise compiaciuto e complice alla folla, con quel misto di innocenza e consapevolezza che solo lui possedeva, causando infarti multipli tra le due fans.

“Bene! E adesso… via con lo spettacolo!” Gridò infine, mentre finalmente la musica partiva.

*****

Era una bella mattina di sole sul tour bus dei Tokio Hotel, in viaggio su un’autostrada tedesca. Gustav si preparava, sorridente, ad infilare in bocca la prima cucchiaiata di cereali al cioccolato, quando un «crack» sospetto gli fece alzare la testa.

“Ops…” Mormorò preoccupata la voce di Bill, mentre il mezzo frenava stridendo e sbandando leggermente.

Il batterista si batté una mano sulla fronte, scuotendo rassegnato il capo, mentre voci concitate si levavano in tutto il mezzo...

Fine?



Un grazie enorme anticipato a chi lascerà un commento e... arrivederci a presto! Spero...

   
 
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