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Autore: Betta3x9    25/08/2008    7 recensioni
Roy guardò storto quella pila un po' sbilenca di cartacce sulla sua scrivania, ma queste non sembrarono granché offese.
"Bhè, a noi due". Mormorò stracciando il foglio su cui stava facendo un'avvincente partita a pallino e crocetta contro se stesso. La penna era stranamente pesante tra le dita.
[Pairing a sorpresa!]
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Jean Havoc, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.:*^*:.

Havoc valutò attentamente la situazione incredibilmente rischiosa in cui si era andato a cacciare: d'ovunque guardasse c'erano solo soldati nemici.
Accidenti.

“Scacco matto!”. Brenda nascose un sorrisino soddisfatto dietro al panino imbottito che aveva dichiarato essere il suo terzo pre-pranzo.
“Maledizione! Voglio la rivincita!”. Havoc guardò storto l'alfiere nero che aveva osato sconfiggere il suo re bianco.
“Magari domani, Havoc: è la terza rivincita che ti concedo, e poi Hawkeye potrebbe tornare da un momento all'altro...” Aggiunse, rabbrividendo appena.

Havoc sentì il cuore accelerare i battiti.

“...E poi non mi sto divertendo”. Sbuffò Brenda, inarcando un sopracciglio.
“Come no?! Ma sei hai vinto quattro partite su quattro!”. Esclamò scandalizzato Havoc.
“Ma che c'entra! E' stato troppo facile!”
“Facile.. Tsk!” Borbottò l'altro.
“Sì, Havoc, facile. Sei troppo distratto ultimamente”
“Non mi pare di essere distratto”. Dissentì a bassa voce.
“Hai avuto qualche incarico difficile, per caso?”. Proseguì Brenda, sordo alle proteste dell'altro.
“No, no, è solo che...”
“...O magari ti sei innamorato, Havoc?”
“Cos-?”
“Ho indovinato, vero? Bhè, allora buona fortuna stavolta”
“Ma io non- Cioè, non può essere così grave, no?”
“E mi raccomando non la presentare al colonnello, eh!”

Mentre Brenda usciva dalla stanza con la scacchiera sotto braccio, Havoc pensò che era ovvio che non l'avrebbe presentata al colonnello: dopotutto già la conosceva, Hawkeye!




“Fratellone sei in ritardo!”

Edward cercò di ignorare il bussare insistente alla porta del bagno: lo sapeva benissimo che era in ritardo!
Cercò di sistemarsi i capelli mentre si lavava i denti, con scarsi risultati.

“Fratellone, ti preparato la roba da metterti: è sul letto!”

Edward ringraziò mentalmente il fratello, mentre si sciacquava la faccia il più velocemente possibile, rischiando di annegare.

Da qualche settimana a quella parte, tutte le mattine era la stessa identica storia: Edward si alzava tre quarti d'ora dopo che Al l'aveva svegliato, ciondolando in giro ed impiegando almeno quaranta minuti per mandare giù un paio di fette biscottate e un caffè, finendo per accumulare un ritardo mostruoso; salvo poi cercare di recuperare il tempo perso correndo come un pazzo da una parte all'altra dell'alloggio.
Alphonse non avrebbe mai dimenticato il lunedì precedente quando Edward era uscito con i capelli arruffati e una canottiera rosa a fiori, dimenticata lì da Winry, al posto di quella nera che portava abitualmente. Peccato che il fratello non gli avesse lasciato il tempo di afferrare una macchina fotografica.

“Al, hai visto i guanti?”
“Ce li hai in tasca, fratellone”
“Ops, hai ragione!”

Edward era più distratto del solito, considerò Alphonse scuotendo l'enorme elmo di metallo.

“Allora vado! A dopo, Al”
“Ciao!”

I pesanti passi di Edward per le scale non si sentivano già più, quando Alphonse notò sul tavolo una cosa che non sarebbe dovuta essere lì.
Corse alla finestra, spalancandola, individuando Edward che correva per il marciapiede.

“FRATELLONE! HAI LASCIATO QUI IL RAPPORTO!”

I passanti osservarono incuriositi l'enorme armatura lanciare alcuni fogli appesantiti da una molletta da bucato, che finì dritta dritta nell'occhio di un piccoletto biondo.

Decisamente non sembrava un ottimo inizio di giornata per Edward.





“E poi ci sarebbero questi”

Il Colonnello Roy Mustang osservò sconsolato l'enorme pila di documenti sulla sua scrivania, sentendo le forze abbandonarlo.
Stoicamente non accennò alla sua debolezza dinanzi al Tenente Hawkeye che, incurante delle flebili lamentele del suo superiore, continuava a rovesciare sulla scrivania quelle che Roy definiva cartacce.

“E mi raccomando, le firmi: entro mezz'ora devono essere sulla scrivania del comandante supremo!”
Tiranna...” Mormorò l'uomo, quando la porta si chiuse dietro di Riza.

Roy guardò storto quella pila un po' sbilenca di cartacce sulla sua scrivania, ma queste non sembrarono granché offese.

“Bhè, a noi due”. Mormorò stracciando il foglio su cui stava facendo un'avvincente partita a pallino e crocetta contro se stesso.
La penna era stranamente pesante tra le dita.

Bhè, forse, poteva aspettare ancora cinque minuti: dopotutto quelle cartacce mica scappavano, no?
Anche Riza sarebbe stata d'accordo se avesse saputo della strana debolezza che sentiva, per non parlare del lieve mal di testa che, se si fosse sforzato troppo, sarebbe certamente diventato un'emicrania coi fiocchi.

Stendendo le gambe sulla scrivania (aveva sentito dire che migliorava la circolazione sanguigna posizionarle in quel modo), e scivolando un po' sulla sedia per trovare una posizione più comoda, si frugò in tasca, in cerca della chiave del primo cassetto della scrivania.

La trovò nella tasca posteriore dei pantaloni, e subito aprì il cassetto, estraendo un'enorme confezione di marshmallow ed un'altra di salatini, dicendosi che avrebbe fatto bene a mangiucchiare qualcosa, giusto per riprendere le forze.

“Colonnello Mustang, ci sarebbe anche questo circolare da firmare immediatam-”

Riza spalancò gli occhi, vedendo il Colonnello che non solo non stava firmando le carte, ma era anche mezzo sdraiato sulla poltrona a masticare caramelle!

“Spero per lei che quei documenti li abbia già firmati...”
“Ehm... Tenete, vuole un marshmallow?”

Lo scatto della sicura della Wesson&Smith fu una risposta eloquente.





“Inaudito”. Borbottò Riza uscendo dall'ufficio del Colonnello.

Eppure che cosa si sarebbe dovuta aspettare? Finiva sempre così!
Ormai il loro quartier generale era diventato una barzelletta, considerò, osservando l'Alchimista d'Acciaio entrare di corsa, con un paio di infradito ai piedi. (Era ancora più basso del solito, senza le sue zeppe).

“Buon giorno, Edward”. Una punta di rimprovero trapelò dalla sua voce.
“Ehm, salve, Tenente, ecco io..:”
“Non sarai appena arrivato, vero?”
“No! Ecco, è che c'è stata un'emergenza, roba da alchimisti...Ehm!
“Vai alla scrivania, e ti prego di non arrivare in ritardo la prossima volta”

Riza sentì Edward borbottare qualcosa che suonava come “per venti minuti”, mentre si allontanava.
Era evidente che il maggiore Elric avrebbe dovuto rimettere la sveglia, visto che erano le nove passate, e sarebbe dovuto essere in ufficio alle otto.

Lei era l'unica che prendeva seriamente il suo lavoro: con tutta la stima e la fiducia che riponeva nel Colonnello, doveva ammettere che non sembrava prendere molto sul serio i suoi incarichi. Sapeva che in realtà aveva più che a cuore il suo lavoro (bhè, diventare comandante supremo mica è una passeggiata!), ma avrebbe gradito che lo dimostrasse firmando qualche scartoffia in tempo.

Riza spalancò la porta degli uffici, sorprendendo Brenda a masticare pacificamente un panino e Havoc a fumare una sigaretta appoggiato alla finestra.
Inarcò un sopracciglio.

“Dove sono i rapporti che Falman mi avrebbe dovuto consegnare un'ora fa?”
“Scusi, tenente, ma credo che possa trovare Falman in cortile: sta aiutando Fuery a montare non so che diavoleria elettronica”
“Controllerò. In ogni caso, per ora passi, ma la prossima volta che passo di qui, voglio vedervi al lavoro!”

Riza, persa nelle sue considerazioni sul Colonnello Mustang, non notò lo strano sguardo che gli rivolse il Sottotenente Havoc.



“Bene, Fullmetal, a quanto vedo sei... essenziale come al solito, nei tuo rapporti”
“Meglio per lei, no? Così ci mette di meno a leggerli!”
“Uhm, non hai tutti i torti... Cioè, volevo dire: non puoi presentarti qui dopo settimane con tre righe di rapporto!”
“Solo tre righe?! Ero certo di aver scritto di più!”
“Vabbè, tre righe e mezzo...”
“Ah, ecco!”
“... In ogni caso, ti pregherei di essere meno conciso, la prossima volta”
“Tanto lei non li leggerebbe in ogni caso!”
“... Ed evita di scrivere Colonnello di Merda, la prossima volta!”
“Mi dev'essere uscito automaticamente”

Mentre il Colonnello cianciava sulla forma corretta che avrebbe dovuto usare nei rapporti ufficiali, Edward si era gettato di peso sulla poltrona color panna che capeggiava sul lato destro dell'ufficio, senza curarsi che il suo superiore gli avesse dato o meno il permesso di farlo.
Sbadigliò.

“E ti pregherei, Fullmetal, di starmi a sentire quando spreco il fiato per te!”
“Sì, sì, come vuole. Posso andarmene ora? Ho di meglio da fare, sa?”
“Ma come? Pensavo che volessi prendere una tazza di tè con me! Dopotutto sono settimane che non ci vediamo...”. Esclamò Roy, una mano posata teatralmente sul cuore e l'altra a sostenere mollemente la fronte.
“Ma la pianti di fare scene patetiche! In ogni caso credo che lei preferirebbe prenderlo con una bella donna, e poi non ho tempo da perdere, io!”. Il tono di Edward era irritato, ma le dita accarezzavano nervose il tessuto della poltrona.
“Ah, Fullmetal, Fullmetal... Così mi spezzi il cuore! Se non fossi tu, penserei che nutrissi gelosia nei mie confronti!”. Roy sogghignò.

Edward scattò in piedi, pronto ad andarsene.

“Io me ne vado, Colonnello di Merda

Era quasi arrivato alla porta, quando Roy lo chiamò:
“Fullmetal, aspetta!”
“Che vuole ancora?!”. La voce suonava scocciata, ma gli occhi, rivolti alla porta, erano spalancati e le labbra si erano fatte sottili e pallide.
“Avevo ordinato il tè apposta per te: con tanto latte, proprio come ti piace!”. Roy sghignazzò, divertito dalla sua stessa battuta.
“Bastardo d'un colonnello!”

Roy guardò fissò la porta sbattuta da Edward, stupito dall'assenza quasi totale delle solite rispostacce tipiche del suo sottoposto.
Dopo pochi istanti, scrollò le spalle: forse aveva litigato con la sua fidanzatina, quella Wicky... Winny... O qualcosa del genere.




Havoc spiava, sopra la pila di documenti sulla scrivania, il Tenete Hawkeye, intenta a offrire a Black Hayate alcuni biscotti per cani.

Era così bella.

Dopo averlo pensato, si guardò intorno, come se temesse che qualcuno potesse sentire i suoi pensieri.
Constatò, però, che l'ufficio era deserto, a parte loro, visto che era appena scattata la pausa pranzo. (Inutile dire che Brenda, finito di masticare l'ennesimo panino, aveva dichiarato che era mortalmente affamato e che sarebbe sceso in mensa prima di svenire per mancanza di zuccheri.)

“Oggi glielo dico”

Havoc stesso si stupì dell'idea; eppure, osservandola, una strana risolutezza si mischiava morbidamente al timore d'uno possibile no.
Ma era così bella.




“Eccoti qua: ti ho cercato ovunque!”

Edward si voltò, sentendo la voce metallica del fratello.

“Ma come mai sei venuto fin quassù, fratellone?”. Alphonse, osservando il fratello appoggiato alla ringhiera del terrazzo, avrebbe aggrottato le sopracciglia, se avesse potuto.
“Ehm, nulla di che... Ero venuto a prendere una boccata d'aria, ecco tutto”

Alphonse inclinò il grande elmo, ma non replicò.

“Piuttosto, Al, cosa ci fai qui? Pensavo che non venissi oggi...”
“Ma se ho un fratello distratto, che ci posso fare? Hai scordato il cestino del pranzo!”
“Ah, grazie mille, Al, ma oggi non ho fame...”
“Ma stai bene, fratellone?”
“Sì, sì, non preoccuparti!”

La grande armatura rimase in silenzio qualche istante, quasi stesse pensando a cosa dire.
Sospirò, ed il sospiro si infranse in tanti echi metallici.

“E' che sei così strano, distratto, ultimamente...”

Edward rimase in silenzio, dando le spalle all'altro.

“Hai già consegnato il rapporto al Colonnello?”
“Sì, sì”
“Uhm... Ieri non l'ho letto, ma spero tu non ci abbia scritto nulla di offensivo, vero?”
“E' colpa del Colonnello se si offende per un misero Colonnello di Merda!”
“Ma, fratellone!”

Edward scrollò le spalle, ed Alphonse scosse la testa.

“Spero che almeno non abbiate litigato, voi due!”
“Non preoccuparti, fratellino, mi ha solo offerto un tè!”
“Oh, allora vi siete comportati civilmente!”. Evidentemente Alphonse non aveva colto la sfumatura ironica nascosta nelle parole del fratello.
“Che fai, Al, resti qui al quartier generale o torni in alloggio?”
“Resto, sempre che ti faccia piacere...”
“Certo, non dovresti nemmeno pensare il contrario!”
“E' che questa tua stranezza... Si direbbe che tu sia innamorato, fratellone!”. Scherzò Alphonse.

Edward impallidì.

“Ma, Al! Cosa vai a pensare- Cioè, ti sbagli... Ehm”. Il viso di Edward, da pallido, era diventato dello stesso colore del cappotto. Alphonse lo osservò divertito ed anche un po' stupito.
“Aw, ma fratellone, come mai non me l'hai detto?! Chi è la fortunata? Dai, dimmelo, ti prego!”
“Ve-Veramente..” balbettò Edward.
“La conosco?!”
“...Sì”
“Aw, non hai negato! Da quanto la conosco?”
“Da molto, Al, sono anni”
“Dammi un aiutino, fratellone!”
“Ci ha aiutato spesso in questi anni, e senza questa persona non sarei qui ora”
“Ho capito”

Edward si voltò stupito verso il fratello, il cuore che batteva forte per l'imbarazzo.

“Hai capito?!”
“Sì”. Disse solennemente Alphonse, ed un sorriso risuonò in quella singola parola.
“E... Sei arrabbiato?”
“Perché dovrei? Ho sempre sospettato che tu fossi innamorato di Winry!”
“Di Winr- Cioè, hai ragione, Al”. Il viso di Roy Mustang per un attimo gli balenò davanti agli occhi, ma scacciò subito quel fantasma.
“Sono tanto contento per te, fratellone!”
“Ti voglio bene, Al”. Edward avrebbe voluto strofinarsi gli occhi che erano un po' appannati, ma rimase immobile, respirando piano, con la gola che gli prudeva dolorosamente.

Non avrebbe pianto, no; nemmeno ora, mentre osservava dal terrazzo un uomo dai capelli neri seduto su una panchina del cortile, intento a leggere un libro.
Lui, Edward Elric, non avrebbe mai pianto per Roy Mustang, assolutamente no.





“Eccola qui, Colonnello”

Roy osservò sopra il libro che stava leggendo, il Tenente Hawkeye di fronte a lui, che lo scrutava con cipiglio severo.

“E' successa un'emergenza, Tenente?”
“No, per la verità, no; ma se si ricorda di quelle carte che le avevo portato...”
“Già tutte firmate; per chi mi ha preso?”. Roy pensò che erano soldi ben spesi quelli che aveva dato all'ufficiale Bloch, per firmare le cartacce al posto suo.
“Se posso permettermi, finalmente inizia a prendere sul serio il suo lavoro!”
“Cosa? Ma così mi ferisce, Tenente!”. Esclamò Roy, in tono drammatico.
“La prego di smetterla con questi toni drammatici che non sono per nulla divertenti!”. Eppure un lieve sorriso la tradiva.
“E tu piantala con questo lei!”
“Ma deciso che al lavoro ci saremo comportati in modo formale”. Riza aggrottò le sopracciglia. Roy sorrise appena.
“Ma non c'è nessuno! La pausa pranzo è finita cinque minuti fa: non ci vedrà, né sentirà anima viva!”
“Ma...”
“Dai, Riza! Saresti così crudele da negare un bacio a questa povera anima devota?”. Roy tentò di commuoverla con gli occhi da cucciolo. Riza gli sorrise.
“Va bene, povera anima devota, eccoti il tuo bacio, ma poi torneremo al lavoro, eh!”
Aguzzina...”. Mormorò Roy, soffocando ogni obbiezione sulle sue stesse labbra.

Riza, persa sulle labbra dell'altro, teneva gli occhi socchiusi, eppure avrebbe giurato di aver visto un lampo dorato sul terrazzo del quartier generale; ma doveva esserselo immaginato, dato che nessuno ci saliva mai.
Riza chiuse gli occhi, senza staccarsi da lui.





“Ehi, Havoc, dovresti dare una controllata a questa pratica... Havoc?”

Falman venne totalmente ignorato dall'altro, che gli passò davanti senza neppure vederlo.

Li aveva visti in giardino, li aveva visti!
Stava cercando Riza, per poterle finalmente parlare, per dirle parole intrise di quell'amore che sentiva palpitare appena... Ed invece!
Maledetto Colonnello!
Che strana e contorta ironia aveva il destino! Era sempre lui che rapiva i cuori delle sue donne, ed ora anche con Riza...!

La sigaretta tremava un po' tra le sue labbra.

Decise che sarebbe andato sul terrazzo, giusto per prendere aria e calmarsi un po', in modo da poter affrontare la presenza dei suoi colleghi, più tardi.

La porta del terrazzo era socchiusa, come se qualcuno fosse salito lassù.
Strano, non ci veniva mai nessuno.

Era quasi tentato di andarsene per non rischiare di incontrare magari il Maggiore Armstrong intento ad osservare la gloria della natura da lassù, quando sentì un suono lieve.

Si fermò.

Ne udì un altro: qualcuno, lì fuori, singhiozzava piano, certo, forse, di essere solo.

Havoc spinse la porta, e mise piede sulle mattonelle un po' scheggiate del terrazzo.

I singhiozzi attutiti venivano dall'angolo opposto, nascosto dietro un muretto.

Havoc, incerto se andare a vedere chi fosse che piangeva o andarsene prima di essere udito, rimase immobile, senza quasi respirare.

All'ennesimo, lieve singhiozzo, decise di andare a controllare.

“Cos- Edward?”

Havoc osservò stupito il ragazzo raggomitolato accanto al muretto, che cercava con tutte le forze di trattenere le lacrime.

“Cos'hai, Ed?”

L'altro sussultò appena, ed alzò gli occhi lucidi su Havoc.

“Stai bene?”
“Io-Io, stavo, ecco... Adesso vado”. Così dicendo si alzò in piedi, e fece per andarsene, ma l'altro lo trattenne per una manica.
Havoc provò compassione per Edward, che non era più un suo superiore, bensì solo un ragazzo che sembrava sconvolto. Provò l'impulso di proteggerlo.

“Cos'è successo, Edward?”. Chiese Havoc, con voce bassa.
“Nulla, assolutamente nulla!”
“Dimmelo, Edward!”
“Io-io...”. Avrebbe potuto ribellarsi a quella mano che gli stringeva il polso, ma non sembrava in grado di opporsi.
“Cos'è successo?”. Ripeté, con una lieve urgenza nella voce.
“Li ho visti, erano laggiù, e-”
“Chi? Che hai, Ed?”
“Loro erano così vicini ed io- Sono solo uno stupido!”
“Loro chi?”
“Il Colonnello e lei!”
“Cosa?”. Havoc pensava di aver capito, ma non poteva crederci!
“Loro si baciavano, ed io li ho visti! Che stupido!”
“Non sarai mica innamorato di...” Havoc fissò stupito l'altro: e così anche Edward amava Riza!
“Io- Ecco, sì”
“Ma-ma come?!”
“Sì, lo so, ma ti prego, Havoc, non dirlo a nessuno che mi piace il Colonnello!”

Havoc si strozzò con la sua stessa saliva.

“Cosa?! Il Colonnello?”
“Sì, ma scusa, chi avevi capito?”
“Ma, io pensavo che tu, ecco, tu...Riza, cioè Hawkeye...”
“No!”
“E' che io...”

Edward rise.

“Non preoccuparti, è un errore comprensibile: dopotutto io sono un uomo!”

Havoc osservò l'altro ridere appena, e pensò alla follia di tutto quello, e rivide Riza ed il Colonnello abbracciati, mentre il Sole giocava con i capelli di Edward, infiammandoli.

Per un attimo quei capelli biondi gli parvero di Riza.

“Sono uno stupido”. Ripeté Edward piano.

Havoc lo fissò, e, socchiudendo gli occhi, gli parve che tutto fosse dorato e caldo, come il Sole che sentiva sul viso.

“Non è vero: non sei uno stupido”

Edward rimase in silenzio.

“Bhè, dopotutto il Colonnello è un noto rubacuori!” Scherzò Havoc, ma Edward non rise. “Sai, che ti dico?”
“Cosa?”
“Che non mi dispiacerebbe discutere con te riguardo questo proposito, magari seduti a tavola... Conosco un bel ristorantino proprio dietro l'angolo... Io smonto alle sei: che ne diresti di..?”
“Mi stai invitando a cena, Havoc?”. Scherzò Edward.
“Forse”. Rispose Havoc sorridendo.

Edward arrossì, annuendo piano.


FINE




Questo era più che altro un esperimento, che dovevo assolutamente scrivere, anche se ammetto di non essere per nulla soddisfatta del risultato. Pazienza, andrà meglio con la prossima.
(Sono assolutamente incapace di ideare un titolo decente. Dovrò prenderne atto al più presto).
Me lo lasciate un commento? <3





   
 
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