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Autore: King_Peter    03/07/2014    3 recensioni
{ Mothership Luke/May | Biscotti carbonizzati | Quarta classificata al contest Amore di mamma indetto su Efp da Io@;)}

Luke stava cominciando a pensare che sua madre fosse pazza.
Insomma, sfornare biscotti bruciati e preparare sandwich al burro di arachidi che poi lasciava ammuffire sul lavello della cucina non era esattamente il concetto che Luke aveva di normale.

Dov'era suo padre?
Dove cavolo si era cacciato quell'uomo che aveva tanto invocato durante i suoi attacchi e non era mai arrivato? Eh?
Luke voleva solo incontrare Ermes e offrirgli una teglia piena dei biscotti carbonizzati che sua madre continuava a sfornare ogni giorno, così, giusto per vedere che faccia avrebbe fatto.

"Basta!" urlò, pestando i piedi a terra, "Con quale diritto venite entrambi a chiamarmi "figlio", eh? Voi non siete nulla per me."
La villetta coloniale sembrò andare in fiamme.
"Non posso dire di essere stato un buon padre, ma di tutti i diritti delle donne il più grande è quello di essere una madre, Luke." snocciolò suo padre, una nota sottile di rimprovero nella voce, "Portale rispetto. Tu non sai quello che lei ha fatto per te."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, May Castellan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: “It hurts”
Autore: King_Peter (uguale su entrambi)
Genere: Introspettivo, malinconico, triste.
Rating: Verde
 
Pacchetto: Nero
Traccia (evidenziata in corsivo nel testo) : Di tutti i diritti delle donne il più grande è quello di essere una madre - Liù Yutang
Personaggi: Ermes, Luke Castellan, May Castellan
Note: Non so esattamente cosa scrivere xD ma posso solo dirvi che l'idea per questa storia mi è venuta in mente mentre leggevo "Il Diario di Luke Castellan" che è una storia di Rick Riordan dai "Demigod's Diary", ancora inedito in Italia u-u
E quindi ... boh xD
Ho provato ad immaginarmi come Luke vivesse gli attacchi di sua madre, la mancanza di suo padre e ... ecco qui! xD
Non mi resta che augurarvi buona lettura! ^^ Spero che lascerete un vostro parere :')
Ah, giusto a titolo di informazione: sono un ragazzo :D Quindi, semidei avvisati, mezzi salvati ewe
 
 
 
 
Luke stava cominciando a pensare che sua madre fosse pazza.
Insomma, sfornare biscotti bruciati e preparare sandwich al burro di arachidi che poi lasciava ammuffire sul lavello della cucina non era esattamente il concetto che Luke aveva di normale.
Adesso lei era lì, incollando un altro di quegli strani simboli delle farmacie al frigorifero sotto gli occhi di suo figlio, la bocca attaccata alla cannuccia del succo di frutta, mentre beveva lentamente la sua bevanda.
Sua madre lo spaventava, specialmente quando aveva quelli che Luke aveva cominciato a chiamare "attacchi", non sapendo veramente cosa fossero, e lo scuoteva per le spalle, blaterando frasi sensa senso mentre i suoi occhi assumevano una sfumatura verdognola, il colore che Luke aveva imparato a temere di più.
Dov'era suo padre?
Dove cavolo si era cacciato quell'uomo che aveva tanto invocato durante i suoi attacchi e non era mai arrivato? Eh?
Luke voleva solo incontrare Ermes e offrirgli una teglia piena dei biscotti carbonizzati che sua madre continuava a sfornare ogni giorno, così, giusto per vedere che faccia avrebbe fatto.
Non sapeva che fare, non sapeva più come reagire davanti al sorriso sdentato e ai ciuffi di capelli bianchi ritti sulla testa di sua madre.
"Luke, tesoro, prendi un biscotto." lo invitò lei, rivolgendogli uno dei suoi sorrisi più dolci, di quelli che avrebbero fatto morire di glicemia persino un'ape, "Sono quelli con le gocce di cioccolato, quelli che ti piacciono tanto!"
Luke guardò i grossi grumi carbonizzati che sua madre gli stava offrendo, per poco non strozzandosi con il suo stesso succo quando lei lasciò la presa sul vassoio d'acciaio e gli occhi di May Castellan passavano dal loro tipico colore lattiginoso a quello insolito, lucente verde smeraldo, riempiendo la stanza del sapore muschiato dei serpenti, il loro sibilare ammaliatorio che faceva urlare ad ogni singola cellula del suo corpo aiuto!
Sua madre si piegò in due, scrollando le spalle come se avesse appena fatto un bagno nella polvere.
"Sciagura!" ringhiò, pestando i piedi a terra, schiacciando chissà quale insetto invisibile, tentando poi di afferarlo, "Tremenda sciagura sulla nostra famiglia!"
Luke non sapeva che fare: l'aveva vista avere uno dei quegli attacchi così tante volte che per lui era ormai diventato quasi ordinario rimanere lì immobile nella speranza che non lo notasse e che tutto finisse al più presto.
Si abbassò, lasciando improvvisamnete la presa sul cartone del succo che si riversò lungo tutto il tappeto persiano del salotto.
Luke era stufo, stufo della sua vita.
Corse su per le scale, fiondandosi nella sua stanza e richiudendo violentemente la porta alle sua spalle con un tonfo, temendo che lei arrivasse e potesse buttarla giù a spallate.
Afferrò uno zaino e cominciò a mettere le sue cose dentro, alla rinfusa: le sue mani si fermavano a mezz'aria mentre le sue dita formicolavano e accarezzavano una sorta di amuleto con un caduceo che gli aveva confezionato sua madre, in preda alla sua ossessione per il dio.
"Non verrà neanche questa volta." soffiò Luke, i capelli biondo cenere che gli ricadevano davanti agli occhi, confondendogli la vista, "Non verrà." ripetè, dando un'ultima occhiata all'amuleto e gettandolo via, lontano da sè.
Aprì la porta: il suo petto si alzava ed abbassava, riempiendosi ad ogni respiro di sentimenti contrastanti, infiammando i suoi polmoni come se avesse appena ingoiato lava incandescente.
Ermes.
"Ciao Luke."
Per essere un dio, era anche piuttosto giovane dato che con la sua tuta da ginnastica e le scarpe alate sembrava essere nell'età di un qualsiasi studente del college.
"Salve padre."
Sputò quella parola come se potesse essere il peggior insulto del mondo, gli occhi rossi ed infossati dalla rabbia per la situazione che stava affrontando.
Ermes notò il suo zaino, il cipiglio ribelle identico a quello che ora campeggiava sul volto di Luke.
"Vai da qualche parte?"
"Non sono affari tuoi."
"Perchè stai scappando, figlio mio?" gli chiese.
Luke sentì montare la rabbia come un fiume in piena.
"È da mesi, anni, che ti cerco!" ringhiò, la voce così trasformata dall'ira da non sembrare nemmeno la sua, "E tu che adesso ti degni di presentarti mi vieni a chiedere perchè io stia scappando?! Beh, credo che tu conosca la risposta."
Ermes sembrò avesse appena ingoiato un cucchiaino di sale.
"Credimi, non avevo progettato il nostro primo incontro, non in questo modo almeno." rispose lui, calmo, cercando di avvicinarsi a Luke.
"Non muoverti!" lo avvertì lui, "Speri che cinque minuti bastino per rimpiazzare il fatto che non ci sei stato per nove anni della mia vita, eh? Beh, ti sbagli!"
Luke sentì le urla di sua madre al piano di sotto, blaterando qualcosa a vanvera, mentre un altro mobile del salotto cadeva e si rompeva miseramente.
Si avvicinò a lui finché furono faccia a faccia, poi, con una spallata, scese le scale, imboccando il corridoio verso la porta d'ingresso.
"Luke!" chiamò Ermes, prendendo tra le braccia May, il bagliore dei suoi occhi che scemava, mentre cercava di raggiungere suo figlio.
"Basta!" urlò, pestando i piedi a terra, "Con quale diritto venite entrambi a chiamarmi "figlio", eh? Voi non siete nulla per me."
La villetta coloniale sembrò andare in fiamme.
"Non posso dire di essere stato un buon padre, ma di tutti i diritti delle donne il più grande è quello di essere una madre, Luke." snocciolò suo padre, una nota sottile di rimprovero nella voce, "Portale rispetto. Tu non sai quello che lei ha fatto per te."
Gli occhi di Luke erano duri come sfere d'acciaio mentre afferrava lo zaino.
Aprì la porta.
"Se esci da quela porta non dovrai tornare mai più." lo avvertì il dio, stringendo fra le braccia una May piangente e trasandata, le lacrime che rigavano il suo volto e cadevano al suolo, provocando ogni volta un piccolo terremoto interiore allo stesso Luke.
Si guardò intorno, il salotto, la cucina, il frigorifero pieno di caducei, le mensole su cui erano accatastati miliardi di pupazzetti di Medusa, Idra e quant'altro.
Uscì dalla porta, chiudendola alle sue spalle, mentre una lacrima, un'unica lacrima rovente scendeva lungo la guancia.
Faceva male.
 
  
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