Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Oducchan    03/07/2014    2 recensioni
Tokyo non gli piace.
Cambiare ritmi non è semplice
[Kasamatsu centric + Kise di contorno]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ryouta Kise, Yukio Kasamatsu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Oducchan_OfTheLowerCourt 
Titolo: Nankurunaisa (=espressione nel dialetto di Okinawa che dovrebbe significare più meno "Con il tempo tutto ritrova il suo ordine")
Personaggi: Kasamatsu Yukio, Kise Ryota
Pairing: NN
Genere: generale, slice of life, introspettivo
Avvisi: what if? (Kasamatsu s'è diplomato)
Rating: verde
Note:
Bah. Son malinconica.


 
Nankurunaisa
 
Tokyo non gli piace. È troppo caotica e rumorosa, troppo piena di gente che va e viene in un turbinio costante e infinito di corpi e colori che non si curano di quel che hanno intorno. L’università non è affatto male, ma non riesce a legare molto con i compagni di corso: sono tutti focalizzati a recepire quante più informazioni possibili e ha incastrare una complicata routine di lezioni e tirocini e laboratori, e non è raro che si ritrovi circondato da facce completamente nuove ad ogni nuova giornata. Non ci dà molto peso, perché non è mai stato una persona di estrema compagnia, ma non può che sentirsi a disagio all’ennesimo pranzo in solitario che affronta.
Non riesce ad amalgamarsi bene neppure con la squadra di basket, cui si è ovviamente iscritto fin dal primo giorno. A sorpresa lo hanno accolto con favore, dimostrando di conoscere di fama il suo nome –gli è parso incredibile, visti gli scarsi risultati che ha raggiunto, ma non si è fatto domande, preferendo adeguarsi alle decisioni del coach e al programma di allenamento. Ma non sono in sintonia. Ovviamente, per un istituto così grande, i giocatori della rosa sono così numerosi che esser selezionati per le partite è pressoché impossibile –i senpai hanno ovviamente la precedenza, non si discute. Ma avverte la nostalgia della sensazione che gli dava stringere il pallone tra le dita; più volte si è voltato a metà di un azione aspettandosi di trovare volti e voci che ormai sono anni luce e fanno parte solo della sua memoria; spesso si aspetta quella particolare favilla che animava il gioco, al liceo, ma che è invece è rimasta indietro, alle sue spalle. Non hanno nessun particolare prodigio, in squadra. È quasi facile, mettersi in buona luce, ma gli viene altrettanto spontaneo chiedersi se ne valga la pena, perdere ore di studio per giocare in quel modo.
Si convince che sono solo paranoie. Che una volta conosciuto e domato un Miracolo, forse è normale faticare a mettersi al passo con tutti gli altri comuni mortali che sul linoleum non sono in grado di compiere meraviglie. Che deve solo aspettare di ambientarsi del tutto, che quando quei luoghi cominceranno a suonargli famigliari allora riuscirà ad adattarsi e ad adattarsi, e trovare il modo di inserirsi. Perciò continua a insistere, anche se diventa quasi una sofferenza, una frustrazione infinita.
Con il tempo si sistema tutto. Si attacca a questa convinzione, e va avanti.
 
 
Sta per andare a dormire, è così tardi che si è già appallottolato sotto le coperte del futon della sua stanza nel dormitorio dell’università, quando suona il telefonino.
Impiega un’eternità a districarsi dalle lenzuola e ad arrancare al comodino, prima di strizzare gli occhi alla luce improvvisa che gli ferisce gli occhi sonnacchiosi. Il nome che lampeggia sul display fa fare al suo stomaco una strana capriola, ma decide di prendere comunque la chiamata.
-SENPAIIIIIIIIIIII! Come stai? Tutto bene? Stai male? Non sei malato, vero? È da un sacco di tempo che non ti fai sentire, e così ho pensato...-
Respira. La voce squillante e piagnucolosa di Kise gli avrà fatto perdere almeno un migliaio di decibel di udito, ma stranamente gli rimbomba dalla testa al petto e allenta la pressione che vi gravitava, e gli rende più agevole il semplice respirare. Raccoglie le ginocchia al petto, avvicinando di più il cellulare all’orecchio, e si concede un mezzo sorriso, ben sapendo che l’altro non può vederlo.
-Baka!- sibila, invece, tranciando severamente le sue rimostranze –Te l’ho già detto che non posso chiamarti spesso! E abbassa la voce, se mi sentono ora che c’è già il coprifuoco sono guai!-
Dall’altra parte della cornetta arriva solo il silenzio, per qualche istante; poi avverte il crepitare di una risata e la voce dell’altro farsi serena, calda, colloquiale.
-Gomen, Kasamatsu-senpai, sono solo felice di sentirti- un’altro risolino, uno di quelli che se fosse a casa, se ce l’avesse di fronte per davvero, gli farebbe accartocciare le dita in un cazzotto diretto al quel visino da perfetta carogna; poi aggiunge, più brillante: -Allora? Come stai?-
“Meglio, adesso” è la prima risposta che gli sorge in mente. Scuote il capo, scartandola immediatamente.
-Bene, cosa credi? Voi piuttosto, siete ancora interi o avete demolito la palestra?-
Con il tempo si sistema tutto. O magari non ce n’è bisogno.
   
 
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